Fiabe e leggende hanno spesso
formato nell’immaginazione dell’uomo visioni di creature mitologiche che poi,
con il passare degli anni, hanno preso vita sulle tele degli artisti e nelle
immagini dei libri. Tra questi esseri si annovera la Fanciulla-cigno, ossia una donna che per sua natura o per incantesimo
si trasforma da umana in cigno o viceversa. Essa si venne a trovare spesso
nell’immaginario degli artisti a cavallo tra XIX e XX secolo. Questa particolare
creatura, diffusa maggiormente nei paesi dell’est e nella cultura nordeuropea,
è strettamente collegata alla cultura popolare e la diffusione delle
illustrazioni che la riguardano è dovuta soprattutto al rinnovato interesse, da
parte degli scrittori e degli studiosi del tempo, delle loro antiche
tradizioni. Questa “ripresa” era il frutto delle tendenze nazionalistiche e
romantiche di quel periodo (diffuse in numerosi paesi), con cui si cercò di
dare alla propria patria un corrispondente passato storico e culturale.
Fiabe
e leggende
Questa corrente, associata anche
al desiderio prettamente romantico di rifugiarsi in tempi passati o esotici,
fece sì che vennero trascritte dalla forma orale numerose raccolte di fiabe
come, ad esempio: Kinder und Hausmärchen (Fiabe per bambini e famiglie, 1812-1822) dei fratelli Grimm, i
quali erano convinti che in queste
forme di epica popolare si manifestasse «lo spirito del popolo» [1] ,
oppure Fiabe in versi (1822-1834) di Puškin, che annotò numerose
fiabe raccontate dalla sua governante, Arina Rodionovna [2] . Oltre
alle raccolte di fiabe vennero scritti anche dei testi in cui veniva affrontata
in maniera scientifica l’eredità del passato come accadde in Germania dove fu
pubblicato nel 1835 un’opera dello stesso Grimm dal titolo Deutsche
Mythologie [3] ;
oppure, spostandoci verso il Regno Unito, possiamo ricordare le opere di
Eleanor Hull, la quale, a seguito dei suoi studi sull’Irlanda antica, scrisse i
testi: Pagan Ireland [4]
(1909) e Folklore of the British Isles [5]
(1928). Altra figura femminile ad interessarsi all’antica cultura britannica fu
Lady Charlotte Guest che nel 1838 tradusse e pubblicò, sotto il nome di “Mabinogion” [6]
due antichi testi composti tra il XII e il XIII secolo.
Il lago dei cigni
Un importante motore di diffusione del tema della fanciulla
cigno fu senza dubbio Il lago dei cigni di Pyotr Ilyich Tchaikovsky (1840-1893). Il balletto racconta l’ormai
famosissima storia della principessa Odette, che a causa di un incantesimo del
mago Rothbart è condannata ad essere di giorno un cigno e di notte una
fanciulla. La composizione si colloca infatti nell’ambito della musica
“nazionalista”, caratterizzata dal rinnovato interesse per il canto e le danze
popolari. Anche la trama del balletto fu influenzata dalle fiabe: infatti si
pensa che Tchaikovsky abbia preso ispirazione dal Velo rubato (1782–86)
di Musäus, che narra di alcune donne che a contatto con una fonte magica erano
in grado di trasformarsi in cigni, e dalla fiaba L’anatra bianca di
Afanas’ev (Fiabe popolari russe, 1855-63).
C’era
una volta uno zar
Afanas’ev nella fiaba sopracitata narra di una
giovane regina la quale viene ingannata e trasformata in un’anatra da una
strega che poi prenderà il suo posto a palazzo. L’anatra bianca fu una
delle prime illustrazioni di libri per bambini in cui si cimentò Ivan Bilibin
(Tarchovka 1876- Leningrado 1942, Fig. 1), uno dei più famosi e influenti
illustratori russi del tempo. Egli nutriva un grande interesse per l’antica
Russia, per l’arte del folclore e le per le fiabe popolari, suscitato in
particolare da un viaggio nella lontana provincia di Tver che fece nel 1899.
Questa lontana terra dava adito infatti a misteriose leggende sui “Bogatyr” (i
paladini delle fiabe russe) e i suoi laghi e boschi non facevano che alimentare
la fantasia dell’artista, che proprio in questi luoghi dipinse i suoi i primi
acquerelli. Questi ultimi attirarono l’attenzione del “Dipartimento per la
produzione dei documenti di Stato” che gli commissionò la realizzazione delle
illustrazioni per alcune fiabe tradizionali, tra cui appunto, nel 1902, la
fiaba della Piccola anatra bianca [7] .
Bilibin dava molta importanza alla linea, molto marcata, che poi andava a
riempire con campiture, spesso di un unico colore, ad acquerello, che davano un
senso di “piattezza” al disegno. Nei disegni in questione è evidente la
commistione, tipica dell’artista, di elementi tratti dal folclore dell’antica
Russia e di elementi prettamente favolistici (e a volte umoristici). Bilibin fu
il primo artista russo a considerare le illustrazioni come qualcosa di serio;
egli collaborò con numerose riviste tra cui Mir Iskusstva (Mondo
dell’arte, fondata nel 1898-99 da Djagilev) dell’omonimo gruppo di artisti, i
quali anch’essi mescolavano lo stile individuale alla riproposta di stili storici.
Lo Zar
Saltan
La fiaba di Afans’ev non fu l’unica fiaba russa,
illustrata da Bilibin, ad avere una certa attinenza con il tema della fanciulla-cigno.
Infatti l’artista russo realizzò, tra il 1904 e il 1905, le illustrazioni
per la Fiaba dello Zar Saltàn, di suo figlio il famoso e possente bogatyr
principe Gvidòn Saltànovic’ e della bellissima zarévna-cigno scritta nel
1831 da Puškin (Fiabe in versi 1822-1834, Fig. 2). Bilibin, illustrando
questa fiaba, colse l’occasione per mescolare nei suoi acquerelli l’arte russa
del XVII secolo ed elementi derivanti dall’arte giapponese [8] .
La fiaba di Puškin ispirò inoltre il compositore Rimsky-Korsakov che il 2
novembre del 1900 portò in scena, al Teatro Solodovnikov di Mosca, La Fiaba
dello Tzar Saltan scritta in occasione del centenario della nascita di
Puškin. L’opera lirica raccontava infatti del principe Gvidòn che avendo
salvato un cigno magico, viene premiato da quest’ultimo con un regno su di
un’isola; alla fine della storia il cigno si tramuta in una “dama lucente” (la
zarevna-cigno Lebed’) e sposa il principe.
La
lucente Lebed’
A interpretare la zarevna-cigno, fu la famosissima
cantante lirica Nadezda Zabela, musa ispiratrice e moglie del pittore
simbolista Michail Aleksandrovič Vrubel’. Egli, nel 1900, rappresentò la moglie
nei panni della “Zarevna-cigno” con un abito creato dallo stesso artista per lo
spettacolo (Fig. 3). Questo quadro assembla numerose caratteristiche dell’arte
del pittore: i colori che si accostano come accordi musicali, la presenza di
tonalità bluastre e violacee, che ci riportano in una dimensione onirica, e
soprattutto i grandi occhi spalancati del personaggio. Il quadro della Zarevna-cigno
mostra una particolare ambiguità, infatti il cigno stesso è l’animale ambiguo
per eccellenza, un uccello misterioso e sacro di natura androgina, in quanto
rappresenta la sintesi perfetta tra la natura maschile e quella femminile, e si
presenta a seconda della luce con l’una o l’altra essenza: di giorno, come
simbolo solare, è maschio, di notte, come simbolo lunare, è femmina [9] .
Con il suo manto candido il cigno al femminile richiama il tema della sposa celeste
ed è il simbolo della luce; non a caso nella Fiaba dello Zar Saltàn la
principessa cigno è descritta così: «Gira invece questa voce,/e verace: una zarevna/c’è oltremare, da
incantare:/più che luce splende, il giorno,/tutto illumina di notte,/ha la luna
alla sua treccia,/brilla in fronte sua una stella./è maestoso il
portamento,/qual pavona si presenta;/quando poi prende a parlare,/è un ruscello
che gorgoglia./Si può dire per davvero/Ch’è una vera meraviglia» [10] .
Il
sogno-incubo di Vrubel’
Nel quadro di Vrubel’ la principessa cigno ci
appare al tramonto, i tocchi di colore rosato colorano la carnagione e il
piumaggio, il viso è incorniciato da un sontuoso “kokoshnik” di perle (le quali
richiamano alla purezza e alla perfezione) che fa risaltare ancora di più i
grandi occhi che si volgono verso lo spettatore ed evidenziano la sensazione di
inquietudine data dai chiaroscuri e dalle livide ombre che contornano la
figura, contribuendo a far del quadro una sintesi di realtà e sogno. La Zarevna-cigno
è stata spesso associata al quadro Lillà [11] , sia
per il viso della donna circondato da un misterioso mondo pittorico, sia per
l’atmosfera fatata che fa della figura femminile un’apparizione di una
spaventosa fiaba, in netto contrasto con la luminosità del personaggio di
Puškin. Le donne raffigurate nei quadri di Vrubel’ possono essere accomunate,
in alcuni elementi, alle donne-tentatrici degli ultimi anni della pittura di
Dante Gabriel Rossetti dove il corpo e il volto della donna sembra nascere ed
emergere dai numerosi fiori che la circondano. Emblematica in questo senso è la
Venus Verticordia di Rossetti (1866).
Protagonista indiscussa dei quadri dell’artista
russo fu senza dubbio Nadezda Zabela-Vrubel, la sua musa ispiratrice durante tutta
la vita tormentata del pittore, la quale, con gli abiti simbolici del cigno,
animale non a caso legato al canto, e le sue indubbie abilità canore rappresentò
per Vrubel’ anche l’incarnazione stessa dell’amore per l’arte e per la musica in
particolare.
La
valchiria
Il cigno è un animale tipico dei paesi nordici e la
“Fanciulla-cigno”, per questo motivo, risulta essere strettamente
collegata alla mitologia norrena. Essa infatti compare nelle vesti della
Valchiria (“colei che sceglie i caduti”), donna mitologica, incarnazione della
battaglia, che veglia sugli eroi e apre loro le porte del Valhalla. Essa
compare spesso in armatura o nelle vesti di cigno, il cui candore evoca
luminosità e purezza, oltretutto trasformandosi in volatile la Valchiria è
anche la messaggera degli dei e spesso viene associate alle Norne, incarnazioni
del fato [12] .
La valchiria è collegata alla leggenda della “sposa celeste” racconto
mitologico presente anche nel poema Völundarkviða del Codex Regius
dell’Edda Poetica, redatta intorno al 1270 e scoperta nel 1643. Questa
raccolta, però, acquistò notorietà soltanto dal 1818 data in cui fu finalmente
tradotta e stampata, diventando così uno dei tesi più letti sull’antichità
nordica. Il carme di Völundr o Völundarkviða tramanda la leggenda di tre
fratelli che spiavano tre valchirie che, posate le vesti di cigno, filavano il
lino in riva ad un lago. I fratelli decisero quindi di prendere con sé le tre
donne le quali dopo sette inverni, volarono via in cerca di nuove battaglie.
Purtroppo non sono molte le illustrazioni riguardanti questa leggenda, si può
ricordare un’immagine realizzata dalla pittrice svedese Jenny Nystörm per un
edizione dell’Edda risalente al 1893 [13] ,
oppure l’incisione dell’artista tedesco Friedrich Wilhelm Heine, per Gli dei
e gli eroi della Germania del nord (1882) [14] .
Entrambe le illustrazioni mostrano appunto i tre fratelli nell’atto di spiare
le tre Valchirie.
L’anello
del Nibelungo
L’Edda
Poetica assieme alla
Nibelungenlied (canto epico della tradizione renana austriaco-bavarese
scoperto nel 1787) furono la fonte di ispirazione per il compositore Richard
Wagner che si servì dei due testi per la stesura del suo dramma musicale L’anello
del Nibelungo rappresentato in versione completa per la prima volta al
teatro Bayreuth (dell’omonima città bavarese) nel 1876. Wagner ispirò numerosi
artisti e illustratori, tra cui spicca senza dubbio il nome di Arthur Rackham. Inoltre,
numerosi artisti simbolisti si lasciarono affascinare dalle opere del
compositore tedesco e, soprattutto, si ispirarono al personaggio di Brunilde,
emblema della donna guerriera, la quale rispecchiava il nuovo concetto della
donna che andava sviluppandosi proprio tra la fine dell’Ottocento e gli inizi
del Novecento: donna non più angelica ma tentatrice e portatrice di pericoli.
In Francia soprattutto, a partire dal saggio di Baudelaire Richard Wagner e
il Tannhäuser a Parigi del 1861, andò sviluppandosi il fenomeno del
“Wagnerismo” [15] .
Del resto, Wagner era considerato autore dell’opera d’arte totale e Baudelaire
stesso scrisse al compositore dicendo che la sua musica era in grado di «accelerare
i poteri dell’immaginazione» [16] .
La
Brunilde simbolista
Tra gli artisti simbolisti che ricorsero alla
figura di Brunilde possiamo ricordare la donna altèra e “maschile” della litografia
di Gaston Bussière, che ricorda a grandi linee anche le donne dei manifesti di
Alfons Mucha, e la bellissima Valchiria del quadro di Edward Robert Huges
(nipote del famoso preraffaellita, Fig. 4) The Valkirye’s Vigil del
1906. Forse questa è l’immagine di Valchiria che più si accosta al concetto di
fanciulla cigno: la donna splende nella luce lunare sembrando un’apparizione,
ha indosso un abito bianco, i suoi gesti sono aggraziati, non essendo presente
l’armatura, le uniche tracce che ci fanno capire che si tratta di una Valchiria
sono l’elmo e la spada. Questo quadro, come anche le sopracitate illustrazioni
di Rackham, può essere annoverato nell’ambito della moda “Fairy painting”
vittoriana, genere di pittura che comparve regolarmente tra i quadri delle
esposizioni della Royal Academy tra il XIX e il XX secolo. I soggetti “Fairy
painting” erano tratti dalle opere di Shakespeare (in particolare da Sogno
di una notte di mezza estate), Milton e Spenser e arricchiti da dettagli
fantasiosi tratti dal folclore o dalle fiabe [17] .
Anche il già citato Vrubel’ rappresentò la Contessa Maria Tenisheva nei panni
di una valchiria (La Valchiria, 1899, Fig. 5). Egli infatti fu un grande
ammiratore di Wagner e come quest’ultimo, sentiva nella musica lo scatenarsi in
essa delle forze primordiali e percepiva attraverso la musica il mondo
circostante [18] .
Nel quadro il lungo collo che separa la piccola testa della donna da un busto
ampio e prestante, fasciato dal mantello di pelle di lupo, ricorda ancora una
volta la flessuosità del cigno; come del resto le vaporose “piume”
bianco-grigie situate dietro la donna come si può evincere anche da altri
quadri dell’artista.
Le
fonti celtiche
Le leggende riguardanti la fanciulla-cigno
erano diffuse anche tra i Celti; non a caso, infatti, questo popolo era in
contatto con la popolazione germanica. A sostegno di questa tesi il celtista De
Jubainville giustificò l’assoggettamento dei Germani da parte dei Celti (i
quali dominavano anche la Gallia e l’Irlanda) con alcune considerazioni di
natura filologica: basandosi su alcune parole comuni alle due lingue, lo
studioso affermò che il germanico avrebbe tratto dalla lingua celtica tutti i
vocaboli legati al diritto, al governo e alla guerra [19] .
Tutta la documentazione relativa al popolo celtico, si può ricavare
principalmente da due fonti: una, dalla Gallia romanizzata, offerta dalle
testimonianze degli autori Romani (ad esempio Cesare), l’altra, nel nostro caso
più rilevante, dai manoscritti provenienti dalle isole britanniche, datati tra
il VII e il XII secolo, quindi di epoca più recente, ormai già influenzata dal
cristianesimo. Questi documenti contengono narrazioni pseudo-storiche, cioè
leggendarie, ricche di elementi mitici, che provengono per la maggior parte
dall’ Irlanda (terra che non è mai stata colonizzata dai Romani) [20] .
Durante l’800 queste narrazioni furono molto studiate: si possono ricordare,
come già detto in precedenza, gli scritti di Lady Charlotte Guest e gli studi
della scrittrice e giornalista Eleanor Henrietta Hull, co-fondatrice della Irish
Text Society (1898).
The
Selkie
La Hull in uno dei suoi testi, Folklore of the
British Isles [21] ,
menzionò, la “fanciulla-cigno” (o “Swan Maiden”) sottolineando non solo il
forte legame dei celti con il mondo animale ma anche la somiglianza tra la
leggenda della “Swan Maiden” con quella della “Selkie” o “Seal”, essere
mitologico marino che viveva in acqua sotto forma di foca ma che sulla terra
assumeva sembianze umane. La “Selkie” è, come del resto la “fanciulla-cigno”,
una figura importante nella mitologia Irlandese e Scozzese, tanto che in questi
popoli mangiare carne di foca era considerato un atto di cannibalismo. Essa,
come la “Swan Maiden”, in numerose leggende si sposa con un essere mortale:
l’uomo ruba il mantello animale della donna e lo nasconde, appena la “Selkie”
lo ritrova, essa scompare immediatamente nelle onde [22] .
La Hull ipotizzò che l’origine di queste leggende all’interno della tradizione
Britannica fosse dovuta al trasferimento dei popoli scandinavi nel Nord [23] .
The
Fairy Swan Maidens
Un esempio di “Swan Maiden”, e di illustrazioni che
la riguardano, lo possiamo trovare in uno scritto tradotto dalla Hull stessa: Cuchulain,
The Hound of Ulster (1904) [24] .
Questo testo racconta la storia dell’eroe celtico Cuchulain, leggendario
personaggio della letteratura irlandese, il quale nel capitolo intitolato
appunto The Fairy Swan-Maidens (cap.XX) cerca di cacciare due splendidi
cigni legati da una catena d’argento. Nell’inseguimento l’eroe arriva nella
pianura di Murthemne dove cade in un sonno profondo. Nel sonno i due cigni,
trasformatisi in due bellissime fanciulle, esseri provenienti da Moy Mell regno
di ogni delizia (L’Altro mondo), dopo aver privato l’eroe delle sue forze,
tramite delle verghe magiche, lo pregano di aiutarle a vincere una battaglia
nel loro mondo. Il testo della Hull fu illustrato dall’artista scozzese Stephen
Reid (1873-1948), il quale scelse appunto di rappresentare le due “fanciulle-cigno”
vestite di viola e verde che percuotono l’eroe con delle verghe (Fig. 6).
Questo tipo di apparizione è frequente nella saga di Cuchulain, infatti, un altro
esempio si situa prima dell’ultima battaglia dell’eroe dove, prima di giungere
a destinazione, egli incontrò al guado presso la piana di Emania una lavandaia.
Il protagonista, al guado, vide inginocchiata sulla riva del fiume una
fanciulla che, piangendo e gemendo, lavava nell’acqua un mucchio di indumenti
insanguinati e di armi da guerra, e quando ella tolse dall’acqua una veste e un
corsetto gocciolanti, Cuchulain vide che erano i suoi. Mentre egli attraversava
il guado la fanciulla svanì [25] .
Questo tipo di apparizione, oltre che nella saga dell’eroe sopracitato, è
presente in numerose leggende celtiche come presagio nefasto.
Agnus
e Caer
Collegato alla figura di Cuchulain, ed ancor più
con il tema della “fanciulla-cigno”, è il personaggio “Aegnus/Agnus”. Agnus Óg
(Agnus il Giovane) era il dio irlandese dell’amore. I suoi baci assumevano la
forma di quattro uccelli variopinti che volteggiavano sulla sua testa e il loro
canto faceva nascere l’amore nei giovani cuori. Agnus un giorno si ammalò
d’amore per Caer, una fanciulla-cigno. Per ottenere la sua mano, Agnus dovette
riuscire a riconoscere la sua amata tra le tante, ma il padre della fanciulla
gli rivelò che non avrebbe mai potuto acconsentire alle nozze poiché la
fanciulla trascorreva un anno nelle vesti di fanciulla e l’altro successivo
nelle vesti di un cigno, così Agnus si trasformò in cigno per poter seguire la
sua amata [26] .
Purtroppo ci sono poche illustrazioni di questo particolare personaggio
risalenti alla fine del XIX e agli inizi del XX. Possiamo ad esempio citare
l’artista inglese Ernest Charles Wallcousins (1883-1976), che realizzò un
acquerello del sogno di Agnus per l’edizione del 1920 del libro di Charles
Squire: Celtic myth & legend, poetry & romance (Fig. 7). Un
ulteriore quadro riguardante Agnus (Angus Og, God of Love and Courtesy,
Putting a Spell of Summer Calm on the Sea, 1908) è dell’artista scozzese
John Mc Kirdy Duncan (1866-1945), il quale, portando con sé gli echi dell’arte
preraffaellita, divenne uno degli esponenti del Celtic Revival, corrente
che si diffuse dall’800 in poi nel Regno Unito e soprattutto in Irlanda.
La
sposa-cigno
Agnus che riconosce l’amata tra diversi cigni è
collegabile ad una fiaba pubblicata nel 1916 intitolata appunto: The Swan
Maidens [27] ,
riscritta dal folklorista, scrittore e giornalista australiano Joseph Jacobs
(1854-1916) e illustrata dall’artista inglese John Dickson Batten (1860-1932,
Fig. 8). Come molte fiabe popolari (in particolare quelle dei Grimm), ha echi
dalla mitologia nordica; infatti ancora una volta compare una rielaborazione
del racconto presente nell’Edda in cui i tre fratelli spiano le
donne-cigno/valchirie bagnarsi nel lago, nonché il racconto mitologico celtico
della “Selkie”. Un cacciatore spia delle “fanciulle-cigno” bagnarsi in un lago,
nasconde il mantello di una di esse così che la fanciulla fosse costretta a
restare sulla terra e a sposarlo. La fanciulla ritrova il mantello e vola via,
il marito la cerca e la riconosce tra le sorelle, tutte uguali, della donna
potendo così riportarla a casa. La fiaba, come sopra accennato, fu illustrata
dall’artista John Dickson Batten, che, insieme ad Arthur Rackham, appartiene
alla “seconda generazione” degli illustratori “Fairy painting”, corrente che si
sviluppò principalmente nell’Età Vittoriana (1837-1901) e che annoverava tra i
suoi estimatori la stessa Regina Vittoria, John Ruskin e Charles Dadgsong
(ovvero Lewis Carroll) [28] .
Le illustrazioni di Batten sono accostabili all’arte Preraffaellita e in
particolare a Edward Bourne Jones, infatti entrambi esposero alla Grosvenor
Gallery di Londra. Da un confronto tra i due artisti, emergono tratti comuni
come ad esempio: il vestire i loro soggetti con abiti classicheggianti,
caratterizzati da un accentuato e sinuoso linearismo, l’uso di colori
“evanescenti” e la morbidezza dei tratti del viso, che riportano all’arte del
Botticelli.
La
“Svanhamnen” svedese
LA “SVANHAMNEN” SVEDESE. John Albert Bauer (1882-1918),
fu un grande artista svedese, che arricchì i suoi disegni con temi tratti dalla
mitologia e dal folklore, in perfetto accordo con i temi nazionalistici del
tempo, subendo però l’influenza dell’arte del Rinascimento. In John Albert
Bauer è presente in modo evidente questa mescolanza tra la pittura
rinascimentale e la cultura Sami; entrambi questi influssi artistici furono il
risultato dei viaggi che Bauer fece in Lapponia, Germania e Italia. Da
ricordare, nella pittura di questo artista anche la presenza di splendidi
paesaggi, probabile eco della cultura Romantica. Anche nell’arte di Bauer, come
in quella Preraffaellita, è presente la figura della donna angelica che nei suoi
disegni si riferisce alla moglie, Ester Ellqvist (1880-1918), la quale con i
suoi magnifici capelli biondi ispirò l’artista nella realizzazione di tutte le
principesse fatate presenti nelle sue opere. Egli nel 1908 illustrò la fiaba Svanhamnen
(Fig. 9), scritta da Helana Nyblom, per la raccolta di fiabe Bland
Tamtar och Troll. Anche in questo caso un’illustrazione è riconducibile a
un’opera di Bourne-Jones: Sidonia Von Borck (1860), personaggio storico
rappresentato come “famme fatale” durante l’Epoca Vittoriana. Sidonia dal XIX
fu la protagonista di numerosi romanzi tra cui il romanzo gotico Sidonia von
Bork, scritto nel 1847 da Wilhelm Meinhold e pubblicato in tre
volumi nel 1848. Il testo venne tradotto in inglese col titolo di Sidonia la
maga e messo alle stampe da William Morris e Jane Francesca Elgee,
diventando un cult dell’età vittoriana. Molti dei dettagli dell'aspetto
di Sidonia sono presi direttamente dalla descrizione di Meinhold, ma per quanto
riguarda il costume l’artista si ispirò a un ritratto di Giulio Romano [29] .
Le
veneri-cigno di Walter Crane
Walter Crane (1845-1915), illustratore, pittore e
importante rappresentante del movimento “Arts and Crafts”, fu un grande
ammiratore di Burne-Jones e come quest’ultimo espose alla Grosvenor Gallery.
Durante i suoi studi fu affascinato non soltanto dall’arte Preraffaellita e
Italiana ma anche dalle stampe giapponesi [30] .
Anch’egli rappresentò il soggetto della fanciulla cigno con l’opera The Swan
Maidens (1894, Fig. 10), esposta per la prima volta nell’inverno del 1894
alla New Gallery di Londra, in seguito al ritorno dell’artista dall’America. Il
soggetto ha l’acqua come tema principale e rimanda ad alcune opere degli anni
precedenti, in particolare a The Neptune Horses (1892) [31]
esposta sempre alla New Gallery nel 1893. L’immagine ha come soggetto le donne
che si svestono dei loro abiti da cigno per bagnarsi nel lago e ciò ricorda
molto la leggenda nordica delle Valchirie, che probabilmente sta alla base di
tutti i racconti europei che hanno questo soggetto. The Swan Maidens può
essere accomunata anche ad un’altra opera di Crane, esposta per la prima volta
alla Grosvenor Gallery nel 1877, The Renaissence of Venus. Entrambe le
opere hanno come centro dell’attenzione una donna in piedi nuda o semi-vestita,
inoltre le figure femminili spoglie che si trovano lateralmente a entrambi i
quadri richiamano le opere rinascimentali e il tema della donna che si
bagna/nasce dall’acqua sottolinea l’interesse che Walter Crane nutriva per
Botticelli: non a caso la famosissima Nascita di Venere Botticelliana
può essere accomunata all’opera dell’artista inglese per la somiglianza del
corpo dei due soggetti femminili e per gli stessi capelli biondi mossi dal
vento.
La
triste storia dei figli di Lir
Oltre alla donna che si trasforma o viene
trasformata in cigno esistono anche alcune fiabe e leggende riguardanti dei
bambini che vengono tramutati in cigno dalla propria matrigna. La più antica è
la leggenda celtica dei Figli di Lir. Egli era una delle divinità Danaan
(divinità da cui discesero poi gli esseri del Sidhe o dell’Altro Mondo [32] ),
che sposò la sorella della sua defunta moglie, dalla quale aveva già avuto una
figlia e tre figli. La matrigna gelosa trasformò i figliastri in cigni e li
condannò a vagare per novecento anni, fino a quando un uomo del nord non si
fosse unito a una donna del sud. La leggenda dei figli di Lir fu molto
conosciuta nel corso dell’Ottocento a causa degli studi effettuati sulla
letteratura britannica proprio in quel periodo. Di questa particolare leggenda,
ricordiamo principalmente tre immagini. La prima fu realizzata
dall’illustratore scozzese Harold Robert Millar (1869-1940) molto apprezzato al
tempo per le sue illustrazioni di libri per bambini. L’illustrazione de I figli di Lêr
dell’artista scozzese fu realizzata per un’edizione del testo Celtic Myth
and Legend di Charles Squire nel 1905 [33] .
Questo testo, ristampato ancora oggi, è un’opera con cui Charles Squire cercò
di spiegare, servendosi di un ampio sistema di note e di un ricco glossario, le
leggende celtiche servendosi della teoria secondo cui gli esseri magici ed i
racconti leggendari fossero, in realtà, le restanti tracce della mitologia
pagana: ad esempio la figura della fata costituiva probabilmente ciò che
rimaneva delle antiche divinità tutelari. Il testo di Squire si colloca ancora
una volta nel cosiddetto “Celtic Revival”, anche se questo termine è più
utilizzato nell’ambito dell’oreficeria dell’800, come dimostrano anche gli
studi che l’autore fece sulla vera e propria lingua celtica. In questo ambito
può essere inserita anche la seconda immagine riguardante i figli di Lir,
eseguita da un altro artista scozzese Stephen Reid (1873-1948), famoso per
le illustrazioni della saga di Cuchulain riscritta da Eleanor Hull verso il
1910 [34] .
L’immagine realizzata da Reid, caratterizzata dagli immancabili toni pastello
delle sue illustrazioni, richiama il punto della leggenda in cui tutta la gente
del luogo si reca al lago per ascoltare il dolce canto e i racconti dei “fanciulli-cigno”
che, malgrado il maleficio, avevano conservato la parola. La triste storia dei
figli di Lir è stata raffigurata anche in un quadro di un altro artista
scozzese, il già citato, John Duncan (1866-1945). Egli può essere considerato
un artista simbolista sia per i temi trattati, non sempre di facile
comprensione, sia per l’utilizzo del colore, caratterizzato da tinte spesso
distanti dalla realtà, sia per la vicinanza dell’artista all’arte dei
Preraffaelliti oltre al decorativismo proprio dell’”Art Nouveau”. I soggetti
prediletti da Duncan, che riguardano in primis il fantastico e il romantico,
come del resto le prime opere preraffaellite, sono figure angeliche e donne
appartenenti ad un passato mitico, adornate da abiti ricchi di decorazioni. Nel
1890, come molti artisti del tempo, egli fece un viaggio in Italia dove, come
Burne-Jones, conobbe le opere di Botticelli e del Beato Angelico, rimanendo
così affascinato dall’arte quattrocentesca di cui amava i colori puri dei suoi
affreschi, le raffinate qualità decorative e la sua spiritualità [35] .
Egli fu uno degli artisti più importanti del “Celtic Revival” scozzese e del
movimento “Arts and Crafts” che dal XIX secolo ebbe molta influenza in Scozia.
Il quadro raffigurante i figli di Lir si colloca anch’esso nell’ ambito
simbolista; ciò che forse colpisce maggiormente è il particolare candore dei
personaggi, di una luminosità quasi accecante (fattore questo che può essere
collegato al famoso “bianco su bianco” delle opere del Beato Angelico). I
protagonisti della leggenda sono in piedi su di una roccia trasformati a metà
tra cigni e bambini, la figura principale, su cui cade inevitabilmente
l’occhio, è Fionuala, la sorella maggiore, in forma umana, che sembra quasi una
madre che protegge i suoi bambini oltre che una Venere-Fanciulla che nasce
dalle acque. La scena sembra sottolineare un passo preciso della leggenda, cioè
il momento in cui i quattro cigni sono in preda alle onde della costa
settentrionale e si rifugiano sugli scogli battuti dal vento freddo; Fionuala
protegge i fratellini con le sue ali e canta una canzone: «Crudele fu Aoife/Che
lanciò il suo incantesimo su di noi/E ci cacciò sulle acque:/quattro magnifici
candidi cigni./Ci bagniamo nella schiuma dell’acqua salmastra,/in baie
sovrastate da rosse scogliere;/invece di birra alla mensa di nostro
padre/beviamo l’acqua del salato mare blu./Tre figli e un’unica figlia/Vivono
nelle spaccature delle fredde scogliere,/le dure scogliere, crudeli ai
mortali:/siamo pieni di pianto questa notte» [36] .
I
cigni di Hans Christian Andersen
La tematica della sorella che si prende cura dei
fratelli-cigno non può che far tornare alla mente una famosa favola dal titolo I
cigni selvatici riscritta da Hans Christian Andersen (1805-1875), che
potrebbe avere come base questa particolare leggenda. Le fiabe di Andersen, e
non solo, durante l’Età Vittoriana acquisirono infatti una nuova fama grazie
anche alla produzione di numerosi libri illustrati ed economici indirizzati
alla nuova classe emergente, la borghesia [37] .
Tra i vari titoli si possono annoverare due traduzione delle fiabe dei Grimm
illustrate da George Cruikshank (1792-1878), nel 1823-26, e da Edward Henry
Wenhert (1813-1868), nel 1853. Andersen inizialmente fu poco apprezzato e
considerato uno scrittore per soli bambini a causa di traduzioni errate e
spesso mediate da un sentimento di superiorità morale e religiosa da parte dei
traduttori dell’Inghilterra vittoriana, i quali spesso non riuscivano o non
volevano essere fedeli al testo originale [38] .
Le sue opere in verità erano adatte anche ad un pubblico adulto, caratteristica
che ad esempio riuscì a cogliere il suo amico Charles Dickens oppure Oscar
Wilde. Della sua raccolta, Fiabe (1835-72), vennero stampate numerose
edizioni e tra queste era presente anche la fiaba dei Cigni selvatici,
narrazione che conteneva un tema importante per quanto riguarda lo scrittore
danese, ovvero il forte legame tra i fratelli. La sorellina infatti, per
riuscire a salvare i fratelli trasformati in cigno dalla matrigna, cuce delle camicie
di ortiche facendo voto di silenzio e rischiando di finire arsa sul rogo. I
Cigni Selvatici, fu una delle poche fiabe della raccolta a non provenire
dall’immaginazione dello scrittore ma ad essere trascritta in base ad alcuni
racconti popolari [39] .
Non a caso una fiaba dalla trama quasi identica era presente anche nella
raccolta Kinder Und Hausmärchen (1812), denominata I Sei Cigni,
scritta dai fratelli Grimm. Entrambe le storie furono illustrate da diversi
artisti vittoriani, tra cui spiccano Henry Justice Ford, Eleanore Vere Boyle e
William Heath Robinson (Fig. 11). Artisti che furono spesso a contatto con
l’arte preraffaellita di cui si avverte l’influenza nei loro disegni.
La
misteriosa donna-cigno di Blake
La “fanciulla cigno” è un personaggio
tradizionalmente “nordico”, ma immagini di questo essere particolare si possono
trovare in tutte le culture figurative europee a cavallo tra il XIX e il XX
secolo: sia nel Simbolismo, dove però risulta molto rivisitata, sia nello stile
decorativo “Art Nouveau”, sviluppatosi nell’ambito del Simbolismo medesimo tra
il 1880 e il 1910, dove la figura del cigno (più che della fanciulla in sé)
sarà molto utilizzata. Entrambe queste correnti artistico-letterarie ritrovano
le proprie premesse nel secondo Settecento, alle origini del movimento
romantico [40] .
Tra gli artisti precursori di questi due stili che hanno una qualche
correlazione con il cigno sono senza dubbio: William Blake (1757-1827) e Caspar
David Friedrich (1774-1840). Blake, che per alcuni critici fu il “padre” dei
Preraffaelliti, passò tutta la vita ad elaborare un universo simbolico e le sue
opere sia letterarie che pittoriche furono sempre pervase da un credo
visionario [41] .
Egli nelle sue opere, a partire dai Songs of Innocence del 1789, integrò
il testo con l’illustrazione. Proprio in uno di questi testi dell’artista
inglese compare un personaggio a metà tra un cigno e una donna (Fig. 12). Jerusalem
(The Emanation of the Giant Albion), in cui è presente l’illustrazione in
questione, fu l’ultimo dei “libri profetici” scritti ed illustrati dall’artista.
Il poema è caratterizzato da 100 tavole mirabilmente incise, la cui produzione
accompagnò l’artista per molto tempo. Alcuni temi sono ancora oggi oscuri e tra
questi c’è appunto l’illustrazione della mostruosa donna-cigno: essa potrebbe
essere infatti Sabrina, una delle figlie di Albione citata nel testo a cui
l’immagine è correlata, oppure Fionuala, la figlia di Lyr che nelle leggenda
celtica viene trasformata in cigno insieme ai tre fratelli [42] .
Il
cigno romantico
Altro artista che influenzò senza dubbio il
simbolismo fu, come sopra detto, Caspar David Friedrich. Le opere di questo
grande artista sono pervase da un forte senso di spiritualità della natura che
sia accorda con la filosofia di Emerson, il quale professava la necessità
dell’uomo di tornare alla natura e di immergersi in essa (poiché espressione di
Dio); è interessante notare che il trascendentalista americano, identifica la
natura anche come simbolo dello spirito [43] .
I paesaggi di Friedrich (nei quali spesso sono introdotte una o più figure umane)
non possono più essere considerati dei quadri di genere, poiché l’interazione
delle figura con il paesaggio rivela un’intensità che sconfina in una
silenziosa meditazione protestante sui misteri dell’aldilà [44] .
Le figure di Friedrich si trovano al limite dell’unione mistica con la natura
ed esprimono l’idea, prettamente romantica, dell’uomo impotente di fronte alla
forza e alla grandezza della natura. Tra le opere dell’artista tedesco è
interessante ricordare due quadri raffiguranti due cigni tra i giunchi al
tramonto. I cigni, in particolare quelli della seconda versione del quadro,
sembrano quasi due figure umane consapevoli della propria caducità (cosa che
sarà presente anche nei quadri con soggetti-animali di Franz Marc). Il tema dei
cigni al crepuscolo inoltre richiama la tradizione nordica, non soltanto perché
il cigno è un animale tipico di queste zone, ma anche perché questo particolare
animale compare in numerosi miti e fiabe, nelle quali, al calar della notte, si
tramuta in una splendida fanciulla o in una Valchiria.
La
sfinge e la sirena
Tralasciando il Simbolismo russo, di cui si è già
accennato, anche quello che si sviluppò tra la Francia e il Belgio presenta
qualche eco della fanciulla cigno. Questa figura posta in questo ambito però
muta nella “famme fatale”. Con il simbolismo infatti la donna angelica
dipinta dai preraffaelliti diventa un essere pericoloso e sensuale allo stesso
tempo. Ad anticipare questo tipo di donna fu Rossetti, il quale, nell’ultimo
periodo della sua produzione artistica (caratterizzato da un “visionarismo
nero”), rappresentava donne profane, dagli occhi tetri e labbra smisurate [45] .
La “donna-cigno” pura, spesso preda degli inganni dell’uomo, diventa
adesso una predatrice e si assimila con altri esseri mitologici, appartenenti
per la maggiore parte alla cultura greca. Sfingi, sirene e tetri angeli-demoni
popolano i quadri degli artisti simbolisti francesi e belgi. Del resto anche le
sirene alate hanno una propria simbologia: esse tra i Greci erano le figlie del
dio fluviale Achelao e della musa Tersicore, fanciulle con particolari abilità
musicali che facevano parte del corteo di Pesefone. Quando quest’ultima fu
rapita da Ade, secondo alcune fonti, vennero trasformate da Demetra in mostri
dal corpo di uccello e la testa di donna, come punizione per non aver difeso la
figlia. Nell’Odissea compaiono come dei mostri cantanti un canto ammaliante,
che di solito prometteva conoscenza e che portava gli uomini alla morte. Ma
oltre questa caratteristica, essendo al seguito di Persefone, probabilmente si
pensava accompagnassero le anime dei morti nell’Oltretomba. Specialmente negli
scritti degli autori cristiani le sirene si trasformarono in donne-uccello
ammaliatrici e presto la sete di conoscenza su cui facevano leva fu trasformata
in voluttà. L’allegorismo neoplatonico faceva delle sirene i simboli delle
voglie mondane e dei piaceri in virtù dei quali lo spirito restava ancorato da
“dolci parole” alla terrosità [46] .
Un esempio di donna-uccello simbolista è senza dubbio Sleeping Medusa di
Fernand Khnopff (1858-1921, Fig. 13): pur essendo denominata Medusa qui non
vediamo una testa di donna con capelli di serpenti bensì un grande uccello con
il volto di donna, probabilmente il volto della sorella (rappresentata
ossessivamente dall’artista). Il soggetto ha gli occhi chiusi per simboleggiare
sia l’introspezione che l’isolamento [47] .
Egli unisce all’idea della donna che pietrifica con lo sguardo l’immagine della
sirena, che ammalia l’uomo con la conoscenza (con gli occhi chiusi vede ciò che
il mortale non può vedere). A riassumere l’immagine della donna predatrice nei
quadri del sopracitato pittore possiamo prendere come esempio: L’arte, le
carezze o la sfinge. La simbologia della Sfinge è molto forte e rappresenta
l’archetipo della comunicazione enigmatica. Inoltre con la sua ambiguità (metà
donna metà felino), costituisce un modello dell’ambiguità comunicativa che dà
scacco a chi non riesce a reggerne lo sguardo. Sembrerebbe che Edipo abbia
risolto l’indovinello; ma, invece di suicidarsi, come risulterebbe dai testi
dalla lettura della mitologia greca, qui la Sfinge lo coccola accarezzandolo,
con un’espressione soddisfatta. Questo accade perché Edipo è ancora
intrappolato dal destino, nonostante il successo nel risolvere gli enigmi: qui
è molto evidente l'ambiguità della seduzione che blandisce quella che doveva
essere la sua vittima, scampata alla morte [48] .
Un altro esempio di sirena simbolista è il soggetto
ritratto da Armand Point (1860-1932, Fig. 14) nel 1897. Qui vediamo una donna a
cavallo di un toro marino che fa cenno con un braccio ad una nave che sia
avvicina. Si ricordi inoltre la stretta correlazione della donna-uccello e
della donna-cigno con l’acqua: infatti se la prima attrae i marinai tra le
onde, la seconda, bagnandosi nelle acque dei laghi, attrae l’intesse degli
uomini mortali.
La
donna uccello fin de siècle
Come Khnopff, un altro protagonista della cultura
del tempo fu senza dubbio l’inglese Aubrey Vincent Beardsley (1872 –1898),
famosissimo per le illustrazioni per la Salomè di Wilde, pubblicata nel
1894. Egli nei suoi lavori grafici unisce l’esasperazione della linea
serpentinata, al “giapponismo” e ai volti androgini di Bourne-Jones (a cui si
ispirò anche Khnopff). The Peacock Skirt, facente parte delle
illustrazioni per la Salomè, potrebbe a mio parere essere inserito come
un altro esempio di donna-uccello: l’estremità del vestito, infatti, forma
quasi una coda di pavone che poi restringendosi sempre più, formando il resto
del corpo, termina nella piccola testa della donna. Beardsley utilizzò molto
nelle sue stampe la figura del cigno. Ad esempio in una xilografia associa il
cigno al motivo della danza, che si collega anche alla donna vipera tipica
dell’artista e alle numerose figure art nouveau della "danzatrice
serpentina” [49] .
Nell’immagine troviamo una donna, con indosso soltanto un velo, che danza e a
fianco l’immagine dell’animale, forse perché il cigno veniva associato alla
musica e ad un canto particolarmente soave. Beardsley utilizzò molto la figura
del cigno per ornare le sue opere, proprio perché il collo arcuato dell’animale
richiama la linea serpentina; un esempio di ciò è una vignetta tratta dalla sua
prima opera illustrata: Le Morte d’Arthur di T. Malory. Qui si può
chiaramente notare la forza ornamentale del cigno che con il suo collo sinuoso
e le sue piume, associate anche con le linee curve delle acque sottostanti
(derivanti dall’arte giapponese), funge da elegante riempitivo. Il cigno e gli
uccelli in generale, infatti, furono spesso utilizzati nell’ Art Nouveau: il collo
e il candore del cigno, come sopradetto, risultavano un ottimo tipo di
ornamento che richiamava la linea curva tipica di questo stile.
La donna simile ad un uccello la ritroviamo anche
nei manifesti di Alfons Mucha (1860-1839) artista ceco che operò per molto
tempo a Parigi. Infatti, prendendo come esempio La Penna (1899, Fig. 15)
si può notare la somiglianza, della donna ritratta, con un uccello, in questo
caso proprio un cigno. Infatti, il vestito e la carnagione bianca, la piuma che
ha in mano, l’articolata acconciatura e la decorazione sul fondo aiutano la
fantasia dello spettatore ad associare la donna a questo animale. Diversi
elementi, presenti anche in quest’opera, sono tipici dell’artista: il motivo
ondeggiante delle chiome femminile, ispirato alle linee stilizzate dell’acqua
nelle stampe giapponesi, le teste femminili incorniciate da un’aureola o da una
sezione di cerchio, l’uso di un’enorme figura sullo sfondo, rappresentata come
divinità protettrice, ed infine l’anello metallico dietro la figura, simbolo di
eternità [50] .
La “fanciulla-cigno”, quindi, è una figura
strettamente collegata alla fiaba ottocentesca che però affonda le sue radici
all’interno della mitologia nordica e celtica da cui in seguito ha avuto
origine il racconto presente nell’Edda Poetica delle tre Valchirie, le
quali, mentre si bagnano nelle acque di un lago, vengono spiate da tre mortali.
Questa leggenda è la base per le numerose fiabe che hanno per argomento la
“sposa celeste” e il suo manto, rubato e nascosto da un uomo mortale. Storie
che si spingono fino al Giappone con la leggenda dell’Hagoromo.
Questo personaggio, inoltre, deve la sua
diffusione, nelle illustrazioni tra XIX e XX secolo, all’importanza che, dal
periodo Romantico in poi, ebbe la ripresa della tradizione e i numerosi studi
che vennero fatti sull’arte e sulle leggende popolari, che riportarono alla
luce alcuni miti andati dimenticati.
La “fanciulla-cigno” nell’arte di questo periodo è
stata utilizzata come una figura che simboleggia la grazia e la bellezza della
donna; infatti fu spesso sottolineata la femminilità e la luminosità di questo
particolare protagonista, tanto da venir frequentemente collegato al concetto
di donna-angelo preraffaellita, in perfetto accordo con la cultura di fine
Ottocento. In realtà quest’essere mantiene dentro di sé un certo alone di
mistero che lascia presagire ciò che diventerà la donna nell’immaginario
simbolista: un essere che suscita nell’uomo, spesso sua preda, una particolare
sensazione di pericolo e inquietudine. Del resto, la figura di questa fanciulla
richiama l’ambivalenza dell’animale al quale viene associata, poiché il cigno,
in numerose culture, simboleggia non solo la purezza e l’amore ma anche
l’aggressività ed il coraggio.
Altro elemento strettamente collegato a questo
personaggio è senza dubbio la musica, infatti come ben sappiamo la “fanciulla-cigno”
fu la protagonista di alcune opere musicali del periodo sopracitato; la scelta
di questa figura in queste opere è giustificata sia dalla bellezza delle storie
che la riguardano sia dalla correlazione del cigno con il canto melodioso.
Da tutto quanto sopra esposto si evince senza
dubbio che la maggior parte della produzione artistica riguardante questa
particolare figura riguarda le illustrazioni nei libri, proprio a dimostrazione
del fatto che la “fanciulla-cigno” resta un personaggio collegato al mito e
alla fiaba. Ogni immagine, infatti, si completa con l’aiuto del racconto, prova
anche della stretta correlazione tra testo e immagine che potrebbe spostarsi
sul tema più ampio, comprendente sia la grafica che la musica, del legame tra
le arti. Tema tanto caro sia ai componenti di Mir Iskusstva che agli
artisti del movimento “Arts and Crafts”.
BIBLIOGRAFIA
ALLAN 1999
R. ALLAN, Walt Disney and Europe, John Libbey & Co., London 1999.
BANER
1981
A. BANER, Om John Bauer for smatt folk, Catalogo della mostra tenuta a
Stoccolma nel 1981.
BARBLAN
1963
G. BARBLAN, L’Anello del Nibelungo di Wagner, Edizioni della scala, Milano
1963.
BENEDETTI
1986
M. T. BENEDETTI, I Preraffaelliti, Giunti, Firenze 1986.
BENEDETTI
1997
M. T. BENEDETTI, Simbolismo, Giunti, Firenze 1997.
BENEDETTI
2012
M. T. BENEDETTI, Preraffaelliti, De Luca, Roma 2012.
BERTOLUZZI
2009
D. BERTOLUZZI- A. PAVAN, Iniziazione ai culti celtici, Edizioni
Mediterranee, Roma 2009.
BRELICH
2006
A. BRELICH, Introduzione alla storia delle religioni, Edizioni dell’Ateneo,
Roma 2006.
BUCHANAN-BROWN 2005
J. BUCHANAN-BROWN, Early Victorian
Illustrated Books, The British Library and Oak Knoll Press, London 2005.
CALVESI
1986
M. CALVESI, Arte e alchimia, Giunti, Firenze 1986.
CARPI
2010
G. CARPI, Storia della letteratura russa, Carocci, Roma 2010.
CATTABIANI
2000
A. CATTABIANI, Volario (Simboli, miti e misteri degli esseri alati. Uccelli, insetti,
creature fantastiche), Mondadori, Milano 2000.
CHIESA
1991
G. CHIESA, I miti nordici, Longanesi, Milano 1991.
CIERI
2003
C. CIERI, L’arte delle metamorfosi (Decorazioni mitologiche nel Cinquecento),
Lithos, Roma 2003.
CIERI
1996
C. CIERI, Le favole Antiche (Produzioni e
committenza a Roma nel Cinquecento), Bagatto, Roma 1996.
COVRE
2008
J. COVRE, Arte contemporanea: le avanguardie storiche, Carocci, Roma 2008.
COVRE
1992
J. COVRE, Riferimenti musicali nelle arti figurative tra Simbolismo e prime
avanguardie-da Wagner a Bach, Lithos, Roma 1992.
CRANE 1898
W. CRANE, The work of Walter Crane (with notes by the artist), S. virtue
and co., London 1898.
DEL
ZOTTO 2003
C. DEL ZOTTO, Edda Poetica (il carme di Sigrdrifa), Scheiwiller-Playon, Milano
2003.
DI
STEFANO 2005
E. DI STEFANO, Redon, Giunti, Milano 2005.
GOLYNETS 1981
S. GOLYNETS, Ivan Bilibin,
Aurora Art Publishers, Leningrad 1981.
GRIMM 1835
J. GRIMM, Deutsche Mythologie,
Detrich, Göttingen 1835.
GUEST 1928
C. GUEST, Mabinogion, Alfred
Nutt, London 1928.
HUDSON 1960
D. HUDSON, Arthur Rackham,
William Heinemann, London 1960.
HULL 1928
E. HULL, Folklore of the British
Isles, Methuen &co., London 1928.
HULL 1908
E. HULL, Pagan Ireland, M. H.
Gill & son., Dublin 1908.
LUCIE-SMITH
1978
E. LUCIE-SMITH, L’arte simbolista, Mazzotta, Milano 1978.
MASINI
1989
L. MASINI, Art Nouveau, Giunti, Milano 1989.
MIKHAIL VRUBEL 1985
Mikhail Vrubel: paintings, graphic works, sculptures,
book illustrations, decorative works, theatrical designs, Printed and bound in USSR, Leningrad 1985.
MIR
ISKUSSTVA 1984
Mir
Iskusstva (la cultura figurativa, letteraria e musicale nel Simbolismo russo), atti del convegno
svoltosi a Torino il 22/23 aprile 1982 organizzato dall’Assessorato alla
cultura della Regione Piemonte, in collaborazione con l’Università di Torino e
l’Associazione Italia-URSS di Torino, edizioni e/o, Roma 1984.
MONAGHAN 2004
P. MONAGHAN, The Encyclopedia of
Celtic Mythology and Folklore, Facts on file, New York 2004.
NOVER 1882
J. NOVER, Nordisch-germanische
Götter und Helden: In Schilderunge für Junged und Volk, Spamer, Lepzig
1882.
PLANTINGA
1989
L. PLANTINGA, La musica romantica (Storia
dello stile musicale nell’Europa dell’Ottocento), Feltrinelli, Milano 1989.
PROPP
2000
V. J. PROPP, Morfologia della fiaba, Einuaudi, Torino 2000.
RAINE
1980
K. RAINE, William Blake, Mazzotta, Milano 1980.
ROLLESTON
1994
T. W. ROLLESTON, I miti celtici, Longanesi, Milano 1994.
ROSENBLUM
2006
R. ROSEMBLUM, La pittura moderna e la tradizione romantica del Nord (da Friedrich a
Rothko), 5 Continents, Milano 2006.
ROSSI
2012
S. ROSSI, Arte come fatica di mente, Lithos, Roma 2012.
RUNFOLA
1995
P. RUNFOLA, Mucha, Giunti, Milano 1995.
SANTOLI
1967
V. SANTOLI, Storia della letteratura tedesca, Sansoni, Firenze 1967.
ŠEKULIC’
2000
Ž. Š. ŠEKULIC’, Breve storia della letteratura tedesca, Einaudi, Torino 2000.
SQUIRE 1910
C. SQUIRE, Celtic myth & legend,
poetry & romance, The Gersham Publishing Company, Londra 1910.
VERNANT
2000
J. P. VERNANT, L’universo, gli dèi, gli uomini (Il racconto del mito), Einaudi,
Torino 2000.
VIOLA
2000
P. VIOLA, L’Ottocento, Einaudi, Torino 2000.
VOLPI
2001
M. VOLPI, Böcklin, Giunti, Firenze 2001.
VOLPI
2008
M. VOLPI, L’occhio senza tempo (Saggi di critica e storia dell’arte
contemporanea), Lithos, Roma 2008.
WARRACK
1994
J. WARRACK, Ciajkovskij (I balletti), Rugginenti, Milano 1994.
WEINSTOCK 1946
H. WEINSTOCK, Tchaikovsky,
Cassell, London 1946.
WILDMAN 1998
S. WILDMAN, Bourne-Jones
(Victorian Artist Dreamer), Metropolitan Museum of Art 1998.
ZANKER
2008
P. ZANKER, Vivere con i miti, Bollati Boringhieri, Torino 2008.
FONTI
LETTERARIE
AFANAS’EV
2015
A. N. AFANAS’EV, Masha e l’Orso (e altre fiabe popolari russe), Newton Compton, Roma
2015.
ANDERSEN
1954
A. C. ANDERSEN, Fiabe, Einaudi, Torino 1954.
EMERSON 2010
R. W. EMERSON, Natura, Donzelli, Pomezia (Roma) 2010.
GRIMM
1995
J. & W. GRIMM, Fiabe, Fabbri, Milano 1995.
HULL 1909
E. HULL, Cuchulain (The Hound of Ulster), Harrap, London 1909.
JACOBS 1910
J. JACOBS, Europa’s Fairy Book,
Puntnam’s, London 1910.
MUSÄUS 1909
J. MUSÄUS, Volksmährchen der
Deutschen, Caffirer, Berlino 1909.
NYBLOM 2007
H. NYBLOM, Svanhamnen,
Inbunden, Svenska 2007.
PUŠKIN
1990
A. PUŠKIN, Fiabe in versi, Marsilio, Venezia 1990.
STURLUSON
1975
S. STURLUSON, Edda, Adelphi, Milano 1975.
ARTICOLI TRATTI DAL VICTORIAN WEB
BANERJEE
2008
J. BANERJEE, Hans Christian
Andersen and His Victorian Translators, 2008.
BANERJEE 2008
J. BANERJEE, The Power of
“Faerie”: Hans Christian Andersen as a Children’s Writer, 2008.
BYECROFT 2004
B. BYECROFT, Popular and Applied
Arts in the Celtic Revival, 2004.
COOKE 2014
S. COOKE, Arthur Gaskin as an
illustrator and book cover designer, 2014.
COOKE 2012
S. COOKE, The Life of Alfred
Walter Bayes, 2012.
COOKE 2012
S. COOKE, Wehnert as an
illustrator, 2012.
ELEANOR VERE BOYLE 2001
Eleanor Vere Boyle, 1825-1916: An Overview, 2001
HENRY JUSTICE FORD 2005
Henry Justice Ford (1860-1940), 2005.
CRANE 2013
Walter Crane, RWS 1845-1915: An Overview, 2013
SCHINDLER 1997
R. A. SCHINDLER, Art to Enchant:
The Development of Victorian Fairy Painting, 1997.
SLEEPING MEDUSA 2005
Sleeping Medusa, Fernand Khnopff (1858-1921),
2005.
SITOGRAFIA
ARCHIVE
Internet Archive, http://www.Archive.org
ARTECULTURA
Ferrara arte e cultura, http://www.Artecultura.Fe.it
ARTE
Arte & Design, http://www.Arte.rai.it
ARTSY
ARTSY, http://www.Artsy.Net
BRITISH LIBRARY
The British Library, http://www.Bl.uk
EDINBURGH MUSEUMS
Edinburgh Museums & Galleries, http://www.edinburghmuseums.org
ENGRAMMA
Engramma, http://www.Engramma.it
GUTEMBERG
Project Gutemberg, http://www.Gutemberg.org
IRISH TEXT SOCIETY
The Irish Text Society, http://www.Irishtextsociety.com
LEICESTER GALLERIES
Peter Nahum At The Leicester Galleries, http://www.Leicestergalleries.com
SCHLOSS NEUSCHWANSTEIN
Bayerische Verwaltung der staatlichen Schlösser, Gärten und Seen, http://www.Neuschwanstein.de
OXFORD DNB
Oxford Dictionary of National Biography, http://www.Oxforddnb.com
SURLALUNE
SurLaLune Fairy Tales, http://www.Surlalunefairytales.com
TATE
TATE, http://www.Tate.org
TRECCANI
Treccani, la cultura Italiana, http://www.Treccani.it
VICTORIAN WEB
The Victorian Web, http://www.Victorianweb.org
VÖLUSPÁ
Völuspá, http://www.Völuspá.org
|