Introduzione
Nel
1990
venne scoperta fortuitamente ad Al-Bass la più grande
area
cimiteriale della città fenicia di Tiro, collocata a 2
chilometri di
distanza dall'antica linea di costa (fig.1).
Attualmente la
necropoli è situata nei pressi di un campo profughi
palestinese
vicino al confine nord-est del Parco Archeologico, nel
quale si
conservano i livelli romani e bizantini.
Fig. 1- Posizione della necropoli di Al-Bass rispetto all’antica Tiro @google Earth (in AUBET, NÚÑEZ 2016, p. 4)
La
necropoli
di Tiro-Al-Bass è stata indagata a partire dal 1997
fino
al 2015
dalla missione archeologica del progetto
“Tyre-al-Bass”
promosso dalla “Pompeu Fabra University” di
Barcellona sotto la
direzione di M.E. Aubert, F.J. Nùñez e L. Tresillò.
Il progetto
nasce in seguito a scavi clandestini del 1990;
vennero trafugate urne
e stele. Le campagne divennero sistematiche a
partire dal 1997,
durante alcuni lavori pubblici. I materiali
rinvenuti sono ancora in
corso di studio e nelle fasi di scavo si è prestata
particolare
attenzione ai livelli della tarda età del Ferro.
Attualmente
è
in corso il nuovo progetto “Acropolis”, iniziato
sotto la
tutela della Direzione Generale delle Antichità del
Libano e
sovvenzionato dal Ministero della Cultura Spagnolo e
dalla “Palaraq
Foundation” di Barcellona; l'aspirazione è quella di
far luce
sui rapporti stratigrafici inerenti alle varie fasi
di occupazione,
di accrescere la conoscenza dell'abitato che passa
dall'essere
una città a una metropoli fenicia e, infine, di
comprendere le
relazioni sociali confrontando i nuovi dati con
quelli della
necropoli di Al-Bass .
La
straordinaria
conservazione delle numerose sepolture di Al-Bass
permette di studiare le pratiche funebri fenicie
collocabili durante
il periodo dell'espansione coloniale verso il
Mediterraneo
Occidentale.
Il
contesto
e il territorio
Al
giorno
d'oggi, Tiro si sviluppa su una piccola penisola
dell'attuale stato del Libano. In realtà le indagini
paleobotaniche e faunistiche condotte tra il 1997 e
il 1999
confermano che tra Tiro e Al-Bass il territorio
presentava
caratteristiche lagunari tra il XIII e il IX secolo
a.C. .
Si
può
quindi considerare che la necropoli di Al-Bass sia
collocata
sulla terraferma a 2 km di distanza dall'antica isola
di Tiro.
La
denominazione
geomorfologica di questo fenomeno è tombolo,
cioè un peculiare istmo di sabbia di origine eolica .
Inoltre,
secondo
le fonti storiche (tra i più autorevoli biografi:
Arriano ,
Diodoro Siculo ,
Plutarco e
Curzio Rufo )
sarebbe stato il comandante macedone, Alessandro
Magno, durante
l'assedio
del 332 a.C. a creare un molo/ terrapieno
artificiale, composto da
una lunga linea di terra, così da collegare Tiro al
continente e
continuare a perpetuare il suo assedio alla città.
Al-Bass
non
è l'unica necropoli a cui Tiro fa riferimento. Negli
anni '70
venne scoperta la necropoli di Rachidiyeh, l'odierno
insediamento
costiero di Tell Rachidiyeh, situata a circa 5 km a
sud di Tiro e
parte dell'antico hinterland. Infatti, Tiro attirava
sotto la sua
orbita gli abitati dell'età del Ferro lungo un
raggio di circa 15
km, mantenendo una fertile rete di comunicazioni
anche grazie alla
fornitura d'acqua potabile proveniente dalle
sorgenti del
continente .
Allo stato attuale delle ricerche, la necropoli di
Al-Bass è
sicuramente la più vasta che gravita intorno a Tiro .
La
stratigrafia
e le fasi occupazionali
Sono
stati
scavati in estensione circa 500 m 2
(fig. 2) dai quali sono emersi i contesti chiusi
delle sepolture
degli individui cremati dalla fine del X fino alla
fine del VII
secolo a.C., periodo inserito nella cronologia del
Ferro II .
Sotto lo strato di argilla e sabbia dei livelli
romano-bizantini,
sono state identificate 320 urne cinerarie .
L'arco cronologico complessivo della necropoli copre
almeno 400
anni: dalla fine del X alla fine del VI secolo a.C.,
coprendo la
tarda, la media e parte della prima età del Ferro .
Fig. 2 – Pianta generale della necropoli (in AUBET, NÚÑEZ 2016, p.5)
Tuttavia,
sussistono
diversi problemi legati alla stratigrafia dato che la
necropoli fenicia è situata nell'angolo a nord nel
livello
sottostante rispetto alla necropoli romana.
La
stratigrafia
è relativamente omogenea e, riassumendo, si può
suddividere in:
-
Stratum
1: sabbia brunastra dello spessore di 1,30 m.
All'interno erano
contenuti materiali Romani e Bizantini, in
particolare monete e
ceramica. Lo strato turbato dalle costruzioni
moderne del XIX secolo;
-
Stratum
2: argilla sabbiosa di color grigio chiaro avente
uno spessore che va
da 0,20 a 0,40 m e non è costante in tutti i
settori. Forse potrebbe
rappresentare l'ultima interfaccia della spiaggia,
all'inizio
dell'impaludamento (da qui infatti provengono i dati
paleobotanici
che attestano la presenza di una vegetazione
lacustre). È datato tra
l'occupazione persiano-ellenistica e romana
imperiale;
-
Stratum
3:
sabbia contenente le sepolture fenicie a 2,20
m.s.l.m. Corrisponde
all'antica linea di costa e apparentemente presenta
una
granulometria omogenea. È stato ulteriormente
suddiviso in: 3a
(antica linea di costa del periodo Ellenistico e
Persiano, datata
sulla base dei confronti ceramici attici, ma in
parte rimescolati a
causa dei lavori agricoli e delle radici degli ulivi
coltivati
durante il periodo romano) e 3b (omogeneo e con
elementi organici,
quali conchiglie marine e terrestri).
Alla
luce
delle analisi geomorfologiche e stratigrafiche, è
facile capire
perché si possono trovare tagli e inumazioni del
periodo romano
anche nello Stratum
3.
Le
conferme
provengono dalle analisi dei materiali organici
(provenienti
dallo Stratum
2) appartenenti a un probabile uliveto piantato in
questa zona
durante l'occupazione romana. Inoltre, essendo
mutata la linea di
costa per le cause sopracitate, le bioturbazioni
naturali legate alla
fauna marina hanno attaccato anche gli strati
dell'età del Ferro
II .
Complessivamente,
le
analisi paleobotaniche e della microfauna presente
nei sedimenti
mostrano chiaramente che i livelli riflettono
l'ambiente
mediterraneo, in cui coesistono specie marine,
tipiche della fascia
costiera e specie del continente. Le analisi
radiometriche mostrano
che la necropoli era collocata in prossimità di un
antico lago che
si è formato intorno al 4000 a.C. .
L'organizzazione
delle
urne cinerarie
Come
già detto in precedenza, la cremazione è in assoluto
il rituale
funebre dominante. La necropoli di Al-Bass ospita
esclusivamente
adulti e giovani individui adolescenti tra i 12 e i
14 anni. È stato
riscontrato che sono stati esclusi i bambini, ai
quali sembra negato
deliberatamente il rituale della cremazione e,
quindi, si può
ipotizzare che essi non appartengono ancora a pieno
titolo al diritto
di essere sottoposti a questa pratica.
Per
quanto
riguarda la disposizione spaziale delle urne, si
possono
stabilire tre tipologie .
Nel
primo
caso, i resti del defunto cremato vengono deposti in
un'urna
singola coperta da un piatto o da una lastra, con
due brocche e una
ciotola collocate accanto. È il tipo di deposizione
più rara .
Nel
secondo
caso, vi sono due urne appoggiate l'una contro l'altra
all'interno dello stesso pozzetto, definite
“double-urn graves”,
insieme a una brocca a orlo trilobato, una con orlo a
fungo e una
ciotola potoria. Le urne contengono i resti cremati
del medesimo
individuo nella maggior parte dei casi. È la tipologia
più diffusa
e ricorrente (fig. 3).
Fig. 3 – Esempio di corredo dalla tomba 8. Nella colonna di sinistra: urna cineraria, vasellame di forma aperta; a destra: brocca con orlo a fungo, ciotola e frammenti (in NUÑEZ 2004, fig. 58)
Nel
terzo
caso, le urne vengono sovrapposte o concentrate in
gruppi,
affiancate l'una all'altra fino a formare una o più
file
orizzontali .
Tale collocazione potrebbe riflettere la volontà di
raggruppare in
un unico spazio gli stessi individui che condividono
una
significativa unità sociale, riservando spazio per i
membri della
famiglia/parentela.
Infine,
in
una percentuale minore di casi e dai più recenti
scavi, si è
visto che per alcuni individui le ceneri e le ossa
bruciate sono
state deposte nel terreno senza un apparente
contenitore .
Eppure,
sembra
che tutte queste varie deposizioni siano
rappresentanti di una
società egalitaria e omogenea, con un corredo
funerario
standardizzato ed egalitario .Un
altro aspetto comune è la presenza di stele
funerarie come
segnacoli
di alcune sepolture.
Per
300
anni circa (dal 900 al 700 a.C.) evolsero e cambiarono
i tipi
ceramici, ma la struttura della tomba rimase sempre la
stessa,
riflettendo una forte continuità delle pratiche
mortuarie.
Le
“Double-urn graves”
La
tipologia
di sepoltura più diffusa nella necropoli di Al-Bass
è
quella di collocare nel medesimo pozzetto due urne
“gemelle”
contenenti i resti cremati del defunto, per tale
ragione sono
definite appunto come “duble-urn graves”. Un'urna
conteneva le
ceneri più fini, mentre l'altra le ossa non
completamente combuste
e alcuni suoi effetti personali. In molti casi,
veniva inserito anche
uno scarabeo di importazione egizia o di produzione
locale .
A conclusione del rito e a spegnimento della pira
funebre, si faceva
una distinzione tra le parti più volatili e quelle
non ancora
disgregate definitivamente dall'azione del fuoco.
La
facies
archeologica può essere, quindi, determinata in
primo luogo per la
tipologia del materiale ceramico che non solo è
fortemente peculiare
per questa tipologia di sepoltura, ma anche perché
permette di
stabilire la standardizzazione della deposizione del
cremato e la
costante presenza dei seguenti elementi ceramici:
una brocca con orlo
trilobato con collo conico e corpo globulare, una
brocca con orlo a
fungo e una ciotola dalla forma aperta. Infatti, la
forma delle
brocche e la loro presenza regolare
testimonierebbero l'uso
costante di sostanze di valore contenute al loro
interno. Per
la sottigliezza delle pareti e la forma dell'orlo,
la brocca con
orlo trilobato si adatta perfettamente a contenere
liquidi come il
vino.
Contrariamente, la
brocca con orlo a fungo, proprio a causa della
conformità
morfologica dell'orlo, suggerisce che il contenuto
non è adatto ad
essere versato, anzi è pensata proprio per evitare
le fuoriuscite
del prodotto contenuto in essa. A tal proposito, le
analisi
testimoniano la presenza di cera che, tuttavia, non
è ancora dato
sapere se potrebbe essere parte di un tappo o parte
del contenuto
effettivo. Un altro contenuto che ben si adatta alla
morfologia della
brocca è il miele.
Infine,
le
ciotole presenti nelle “duble-urn graves” sono il
materiale
ceramico più comune nella necropoli; sono ceramiche
fini
di forme aperte di tipo “red-slip”,
associate naturalmente alle brocche che contenevano
liquidi. Le
analisi fisico-chimiche non precisano se esse
potessero servire per
bere o per contenere il pasto rituale .
Talvolta sono state rinvenute a copertura delle
brocche.
Le
ceramiche
d'importazione identificate hanno origine cipriota,
specialmente per le urne e per i crateri cinerari
decorati, seguiti
da una percentuale minore di tazze e piatti di
manifattura greca.
Questi
tre
elementi, che compongono il corredo tipico,
compaiono per la
prima volta intorno al 760 a.C. e si ripetono
regolarmente nelle
deposizioni di VIII secolo a.C., periodo a cui
appartiene la maggior
parte delle sepolture.
Le
analisi
antropologiche
Gli
studi
delle analisi antropologiche partono dalle scoperte
del 1997
e confermano l'assenza di infanti
e la sottorappresentazione dei giovani adulti. Il
numero minimo degli
individui (NMI) stimati è 162. Tra questi, per 127 è
stata
possibile stimare l'età di morte: prevalgono senza
dubbio gli
adulti, meno frequentemente gli anziani e raramente
i subadulti.
Ovviamente
questo
tipo di distribuzione non riflette la struttura
naturale della
popolazione confrontandola con la precedente età del
bronzo o con
periodi più antichi quando la mortalità infantile
era davvero
elevata .
Escludendo i bambini dai contesti funebri, si ha una
distorsione dei
dati, rendendoli così innaturali.
Per
quanto riguarda la determinazione del sesso degli
individui si ha una
sommaria omogeneità: il 46,9% sono determinabili.
Tra questi il 51%
sono uomini, mentre il 22% donne (mature o anziane).
Per i valori
restanti gli individui sono indeterminabili.
Per
quanto
riguarda l'aspetto paleopatologico, le analisi sui
cremati
mostrano che nella popolazione di Tiro-Al-Bass le più
comuni
patologie erano essenzialmente cinque: osteoartite,
infezioni,
malattie dentali, metaboliche e traumi. I defunti,
visto il range
d'età, soffrivano di malattie e processi degenerativi
legati ai
lavori e le attività quotidiane, il che è tipico dei
soggetti
maturi/anziani.
Si
può
stabilire che la popolazione a Tiro seguiva una
dieta bilanciata
anche se ricca di carboidrati raffinati .
Invece, non sono stati identificati elementi di
malnutrizione, grave
anemia cronica o stress.
Il
rituale
funebre: dalla cremazione al banchetto
Considerando
la
conservazione eccezionale di alcune sepolture (tra
cui la Tomba 8,
sulla cui base è stato possibile ricostruire parte
del rituale
funebre e applicare lo studio anche agli altri
casi), i dati delle
analisi antropologiche, paleobotaniche e
archeozoologiche è emerso
che il rito della cremazione su pira funebre veniva
effettuato
seguendo fasi precise .
Il
simposio
funebre e le abluzioni:
poco prima o durante il banchetto vero e proprio in
cui molto
probabilmente si condivideva il cibo e si facevano
offerte, il corpo
del defunto veniva cosparso di oli profumati e
avvolto verosimilmente
in un sudario.
La
realizzazione
del pozzetto:
lo spazio deposizionale veniva scavato non troppo in
profondità
rispetto alla superficie dello strato sabbioso della
spiaggia. La
forma è quadrangolare. È frequente che, con le
continue
occupazioni, le sepolture più tarde vadano a
distruggere quelle più
antiche .
Attraverso i confronti tipologici, si può stabilire
che la maggior
parte delle urne è stata deposta nella seconda metà
dell'VIII
secolo. Un'ulteriore abitudine è quella di
posizionare dei
ciottoli intorno all'urna al fine di segnare una
demarcazione .
La
deposizione
dell'urna e del corredo:
su esempio della Tomba 8, l'urna
viene collocata generalmente alla base della fossa.
Le urne, a
seconda delle varie tipologie prese in esame
precedentemente,
ospitano quindi i resti del defunto cremato. La pira
doveva trovarsi
in prossimità del recinto funebre, anche se non è
ancora stato
trovato il luogo esatto. Dopo l'inserimento dei
resti bruciati le
urne venivano “sigillate” con un piatto capovolto ,
come se fosse un coperchio, o con una lastra.
I
doni al defunto fuori dall'urna:
dopo che le urne sono state deposte e chiuse, nel
pozzetto vengono
inseriti anche gli elementi del corredo. Come nelle
“double-urn
graves”, nel corredo venivano inseriti anche beni
preziosi come
vino, olii profumati e idromele .
Le brocche sono collocate separatamente dagli
oggetti personali del
defunto.
Il
banchetto
funebre:
prima di collocare sulla pira i resti del banchetto
o parte di essi,
gli elementi animali
venivano cucinati o bolliti. Una volta consumato il
pasto, i resti
venivano posti sulla pira insieme al corpo del
defunto e
successivamente, in maniera indifferenziata, deposti
nell'urna. La
suddivisione precisa del vasellame dagli oggetti
personali evoca la
pratica del simposio funebre come è stato descritto
anche
nell'Iliade omerica .
Certamente
la costante presenza di ceramica da tavola implica
che, accostato
alla cremazione, un ulteriore elemento essenziale
era il banchetto
funebre, condiviso dall'aristocrazia dell'antico
Mediterraneo.
Nella necropoli di Al-Bass il simposio ha coinvolto
tutti gli strati
sociali della popolazione già dalla prima metà
dell'VIII sec.
a.C. .
Nel
Vicino Oriente il vino occupa una posizione di
prestigio nel rituale
funebre: è simbolo della continuazione degli aspetti
della vita
quotidiana anche dopo la dipartita.
Nell'Antico
Testamento ,
i luoghi in cui avveniva il banchetto dovevano
essere nelle vicinanze
della fossa sepolcrale, doveva essere un lauto
pranzo in cui venivano
sacrificati animali domestici, si mangiava carne e
si beveva vino. I
partecipanti condividevano quindi il pasto con il
defunto .
Il
rituale
del fuoco:
successivamente, prima della chiusura della fossa ,
veniva acceso un braciere nel recinto su cui
venivano arsi elementi
vegetali quali giunchi (stelo e foglie), fico,
pioppo bianco, vino e
arbusti di olivo. Le tracce del fuoco e dei carboni
si ritrovano
all'interno della fossa, fuori dall'urna. È
interessante notare
come siano state scelte le essenze per il braciere:
piante erbacee e
legnose che bruciano piuttosto velocemente. Alcune
di queste sono
piante che producono fumo aromatico (come limone,
pino, ulivo) mentre
altre (come la quercia e il bagolaro) aiutano a
mantenere la fiamma
ardente. Cedro e cipresso sono esclusi dalle essenze
utilizzate,
forse perché si preferiva usare elementi nelle
immediate vicinanze e
non utilizzare piante che in realtà crescevano
nell'entroterra e
sulle montagne.
L'utilizzo
del
fuoco a inizio e fine cerimonia è un elemento di
purificazione
che viene utilizzato anche nei vicini contesti
mediterranei. Non
bisogna dimenticare che il dio principale di Tiro,
Melqart, era
passato dall'essere mortale all'essere immortale in
virtù del fuoco.
Melqart è chiamato "il signore del fuoco", in
un'allusione
alla sua mitica morte cruenta tra le fiamme di una
pira. Non
sembrerebbe, quindi, una coincidenza che l'assunzione
di Melqart come
dio nazionale di Tiro coincida con l'adozione del rito
della
cremazione come simbolo di cittadinanza
Questi
riti
secondari dopo la sepoltura possono dimostrarsi una
chiave di
lettura migliore per scoprire distinzioni sociali
rispetto al reale
contenuto delle tombe.
La
componente
religiosa:
è doveroso tenere in considerazione il fatto che sia
il rituale
funebre sia il trattamento del corpo del defunto
osservino delle
credenze religiose. Il 20% delle urne contengono,
oltre ai resti
cremati, anche scarabei ed amuleti, probabilmente
deposti nella parte
superiore dell'urna e alcuni di essi non sono mai
venuti a contatto
con il fuoco, poiché sono pressoché assenti le
tracce di
combustione .
Come già osservato in precedenza, questi oggetti
potevano essere
direttamente importati dall'Egitto o prodotti
localmente. Oggetti
personali di modesta fattura potevano accompagnare
il defunto sulla
pira, come anelli, orecchini e pendenti .
In
alcune sepolture venivano sistemati modellini di
terracotta, come
maschere maschili
(talvolta
con tracce di decorazione policroma che potrebbero
far riferimento
all'identità del defunto)
statuine di uomini a cavallo e più raramente
“modellini
architettonici” di santuari, all'interno di una
scatola di legno
(per la Tomba 8 è stato possibile stabilire che si
tratta di Pinus
pinea,
il comune pino che vive lungo le coste
mediterranee). I modellini di
terracotta sono confezionati manualmente, le analisi
sull'argilla
dimostrano che provengono tutti dallo stesso luogo
di lavorazione. I
modellini sono particolarmente popolari nel mondo
fenicio cipriota
durante l'età del ferro.
Chiusura
della
cerimonia e defunzionalizzazione simbolica:
a conclusione definitiva del rituale funebre
l'apertura della fossa
veniva interamente coperta da grosse lastre in
pietra, poste
direttamente sopra i modellini in terracotta. A
sigillo della
chiusura definitiva una o due brocche venivano rotte
volontariamente
sulle pietre .
La
stele:
Una volta terminata la cerimonia di chiusura della
tomba, veniva
eretta una stele funeraria in pietra in cima alla
tomba (fig. 4).
Solo una minoranza dei sepolti ad Al-Bass,
probabilmente i "notabili"
della comunità, aveva il diritto a una stele
funeraria di pietra
contenente simboli e formule funerarie incise come
epitaffi. Le stele
di pietra andavano a costituire un memoriale
permanente del defunto.
Con il suo nome o quello del suo lignaggio
inscritto, il defunto non
sarebbe mai morto: anzi, la stele lo ha reso senza
tempo poiché
mantiene la sua memoria viva.
Fig. 4 – Esempio di deposizioni delle urne con stele, apprezzabile in sezione sulla destra (in AUBET
2010, fig. 17)
Nelle
“double-urn
graves” e nei gruppi di urne di Al-Bass, le tombe
erano sovrapposte l'una sull'altra, molto
probabilmente in
associazione con una tomba più antica che fungeva da
"progenitrice"
del gruppo, creando spazi per la famiglia come
risposta alla loro
volontà di testimoniare la continuità della linea. La
stele è un
mezzo per trasmettere la memoria da una generazione
all'altra,
rappresentando non solo una tomba ma anche il luogo
per il culto
degli antenati, stabilendo così una continuità con il
passato.
Sembra
che
il vero protagonista dell'intero rituale funebre sia
la
costante presenza del fuoco. Elemento che distrugge
non solo il corpo
del defunto ma avvolge anche i suoi beni materiali, i
contenitori e
le offerte.
Tutti
questi
complessi passaggi, spesso di difficile
interpretazione, fanno
pensare a una cerimonia funebre prolungata nel tempo
(forse anche
fino ad arrivare ad alcune settimane per una singola
cremazione).
La
cremazione
La
morte
rappresenta, nel mondo antico come in quello
contemporaneo, una
rottura definitiva con il mondo dei vivi. Questo shock
veniva e viene
ammortizzato attraverso il rituale funebre e la cura
del corpo del
defunto. Bisogna però sempre considerare la società e
il contesto
culturale. Comunemente, le pratiche mortuali sono un
espediente per
superare il dramma della morte, facilitando il
passaggio del defunto
dal mondo dei vivi all'oltretomba. Il funerale diventa
così un
momento non solo commemorativo, ma testimonia anche
una coesione
identitaria. Di conseguenza, la sepoltura può essere
considerata a
tutti gli effetti un rito di passaggio.
Il
trattamento
del corpo del defunto è una risposta a una decisione
culturale e sociale cosciente e deliberata, una scelta
dettata da
imperativi ideologici che sono molto difficili da
spiegare
esclusivamente sulla base della documentazione
archeologica o dei
cambiamenti nelle credenze religiose. I riti mortuari
non sono
statici, sono soggetti a innovazioni, si evolvono
continuamente e
sviluppano innumerevoli variazioni regionali.
Come
è
testimoniato dagli antichi testi di Ugarit e da alcuni
riferimenti
biblici, si intuisce che i Caananei/Fenici ritenevano
l'aldilà
come un luogo triste, un abisso silenzioso e abitato
da ombre.
Il
rito
di passaggio della cremazione trasforma il corpo e
l'identità
del defunto. Il fuoco compie un'epurazione,
purificando
e distruggendo la parte materiale permette all'anima
di liberarsi e
vivere in una nuova dimensione.
A
differenza dell'inumazione, il cui corredo ostenta
ricchezze,
l'incinerazione presenta anche un funerale più sobrio.
La
distruzione
del corpo, delle offerte e dei pochi oggetti
personali
poteva servire a enfatizzate la trasformazione del
defunto dal piano
fisico dell'esistenza alla dimensione post mortem .
Una
società
egalitaria
Le
tradizioni
mortuarie spesso riflettono l'organizzazione sociale e
l'ideologia dominante di un particolare gruppo, ma per
la necropoli
di Tiro la sola analisi della cultura materiale, come
si è già
analizzato, non basta.
Come
detto
in precedenza, il corredo funebre riflette una
popolazione
omogenea e in cui vige l'uguaglianza sociale, seppur
con minime
differenze. Non sono state registrate evidenti
differenze, se non che
il rituale per secoli è rimasto il medesimo per
tutti. L'equità
può essere osservata nelle origini sociali degli
individui sepolti
ad Al-Bass, senza una struttura architettonica della
sepoltura e
senza deposizione di gioielli e beni di lusso nel
corredo. Bisogna
considerare anche un aspetto intangibile nel record
archeologico e
difficile da ricostruire: la quantità e la qualità
dei materiali
utilizzati nelle varie fasi della cerimonia, il cibo
del banchetto,
il numero dei commensali e se effettivamente ci sono
state ulteriori
celebrazioni in onore del defunto .
Un'eccezione
alla
regola è la Tomba 8 che spicca sulle altre per
grandezza e
ricchezza dei doni sepolcrali .
Inoltre,
nella Tomba 8 è identificabile un rituale funebre
prolungato facente
parte di una più complessa cerimonia, non
riscontrabile con
regolarità nelle altre deposizioni. Le analisi
archeozoologiche
mostrano che tra i resti ossei umani, sono state
identificati due
artigli appartenenti a un allocco (Strix
aluco).
La
presenza di un rapace notturno può assumere un
significato
particolare. Considerando che in alcune culture,
come quella greca,
allocchi, civette e gufi sono elementi simbolici
della notte, della
morte e dell'aldilà .
La
civetta
è per eccellenza l'animale totemico della Dea Athena
che
si riflette anche nell'epiteto “glaucopide” già
attestato in
Omero. La civetta incarna non solo le caratteristiche
positive
dell'intelligenza, dell'arguzia e dell'energia, ma
anche i più
oscuri riferimenti alla morte e all'oltretomba.
Le
inumazioni
della Prima età del Ferro
La
struttura
del cimitero di Tiro ricorda in qualche modo i “campi
d'urne” europei, in cui apparentemente si osserva una
scarsa
differenziazione formale in base al sesso, all'età e
al contenuto
delle sepolture, sebbene la loro struttura di fatto
nasconda
autentiche asimmetrie sociali.
Le
testimonianze
archeologiche dimostrano che lo scavo delle fosse
per
le urne avvenne in luoghi che erano stati
precedentemente selezionati
e occupati dalle più antiche sepolture .
In
un
caso, una “double-urn grave” fu depositata ad un
livello più
profondo rispetto alle altre nella necropoli ed entrò
in contatto
con inumazione più antica, probabilmente della prima
età del ferro.
I
resti dell'antica inumazione e parte della sua cista
di pietra
furono raccolti e integrati nella nuova sepoltura.
Le
ultime campagne di scavo ad Al-Bass, così come
vari reperti durante
la stagione 2008, suggeriscono come nell'area
effettiva delle
sepolture dell'età del Ferro II, ci fosse un
livello di sepolture
dell'età del Ferro I, costituito da inumazioni .
Sappiamo
oggi
che l'inumazione, predominante nell'età del ferro I
(livello IV
a Khaldé), ha avuto luogo nel X secolo a.C. e un
confronto può
essere visto nei principali cimiteri fenici della
regione: Tell
er-Reqeish, livello III in Khaldé, in Akhziv,
Atlit, Tambourit e
Rachidiyeh .
Perché
si passa dal rituale funebre dell'inumazione a
quello della
cremazione?
Negli
ultimi anni e alla luce dei recenti studi, hanno
prevalso le teorie
secondo cui il cambiamento del rituale funebre
probabilmente sarebbe
supportato dall'arrivo dell'influenza dei gruppi
indoeuropei nel
Levante e in Fenicia. Quindi l'adozione
dell'incinerazione in
questa regione seguirà l'influenza greca, ittita o
anatolica, o
l'arrivo dei "popoli del mare".
La
necropoli
di Al-Bass, grazie alla ricchezza e alla notevole
quantità
dei rinvenimenti, ci ha permesso di incrementare la
conoscenza
inerentemente ai rituali funerari fenici, della
popolazione autoctona
e della loro cultura materiale (in particolar modo per
la ceramica).
I
confronti con le sequenze di Khaldè
Confrontando
la
necropoli di Al-Bass con quella di Khaldè, è emerso
che nella
fase precedente di Ferro I il tipo di rito era quello
dell'inumazione, differente e opposto
all'incinerazione. Il
motivo potrebbe essere dettato da credenze culturali,
religiose e di
costume che hanno portato a questo mutamento.
Roger
Saidah
condusse, a Khaldè (distante circa 12 km da Beirut) a
partire
dal 1961, sette campagne di scavo, mettendo in luce
parte di una
necropoli dell'Età del Ferro. Vennero individuate 422
tombe, per
la maggior parte a inumazione. Sono stati pubblicati
solo alcuni
rapporti preliminari degli scavi, purtroppo durante la
guerra civile
libanese venne distrutta la maggior parte della
documentazione di
scavo (diari, fotografie).
Basandosi
sul
dato ceramico, vennero distinti due livelli
principali di
sepolture di epoca fenicia: uno del Ferro I, datato
ai secoli X-IX
a.C., e l'altro del Ferro II, datato tra la fine del
IX e la fine
del VII sec. a.C. Le tombe fenicie, delle quali solo
una piccola
parte era rappresentata da incinerazioni in urna, si
trovavano
direttamente al di sopra della sabbia della spiaggia.
Per
le
inumazioni del Ferro I è stata riesaminata in
maniera dettagliata
la tomba a cassone, scavata nel 1962. Non si
tratterebbe di una tomba
collettiva, come era stato proposto, ma di una
sepoltura
probabilmente familiare, riutilizzata durante varie
generazioni.
Nella tomba era stato deposto un individuo inumato
in prossimità
della parete occidentale, e altri resti, relativi ad
altri individui,
si trovavano presso l'angolo nord-occidentale .
Dalle analisi delle sequenze stratigrafiche, è
presumibile che, in
origine, la tomba 121 fosse destinata ad ospitare
due o tre
inumazioni relative al Ferro I (secoli XI-X a.C.), i
cui corredi
funerari non si sono conservati.
Tale
ipotesi
sembrerebbe confermata dalla disposizione e dal
contenuto
delle tombe 3 e 4 di Khaldé, nelle quali si
registrano due fasi
d'uso successive e sovrapposte. I materiali
delle tombe 3 e 4, ci permettono di risalire alla
cronologia del
Ferro Antico, o Ferro I, un periodo durante il quale
a Khaldé è
praticato esclusivamente il rito dell'inumazione .
Conclusioni
Al-Bass
era
indubbiamente la necropoli principale di Tiro, con
il numero di
sepolture corrispondente all'incirca alla
popolazione media della
città. Varie sonde nelle immediate vicinanze di
questo cimitero
mostrano che potrebbe essere estesa per diversi
chilometri. Il gruppo
umano che utilizza l'area funeraria di Al-Bass è
composto da
adulti che si autorappresentano come una comunità di
uguali,
organizzata in gruppi familiari, senza che nessuna
sepoltura risalti
particolarmente né per il tipo, la ricchezza o la
disposizione del
corredo, né per la tipologia della tomba; le stele
rinvenute sono
molto semplici, realizzate in pietra non pregiata e
poco rifinite.
Piuttosto
che
di società "egualitaria" per Tiro, dovremmo
probabilmente parlare di un'ideologia egualitaria,
appropriata per
una società interamente urbana e sofisticata,
caratterizzata dalla
relativa semplicità e dalla mancanza di ostentazione
delle sue
usanze funerarie.
Il
nostro
limite nella comprensione dei rituali funerari
praticati ad Al
Bass e, in generale, nel mondo fenicio, consiste
nell'assenza di
testi letterari fenici contemporanei che ci
illustrino la loro
visione del mondo, l'immaginario religioso e
funerario, le
relazioni sociali e la vita quotidiana .
Potrebbe
essere
verosimile che l'arrivo dei “popoli del mare”
(citato
anche dalle fonti egizie) abbia portato a una
radicale modifica dei
costumi dal Ferro I al Ferro II .
Saranno
solo
le indagini future e gli studi dei materiali a
chiarirlo,
provando a dare una definizione più lineare.
NOTE
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