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Dalla prima Computer Art ai linguaggi del nuovo millennio  

Vittoria de Petra
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 9 Marzo 2021, n. 906
http://www.bta.it/txt/a0/09/bta00906.html
Articolo presentato il 16 Febbraio 2021, approvato il 7 Marzo 2021 e pubblicato il 9 Marzo 2021
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Al suo esordio la Computer Art si impose come un fenomeno piuttosto di nicchia, un argomento che sembrava destinato a essere approfondito solo dai cultori della materia, e quindi meno appetibile per gli storici dell'arte, i curatori e i narratori culturali di quel periodo. Questo aspetto lo sottolinea anche Douglas Dodds, senior curator del Victoria & Albert Museum, constatando come le prime consistenti acquisizioni di opere di Computer Art del museo vennero effettuate molti anni dopo la sua comparsa: «All'epoca, l'arte informatica era considerata profondamente fuori moda da molti storici dell'arte e critici» 1. Inoltre, continua Dodds, «i curatori erano anche comprensibilmente preoccupati che il materiale originale potesse essere difficile da conservare e da esporre» 2.

Quando iniziò la sperimentazione della Computer Art i ‘risultati', quindi le opere prodotte, apparivano in molti casi simili gli uni agli altri. In questo caso non si trattava solo del naturale processo di adozione di uno specifico linguaggio da parte di un gruppo che si riconosceva sotto forma di una corrente: le opere erano somiglianti perché venivano realizzate utilizzando pressoché gli stessi procedimenti, gli stessi strumenti, macchinari, comandi e parametri all'interno dei confini, allora circoscritti e universali, posti dai primi computer. Per questa ragione, ad un primo sguardo, le opere di Herbert W. Franke rassomigliano a quelle di Ben F. Laposky, come quelle di Georg Nees a quelle di Leslie Mezei e così via.

Tuttavia, a differenza del comune rapporto tra l'artista e le pratiche artistiche tradizionali, sotto il segno della Computer Art si registrarono molteplici approcci creativi. Boris Magrini, curatore dell'HEK - House of Electronic Arts di Basilea, ricorda come artisti diversi ebbero propositi diversi nell'avvicinarsi al computer, come nel caso di Harold Cohen che infatti non voleva essere associato esplicitamente né all'Intelligenza Artificiale né alla Computer Art. Cohen, creatore di AARON 3, un programma per il computer in grado di generare arte autonomamente, e i cui primi disegni furono protagonisti di una mostra al San Francisco Museum of Modern Art nel 1979 4, «voleva solo comprendere e scoprire il momento in cui si creava un disegno, cosa succede quando un segno su un pezzo di carta diventa un oggetto riconoscibile come tale e perché» 5, proponendo quindi una ricerca intorno all'atto stesso di disegnare che non sulle possibilità fornite dal computer. Dall'altro lato il computer apriva a possibilità differenti e non solo legate alla sperimentazione grafica. Come nel caso di Hans Haacke, già pioniere dell'arte cinetica, ambientale e concettuale che, in occasione di Documenta 5, nel 1972, presentò l'installazione performativa “Arc, Pyramid”, un «ciclo di vita spirituale» 6 durante il quale condusse un'indagine sociologica sui profili dei visitatori avvalendosi della collaborazione di un centro informatico.

I parametri della critica e delle pratiche curatoriali di allora, applicate al commento, alla classificazione e all'esposizione delle opere d'arte digitale, restituivano una narrativa omogenea nella quale la Computer Art veniva posta come «ponte tra le materie umanistiche e la scienza» 7, dando quindi per scontata una loro netta separazione. Ne intravedevano solo i propositi all'apparenza lontani dall'arte tradizionale oltre a un'estetica caratterizzata e differente, senza però considerare possibile che l'impiego della tecnologia potesse avere risvolti più ‘emotivi' e rifiutando, quindi, che l'arte potesse effettivamente essere influenzata dall'uso del computer poiché questo era considerato solo come uno strumento 8. Di recente si è iniziato a superare questo concetto che, come spiega Boris Magrini, non solo appariva riduttivo ma «perpetuava l'idea non necessaria e stereotipata che l'arte fosse emozionale mentre la scienza fosse solo oggettiva e priva di emozioni» 9 forzando, infine, la produzione artistica della Computer Art a un innaturale ruolo educativo.

A favorire il superamento di questa determinazione probabilmente concorse anche la progressiva crisi che la storia dell'arte tradizionale e la sua storiografia hanno attraversato, specialmente verso la fine della seconda metà del Novecento. Un dibattito che portò studiosi come Henri Zerner e Hans Belting a ridefinire l'oggetto dell'indagine storico-artistica, fino a quel momento limitata entro parametri rigidi che vedevano l'Europa come incontrastato palcoscenico dell'arte, insieme a una netta divisione tra arte ‘colta'/alta e quella popolare/‘folk' e, infine, una distinzione profonda tra creatività e produttività 10. Zerner riteneva che «la nuova storia dell'arte» avrebbe dovuto tenere in conto l'interesse intrinseco dell'arte non solo verso aspetti puramente estetici ma anche per le «funzioni» e i «significati dei fatti artistici» 11. Una visione, quindi, della forma artistica in quanto forma storica condizionata, di conseguenza, anche da nuove tecniche e materiali oltreché da contenuti e funzioni, come proposto anche da Hans Belting che giunse a teorizzare come la stessa struttura visiva dell'opera d'arte, o dell'oggetto artistico, sia una sintesi stilistica o iconografica ed estetica in stretta relazione con «le nozioni generali dell'epoca e della cultura in cui viene realizzata» 12.

E quanto proposto dal computer, di pari passo con la sua diffusione e con l'accrescimento delle sue funzionalità, è una vasta gamma di possibilità creative che ha contribuito all'imporsi e al rafforzamento di una produzione visuale ‘folk', amatoriale, popolare e di ampio respiro, grazie all'utilizzo quotidiano dello strumento e delle sue unità ormai di uso più comune, come internet e i social network. Da un lato «la produzione di immagini non è più un compito riservato a una categoria precisa e qualificata di persone» 13, come scrive Valentina Tanni che in “Memestetica” cita anche Charles Leadbeater, secondo il quale «l'approccio sociale alla creatività incoraggiato dal web sta dando nuova vita a una delle più antiche forme di creatività – quella folk – consentendo a una massa di amatori di produrre e condividere contenuti» 14. Dall'altro lato si è universalmente arrivati, oggi, alla consapevolezza di come non si possa relegare il rapporto tra artista (creatore) e strumento tecnologico in una sola narrativa. «L'approccio è individuale e specifico» 15 e, soprattutto, si è evoluto esponenzialmente abbracciando le ormai vaste e inimmaginabili possibilità rese dalla tecnologia, come l'Intelligenza Artificiale, il videogame, il virtuale, la realtà aumentata o immersiva e la tecnologia dei materiali, centuplicando gli argomenti del dialogo tra tecnologia e arte.

Nella mostra “Entangled Realities 16 – Living with artificial intelligence” curata nel 2019 all'HEK - House of Electronic Arts di Basilea da Sabine Himmelsbach (direttrice del Museo) e Boris Magrini, si è voluto mostrare lo stato del rapporto tra arte e tecnologia nella contemporaneità, dove il ruolo dell'intelligenza artificiale si è imposto positivamente, raggiungendo la consapevolezza di come la tecnologia non sia solo in grado di restituire immagini o videogame ma di quanto ormai influenzi le esistenze. La mostra ha proposto una selezione delle più attuali ricerche in materia, numerosi esempi di come questa riflessione si sia spinta oltre i confini di un determinato linguaggio estetico ma, soprattutto, di come abbracci una grande varietà di argomenti e temi incontrovertibilmente ‘nuovi'.

Artisti come Mario Klingemann e Ursula Damm realizzano immagini inaspettate utilizzando algoritmi in grado di processare diversi input casuali. Se Ursula Damm in “Membrane” 17 ottiene un video in tempo reale, l'esperienza di Mario Klingemann si lega, almeno iconograficamente, a segni estetici del passato, trovando nei suoi nuovi protagonisti – neonate creature fantasmatiche – soggetti all'apparenza dipinti in altre epoche. Tuttavia, ad elaborare immagini di quadri e ritratti, è un algoritmo che sostituisce le pennellate (unità creativa del dipinto) con l'assemblaggio di pixel, informazioni visive e riproduzioni che portano con sé colori, forme e caratteristiche uniche.

Procedendo verso maestosi elementi dell'attualità sociale ed economica, come blockchain e criptovalute, Anna Ridler e David Pfau nell'opera “Blomenveiling” 18 - proposta ancora dalla mostra “Entangled Realities” - danno vita a speciali elementi floreali, dei tulipani, che vengono generati dall'elaborazione di dati correlati al funzionamento dei nuovi mercati economici virtuali. Interrogandosi sulle modalità con cui la tecnologia guida il desiderio umano e le dinamiche economiche (a loro volta responsabili di una scarsità artificiale), i piccoli frammenti in movimento dei tulipani vengono venduti all'asta della rete Ethereum e, ogni volta che un fiore viene venduto, migliaia di computer in tutto il mondo si attivano e comunicano per verificarne la transazione 19.

Infine, per concludere questa breve panoramica di “Entangled Realities” che ha ospitato anche opere di James Bridle, Trevor Paglen, Sebastian Schmieg, Lauren McCarthy, Jenna Sutela, fabrich | ch e di Zach Blas & Jemima Wyman, è interessante citare “Deep Belief” 20, lavoro della musicista e compositrice americana Holly Herndon. Insieme al collega Mat Dryhurst, la Herndon ha ‘addestrato' una rete neurale artificiale a reagire a suoni ‘familiari' che le sono stati insegnati, istruendola ad emettere altri suoni e componendo così melodie improvvisate in un dialogo di brani speciali e astratti. I risultati acustici e sinestetici di Holly Herndon completano il filo di queste ‘realtà aggrovigliate' suscitando nell'autrice una domanda universale per quanto sia dal tono fantascientifico: «siamo noi i genitori o i figli in questa nuova epoca? Stiamo addestrando i nostri sistemi per mettere in atto i nostri ideali, o siamo piuttosto ri-addestrati a servire gli scopi opachi degli altri?» 21.

Se da un lato la tecnologia influenza il procedimento creativo, come nei casi sopracitati, divenendo quindi un'inedita formula assunta consapevolmente dall'autore per la realizzazione di un'opera, il suo potere immaginifico si è sedimentato, sottoforma di vocabolario estetico, nell'inconscio degli artisti più giovani, nati a partire dagli anni '80, i cui lavori sono plasmati dai videogames.

Un esempio è nelle opere dell'artista Jacolby Satterwhite (1986), tra i protagonisti di un altro importante evento espositivo dedicato alla materia: “New Order: Art and Technology in the Twenty-First Century”, mostra tenutasi nel 2019 presso il MoMa di New York 22, organizzata da Michelle Kuo e Lina Kavaliunas. Da bambino Satterwhite, a causa di una malattia aggressiva che lo costrinse a letto, dovette passare molto tempo fermo. In quel periodo trascorse gran parte delle sue giornate a giocare con i videogiochi e, in particolare, al celebre “Final Fantasy”. A distanza di anni le sue opere, tutte elaborate in 3D, oltre a restituire una naturale riflessione sulla mortalità, appaiono come il risultato della sovrapposizione di queste due esperienze nel linguaggio comune degli elementi iconografici e stilistici propri del videogioco, assorbiti come parte del lessico di Satterwhite in quanto ‘creatore' 23.

A questo si deve un'estetica che rifiuta di attingere alle sublimi possibilità grafiche offerte dalle tecnologie contemporanee. Ad esempio in “Country Ball” 24, Satterwhite - oltre a fare riferimento alla ball culture degli anni '80, sollevando quindi interessanti tematiche di genere a cui si intrecciano immagini e suoni prelevati da VHS originali dell'infanzia dell'autore - elabora scenari dove certi dettagli di prospettiva, ombre e tridimensionalità appaiono non rifiniti dando vita a un'estetica del ‘fai da te' virtuale che ha la stessa voce delle prime elaborazioni anni ‘80 e ‘90, in una sorta di neoprimitivismo dell'arte digitale.

La scelta di non perfezionare e migliorare la grafica delle immagini, oltre a essere guidata da un certo rapporto di familiarità, si presta anche ad altre interpretazioni. La storica dell'arte, curatrice e docente Valentina Tanni in “Memestetica” 25 spiega come l'uso della bassa qualità nella produzione di immagini digitali sia in parte correlata alla percezione collettiva delle immagini stesse, in particolare della loro verità o veridicità. Rinunciare alla perfezione qualitativa estetica fa emergere in primo piano le proprietà concettuali dell'opera, le qualità intellettuali del suo contenuto e la bontà del suo ruolo di testimone e protagonista che assume nei confronti della contemporaneità: «la perfezione dell'alta risoluzione porta sempre con sé il sospetto dell'adulterazione, e dunque intrattiene un rapporto controverso con il concetto di autenticità, tasto sensibilissimo nel dibattito culturale contemporaneo» 26. La sensazione di inganno scaturita dall'interiorizzazione della consuetudine di incontrare sul web notizie false, immagini manipolate attraverso fotomontaggi, finti scoop, personaggi, eventi e azioni storiche inventati ma divenuti virali, viene superata ed esorcizzata attraverso la caratteristica dell'elemento grezzo, inalterato, evidentemente appena prodotto e spontaneo, come assicurazione di verità.

Tuttavia altri artisti della generazione di Satterwhite, seppur con risultati diversi, accettano invece immagini smaglianti, impeccabilmente lucide e quasi realistiche nella loro artefatta e vivida tridimensionalità, come Tabor Robak (1986) 27 nelle cui opere un ordine regolatore e armonico evoca malinconicamente la realtà. Nell'opera “Northtstar” 28, del 2020, Robak ricostruisce e simula una passeggiata in un paesaggio naturale idilliaco: un'esperienza che per la società contemporanea, complice del disfacimento del mondo naturale, appare come un lusso. Oltre al virtuosismo stilistico e alla meticolosa riproduzione di dettagli, l'opera è concepita come un tromp l'oeil in movimento, una finestra dinamica su un mondo in parte utopico, in parte reale ma in estinzione.

La stessa realtà viene decostruita e reinventata, attraverso una traduzione allegorica e metaforica dei suoi dettagli, da Ed Atkins (1982) artista che ha fatto dell'elaborazione digitale parte della sua cifra stilistica. Celebre per le sue sperimentazioni visuali, animazioni surreali, malinconiche e dissacranti, soprattutto nei confronti della materialità del corpo umano e dei limiti dell'esistenza stessa, Atkins drammatizza o sdrammatizza la realtà attraverso illusioni e avatar, protagonisti di riflessioni poetiche di cui è autore e scrittore. Senza la sua preparazione letteraria e la sua familiarità con il linguaggio, le figure retoriche e l'allegoria – come sottolinea anche in più occasioni 29 – la sola immaginazione trasposta nell'animazione computerizzata non avrebbe raggiunto i risultati che lo hanno reso celebre.

Nella sua ultima mostra dal titolo “Entropy of a biased coin”, dal 3 dicembre 2020 al 6 febbraio 2021 presso la galleria Cabinet di Londra, Atkins ha presentato anche l'opera “Refuse.exe” 30, una simulazione 3D in tempo reale a due canali di oggetti che cadono alla rinfusa verso il suolo, realizzata attraverso una versione personalizzata di Unreal Engine, software utilizzato per la creazione di videogiochi. Nella pubblicazione “Three pieces of bread” 31, viene svelato il procedimento di realizzazione dell'opera, elencando la lista e gli algoritmi che hanno generato “Refuse.exe”: «Gli oggetti cadono nella stessa sequenza e allo stesso tempo per ogni esecuzione - ma il loro movimento mentre cadono, il loro atterraggio e il loro accumulo differiscono ogni volta, secondo il capriccio della fisica simulata. (…) Refuse è un omonimo, che rimane irrisolto nel testo. Significa per lo meno sia rifiuto che spazzatura, il significato è riconciliato solo nel discorso. (…) Refuse.exe drammatizza il ritorno di cose represse, rimandate e cose immaginate in altro modo, per mezzo di un'opera teatrale come programma per computer» 32. Ogni caduta, ogni performance è unica grazie alla specificità di un algoritmo che pone al centro della scena un susseguirsi casuale di elementi comuni della realtà.

Ricorrendo invece all'animazione, unita alle possibilità di internet e della rete, David Oreilly (1985) ha presentato nell'aprile del 2020 – durante il lockdown – “Corona Voicemails” 33, una serie di film d'animazione realizzati utilizzando messaggi vocali anonimi condivisi da persone sui social media durante la pandemia di Covid19. L'artista ha invitato il pubblico a lasciare le registrazioni chiamando un numero specifico 34 e ne ha accompagnato le riflessioni, spesso dolorose, con grafiche ottenute attraverso una stratificazione di livelli di immagini in rotazione. Ogni pattern, ogni oggetto, ogni texture etc., è stato progettato e costruito da zero utilizzando uno strumento sviluppato in più di un anno di tempo: «Un sintetizzatore modulare 3d-AV apolide - tutti i parametri possono essere modificati simultaneamente, così come programmati e sequenziati» 35. Ricevendo questi flussi di coscienza sull'andamento pandemico, Oreilly ha cristallizzato uno dei momenti più complessi del nuovo millennio poetizzandolo attraverso il computer.

E proprio mentre gli artisti sopracitati - Satterwhite, Robak, Atkins e Oreilly - erano pressoché adolescenti, nel 2000, l'artista svedese Magnus Wallin (1967) già ricorreva in alcune delle sue opere all'animazione computerizzata, come in “Skyline” 36, rappresentando il corpo umano e la sua percezione da parte della società contemporanea agli inizi del nuovo millennio. L'opera, realizzata all'interno del Moderna Museet Project di Stoccolma e curata da Maria Lind 37, riproduce dei macabri giochi olimpici, tenuti al cospetto di un pubblico immateriale di cui si ode solo il tifo ma che non occupa alcun posto nella desolazione di un piccolo anfiteatro fatiscente sovrastato da una Torre Olimpica dal tetto trasparente. Gli atleti sono corpi allo stato puro, privi di pelle, composti unicamente di muscoli, simili gli uni agli altri e che si sfidano in imprese di impossibile sopravvivenza. Ben oltre lo sport: nessuno di questi ‘atleti' riesce a sopravvivere alle moderne ed estreme prove fisiche, finendo quasi sempre a pezzi, schiantati in particolare dai salti, o dalle rovinose cadute, dall'imponente altezza della Torre Olimpica.

Ricordando e riflettendo sulle responsabilità dei media, degli artisti e la loro intenzionalità a rappresentare l'essere umano in un determinato modo, e alla luce di specifici standard spesso irraggiungibili, lo scenario di Wallin ricorda le estetiche della Riefensthal nel suo celebre “Olympia”, documentario sulle Olimpiadi del 1936 38. Tuttavia Wallin non intendeva criticare lo sguardo della Riefensthal, quanto piuttosto scagliarsi contro chi, ancora a distanza di anni, propinava lo stesso irraggiungibile ideale di perfezione.

Se Wallin già alla fine degli anni '90 era tra i primi ad essersi avvicinato alle grafiche computerizzate con la sua serie “Physical Sightseeing” 39, di cui “Skyline” fa parte, si inizia a parlare del «potenziale critico delle animazioni computerizzate», in particolare di Magnus Wallin, che «sembra quindi risiedere nella loro capacità non solo di giustapporre immagini stereotipate esistenti per disturbarne le connotazioni, ma di ricombinarle e creare spazi completamente nuovi, nuove narrazioni e nuove strutture che decostruiscono vecchie mitologie e propongono alternative» 40.

Al di là, quindi, delle singole esperienze estetiche e dei percorsi specifici degli ultimi 50 anni, l'incontro tra arte e tecnologia, oggi, è in grado di affidare alle mani degli artisti la possibilità di immaginare, intuire o anticipare infinite immagini del futuro, potendo decostruire gli aspetti di ciò che si è abituati a considerare vero o funzionale o gradevole o disturbante oppure semplicemente esistente, nell'architettura, nell'urbanistica, nel paesaggio ma anche nei rapporti sociali, nelle espressioni fisiche, nelle consuetudini e nella comunicazione della realtà.

                      
                      
                      

NOTE

1 DODDS 2018, p. 9.

2 DODDS 2007, p. 2.

3 COHEN 2008.

4 ESTORICK 2018.

5 MAGRINI 2019.

6 Scheda della mostra internazionale documenta 5 (30 giugno – 8 ottobre 1972), https://www.documenta.de/en/retrospective/documenta_5.

7 MAGRINI 2019.

8 Ibidem

9 Ibidem

10 SCIOLLA 2006, cap. 13 p. 400.

11 ZERNER 1982, p. 279.

12 SCIOLLA 2006, cap. 13 p. 403; BELTING 1990.

13 TANNI 2020, p.7.

14 TANNI 2020, p.63 con una citazione tratta da LEADBEATER C., We think: Mass innovation not mass production, Profile Books Ltd., 2008.

15 Tratto dalla videoconferenza tenuta da Boris Magrini dal titolo About “Confronting the Machine” and “Entangled Realities” che ha avuto luogo al ZKM | Karlsruhe il 19 agosto 2019, https://www.youtube.com/watch?v=9FdSA5pMwJ0.

16 Realtà aggrovigliate.

17 Estratto dall'opera “Membrane” (2019) di Ursula Damm, http://ursuladamm.de/membrane-2019/.

18 Estratto dall'opera “Blomenveiling” (2019) di Anna Ridler e David Pfau e la sua descrizione http://annaridler.com/bloemenveiling.

19 Ibidem.

20 Estratto dall'opera “Deep belief” di Holly Herndon e Mat Dryhurst http://www.hollyherndon.com/spawn-training-ceremony-i-deep-belief.

21 Ibidem.

22 “New Order. Art and Technology in the Twenty-First Century”, MoMa, New York, USA, 17 marzo-15 giugno 2019 https://www.moma.org/calendar/exhibitions/5033.

23 Tratto dall'intervista The Incredulity of Jacolby Satterwhite | Art21 "New York Close Up", in Art21, 5 febbraio 2020, https://www.youtube.com/watch?v=8WljeAovjtc&t=239s.

24 Estratto dall'opera “Country ball” (2012), https://vimeo.com/38621657.

25 TANNI 2020.

26 Ibidem, p.38.

27 AA.VV., Tabor Robak on video games, in Artforum, 2015 https://www.artforum.com/video/tabor-robak-on-video-games-59410.

28 Preview dell'opera “Northstar” di Tabor Robak (2019), https://www.taborrobak.com/northstar.

29 Intervista a Ed Atkins per il canale Youtube dell'Institut für Kunstdokumentation und Szenografie, 10 marzo 2019 https://www.youtube.com/watch?v=REQpIDiZinI.

30 Teaser dell'esposizione “Entropy of a biased coin” https://vimeo.com/473801730.

31 ATKINS 2020.

32 Ibidem.

33 La raccolta di video “Corona Voicemails” http://www.davidoreilly.com/works#/corona-voicemails/.

34 «Feel free to leave your messages on 818-660-6106 (all messages are anonymous.)» «Sentitevi liberi di lasciare i vostri messaggi al numero 818-660-6106 (tutti i messaggi sono anonimi)» .

35 Scheda del progetto “Corona Voicemails” http://www.davidoreilly.com/works#/corona-voicemails/.

36 Estratto dall'opera “Skyline” di Magnus Wallin (2000), https://www.youtube.com/watch?v=WBemfrcx2ik.

37 Scheda del progetto “Skyline” di Magnus Wallin per il Moderna Museet, 2000 https://www.modernamuseet.se/stockholm/en/exhibitions/mmp-magnus-wallin/.

38 NIELSEN 2002.

39 Comunicato stampa della mostra Magnus Wallin Solo/Physical Sightseeing (14 settembre –10 novembre 2002, MALMO KONSTHALL) https://www.e-flux.com/announcements/43411/magnus-wallin-solo-physical-sightseeing/.

40 NIELSEN 2002.

                    
                    
                    

BIBLIOGRAFIA

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COHEN 2008
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Alex ESTORICK, Quando il pittore ha imparato a programmare: AARON di Harold Cohen, FlashArt, 26 febbraio 2018

MAGRINI 2019
Boris MAGRINI, About “Confronting the Machine” and “Entangled Realities”, in ZKM | Karlsruhe, 19 agosto 2019,https://www.youtube.com/watch?v=9FdSA5pMwJ0.

NIELSEN 2002
Tone O. NIELSEN, SKYLINE or the Commercialization of a Fascist Body Aesthetics: Notes onArtistic Intentionality and Responsibility in the Computer Animated Work of Magnus Wallin, Moderna Museet Projektet, 2002https://www.magnuswallin.com/?page_id=111.

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Gianni Carlo SCIOLLA, La critica d'arte del Novecento, UTET Università, Novara, 2006, cap. 13 p. 400.

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SITOGRAFIA

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http://ursuladamm.de/membrane-2019/

Estratto dall'opera, e la sua descrizione, “Blomenveiling” (2019) diAnna Ridler e David Pfau,
http://annaridler.com/bloemenveiling

Estratto dall'opera “Deep belief” di Holly Herndon e Mat Dryhurst,
http://www.hollyherndon.com/spawn-training-ceremony-i-deep-belief

Estratto dall'opera “Country ball” (2012) di Jacolby Satterwhite,
https://vimeo.com/38621657

Preview dell'opera “Northstar” di Tabor Robak (2019),
https://www.taborrobak.com/northstar

La raccolta di video del progetto “Corona Voicemail” (2020) di DavidOreilly http://www.davidoreilly.com/works#/corona-voicemails/

Estratto dell'opera “Skyline” (2000) di Magnus Wallin,https://www.youtube.com/watch?v=WBemfrcx2ik

                    
                    
                    

VIDEOGRAFIA

Intervista a Ed Atkins per il canale Youtube dell'Institut fürKunstdokumentation und Szenografie, 10 marzo 2019 https://www.youtube.com/watch?v=REQpIDiZinI.

Teaser dell'esposizione “Entropy of a biased coin”
https://vimeo.com/473801730.

AA.VV, The Incredulity of Jacolby Satterwhite | Art21 "New York CloseUp", in Art21, 5 febbraio 2020, https://www.youtube.com/watch?v=8WljeAovjtc&t=239s

                   
                   
                   
                   

DEPLIANT

New Order. Art and Technology in the Twenty-First Century”, MoMa, NewYork, USA, 17 marzo-15 giugno 2019 https://www.moma.org/calendar/exhibitions/5033

AA.VV., Tabor Robak on video games, in Artforum, 2015
https://www.artforum.com/video/tabor-robak-on-video-games-59410

Scheda della mostra internazionale documenta 5 (30 giugno – 8 ottobre1972), https://www.documenta.de/en/retrospective/documenta_5

Scheda del progetto “Skyline” di Magnus Wallin per il Moderna Museet, 2000 https://www.modernamuseet.se/stockholm/en/exhibitions/mmp-magnus-wallin/

Comunicato stampa della mostra Magnus Wallin Solo/Physical Sightseeing (14settembre –10 novembre 2002, MALMO KONSTHALL) https://www.e-flux.com/announcements/43411/magnus-wallin-solo-physical-sightseeing/



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