La
storia simbolica dell'ulivo sembra esser nata con la storia della
cultura e della religiosità umana, cristiana in particolare.
è difatti, così immediato, poter materializzare con il pensiero quella
colomba, leggera e delicata creatura, che plana sull'arca del diluvio,
recando con sé la buona novella, rappresentata dal ramoscello d'ulivo
nel becco. Questo animale, anch'esso simbolo cristiano per eccellenza,
poiché trasposizione della Spirito Santo, annuncia in questo modo a Noè
il ritirarsi delle acque che avevano invaso la terra ferma e la fine
della punizione divina. «Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la
finestra che aveva fatto nell'arca e fece uscire un corvo per vedere se
le acque si fossero ritirate. Esso uscì andando e tornando finché si
prosciugarono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba,
per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba,
non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell'arca,
perché c'era ancora l'acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la
prese e la fece rientrare presso di sé nell'arca. Attese altri sette
giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca e la colomba tornò a
lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di
ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò
altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da
lui. » (Gn 8, 6-12) [1].
L'olio, come concetto in sé, è citato nella Bibbia circa duecento
volte, sia per quel che concerne gli usi quotidiani, che per quelli più
strettamente sacri.
Anche se l'olio poteva essere ricavato da differenti fonti, sia animali
che vegetali, quello derivato dall'albero di ulivo era di certo il più
utilizzato. Esso rappresentava un elemento naturale fondamentale per la
vita umana, alla stregua del vino e del grano, e connesso alla
benedizione di Dio, qualora l'uomo avesse ubbidito ai suoi
comandamenti, così come scritto nel Deuteronomio (Dt 11, 13-17).
Inoltre era simbolo di festa (Sal 104, 15), e aveva funzioni
terapeutiche [2].
Il gesto di ungere, a quel tempo, era legato anche a situazioni e
personaggi di riguardo come i sacerdoti, i profeti, i re o ospiti
importanti, conferendo così sacralità e autorità alla persona che
veniva unta. Nell'Antico Testamento, dunque, con il termine “unto” o
“consacrato” si indicava una persona (nello specifico figure regali)
prescelta per assolvere ad un determinato compito. Ecco la diretta
connessione del termine greco Christòs alla figura di Gesù (Gv 1, 41; 4, 25; At 4, 24-27) [3].
Pensiamo inoltre all'uso che il Cristianesimo ne fa nei Sacramenti del
Battesimo, della Confermazione e dell'Estrema Unzione, alle gestualità
che lo prevede nelle ordinazioni sacerdotali e vescovili, in cui si
ungono le mani e il capo, al Crisma e all'olio dei Catecumeni.
Tradizione vuole, inoltre, che la Croce sulla quale morì il Signore,
fosse fatta d'ulivo. Quest'ultimo, dunque, è parte integrante
dell'iconografia religiosa in seno al Cristianesimo ed è fortemente
legato alle sue figure più importanti: Cristo, appunto, e sua Madre,
Maria.
Esistono
diverse opere in cui gli artisti si sono cimentati ponendo l'ulivo in
evidenza e moltissime sono sovente sotto ai nostri occhi, sancendo
simbologie connesse ad alcuni dei dogmi cristiani più importanti, come
ad esempio, l'Immacolata Concezione.
La Chiesa definisce quest'importante dogma proprio l'8 dicembre del 1854, sotto papa Pio IX.
Nelle iconografie mariane che raffigurano la purezza di Maria, esistono
diversi elementi, espressione degli epiteti a Lei dedicati più noti e a
stralci delle scritture che ne descrivono le virtù: il sole (electa ut sol), la luna (pulchra ut luna), la porta d'accesso di una città (porta coeli), le rose o il roseto (plantatio rosae), un giardino con la siepe a ricordare l'hortus conclusus. Ancora la stella, poiché Maria è “stella matutina” il giglio, emblema della sua purezza (sicut lilium inter spinas), lo specchio, Maria è speculum sine macula, il ramo d'ulivo (oliva speciosa) [4],
simbolo di quella pace che la Vergine è destinata per volere del Padre
a portare sulla Terra, ella che tutto può e che sempre intercede
misericordiosa a favore dei suoi figli.
E poi si registra la presenza gloriosa dell'Eterno Padre, accompagnato
della colomba dello Spirito Santo e il capo di Maria incorniciato dalla
corona dalle dodici stelle, segno tangibile del popolo di Dio in
riferimento alle 12 Tribù d'Israele e ai 12 Apostoli, ma anche simbolo
di Giustizia [5].
Tra gli innumerevoli dipinti che affrontano questa tematica
iconografica, ricordiamo quello di Luca Giordano (fig. 1), conservato
presso il Museo Diocesano della città di Cosenza, in cui ritroviamo
diversi dei simboli sopracitati e, ovviamente, il ramoscello d'ulivo in
mano ad un puttino, dalle delicate alette bianche. Esso lo regge forte
tra le manine e lo direziona verso la Vergine Maria, che, sulla destra
del dipinto, appare in tutta la sua santa e sfolgorante bellezza di
perfetta femminilità. Capo chino e mani giunte la calano in una
fortissima atmosfera di misticismo e raccoglimento. Dio Padre la
benedice dall'alto. Gli elementi iconografici di quest'opera delineano
la tipica raffigurazione barocca della Vergine, che sostituisce il
drago dell'Apocalisse, al serpente a cui fa riferimento la Bibbia (Gn
3, 15) [6]. Così riporta,
infatti, l'Antico Testamento: «Nel cielo apparve poi un segno
grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e
sul suo capo una corona di dodici stelle [...]. Allora apparve un altro
segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e
sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle
stelle del cielo e le precipitava sulla terra.» (Ap 12, 1-4).
Nell'Annunciazione
di Simone Martini e del cognato Lippo Memmi (1333 circa, Galleria degli
Uffizi di Firenze), è possibile ammirare, invece, una Maria che
indietreggiando, quasi spaventata, per l'arrivo improvviso
dell'Arcangelo Gabriele, riceve da quest'ultimo un rigoglioso ramo
d'ulivo, simbolo sovente presente, assieme al giglio, nelle iconografie
di questo genere.
Di grande interesse è il dipinto dedicato, nel 1888, dal pittore genovese Niccolò Barabino, alla figura di Maria, dal titolo Madonna dell'olivo.
Ella è raffigurata in una solennità resa intima dagli occhi semichiusi.
Il capo è delicatamente nimbato, il candido mantello si chiude sotto il
mento in un soave drappeggio. Maria stringe forte a sé, incrociando le
mani sul petto, il Bambino, in un tenerissimo e protettivo abbraccio di
madre; il Bambino medesimo stringe nel pugno chiuso un ramoscello
d'ulivo. L'ambiente circostante si risolve in uno spazio assai
ristretto, a guisa di una sacra conversazione. Qui, il profondo senso
teologico, in assenza della tradizionale presenza di Santi, Profeti,
Dottori della Chiesa, si estrinseca eccezionalmente tra le due figure e
si concentra nell'ulivo stesso, in un'aura di naturalezza e santità
assoluta. L'ulivo si mostra, in questa pittura, come unico elemento
ornamentale ad incorniciare la scena in un grande senso di bucolica
tranquillità, lasciando immaginare ciò che vi può essere al di là della
cornice, un luogo ameno, ricolmo di santità a bellezza spirituale.
L'artista ha voluto rendere ben visibili anche i frutti della pianta e
forse richiamare nel tono del colore dello sfondo quello del tronco
dell'albero, come in un abbraccio globale della scena.
In antichità, non v'è stato artista che non si sia cimentato nella
rappresentazione di una delle scene più importanti per il
Cristianesimo, ossia la Natività di Nostro Signore.
Sandro Botticelli, tra i più noti e prolifici artisti del Rinascimento, nella sua Natività Mistica
del 1501 (fig. 2), ha pensato di inserire un elemento naturale
importantissimo, ad arricchire le già forti simbologie che compongono
questa scena. Sulla capanna che protegge la Sacra Famiglia, segno della
Chiesa che nasce sulle rovine del paganesimo, pone un nugolo di angeli
festanti in un vorticoso girotondo. I loro abiti volteggiano nell'aria,
conferendoci un forte senso di movimento e di grande giubilo. Sembra
quasi di udirne il canto melodioso. Nelle loro mani ramoscelli d'ulivo
ne vivificano e impregnano di grande significato la presenza, a
ricordare la nascita del Salvator Mundi e
della pace che esso recherà in terra con la sua Parola. L'ulivo è
ovunque: tra le figure angeliche, che lo usano come una sorta di
elemento di congiunzione, tra una mano e l'atra, ma anche negli
abbracci simbolici delle altre figure in basso e, intorno alla capanna,
è elemento vegetativo e ornamentale predominante.
L'immagine di Cristo nel suo stesso epiteto è legata al concetto di
unzione e olio. La presenza dell'ulivo è assai importante nella vita di
Gesù, nei diversi momenti della sua vita narrata nei Vangeli. La
domenica che precede la Pasqua, Gesù entra in Gerusalemme e viene
accolto dai suoi abitanti sventolanti le famose “palme”. Queste ultime,
simbolo pagano di vittoria e immortalità, furono per il popolo ebraico
un elemento assai importante. Gli Israeliti, le associavano alle oasi
nel deserto; la stessa Gerico era nota come “Città delle Palme” e la
palma stessa era simbolo di fertilità, abbondanza, poiché non solo
forniva ombra, ma anche datteri squisiti ed un succo dolcificante usato
anche per farne vino [7].
Inoltre, per questi motivi fu assurto a simbolo di benedizione e
divenne elemento decorativo nei templi e simbolico durante i riti
religiosi [8]. Fu emblema
utilizzato dai primi cristiani per indicare la vittoria del bene sul
male nell'accostamento alle figure dei martiri. A tutt'oggi, nei
dipinti, ne è elemento iconografico distintivo. Nel corso dei secoli,
alla palma, però, si sostituisce l'ulivo che viene raffigurato in
numerose immagini cristologiche.
Un esempio è l'Entrata di Cristo in Gerusalemme di
Giotto, nella Cappella degli Scrovegni a Padova (fig. 3). La scena è
composta da un amabile realismo, evidentissimo nella figura
dell'asinello, posto in primo piano, e nell'atmosfera che l'immagine
stessa, così come l'artista l'ha concepita, genera nei fruitori.
Cristo, vero uomo e vero Dio, incede verso la folla benedicendo “alla
greca”, tipico gesto legato alla sua figura e antico attributo del
Pantocratore post efesino, segno della sua doppia natura e della
Trinità, riconosciuti nel concilio del 431 d.C. La folla lo attende
orante e adorante e gli apostoli sono al suo seguito. Due sono gli
elementi paesaggistici evidenziati dal pittore toscano: la porta della
città e gli alberi d'ulivo che adornano il paesaggio. Dettagli assai
significativi e di grande dinamismo, sono le figure dei due giovani
nell'atto di arrampicarsi sui suddetti alberi: uno, frettolosamente,
nel tentativo di strappare un ramo per salutare il Cristo e l'altro in
cerca di una posizione privilegiata per osservare meglio. Così recita
il Vangelo: «Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la
festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e
uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel
nome del Signore, il re d'Israele!». Gesù, trovato un asinello, vi
montò sopra, come sta scritto: «Non temere, figlia di Sion! Ecco, il
tuo re viene, seduto sopra un puledro d'asina.» (Gv 12, 12-15).
Altro episodio legato alla vita di Cristo è quello del Getsemani, che
in lingua aramaica vuol dire proprio “frantoio”. Gesù vi si ritirò
subito dopo l'Ultima Cena, attendendo il compiersi del tradimento
dell'Iscariota. è, dunque, evidente, come l'ulivo e la cultura
dell'olio, fossero fondamentali in quei luoghi e consolidati nelle
abitudini quotidiane.
Numerose volte nell'arte, questa scena è stata magistralmente narrata. Nel dipinto l'Orazione nell'orto
di Andrea Mantegna, datato alla seconda metà del XV secolo (1455 ca.),
e conservato alla National Gallery di Londra, l'ulivo è posto in primo
piano. Sui suoi rami spogli si è posato un avvoltoio, classico presagio
di morte che si ritrova sovente nei dipinti col medesimo significato;
talvolta é possibile trovare anche un corvo, come nella Madonna del Prato
di Giovanni Bellini. Il Cristo, raccolto in preghiera è inginocchiato
in una prospettiva laterale, di fronte a lui degli angeli con alcuni
simboli dell'Arma Christi,
ossia della sua Passione: la croce, la lancia con cui fu trafitto nel
costato da Longino, l'asta con la spugna imbevuta di aceto, la colonna
della flagellazione); in lontananza, è ben visibile il corteo di
soldati romani condotti da Giuda per arrestare Gesù. In basso,
Giovanni, Giacomo e Pietro dormono profondamente, non accorgendosi di
ciò che sta per accadere. Poco distanti da loro un pellicano, simbolo
cristologico per eccellenza legato alla sua Passione e un airone,
emblema di Cristo che trionfa sul male; infatti, come tutti i
trampolieri, l'airone è solito uccidere alcuni animaletti legati a
concetti di negatività e al senso della corruttibilità umana e del
peccato [9]. Sullo sfondo campeggia alta una palma, con i significati di cui si è discusso in precedenza.
Da quanto esposto si può, dunque, evincere l'assoluta importanza
dell'ulivo come simbolo culturale e artistico insieme, sviluppatosi con
risvolti sempre più ricchi nel corso dei secoli. Accostare un segno
così forte ad altri significati espressi in altri simboli, dà
l'opportunità di una lettura iconografica e iconologica assai complessa
e permeata di messaggi profondissimi. Tutto ciò è strettamente connesso
alla nascita e sviluppo della nostra cristianità, da cui scaturiscono e
si rafforzano le radici spirituali e culturali d'Italia e d'Europa.
NOTE
[1]
Tutte le citazioni del testo biblico che seguono sono tratte
dall'edizione CEI consultata sul sito http://www.vatican.va, dunque non
sarà specificato di volta in volta.
[2] Leland Ryken, James C. Wilhoit, Tremper Longman III (a cura di), Le Immagini Bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2006, pp. 978-979.
[3] Ivi, pp.1541-1542.
[4] Giuseppe Maria Toscano, La vita e la missione della Madonna nell'arte, Parma, Carlo Pellerzi Editore, 1989, in part. il capitolo La Madonna “in mente Dei”, p. 82.
[5] Heinrich e Margarethe Schmidt, Il Linguaggio delle immagini. Iconografia cristiana, Roma, Città Nuova Editrice, 1988, p. 222.
[6] Ibidem.
[7] Leland Ryken, James C. Wilhoit, Tremper Longman III (a cura di), Le Immagini Bibliche ..., op. cit., p. 1023.
[8] Ibidem.
[9] Louis Charbonneau-Lassy, Il Bestiario di Cristo: la misteriosa emblematica di Gesù Cristo, vol. 2, Roma, Edizioni Arkeios, 1995, p. 153.
BIBLIOGRAFIA
CHARBONNEAU-LASSY 1995
Louis Charbonneau-Lassy, Il Bestiario di Cristo: la misteriosa emblematica di Gesù Cristo, vol. 2, Roma, Edizioni Arkeios, 1995.
RYKEN, WILHOIT, LONGMAN 2006
Leland Ryken, James C. Wilhoit, Tremper Longman III (a cura di), Le Immagini Bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2006.
TOSCANO 1989
Giuseppe Maria Toscano, La vita e la missione della Madonna nell'arte, Parma, Carlo Pellerzi Editore, 1989.
SCHMIDT 1988
Heinrich e Margarethe Schmidt, Il Linguaggio delle immagini. Iconografia cristiana, Roma, Città Nuova Editrice, 1988.
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