Le origini della
diocesi di Liegi risalgono alla fine del secolo VIII, quando, nel mezzo del
bacino della Mosa, la città divenne capoluogo dell’antico vescovado di
Tongres-Maastricht grazie alla volontà di Sant’ Uberto, figlio del duca
d’Aquitania e successore di San Lamberto, che già dalla seconda metà del secolo
VII aveva eletto il villaggio come luogo di residenza di una domus propria. Affacciata in posizione strategica,
sul finire del secolo X Liegi ricoprì il ruolo di metropoli ecclesiastica
grazie al governo di Notgero, allorché il dignitario ecclesiastico ottenne
dall’imperatore Ottone II il privilegio di immunità, elevato poi da Ottone III,
tra il 980-985, a titolo di principe temporale, rendendo la città autonomo
dominio dei principi-vescovi
fino a quando il Principato fu annesso alla Francia da Napoleone Bonaparte nel
1795.
Protetta della
sovranità ecclesiastica, retta da un vescovo principe, Liegi conobbe quindi
un’intensa fase di fermento economico e culturale. Già dalla prima metà del VIII
secolo e gli inizî del XI, la città contava innumerevoli parrocchiali e
conventuali, due abbazie benedettine e sette Capitoli, tra i quali la
collegiata di Sain-Paul. Fondata dal predecessore di Notgero, il vescovo
Eraclio, tra il 966 e il 971, San Paolo fu promossa a rango di cattedrale, dopo
la distruzione dell’antica cattedrale di Saint-Lambert nel 1795, e nel 1802 a
seguito del Concordato.
L’attuale
struttura architettonica si presenta in forme gotiche flamboyantes, tipiche dei centri mosani, innalzata a partire dal
1420 dopo la demolizione della originaria costruzione romanica avvenuta tra il
1230 e il 1240.
Negli ambienti
interni la chiesa, adiacenti lo splendido chiostro riedificato nel 1445, vi
sono custoditi i capolavori del rinomato Trésor
de la Cathédrale, nel quale, oltre al patrimonio artistico proveniente
dall’antica cattedrale di Saint-Lambert, si conserva una cospicua collezione
oggetti d’arte mosana provenienti delle numerose chiese liegesi non più
esistenti.
La magnificenza culturale
dell’antico Principato vescovile viene dunque rappresentata dalle eterogenee
attestazioni d’arte suntuaria provenienti dalle officine mosane, tra smalti,
oreficerie, avori, tessuti, miniature e sculture lignee. Contrassegna una prima
fase museografica, la croce-reliquario sbalzata in argento dorato del monaco
Hugo d’Oignies di Walcourt, fondatore assieme ai fratelli, sul finire del XII
secolo, del monastero agostiniano d’Oignies.
L’orefice fu ritenuto colui che introdusse lo stile gotico nell’oreficeria
mosana, elaborando un innovativo tipo di filigrana caratterizzata da motivi
fogliati e a spirali a sbalzo, non più aderenti alla lamina del fondo.
Straordinari
lavori di arte decorativa e oggetti liturgici scandiscono inoltre, la prima
parte di questo percorso d’arte, come una placchetta bizantina in avorio dalle
dimensioni di 18 cm. per 10, raffigurante una Vergine a figura intera col
Bambino, detta Odigitria, colei che indica, datata tra il 1001 – 1100, o
un’icona bizantina del secolo XI raffigurante la Vergine col Bambino, montata
su una cornice in filigrana e ritenuta, e secondo la tradizione dono
dell’imperatore Federico II.
Prodotto ancora
nelle botteghe liegesi, l’intaglio dell’avorio raggiunse nei centri mosani,
risultati di eccezionale minuzia artistica al pari dell’oreficeria, come si può
osservare nella placchetta delle “Tre Resurrezioni” operate da Cristo, nella
quale, su una sequenza narrativa articolata su tre registri, vengono descritte
dall’alto verso il basso: la Resurrezione della figlia di Giairo, del figlio
della vedova di Nain e di Lazzaro. Sottoposto ad un recente lavoro di restauro
da parte dei laboratori de l’Institut
Royal du Patrimoine artistique de Bruxelles, il manufatto attesta i
rapporti stilistici tra gli ateliers mosani e l’arte plastica di Colonia
degli anni attorno al 1025 e il 1060.
Un periodo di
gravi disordini e manomissioni del Patrimonio seguì la fase del XV secolo.
Dietro istigazione del re di Francia Luigi XI, i cittadini liegesi si
ribellarono al vescovo Giovanni di Baviera, il quale, assediato a Maastricht,
chiamò in aiuto il duca di Borgogna, suo cognato, Giovanni senza Paura. La
coalizione borgognona formata da Guglielmo di Baviera e Giovanni sconfisse le
milizie cittadini nella storica battaglia Othée del 1408, ristabilendo
l’autorità di Giovanni di Baviera.
Sotto la Borgogna,
Liegi rimase un centro e crocevia di vita artistica tra i più brillanti
d’Europa. I risultati di questa ricca circolazione di influenze culturali e di
artisti vengono attestati dalla produzione pittorica legata all’ambito dei Primitifs flamands. Tra le testimonianze
pittoriche di maggior rilievo emerge la
Vierge au Papillon, datata 1459, che costituisce la più antica pittura a
olio su tavola conservata a Liegi. Proveniente dalla stessa cattedrale di
Saint-Paul, affianco alla Vergine col Bambino in trono, tra i SS. Pietro, Paolo
e la Maddalena inginocchiata, figura nell’opera, il canonico dell’antica
Collegiale Petrus da Molendino. L’opera si ritiene espressione delle
suggestioni culturali legate all’ambito dei fratelli van Eyck, Hubert e Jan.
Sempre di cultura fiamminga si segnala inoltre, la Messe de Saint-Grégoire del 1501 (Fig. 1), proveniente dalla
diocesi di Aquisgrana, contrassegnata dalle influenze stilistiche tipiche
dell’area renana. Tra le opere di epoca più recente, di particolare rilievo
l’olio su tela realizzato da uno dei maggiori rappresentanti della scuola
pittorica liegese della terza generazione, il seicentesco Bertholet Flémal, con
Scena del Golgota, datato 1650 ca.
Col concordato
siglato tra Napoleone e Pio VII nel 1801, il Principato vescovile fu soppresso;
un capitolo di otto canonici, detti di Saint-Lambert venne costituito e ridotto
in seguito, partire dal 1842, a quattro membri denominati di Saint-Paul.
Documentano questo momento storico numerosi oggetti sacri, molti dei quali
provenienti dalla odierna parrocchiale gotica di Saint-Jacques, e appartenenti
ad una fase compresa dalla fine del XVII secolo al XIX. Tra questi calici, ostensori, calici, e
candelieri in argento a sbalzo e dorato, di cui alcuni eseguiti a imitazioni
del Quattrocento. Aggiunge un valore di particolare suggestione alle opere
esposte, il sudario di grandi dimensioni (3 x 1,35 m.) di Saint-Lambert in seta
e lino, color ocra e ruggine, di manifattura bizantina con influenze iraniane,
datato tra il 950 e il 1030 e decorato con palmette di influenza sassanide. Il
lenzuolo fu probabilmente offerto dal vescovo Notgero.
Il percorso di
visita si avvia verso la chiusura con il più grande busto-reliquario
tardo-gotico realizzato in Europa. L’opera, cesellata ad Aquisgrana
dall’orefice Hans von Reutlingen nel 1510, in argento dorato, sbalzato e inciso
con pietre preziose (h. 159 cm.), è legata alla munificenza dal vescovo Érard de la Marck che
l’offrì alla cattedrale di Liegi nel 1512. Il santo Patrono è rappresentano a
mezzo busto con ornamenti pontificali, su un piedistallo composto da sei
nicchie principali, dove vengono descritte in altorilievo, oltre alla figura
del vescovo donatore, le scene della vita del San Lamberto.
Ma l’opera
principe, considerata tra le maggiori del Patrimonio nazionale dell’intero
Belgio, posta nell’ultima saletta di questo suggestivo itinerario che racchiude
circa undici secoli d’arte e di storia, è data dal reliquario d’oro massiccio
detto di Carlo il Temerario (h. 53 cm.), commissionato come ex-voto nel 1467 a
Liegi al maestro orafo di Lille Gérard Loyet.
L’oggetto era destinato ad essere offerto dallo stesso duca nel 1471 alla
cattedrale di San Lamberto come espiazione per il devastante sacco della città,
compiuto nel 1468. Nella
statua-reliquario, il duca di Borgogna in ginocchio, appare descritto in
armatura al fianco del Santo protettore San Giorgio, patrono dei cavalieri e
anch’egli vestito in armatura su un piedistallo esagonale. Il condottiero dei
Borgognoni, con la collana dell’ordine della Toison d’Or, sostiene tra le mani l’urna con le reliquie di
Saint-Lambert (Fig. 2). Affianca questo capolavoro assoluto d’oreficeria
mosana, una piccola teca recante il cuscinetto in oro e smalto blu, in origine dello
stesso reliquario, anch’essa opera del cesellatore di Lille.
NOTE
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