1. Introduzione
Sono svariati gli studi di carattere storico e
topografico che confermano la forte potenzialità archeologica del territorio a
sud – est e a sud - ovest di Roma; i reperti relativi a contesti funerari,
impianti idrici, strutture abitative e percorsi viari ne sono un’ulteriore
prova.
Le scoperte archeologiche, supportate dalle fonti
letterarie, testimoniano che qui si stanziarono diverse popolazioni: coloni
Calcidesi, Latini, Etruschi, Volsci allo scopo di sfruttare il territorio sia
per le risorse naturali che per avere un transito agevolato per gli scambi
commerciali con i Sanniti e la città di Capua
a sud.
L’industria litica dell’Homo Neanderthalensis, le necropoli, le stipi votive di epoca
protostorica, le fattorie di epoca romana, le strutture difensive medievali ed
infine le proprietà fondiarie del XVIII e XIX secolo attestano che solo in
parte c’era la palude; il resto della superficie era sfruttato per la sua
fertilità, dovuta alla presenza di minerali di origine vulcanica provenienti
dai Colli Albani e trasportati dalle alluvioni.
Proprio le pianure di origine alluvionale nella zona
erano ricche di risorse naturali e sorgenti, che affioravano in superficie e
favorirono il popolamento verso le zone interne; molte di quelle sorgenti sono
ormai scomparse, a causa del forte impatto antropico sull’ambiente circostante.
Comunque, l’abbondante presenza di acqua favorì, già
in epoca arcaica, la realizzazione di impianti idrici non sottovalutabili da un
punto di vista architettonico; i Romani non fecero altro che riutilizzarli e
perfezionarli.
In riferimento a ciò, l’archeologa Clelia Cirillo
ricorda che, a partire dal II sec. a.C., i Romani realizzarono altre importanti
opere di ingegneria stradale ed idraulica per superare alcune delle difficoltà
naturali delle Paludi Pontine, tra cui rovi, erbacce, stagni, pantani. Fu
grazie a questi interventi, che il paesaggio acquisì un aspetto ordinato e
bucolico con canali, argini e campi coltivati. Questi dovevano servire
all’approvvigionamento delle fattorie e ville latifondistiche realizzate da
quei coloni che erano stati inviati da Roma e che si erano stanziati nel
territorio già a partire dal IV secolo a.C..
Lo storico De Rossi parla di due punti strategici
nella zona a sud di Roma: Civita Lavinia (Lanuvio), che, dalla sua
posizione strategica, sorvegliava la parte pedemontana dei colli e Antium, che
sorgeva sul mare e rappresentava un importante luogo di approdo di genti e
merci, le quali venivano poi smistate verso l’interno e lungo la costa già a
partire dall’VIII sec. a.C..
Questi due centri erano collegati dalla via Selciatella, la quale,
intersecata da altre strade, rientrava in un percorso di collegamenti e arterie
significative della zona a sud di Roma, come la via Severiana e Ardeatina
(Fig. 1).
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Fig. 1 - Giovanni Maria De Rossi, La viabilità antica nel territorio tra i Colli Albani e la costa a sud di Roma (in verde il percorso della via Selciatella che collegava Lanuvio al litorale; in rosso i percorsi della via Appia, della via Ardeatina e della via Severiana), da La via da Lanuvio al litorale di Anzio, 1981.
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Anche l’archeologa Sonia Modica, in
uno dei suoi studi sulle costruzioni fortificate ubicate lungo la direttrice
Anzio – Velletri, conferma l’esistenza di importanti assi viari che collegavano il rilievo
collinare alla fascia costiera già nel V secolo a.C. Queste arterie
stradali erano prossime ad insediamenti sparsi nelle campagne, che venivano
coltivate a livello estensivo e che testimonierebbero la ricchezza di risorse
nel territorio compreso tra Velletri ed Anzio. Modica richiama come nella zona
vi fosse anche un buon assetto strategico per una gestione del territorio da un
punto di vista bellico, con un controllo su viabilità e accesso alle vie
interne e verso l’area meridionale del Lazio che proseguirà anche nel Medioevo.
Pertanto, i nuclei abitati esistenti erano tutelati da vere e proprie postazioni di
vedetta, definite torrette “semaforiche” che trasmettevano il segnale di
pericolo dalla costa verso l’interno. E’ per questo che molte torri hanno
conservato la collocazione originaria lungo assi viari antichi. Alcune di
queste non solo costituiscono documentazione del diffuso utilizzo di scaglie
litiche tratte da basoli stradali, ma si sono anche rivelate utili quale fonte
d’informazione nella ricostruzione topografica della viabilità territoriale.
Infatti, ad esempio, la Torre del Padiglione, la Torre Spaccasassi e la Torre
del Monumento hanno fornito le basi per l’elaborazione di un tracciato alquanto
apprezzabile della via Selciatella.
2.
Toponomastica di via Selciatella
La toponomastica del termine
Selciatella è ancora dubbia, sicuramente non risale all’epoca romana, come
si ricava dalla lettura delle fonti antiche che non richiamano tale
appellativo. Si deve all’Ente dei Fondi Rustici l’introduzione di questo nome
per l’antica strada che corre parallela a quella moderna nella località ‘La
Campana’ di Nettuno. Risulta più verosimile attribuire al nome il richiamo, in
modo appropriato, al termine “selciato”, con il quale si indica: “quel tipo di pavimentazione, usato per
piazze, cortili e strade e formato da blocchi, ciottoli o lastre in pietra, in
particolare dalla selce, roccia sedimentaria di cui erano spesso composti
proprio i basoli delle antiche strade romane”.
Le fonti antiche, tuttavia, tacciono in merito alla terminologia usata per il
tracciato qui in esame e mancano attestazioni epigrafiche relative alla sua
costruzione o al suo costruttore.
Thomas Ashby, archeologo
britannico del XIX secolo e studioso del paesaggio laziale, parla di: “una strada basolata con forte
pendenza, che nel sistema di circonvallazione lanuvina, costituiva il
collegamento a nord con la via Appia e a sud con il litorale di Anzio”. Lo
storico apriliano Bernardino Tofani e qualche studioso locale hanno definito
tale antica viabilità un tratto della c.d. “Appia Consolare Inferiore”. Tale
definizione non è da attribuirsi alla poca importanza della strada, piuttosto
si deve alla sua funzione e posizione topografica, in quanto, essa, staccandosi
dalla via Appia, raggiungeva il mare
attraversando la parte meridionale e quindi “inferiore” del Lazio. D’altra
parte storici, studiosi del territorio e archeologi, tra cui Lorenzo Quilici,
Giovanni Maria De Rossi, Claudio Negrini menzionano la via semplicemente come
‘strada romana’.
3.
L’utilizzo della via Selciatella nel corso dei secoli
Dal momento che il
territorio attraversato dalla via Selciatella
è stato oggetto di una forte urbanizzazione, sono pochi i dati archeologici che
possano confermare un quadro cronologico chiaro e definito riguardo al suo
utilizzo nel corso dei secoli. L’archeologo Negrini ritiene che questo percorso
viario fosse noto già in epoca arcaica (V-IV secolo a.C.) e sarebbe stato
impiegato durante la guerra tra i Romani e i Volsci, conclusasi con la disfatta
di questi ultimi ad Anzio.
Lo storico De Rossi conferma l’arcaicità del percorso, il quale veniva
sfruttato agilmente per collegare la zona collinare, attraversata dalla via Appia, al mare.
Secondo Negrini, se il percorso viario è di origini arcaiche, il basolato,
invece, conservatosi in particolare a ‘ponte Loreto’ di Lanuvio e in località
la ‘Campana’ di Nettuno, sarebbe più recente, frutto di restauri apportati in
epoca imperiale, ma non sono disponibili dati scientifici che possano
confermare una datazione precisa a riguardo.
Non è possibile affermare
con esattezza che la via sia da considerarsi un percorso esclusivamente
secondario, utilizzato solo per scopi locali. A tal proposito, l’osservazione
sul campo ha messo in risalto i seguenti elementi tecnici: il buono stato di
conservazione dei basoli di epoca imperiale, in particolare in località “la
Campana” di Nettuno e a “ponte Loreto” di Lanuvio, la presenza sporadica dei
solchi, provocati dal passaggio dei carri, la mancanza di strutture complesse,
quali ponti o canalette; lo sfruttamento della semplice pendenza naturale per
lo scolo delle acque piovane, insieme agli indicatori sopra citati,
confermerebbe lo scopo non unicamente commerciale di questa via. Rispetto
all'utilizzo funzionale della via le fonti tacciono, mentre i danni arrecati
alle infrastrutture antiche nel corso dei secoli e gli interventi di restauro,
benché prodotti nel rispetto delle modalità costruttive antiche, non permettono
ulteriori chiarimenti, lasciando ancora molti interrogativi aperti.
Considerando la direttrice
di sviluppo della strada vale la pena riconoscere che non pochi protagonisti
della storia vengono ricordati dalle fonti per il passaggio nell’ambito del
territorio interessato dal tracciato della c.d. ‘Selciatella’. I personaggi
storici più illustri che ebbero a che fare con tale direzione di percorso
antico sono stati molti. Cicerone usava attraversare quel contesto
territoriale per raggiungere la sua villa di Astura ad Antium, che lui stesso definiva: “posto quieto,
fresco e piacevole” nelle sue lettere ad Attico. In una lettera, in
particolare, egli precisava che era solito sostare a Lanuvio prima di
arrivare sulla costa (“in Tusculanum hodie; Lanuvi cras; inde Asturae”). La
menzione è interessante perché fornirebbe un dato scientifico utile riguardo
alle città importanti (Tusculanum, Lanuvium, Asturae) collocate lungo la
via nota oggi come ‘Selciatella’, fornendo elementi di descrizione del
territorio che essa attraversava.
In epoca imperiale la
direttrice venne percorsa anche dagli imperatori Augusto, Tiberio, Caligola e
Nerone, il quale la praticava per arrivare ad Anzio, dove erano la sua villa ed
il porto. La medesima via, inoltre, serviva anche al transito delle asine che
producevano il latte per i bagni- resi celebri dalle fonti- di Poppea, la sua
dissoluta moglie. Gli architetti della villa imperiale di Nerone erano Celer
e Severus, famosi per la realizzazione della Domus Aurea e
costruttori anche delle cisterne che sfruttavano le sorgenti di Carano che
alimentavano sia Anzio, che le ville disposte lungo la Selciatella.
In epoca adrianea, la strada pullulava di ville ed in alcune di queste era
praticato il culto di Antinoo, giovane annegato nelle acque del Nilo, amato e
per questo divinizzato dall’imperatore Adriano.
Infatti, non molto distante dalla Torre del Padiglione e dalla scuola Felice
Trossi in territorio apriliano, venne ritrovato il rilievo dell’Antinoo
Silvano, raffigurato
nell’intento di cogliere grappoli d’uva e tutt’ora conservato presso il Museo
Nazionale Romano. Lungo la via, in effetti, dovevano esserci tante vigne, per
le quali i proprietari investivano in attività agricole e commerciali
specifiche esercitando attività rituali propiziatorie anche nei vicini santuari
o luoghi di culto, come lascia pensare il rinvenimento, nelle vicinanze, della
statua della dea Cibele, visitabile al piano terra della Biblioteca Comunale di
Aprilia.
Secondo lo studioso Edoardo
Martinori, la ‘Torre del
Padiglione’ rappresentava una delle installazioni di avvistamento e di
controllo del territorio, realizzate tra il IX e X secolo in occasione
delle invasioni saracene. Essa insisterebbe sulle strutture d'epoca romana che
erano ubicate lungo la via Selciatella.
Pertanto, durante l’Alto
Medioevo, la via era ancora intatta in alcuni punti ed era ancora in uso:
collegava le torri di vedetta dell'area collinare a quelle della pianura e
della costa.
Una lunga tradizione di
studi indicherebbe Torre del Padiglione come uno degli scenari in cui si
sarebbe svolta la battaglia di Campomorto nel XV secolo tra le truppe del Papa,
guidate da Roberto il Magnifico e quelle del duca Alfonso di Calabria. Quest’ultimo
avrebbe attraversato il territorio di Lanuvio, superato il Ponte Loreto e
percorso la via Selciatella per
arrivare direttamente alla costa perché attendeva i rinforzi dalle galee del Re
Ferrante. Proprio all’altezza di via Torre del Padiglione, le guide lo
avrebbero informato che la strada in località la “Campana” era impantanata,
sommersa da acquitrini e da un fango così spesso che i carri, le munizioni e i
cavalli non sarebbero mai riusciti a proseguire.
La via Selciatella ha
preservato la sua funzione di controllo dei punti strategici nel territorio
pontino fino ai tempi recenti: esistono rapporti scritti nel XVIII secolo dai
comandanti militari riguardo agli spostamenti di alcuni drappelli di cavalleria
lungo un diverticolo dell’Appia, con il
compito di sorvegliare le campagne o eliminare bande corsare. Questo asse
viario era diretto verso la costa e coinciderebbe con quello studiato e citato
da De Rossi.
Inoltre, sono stati evidenziati su alcuni basoli stradali, in
particolare in località la “Campana”, segni di danno provocati dai
bombardamenti della seconda guerra mondiale.
4. La ricostruzione
del percorso stradale
Anche se le testimonianze archeologiche non sono
numerose e spesso frammentarie, ricoperte o addirittura danneggiate dall’edilizia
moderna, l’esame di fonti storiche locali e di relazioni archeologiche consente
una ricostruzione discreta del percorso della via Selciatella, la quale,
attualmente, attraverserebbe alcuni comuni di Roma (Velletri, Lanuvio, Anzio,
Nettuno), ma anche il territorio comunale di Aprilia.
Lo storico locale Bernardino
Tofani ha sostenuto che la via Selciatella partisse da Velitrae, sui Colli Albani, si staccasse
dal percorso della via Appia, passasse per Lanuvio, Torre Spaccasassi, Torre del Padiglione, la “Campana”,
Torre del Monumento e poi arrivasse ad Anzio
(Fig. 2).
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Fig. 2 - Bernardino Tofani, Il percorso della via Selciatella verso Antium evidenziato in rosso da Aprilia e il suo territorio nell'agro romano e pontino, 1986.
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Gli archeologi non possono
stabilire con esattezza il punto di partenza della strada, per cui le
affermazioni di Tofani sono state messe a confronto con altre fonti, tra cui
quelle del Grand Tour. Infatti, Nibby, nel suo studio
topografico relativo alla campagna romana, descrive una parte del territorio di
Velletri con queste parole: “di là dal
rivo (il braccio occidentale del fosso di Mele che la via Appia antica supera
per mezzo del ponte omonimo) vidi alcuni ruderi di opera incerta nella contrada
denominata “i quarti di Velletri” e dopo non molti passi con mia grande
sorpresa mi si presentò a destra il lastricato di una strada antica ben
conservato, che veniva in questo punto a mettere capo nell’Appia dalla marina
anziate: questa si può con guida tracciare e dopo ca. 12 m passa presso il
sepolcro situato ad un miglio di distanza da Nettuno e di là va a terminare
presso Anzio, un miglio e mezzo dopo…”.
L’archeologa Marie Rene De
la Blanchere nel suo contributo sulla via Appia
da Roma a Capua menziona anch’ella il ponte di Mele oltre il quale c’era un
incrocio tra più strade: una era l’Appia,
un’altra era quella visibile nella vigna Capoccio davanti ai resti di
un’abitazione, un’altra era quella diretta a Civitana e un’altra ancora era la
strada proveniente da Velletri, detta Selciatella
Lazzarìa.
Proprio quest’ultima, già
menzionata dal Nibby sarebbe quella trattata da Nardini nella sua relazione del
1939 relativa ad alcuni rinvenimenti fatti nei pressi della contrada Ponte di
Mele nel comune di Velletri. Secondo lui, la via Appia attraversava il suddetto ponte e 300 m dopo, essa si
biforcava in due percorsi, uno diretto lungo via Fontana di Lupo e un altro
lungo via di Capanna Murata che conduceva alla nota villa di Civitana. In
quest’ultimo sito vennero rinvenuti avanzi di strutture, frammenti marmorei,
frammenti fittili e due cisterne, che sarebbero pertinenti proprio ad una villa
posta in prossimità di un importante snodo viario, cioè vicino all’incrocio tra
la via Appia e percorsi antichi
secondari che si dirigevano verso la costa. Non molto lontano, la via Appia veniva tagliata da una strada che
proveniva da Velletri, attraversava la tenuta Lazzarìa, continuava verso S,
costeggiava il fosso dei Prefetti, poi incrociava la via Astura (compresa nel
comune di Lanuvio) e proseguiva infine verso Anzio
(Fig. 3).
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Fig. 3 - Oreste Nardini, Ubicazione della via Appia Antica (in rosso), del Ponte di Mele (in giallo), della via Fontana di Lupo (in verde), di via della Civitana (in arancione), della tenuta Lazzarìa (in blu), da Cippo con l'indicazione di un'antica strada rinvenuto presso la via Appia in contrada Solluna, 1918.
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Proprio quest’ultima strada, che confluisce
nell’attuale via Astura, rappresenterebbe il percorso che a noi interessa. I dati forniti da Nardini non possono
essere più convalidati dai reperti archeologici che ormai sono scomparsi, per
cui non si può stabilire il luogo esatto in cui la via Selciatella Lazzarìa proveniente da Velletri e la via Astura si
incontrassero, però a Lanuvio si è conservato un tratto di pavimentazione
stradale considerevole. Fin dall’antichità Lanuvio aveva avuto una posizione
strategica per il controllo del territorio ed era stata meta obbligata per i
viaggiatori che da Roma volevano raggiungere il mare.
I resti più evidenti dell’antico percorso stradale della Selciatella sono evidenti presso il ponte Loreto, luogo in cui essa
attraversava il torrente ‘Fontana Torta’, a pochi km di distanza dal
centro del paese omonimo (Figg. 4, 5 in blu). Il ponte
consentiva il proseguimento di una strada che da Lanuvio era diretta ad Anzio.
Già ai tempi delle fotografie scattate da Thomas Ashby, si vedevano basoli in
leucite ed una certa pendenza nel percorso.
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Fig. 4 - Antico basolato stradale in leucite che corre sul Ponte Loreto, Strada Provinciale Astura, Lanuvio (Rm).
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Fig. 5 - I siti attraversati dalla via Selciatella: ponte Loreto in blu, via Casale della Mandria in rosso, via Isola del Giglio in verde, numero civico 150 della Strada Provinciale Astura in nero, via Isola Palmarola e via Isola Zannone in giallo, via Spaccasassi in viola dalla Mappa Urbana di Aprilia - scala 1:10.000.
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Sono molti i dubbi in merito
alla data di costruzione del ponte, anche se, a riguardo, gli studiosi sono
abbastanza concordi tra loro. Il percorso viario, come già detto in precedenza,
risale sicuramente ad un’epoca anteriore alla romanizzazione, invece, il ponte
e il basolato sovrastante sarebbero posteriori (Figg. 6, 7). Nibby e Tomassetti
hanno datato il ponte al II sec. a.C., ma la sua funzione di sostegno della
strada e gli effetti della corrosione, dovuti all’innalzamento delle acque del
fosso sottostante, necessitarono di interventi successivi di restauro; per cui,
stando alla ricostruzione dei due studiosi, il ponte venne realizzato, durante
il I sec. a.C., un nuovo manufatto e con un’angolazione diversa.
Gli studi più recenti del dottor Luca Attenni confermano la datazione
precedente e fanno riferimento alle fonti letterarie. Cicerone ha descritto
Lanuvio come una meta molto ambita dalla classe gentilizia romana durante
l’epoca tardo- repubblicana, per cui è probabile che i lavori di costruzione
del ponte e di restauro dell’antico percorso viario siano da collegare a tale
circostanza.
Anche l’analisi della tecnica costruttiva potrebbe confermare tale datazione.
Infatti, l’arco che sorregge il viadotto è rivestito da blocchi di peperino ed
è in opera quadrata, la quale, secondo Adam continuò ad essere utilizzata tra
l’epoca repubblicana e l’epoca imperiale come sostegno per infrastrutture che
necessitavano di un certo impegno statico, proprio come acquedotti e ponti.
A tal proposito, si possono mettere a confronto altri ponti riconducibili alla
stessa epoca (all’incirca II- I sec. a.C.) e con muratura di sostegno in opera
quadrata: es. il ponte di San Giovanni, situato lungo il percorso della via
Flaminia nel comune di Fossato di Vico, vicino Perugia; il ponte Funicchio in
provincia di Viterbo; il ponte, noto come “archi di San Lindano” nel territorio
di Sezze.
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Fig. 6 - Ghiera dell'arco del ponte Loreto con blocchi di peperino in opera quadrata, II-I sec. a.C., Lanuvio (Rm).
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Fig. 7 - Pavimentazione stradale antica con blocchi di leucite, II - I sec. a.C., Ponte Loreto - Lanuvio (Rm).
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De Rossi precisa che la via
lasciava Lanuvio nei pressi del tempio di Ercole e proseguiva lungo la chiesa
di S. Maria delle Grazie, luogo ricco di sepolture. Poi attraversava la linea
ferroviaria per Velletri, nei pressi della quale sono emersi resti di
fondazione di mura in laterizio e non molto lontano i resti di una villa
romana. Dopo pochi km da ponte Loreto non ci sono più tracce di basolato.
A sud del territorio di
Lanuvio, prima dell’incrocio tra via Astura e via Casale della Mandria (attuale
via Cisternense), si possono intravedere basoli isolati (Fig. 5 in rosso).
Lungo il percorso di via Astura sono stati individuati altri basoli che
confermerebbero il passaggio di un percorso stradale antico diretto verso sud,
ossia verso la costa. Ad esempio, all’incrocio con via Isola del Giglio, vi è
un tratto stradale antico molto evidente (Fig. 5 in verde). Esso si è
conservato solamente per una lunghezza di 200 m circa: la carreggiata moderna e
le abitazioni adiacenti hanno ricoperto il tutto, ma seguono probabilmente
l’andamento rettilineo dell’antico percorso. Il tratto visibile è largo circa 5
m e non ci sono né i resti dei cigli dei marciapiedi, né dei solchi. Si tratta
semplicemente di basoli in leucite situati ancora nella posizione originaria,
perché non vi sono tracce di restauri moderni (Fig. 8).
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Fig. 8: Antico basolato con blocchi di leucite, via Isola del Giglio, Lanuvio (Rm).
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Proseguendo per altri 250 metri verso sud, sul lato destro di via Astura
si possono osservare altri basoli davanti al cancello di un’abitazione privata
al numero civico 150. Nonostante essi siano molto usurati e non si trovino in ottimo stato di conservazione, è ben
evidente come affiorino dal terreno in posizione originaria e siano dello
stesso materiale e colore dei basoli precedenti (Figg. 5 in nero, 9).
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Fig. 9 - Scaglie di antichi basoli stradali, via Astura numero civico 150, Lanuvio (Rm).
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Ci sono altri basoli isolati
nel fossato ubicato tra via Isola Palmarola e via Isola Zannone (Figg. 5 in
giallo, 10).
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Fig. 10 - Antichi basoli in leucite, tra via Isola Palmarola e via Isola Zannone, Lanuvio (Rm).
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Questi dati archeologici
confermerebbero le ipotesi di Tofani e De Rossi, secondo i quali la via Selciatella da Lanuvio proseguirebbe in
linea retta nella zona ove sorgeva Torre Spaccasassi, in territorio apriliano.
La Torre (da cui il nome
omonimo del luogo) fu realizzata dai conti Tusculani tra il X e XI secolo
(Figg. 5 in viola)
Secondo Martinori la Torre,
oltre ad insistere sul percorso della via Selciatella,
venne realizzata con i suoi basoli.
Oggi, si possono notare scaglie di basolato riutilizzate nelle mura di recinzione
di una villa privata (Fig. 11).
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Fig. 11 - Muro di recinzione di una moderna proprietà privata con antichi basoli stradali di leucite reimpiegati, via Spaccasassi, Aprilia (Lt).
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L’archeologa
Modica ricorda che anni fa la Torre, prima di essere abbattuta, presentava una
muratura in scaglie silicee, con un paramento esterno di tufelli più o meno
squadrati.
Nell’ambito alla medesima
area, De Rossi menziona la presenza di un ponte, che garantiva il superamento
di un fossato. Il fossato è ancora evidente, mentre il ponte è sommerso dalla
fitta vegetazione e la torre oramai non esiste più. Egli testimonia di aver
visto in persona, anni fa, alcuni basoli in posizione originaria a nord della
Torre. Questi sono stati poi rimossi durante lavori agricoli, i quali hanno fatto
emergere i resti di una villa (mattoni, tegole, parti di un pavimento in opus
spicatum).
Inoltre, De Rossi aggiunge
che, data l’importanza difensiva della torre, fu necessario restaurare il ponte
in epoca medievale ed anche in questo caso furono reimpiegati i frammenti
dell’antica strada.
Non è insolito ritrovare
resti di strutture abitative di carattere rurale, dal momento che la zona ha
avuto, da secoli, un’alta vocazione fondiaria, in particolare vinicola.
Tuttora, non lontano dal sito in cui era la torre Spaccasassi e in cui passava
la via Selciatella, si possono
ammirare tanti vigneti, che erano di proprietà di Menotti Garibaldi
(Fig. 12). Inoltre, qualche basolo sporadico e abbandonato nei
campi è stato rinvenuto lungo la strada moderna che proseguiva in linea retta
verso Torre del Padiglione
(Fig. 13).
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Fig. 12 - Vigneti lungo via Spaccasassi, Aprilia (Lt).
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Fig. 13 - Ubicazione di Torre del Padiglione evidenziata in rosso dalla Mappa Urbana di Aprilia - scala 1:10.000.
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Non molto lontano da essa
c’è la scuola Felice Trossi, la quale, ricorda Tofani, venne realizzata
dall’omonimo conte agli inizi del’900 sull’antico basolato, di cui molti
blocchi vennero frantumati ed usati per la realizzazione della strada moderna
(Fig. 14). La torre ha preso il nome dalla forma delle fortificazioni
realizzate dalle truppe aragonesi che invasero le proprietà della Chiesa nel
1482, subendo in questa zona una disastrosa sconfitta. Inoltre, Tofani ritiene
che la torre sorgesse sui resti di una mutatio per il cambio dei cavalli che insisteva sulla via antica.
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Fig. 14 - Scuola "Felice Trossi", 1933, località Torre del Padiglione, Aprilia (Lt).
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Di fronte alla torre, è
tuttora visibile un piccolo tratto di percorso stradale e qualche basolo nella
vicina campagna (Fig. 15).
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Fig. 15 - Frammenti di antico basolato stradale in leucite di fronte Torre del Padiglione, via Torre del Padiglione, Aprilia (Lt).
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Superato il tratto della
Strada Statale Pontina, i resti della via antica scemano a causa del forte
impaludamento. Ciononostante, il rinvenimento dei basoli appena descritti
confermerebbe l’ipotesi, avanzata da Tofani, del passaggio della via Selciatella
a Torre Spaccasassi e a Torre del Padiglione per poi proseguire verso Anzio.
Il basolato ricompare nel
parco della pineta della “Campana”, nell’entroterra di Nettuno, dove, secondo
Tofani, passerebbe la via Selciatella.
Qui fino a pochi anni fa, si
poteva intravedere solo qualche basolo, perché tutto era ricoperto da terra,
detriti e radici di pini secolari, finché nel 2002 il comune di Nettuno decise di
restaurare l’antica strada (Figg. 16, 17).
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Fig. 16 - Il percorso della via Selciatella da Lanuvio a Nettuno evidenziato in rosso, località la "Campana" di Nettuno in verde, Torre del "Monumento" in arancione dalla Carta I.G.M. Foglio Latina 158 - scala 1:100.000.
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Fig. 17 - Antico basolato stradale in leucite (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).
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Dopo i lavori è emerso un
tratto stradale lungo circa 1 km, largo 4,45 m, inclusi i cigli e il lastricato
con blocchi in leucite. I basoli sono squadrati a forma di parallelepipedo, ben
conservati, larghi 30-50 cm e profondi 5 cm circa (Figg. 18, 19).
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Fig. 18 - Antico basolato stradale in leucite e cigli dei marciapiedi (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).
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Fig. 19 - Antico basolato stradale in leucite (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).
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Inoltre, Tofani affermava la
presenza di solchi scavati dalle ruote dei carri.
Durante la ricognizione archeologica ne sono stati rinvenuti pochi, per cui si
può ipotizzare che la via non fosse utilizzata per scopi commerciali, ma
soprattutto per raggiungere la costa a fini residenziali e di villeggiatura (Fig.
20). L’archeologo Negrini sostiene che l’andamento della strada sia variabile:
su un lato è presente un sistema di scolo delle acque piovane, che interrompe
per circa 2 m la continuità del ciglio.
Infatti, tuttora si vede come la strada abbia una lieve pendenza, in modo tale
da favorire il deflusso. Dalla località la “Campana”, il tratto stradale antico
proseguirebbe ancora verso sud, fino ad arrivare al monumento sepolcrale
soprannominato Torre del “Monumento”
(Fig. 21).
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Fig. 20 - Solco lungo l'antica pavimentazione stradale in leucite (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).
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Fig. 21 - Antico sepolcro, detto Torre del "Monumento", I sec. a.C., opera reticolata e ammorsature in laterizi, Contrada Cadolino, Nettuno (Rm).
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Da questo sito in poi, le fonti storiche tacciono e i
resti archeologici scarseggiano.
Soltanto Tofani ritiene che la via Selciatella, una volta arrivata ad Antium, si connettesse al percorso della via Severiana (l’imperatore Settimio
Severo 193-211 d.C. collegò con questa strada, adiacente alla costa, tutti i
porti e le città del litorale laziale: Ostia,
Laurentum, Lavinium, Antium, Astura, Circei, Anxur) e prendesse il nome di
via Recta. La ricognizione archeologica non ha
restituito alcun dato scientifico perché la zona, immediatamente prossima alla
costa, è oggetto di una forte urbanizzazione da diversi anni.
5. Conclusioni
Le
fonti storico - letterarie e le testimonianze archeologiche trattate in questa
sede hanno fatto emergere un profilo culturale molto attivo tra i Colli Albani e
la costa. Per cui, il paesaggio è stato fortemente condizionato dal passaggio
della regina viarum e dei suoi diverticoli non di certo inferiori da un
punto di vista scientifico. A tal proposito la Tabula Peutingeriana
rappresenta la fonte itineraria antica più adeguata per l’illustrazione del
profilo dei Colli Albani, del percorso della via Appia e delle località
attraversate (Fig. 22).
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Fig. 22 - Il profilo dei Colli Albani evidenziato in rosso dalla Tabula Peutingeriana, XII - XIII sec. d.C., Biblioteca Nazionale Austriaca, Vienna, Austria.
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Anche
se la via Selciatella non è illustrata perché si trattava di un percorso
secondario, è stata comunque partecipe e testimone delle vicende storiche che
hanno interessato alcune delle più importanti città del Latium Vetus,
come Velletri, Lanuvio, Anzio.
Ed
inoltre essa ha favorito una ricostruzione storico – topografica non solo di
alcuni degli aspetti più significativi della viabilità antica ma anche un
quadro storico della vita sociale e commerciale dei popoli e dei personaggi che
hanno abitato e attraversato queste zone. I santuari per i pellegrini e
viandanti, le ville di coloni e ricchi proprietari, le stazioni di sosta e di
rifornimento per commercianti provenienti da tutte le parti dell’impero
rappresentano una prova evidente del fatto che l’area a sud di Roma non vada
solamente ricordata per le paludi, la malaria, le bonifiche promosse dai
pontefici fin dal’500. Si tratta di una terra che rimanda l’eco di un passato
glorioso ancora più lontano.
NOTE
RINGRAZIAMENTI
SPECIALI a mio marito Dario Licciardi per l’esecuzione di una parte del
materiale fotografico
Lo storico
Dionigi di Alicarnasso testimonia che già all’epoca di Porsenna i Romani
avevano la necessità di procurarsi viveri in particolare dal vicino agro
pontino e di far provenire gli ortaggi da aree non molto lontane perché
facilmente deperibili (D.H., 5.26.3-4).
Valletrisco 2007,
pp. 14-15.
Lo storico greco
Teofrasto (IV sec. a.C.) testimonia che: “La terra dei Latini è ricca di acque.
Nelle pianure si trovano piante di alloro, mirti e magnifici faggi…”: Carbone
2004, p. 52.
Cicerone definiva
la parte settentrionale dell’Agro Pontino Pomptina Summa, indicando una terra
destinata proprio alla deduzione di colonie: Severo G., 2012, p. 1.
De Rossi 1981,
pp. 89-103.
Modica 1997, pp.
97 – 103.
Le Pera Buranelli
1925, p. 120.
Tofani 1986, p.
121; Baccaro, Lorenzetti, Modica 1991, p. 19.
Negrini 2004, pp.
229-233.
La
classificazione delle strade romane segue generalmente una suddivisione
riferita alla scala e alla destinazione di percorrenza, distinguendo le
medesime in principali e secondarie. Le principali erano dette anche consolari
e servivano a collegare la capitale a luoghi strategici e distanti, invece
quelle secondarie solitamente collegavano località vicine e ubicate in luoghi di
campagna, ma il loro percorso era comunque divergente dalla strada maestra:
Adam 1988, p. 311, Quilici 2004, p. 137, Uggeri 2000, p. 208. Secondo tale
terminologia, si potrebbe definire la c.d. “Selciatella” una strada secondaria,
perché si staccava dalla via principale -l’Appia - per dirigersi verso la
costa.
Cic. Att. XIII, 34; Cic. Att. XIV, 2.
Aprilia Venere
Feconda. Breve storia illustrata della nostra città 2010, p. 13.
Latium Vetus.
Città di fondazione. Storia e territorio 2001, p. 13.
Tomassetti 1910,
pp. 449-450.
Tor Caldara -
Dalla selva al bosco. Un ambiente, la sua storia, i suoi abitanti 1995, p. 51.
De la Blanchere
1888, p. 61.
Nardini 1918, pp.
136 - 138.
Secondo De Rossi,
la via Selciatella era attraversata dai mercanti provenienti dalla città sicula
di Centuripe per raggiungere Lanuvio. Le due città sarebbero collegate, secondo
il mito, dal fatto che proprio da Centuripe sarebbe provenuto l’eroe fondatore
della città omonima, Lanuvio. Inoltre, un’iscrizione del I sec. a. C.,
rinvenuta in Sicilia, menziona il viaggio intrapreso da tre ambasciatori verso
Lanuvio per rafforzare i rapporti di amicizia e parentela tra le due città (De
Rossi 1981, p. 91).
Tofani 1986, pp.
123-124.
Nibby 1848-1849,
p.184; Tomassetti 1910, p. 293.
Cic., ad Att.,
XIII, 34; ad Att., XIV, 2; Attenni 2013, p. 3; p. 21.
Baccaro,
Lorenzetti, Modica 1991, p. 19.
De Rossi 1981 pp.
98 – 99.
Baccaro,
Lorenzetti, Modica 1991, p. 19.
Ciò sarebbe
confermato dal fatto che nel casale medievale, di cui la suddetta torre fa
parte, ci sono evidenti resti di strutture antiche in cementizio oltre ai
resti, in particolare nella parte inferiore, di una parete in opera quadrata di
peperino, che probabilmente erano pertinenti ad un ponte che superava un fosso
vicino (Tofani 1986, p. 121).
I dislivelli sono
dovuti alle sabbie marine dell’era Quaternaria rinvenute in alcuni tratti
proprio al di sotto della pavimentazione stradale (Negrini 2004, p. 230).
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SITOGRAFIA
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