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Il gesto psicologico nella tecnica di Michail Čechov  

Elena Iacovacci
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 3 Agosto 2020, n. 900
http://www.bta.it/txt/a0/08/bta00900.html
Articolo presentato il 9 Luglio 2020, Approvato il 10 Luglio 2020 e pubblicato il 3 Agosto 2020
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Nella Russia prerivoluzionaria, la fondazione del Teatro d'Arte di Mosca1 da parte di Konstantin Sergeevic Stanislavskij e Vladimir Ivanovic Nemirovic-Dancenko nel 1898 segna una rivoluzione scenico-drammatica fondamentale dalla quale nasce il Teatro-Studio di Mejerchol'd, il Primo Studio2 e si formano nuovi linguaggi teatrali, come il costruttivismo e la biomeccanica di Mejerchol'd3, la recitazione emotiva di Vachtàngov, il metodo di Michail Čechov, esperienze destinate ad alimentare la « fabbrica dei sogni », tentativo di resistenza a quello che sarà il « realismo socialista ».4

In questo contesto si collocano gli esordi di Michail Čechov (San Pietroburgo 1891- Hollywood 1955), nipote del celebre drammaturgo Anton, che a venti anni è scritturato da Stanislavskij nel Primo Studio del Teatro d'Arte di Mosca, diventandone direttore nel 1923, sempre su invito di Stanislavskij, quando il Primo Studio si trasforma nel Secondo Teatro d'Arte. L’incontro tra Stanislavskij, Vachtangov, Mejerchol'd e Čechov fa del Teatro d' Arte di Mosca una vivace realtà sperimentale, nella quale la recitazione ispirata scaturisce dall’individuazione di principi oggettivi sui quali articolare il lavoro attoriale. Qui il giovane Čechov pone le basi di una personalissima tecnica di recitazione psicofisica, nella quale immaginazione, corpo e intelletto confluiscono organicamente, creando opere di una tale forza espressiva e libertà da sembrare presto reazionarie agli occhi di un potere sempre più repressivo, che non esita a dichiararlo nemico del popolo5.

E’ il 1928 quando Čechov, che Stanislavskij definisce il suo più brillante allievo, nonostante questi abbia già maturato il passaggio dal suo Sistema ad una tecnica di recitazione che va oltre la dimensione soggettiva dell’attore, è costretto a lasciare l’URSS in seguito alle feroci persecuzioni staliniste contro gli intellettuali e contro quanti, come lui, non seguono le rigide direttive di partito e amano sperimentare. Seguono anni di peregrinazioni in giro per l’Europa, tra Germania, Francia, Lettonia, Lituania, Polonia, Inghilterra, dove recita ed insegna, lavora con Max Reinhardt a Berlino e Vienna, fonda una propria compagnia a Parigi, allestisce e dirige spettacoli per i Teatri di Riga e dei Paesi Baltici, apre nel 1936 il Teatro Studio Čechov a Dartington Hall, in Inghilterra.

Nel 1938, le condizioni politiche sempre più drammatiche inducono Čechov a trasferire lo Studio cinematografico nel Connecticut, a Ridgefield; George Shdanoff è nominato direttore associato. Nel frattempo Čechov fonda una compagnia teatrale professionista con attori permanenti, The Čechov Theatre Players, che debutta a Broadway, recitando poi in tournée in tutta l'America, nelle università e nei college fino al 1942, momento del suo scioglimento. Čechov si stabilisce quindi a Hollywood6 ed insegna alla compagnia The Drama Society, diventando l’importante riferimento di celebri attori come Gregory Peck, Ingrid Bergman, Marilyn Monroe (sua allieva dal 1951), Lloyd Bridges, Paul Newman, Jack Colvin, Clint Eastwood, Joanna Merlin, Patricia Neal, Jack Palance, Gary Cooper, Robert Taylor, Yul Brynner, Anthony Quinn.7 La fortuna critica del suo metodo attesta l’attualità di una tecnica ancora importante in tempi più recenti per numerosi attori, come Anthony Hopkins, Jack Nicholson e molti altri ancora, ripresa poi nel 1980 nella scuola fondata a New York da Beatrice Straight e Robert Cole, The Mikhail Čechov Studio.8

La lezione di Čechov negli Stati Uniti offre anche a molti attori una valida alternativa all’Actor Studio di Lee Strasberg: energia ed immaginazione sono alla base di questo metodo, fondato su principi psicofisici e sulla consapevolezza che il nostro è un corpo energetico, in costante relazione con la psiche, dove Concentrazione, Immaginazione, Gesto, Centri Immaginari ed Atmosfera sono gli strumenti che liberano l’individualità creativa dell’attore, permettendogli di scoprire il suo personaggio. Su tutto domina il Gesto Psicologico, lo strumento di recitazione che è un movimento fisico, in grado di risvegliare la vita interiore dell’attore, la sua forza di volontà, i sentimenti e di far emergere in una visione condensata le caratteristiche nascoste ed essenziali del suo personaggio.

L’inedita tecnica recitativa di Čechov –attore, regista, pedagogo- si fonda sul binomio di teoria e prassi e subito riscuote l’ammirazione del pubblico; la sua ricerca sperimentale trae forza dal folklore russo (lo stesso che informa le ricerche di Vladimir Propp, Marc Chagall, Vasilij Kandinskij), come pure dalla sorprendente consonanza con il Teatro della Crudeltà di Antonin Artaud. E’ attraverso questa tecnica recitativa nuova, asistematica, anticonformistica, aperta all’improvvisazione e alla forza dell’immaginazione, che l’attore supera la quotidianità grazie all’energia di una intenzione comunicativa fatta di gestualità e suoni, dell’euritmia di Rudolf Steiner e che rifiuta ogni forma di realismo e di universalità9. Infatti, a premessa del Capitolo quinto di La tecnica dell’attore10, allorché introduce il gesto psicologico, Čechov, sempre sensibile alle arti figurative, cita un celebre aforisma leonardesco «L'anima desidera risiedere nel corpo, perché, senza le membra del corpo, non può né agire né sentire»11. E’ un suggestivo riferimento alla poetica degli affetti di Leonardo da Vinci, che, attraverso la teoria dei moti del corpo, fa corrispondere i sentimenti (moti dell’anima) ai microsegnali, alla gestualità e alla prossemica (i moti del corpo).

Sono due le performances attraverso le quali è possibile capire il ruolo portante del gesto psicologico: la messa in scena dell’Amleto nel 1923 e l’interpretazione del Dottor Brulov in Spellbound di Hitchcock nel 1945. Allo straordinario Erik XIV diretto da Vachtangov nel 192112, segue il debutto al Teatro d’Arte di Mosca-2, già Primo Studio, della singolare versione dell’Amleto per la regia collettiva di Valentin Smyšljaev, Vladimir Tatarinov, Aleksandr Ceban e Čechov, al quale spetta anche il ruolo del protagonista, ora un eroe tragico connotato da energia e volontà.

Čechov, nel suo Amleto, mette in scena una drammatica rappresentazione del passaggio dal mondo materiale al mondo spirituale e il lavoro sul personaggio diventa un vero e proprio percorso di autoconoscenza; tutti gli esercizi psicofisici13 servono all’attore per sviluppare la creatività e per sperimentare uno stile recitativo sempre nuovo, in continua trasformazione. Amleto rappresenta i valori positivi contrapposti alla malvagità di Claudio e della sua corte, proprio perché Čechov lo riscatta dalla tradizionale condizione di inetto, interpretandolo come un eroe tragico che si esprime attraverso il gesto psicologico, che può essere uno sguardo intenso e penetrante o il silenzio che si contrappone alla parola, ma che è ancora più eloquente. Alla base del gesto psicologico può esserci un movimento astratto e simbolico, come quello di un braccio che fuoriesce dalle sbarre di una prigione, movimento con il quale Amleto comunica la sua frustrazione perché si sente ostaggio della corrotta corte di Danimarca. Čechov, che riduce gli atti da 5 a 3 con 14 scene, affida al gesto psicologico tutta la messa in scena della tragedia di Shakespeare; lo Spettro del padre di Amleto, che Čechov chiama Spirito, non è interpretato da un attore, ma la sua rappresentazione è affidata a effetti di luce e di suoni. Le parole dello Spirito sono recitate da un coro di voci maschili con un ritmo lento e cadenzato, ma potente14. Un altro aspetto radicalmente innovativo emerge nel celeberrimo monologo, che Čechov trasforma completamente: anziché porsi domande, Amleto parte dalle risposte al dilemma della sua esistenza, contrapponendo all’incertezza la determinazione ad accettare la sua missione.

Čechov dà vita a quella che viene definita una tragedia espressionista, nella quale Amleto diventa il protagonista del dilemma etico che mette di fronte il bene e il male, un eroe che combatte per i propri ideali e permette al Maestro di approfondire la sua riflessione sul genere tragico e «il tema del dolore e della sofferenza»15, già al centro dell’Erik XIV, assume un valore più universale e il protagonista del capolavoro di Shakespeare diventa il punto d’incontro tra il dolore del singolo e il dolore dell’umanità16.

Il trasferimento in America equivale per il Maestro ad un progressivo abbandono delle scene teatrali a favore della cinematografia; la migliore interpretazione di Čechov è quella del Dottor Brulov in Spellbound (Io ti salverò), il film girato nel 1944 da Alfred Hitchcock17 con Ingrid Bergman e Gregory Peck. Nelle sale dal 1945, è tratto dal romanzo La casa del dottor Edwardes di Francis Beeding per la sceneggiatura di Angus MacPhail e Ben Hecht; può essere definito un vero e proprio thriller freudiano dal momento che il produttore David O. Selznick esige che sia la sua analista a visionare la sceneggiatura quando si parla di psicanalisi, poiché la storia racconta di John Ballantine, un giovane paziente affetto d’amnesia (Gregory Peck), che giunge in una clinica per malattie mentali fingendosi il sostituto del primario, assassinato in circostanze misteriose. Di lui si innamora la Dottoressa Costance Peterson (Ingrid Bergman), che lo segue anche quando viene smascherato e accusato ingiustamente dell’assassinio del primario; durante la fuga trovano rifugio dal Dottor Brulov (Michail Čechov), l’anziano medico psichiatra del quale la Peterson è stata assistente e che li aiuterà nella ricerca della verità, alla quale si giunge dopo vari colpi di scena. La pellicola è resa particolarmente suggestiva dalle inquadrature realizzate con il fish eye, vale a dire l’obiettivo che abbraccia un campo visivo di 180 gradi, e dalle scenografie di Salvador Dalì, al quale si deve la geniale sequenza del sogno.

Spellbound viene candidato agli Oscar del 1946; ottiene sei nomination per Miglior Film alla Selznick Production, Miglior Regia, Miglior Attore non Protagonista a Michail Čechov, Miglior Fotografia a George Barnes, Migliori Effetti Speciali a Jack Cosgrove, Miglior Colonna Sonora a Miklòs Ròzsa, che vince l’Oscar e dal tema del film compone la sinfonia Spellbound Concerto.

Il suo Dottor Alexander Brulov brilla non solo per efficacia ed incisività, ma per la raffinata ironia con la quale affronta il tema psicoanalitico e le sue implicazioni.

Čechov con maestria adatta una recitazione di stampo realistico, ereditata dal Teatro d’Arte di Mosca, alle esigenze cinematografiche e si sofferma con attenzione su ogni singolo dettaglio attraverso uno studio meticoloso, come nel caso dell’interpretazione del sogno di John, scena nella quale le mani parlano: mentre il Dottor Brulov versa il caffè, una mano è al centro dell’inquadratura e l’altra ora è nell’inquadratura, ora fuori campo e crea un crescendo di tensione.

Attraverso la costruzione del personaggio del Dottore, che entra in scena nel secondo tempo, rimanendo presente quasi fino alla conclusione del film, Čechov ci rende concretamente partecipi dell’importanza dell’improvvisazione, cioè della capacità di sviluppare nell’interpretazione quei momenti di felice creatività che chiama le «perle», scaturite dalle modifiche apportate alle azioni o alle battute18.

Infatti Čechov lavora con Hitchcock molto volentieri, anche perché il regista lascia il Maestro libero di spaziare e sperimentare19. L’ammirazione di Hitchcock per Čechov è condivisa dal produttore Selznick e il Maestro contraccambia; il film, che pure non è tra quelli che il grande regista inglese preferisce, diventa una preziosa esperienza professionale.

Recitare in Spellbound equivale per Čechov, caratterizzato da una profonda capacità di autoanalisi, a riflettere non soltanto sul suo stile recitativo, che ora deve adattarsi alle regole della performance cinematografica, ma anche a trovare una nuova conferma ai capisaldi della sua Tecnica, considerando che sul set si trova a lavorare con due dei suoi allievi, Ingrid Bergman e Gregory Peck.

Nella versione originale del film l’ascolto della voce di Čechov, delle incertezze nella pronuncia, delle variazioni del tono restituiscono tutto il fascino della sua recitazione e della versatilità con la quale passa repentinamente da un’atmosfera all’altra, presentandosi ora bonario e rassicurante ora scostante.

La particolarità della recitazione di Čechov e l’uso virtuosistico della voce in tutte le sue modulazioni sono restituiti in modo magistrale dal doppiaggio nella versione italiana, che, se messa a confronto con l’originale, fa ancor più apprezzare la grande bravura del doppiatore Lauro Gazzolo, che dà la voce al Dottor Brulov. Ascoltare Čechov che recita, sia pure in un film, ci permette di capire l’importanza che il Maestro attribuisce alla pausa, poiché ad una recitazione enfatica o concitata contrappone l’importanza del silenzio, lasciando parlare gli oggetti: il tagliacarte, il bicchiere di latte, i fiammiferi, la pipa, il bastone.20

L’interpretazione del Dottor Brulov consente a Čechov di indagare anche un altro aspetto che lo interessa particolarmente, cioè la relazione tra attore e spettatore e di estendere il concetto di pubblico anche a tutti quei professionisti dello spettacolo (macchinisti, attrezzisti, costumisti, assistenti, operai, tecnici delle luci) che si trovano sul set e con i quali gli attori devono familiarizzare.

La recitazione di Čechov in Spellbound è una prova magistrale e il film ha il valore di un documento prezioso, perché, malgrado le dovute differenze tra scena e set cinematografico, ci permette di avere un’idea più precisa di quel che doveva essere Čechov attore teatrale e di come costruiva il suo personaggio.

Esemplare a questo proposito è la celebre scena dell’accensione della pipa21; dopo una notte movimentata, mentre John dorme ancora sul divano, stordito dal bicchiere di latte al bromuro somministratogli da Brulov, che ha capito tutto, c’è un vivace confronto tra lui e Constance, riluttante a chiamare la polizia. Al culmine di questo scambio di battute, Brulov vorrebbe cominciare a fumare, ma la scatola dei fiammiferi gli sfugge dalle mani nervose e soltanto dopo vari tentativi riesce ad accendere la pipa.22

Attraverso la testimonianza di Charles Marowitz23, il biografo di Čechov, sappiamo che l’attore ebbe molte difficoltà con questa scena, che, nonostante i numerosi ciack, non funzionava, perché l’attore non riusciva a trovare il giusto coordinamento tra battuta e gesto. Tuttavia, proprio quando Hitchcock avrebbe voluto interrompere le riprese, Čechov trovò la soluzione, recitando le battute con i tempi giusti e, improvvisando con quello humor che era solito definire la vera caratteristica delle persone serie, esclamò, mentre tutti i fiammiferi cadevano a terra, «Non dovrei fumare al mattino, ma oggi sono molto nervoso». Il risultato fu una scena memorabile, connotata da una forte ironia, che restituisce ancora oggi con efficacia tutta l’umanità della sua recitazione.











NOTE

1 Il contributo che qui si presenta è un estratto della tesi di Laurea in Beni Culturali, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, dal titolo “Michail Čechov: il lavoro dell’attore attraverso il gesto psicologico”, relatore Prof.ssa Donatella Orecchia, AA 2018/2019. Si ringrazia il Prof. Stefano Colonna per aver accolto con interesse questo studio.
LENZI 2004, pp. 134-135.

2 MOLLICA 1989.

3 TABILIO 2012, pp.60-75.

4 DE MICHELIS 1988, pp.186-197.

5 D’ ANGELO 2012, pp. 27-45.

6 GORDON 2015.

7 ATTISANI 2015, pp. 349-364.

8 Cfr. Lenard Petit on Michael Chekhov’s 5 Guiding Principles for Actors https://youtu.be/PufzXM820w4 e http://www.michaelchekhovroma.it/2018/03/12/recitazione-cinematografica-tecnica-m-chekhov-nel-workshop-maggio-condotto-lenard-petit/ Per una biografia artistica di Michail Čechov con materiale inedito (foto e video) a cura di Andriy Maslonkin https://youtu.be/foEes4GiswA

9 STEINER 2004.

10 ČECHOV 2001.

11 L’aforisma è contenuto nel Codice 2290; si tratta di 36 fogli che raccolgono note, osservazioni e disegni realizzati da Leonardo tra il 1506 e il 1510. Il Codice è noto anche come Codice Leicester o Codice Hammer, dal 1994 di proprietà di Bill Gates; GALLUZZI 2018.

12 IVANOV 2012, pp. 3-35.

13 GORDON 2015.

14 AUTANT-MATHIEU 2014, pp. 29-43.

15 MALCOVATI 2014, pp. 16-28.

16 ATTISANI 2015, pp. 349-364.

17 Cfr. Lisa Dalton, Weaving Method into Chekhov, National Michael Chekov Association (NMCA) https://youtu.be/hjDZ9kXjcPw

18 Čechov 2001, p. 12. Cfr. Michael Chekhov Technique: The five Pillars of Acting Freedom (Introduzione, 1), by Graham Dixon/Michail Chekhov Studio, Londra https://youtu.be/krUXxr-lEIw

19 FALLETTI 2014, p. 68.

20 ATTISANI 2015, p. 357.

21 ČECHOV 2001, pp. 64-65.

22 Lo ricorda l’attore Anthony Quinn nel documentario From Russia to Hollywood: The 100 Year Odyssey of Chekhov and Shdanoff (Usa, 2002), prodotto da Rgh/Lions Share Pictures, scritto e diretto da Frederick Keeve; con Gregory Peck e Mala Powers (voci narranti) e John Berry, Dorothy Dean Bridges, Lloyd Bridges, Brandon Brooks, Leslie Caron, Jeff Corey, Sharon Gless, Hurd Hatfield, Jack Larson, Isabel Leigh, Patricia Neal, Jack Palance, Anthony Quinn, Ford Rainey, Paul Rogers, Richard Schickel, George Shdanoff, Craig Sheffer, William Morgan Sheppard, Robert Stack, Beatrice Straight. Durata (in versione dvd): 105’. https://youtu.be/HiuB_6Zj05A

23 MAROWITZ 2004.



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