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Maestri dell'ingegneria italiana del Novecento: raccontare Sergio Musmeci attraverso gli Archivi di Architettura del MAXXI  

Sofia Musmeci
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 27 Marzo 2023, n. 936
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00936.html
Articolo presentato il 16 Marzo 2023, approvato il 26 Marzo 2023 e pubblicato il 27 Marzo 2023
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Chi non rischia sta imitando o ripetendo,
chi vuole invadere un campo nuovo deve affrontare l'ignoto.

Sergio Musmeci


L'architettura italiana ha una lunga storia di evoluzione, caratterizzata dal fiorire di numerose correnti e figure importanti che hanno contribuito allo sviluppo dell'ingegneria italiana. Tra le varie fasi che hanno segnato l'evoluzione dell'architettura italiana, gli anni tra il 1940 e il 1970 sono stati particolarmente significativi grazie alla Scuola Italiana di Ingegneria. Alcune delle figure più importanti che hanno contribuito a questa evoluzione sono state Riccardo Morandi (1902-1989), Pier Luigi Nervi (1891-1979), Silvano Zorzi (1921-1994) e Sergio Musmeci (1926-1981). In particolare, Sergio Musmeci si è distinto come un visionario, caratterizzato da una ricerca formale personale e innovativa. Purtroppo, la sua genialità è stata trascurata dalla Storia dell'Architettura Italiana, forse a causa della sua volontà di inserirsi coerentemente nella modernità. Nonostante ciò, il contributo di Sergio Musmeci alla storia dell'architettura italiana è indubbiamente di grande valore e merita di essere riscoperto e valorizzato. Nel 2003, il Centro Archivi di Architettura del Museo Nazionale delle arti del XXI secolo di Roma ha ricevuto l'archivio di Sergio Musmeci e di sua moglie e collaboratrice Zenaide Zanini. Questo prezioso contributo è stato affiancato dai fondi archivistici di molti altri ingegneri e architetti di rilievo internazionale del Novecento, tra cui Pier Luigi Nervi. Il Museo delle arti del XXI secolo, firmato da Zaha Hadid Architects, si è fatto carico di preservare e promuovere costantemente queste importanti raccolte, consentendo così alla straordinaria eredità di Sergio Musmeci di essere riscoperta e valorizzata. La condivisione di pochi ma importanti soggetti provenienti da diverse realtà, tra cui il fratello di Sergio, Alberto, e accademici di discreta fama nel panorama critico dell'architettura italiana, come Bruno Zevi (1918-2000), Manfredi Nicoletti (1930-2017), Sergio Poretti (1944-2017) e Tullia Iori (1969), ha contribuito a diffonderne la conoscenza e l'apprezzamento del lavoro. L'analisi dell'opera di Sergio Musmeci rappresenta una dimostrazione straordinaria dell'intreccio tra arte e matematica, forma e calcolo strutturale, architettura e ingegneria: discipline umane apparentemente distanti che invece hanno radici comuni. Sergio Musmeci, insieme a poche altre menti illuminanti, ha cercato di conciliare queste discipline, realizzando opere pionieristiche non solo rispetto alle nuove tecnologie portate dai moderni strumenti di calcolo elettronico, non ancora disponibili ai suoi tempi, ma anche per quanto riguarda la ricerca critico-formale in relazione al vivere contemporaneo, in continua evoluzione, poliedrico, fluido, liquido e senza nome.

Fig. 1 - PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI, MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA. La bozza del progetto rappresenta una visione avveniristica e audace di un ponte sospeso che attraversa le acque dello Stretto, offrendo un collegamento stabile tra le due regioni e un'importante soluzione ai problemi di trasporto. La struttura è caratterizzata da linee curve e affusolate, che ne esaltano la bellezza e l'eleganza è stata fonte di grande ispirazione per gli ingegneri e gli architetti di tutto il mondo e rappresenta un esempio di genio creativo e di pensiero innovativo nel campo dell'ingegneria civile
Fig. 1 - PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA
ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI
MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO
ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA
La bozza del progetto rappresenta una visione avveniristica e audace
di un ponte sospeso che attraversa le acque dello Stretto,
offrendo un collegamento stabile tra le due regioni e un'importante soluzione
ai problemi di trasporto. La struttura è caratterizzata da linee
curve e affusolate, che ne esaltano la bellezza e l'eleganza è stata
fonte di grande ispirazione per gli ingegneri e gli architetti di tutto il mondo
e rappresenta un esempio di genio creativo e di pensiero innovativo
nel campo dell'ingegneria civile
.

La sua straordinaria capacità di trovare l'approvazione di pochi ma eccellenti ingegneri e critici dell'architettura è testimoniata dalle singolari realizzazioni del Ponte sul Basento (1971-1976) e dalla progettazione del Ponte sullo Stretto di Messina (1969). Grazie alla sua opera, Sergio Musmeci ha contribuito a gettare le basi per una nuova architettura, in grado di fondere l'estetica e la funzionalità in maniera mai vista prima.


LA SCUOLA ITALIANA DI INGEGNERIA, CENNI STORICI

Nella storia dell'ingegneria e dell'architettura, la scoperta del cemento armato da parte di François Hennebique nell'Ottocento ha rappresentato una pietra miliare fondamentale. Questa innovativa tecnologia ha permesso la realizzazione di opere straordinarie e il suo impatto è stato notevole anche in Italia. Un esempio di successo è rappresentato dal ponte del Risorgimento a Roma (1909-1911), opera progettata dall'Impresa di Giovanni Antonio Porcheddu, che ha potuto beneficiare della collaborazione di Hennebique. Dopo la Prima Guerra Mondiale (1915-1918), il brevetto del cemento armato è stato sciolto, rendendo questo materiale a disposizione di giovani ingegneri e architetti, soprattutto in Italia, dove l'aspetto artigianale della lavorazione del cemento armato ha trovato particolare favore. 1 L'invasione dell'Etiopia da parte dell'Italia fascista nel 1936 causò numerose sanzioni internazionali da parte della Società delle Nazioni, tra cui il divieto di importare materiali bellici dall'estero, come l'acciaio, il cotone e il ferro. In risposta, il regime fascista decise di promuovere una politica di autosufficienza economica del Paese, sviluppando nel settore edilizio tre linee di costruzione da parte degli ingegneri. Una parte di essi tornò alla costruzione in stile antico romano, un'altra parte cercò sostituti all'acciaio, mentre l'ultima parte iniziò una serie di sperimentazioni volte a ridurre drasticamente l'uso dell'acciaio. Proprio da queste sperimentazioni nacquero, soprattutto nel secondo dopoguerra, le due linee di ricerca che caratterizzano i protagonisti della Scuola di Ingegneria Italiana: la resistenza per forma, preferita da Arturo Danusso (1880-1968) e Pier Luigi Nervi; e la precompressione, utilizzata da Gustavo Colonnetti (1886-1968), Riccardo Morandi e Silvano Zorzi. 2


Durante il periodo di sperimentazione ingegneristica del Secondo Dopoguerra, caratterizzato da una scarsità di materiali importati, Pier Luigi Nervi, insieme ad Arturo Danusso, segue la linea della resistenza per forma. L'obiettivo è di creare una struttura resistente non basata sulla massa, quindi non su grandi quantità di cemento e armatura, ma sulla resistenza data da forme sottili sagomate in modo tale da ottenere una grande inerzia. Nervi e Danusso si allontanano dal calcolo tradizionale, ponendo maggiore fiducia nella natura e nel suo modo di operare nell'ambiente. Cominciano quindi ad osservarla e a imitarla, progettando modelli in scala e arrivando, nel caso di Nervi, a inventare un sistema autarchico basato sull'utilizzo del ferrocemento e sulla prefabbricazione strutturale. Grazie a questo approccio innovativo, Nervi diventa forse l'unico architetto italiano del secolo a raggiungere una vera fama internazionale 3, riconosciuto per l'applicazione della “correttezza strutturale” in ciascun progetto e realizzazione di opere: costruire in modo corretto e senza sprechi. Pier Luigi Nervi corrisponde alla figura di un artefice umanistico ricoprendo in maniera poliedrica numerosi ruoli: teorico, sperimentatore, inventore, progettista e costruttore. La sua ricerca, focalizzata sull'ottimizzazione e sulla funzionalità architettonica, è fertile grazie alla sua educazione umanistica: è dall'appassionata osservazione delle cattedrali gotiche che nasce nella sua mente scientifica la “nuda statica nerviana”: lo scheletro strutturale non più celato «grida a pieni polmoni come nelle cattedrali gotiche che lo stesso Nervi amava tanto osservare e in cui ogni elemento si lega inesorabilmente all'altro in un ordine spaziale essenziale chiaro e coerente» 4. Il grande merito di Nervi è quello di aver trovato un modo di mettere in opera il materiale calcestruzzo con prefabbricazioni strutturali molto sofisticate e raffinate, che hanno avuto come conseguenza formale un'analogia con l'atteggiamento verso il progetto di alcuni maestri del passato, che conferisce alle opere di Nervi un sapore antico che le pone fuori dal tempo, ed è quindi legittimo confrontare per certi versi il Palazzo dello Sport di Roma (1958-1960) non solo con il Pantheon romano (112-124 d.C.), ma anche con la gigantesca cupola di Hagia Sophia a Costantinopoli (532 – 537 d.C.). 5


Le ricerche strutturali dell'Ingegneria Italiana hanno raggiunto il loro apice durante gli anni del Boom Economico, ovvero tra il 1958 e il 1963. Questo periodo, dal punto di vista storico-ingegneristico, ha visto la realizzazione delle grandi opere di costruzione dell'Autostrada del Sole (1959-1964) e degli impianti dedicati ai Giochi della XVII Olimpiade (1960), entrambe di enorme portata storica.


In particolare, Riccardo Morandi ha dedicato la sua ricerca e sperimentazione alla costruzione di ponti e, soprattutto, di coperture a luce libera. Questo lavoro è stato una reazione alla situazione autarchica del periodo, in cui Morandi ha cercato di perseguire una linea di pensiero diversa da quella di Nervi, ovvero di non limitarsi ad osservare la Natura ma di diventare un aiutante di essa. Morandi, insieme ai suoi collaboratori Colonnetti e Zorzi, ha operato direttamente sul materiale, in questo caso il calcestruzzo, cercando di modificarne le caratteristiche intrinseche. In questo modo, Morandi ha insegnato al calcestruzzo «a cambiare, a resistere anche a sollecitazioni in trazione, a comportarsi meglio» 6. Grazie a queste innovazioni, Morandi è stato in grado di realizzare strutture uniche ed eccezionali: a prescindere dalla recente e tragica sorte, il ponte strallato omogeneizzato di Morandi (1963-1967) è uno dei simboli della Scuola Italiana di Ingegneria, con la sua caratteristica manifestazione del proprio funzionamento statico attraverso figure astratte «in cui l'aspetto parziale del fenomeno strutturale che viene rappresentato (con teatrale chiarezza) è proprio quello dell'equilibrio statico: la contrapposizione delle forze esterne il gioco di pesi e contrappesi, di spinte e controspinte. Il congegno di aste tra loro collegate si percepisce come un plastico diagramma di forze» 7. Il pensiero di Morandi si differenzia in particolar modo dai componenti della Scuola per il suo forte scientismo: l'unico sapere valido dell'ingegnere è quello delle scienze fisiche e sperimentali: svalutando quindi ogni altra forma di sapere che non accetti i metodi propri di queste scienze, ogni progetto e realizzazione di Morandi è fermamente permeata di progresso e razionalità. 8 Le strutture di Morandi sono rappresentative, tradizionali, artigianali, e soprattutto raccontano il successo del Paese al mondo. L'orgoglio di Morandi per il suo lavoro di ingegnere è esemplificato in una pubblicità del pastificio Barilla del 1966 9, che celebra il Made in Italy e che vede protagonisti il regista Federico Fellini, la cantante Mina, Pietro Gherardi come scenografo e regista, e le strutture strallate omogeneizzate degli hangar degli aerei di Fiumicino (1967-1970) progettate da Morandi.


Come Morandi, anche Silvano Zorzi (1921-1994) è un esperto di cemento armato precompresso con cui ha collaborato per tutta la sua carriera, a partire dal secondo dopoguerra. L'approccio industrializzato di Zorzi cerca di rimanere fedele all'italianità, senza cadere nell'omologazione seriale. Mentre Nervi e Morandi concepiscono le loro strutture come grandi sculture inserite in un contesto territoriale, Zorzi si presenta come designer industriale: progetta prodotti funzionali senza mai compromettere la qualità artigianale, riproducibili in serie ma in quantità limitata. Il suo approccio industriale a conduzione familiare, privata, flessibile e capace di organizzare il ciclo produttivo adattandosi ai nuovi prototipi è stato un esempio di eccellenza nella storia dell'ingegneria italiana. 10

Il percorso professionale di Silvano Zorzi è caratterizzato da una formazione di alto livello: i suoi studi al Politecnico Federale di Losanna rappresentano un punto di svolta cruciale nella sua carriera. Qui Zorzi viene formato dalle preziose lezioni di Gustavo Colonnetti, che influenzano in modo determinante il suo approccio alla progettazione. Grazie ai suoi studi in Svizzera, Zorzi sviluppa una profonda conoscenza della soluzione strutturale del cemento armato precompresso e del design, che avrà modo di applicare soprattutto durante i lavori per la realizzazione dell'Autostrada del Sole. 11 Grazie alla sua formazione non convenzionale presso il Politecnico Federale di Losanna, Silvano Zorzi diventa un pioniere nella creazione di nuovi macchinari e metodi di costruzione nell'Italia del dopoguerra. Una delle sue più importanti invenzioni è la cassaforma auto-varante, che applica ad esempio nella realizzazione del Viadotto sul Torrente Fichera (1970-1972). Questo sistema è un cantiere mobile con un abitacolo progettato per avanzare in maniera progressiva, permettendo la posa dell'impalcato senza la necessità di utilizzare ponteggi o opere provvisionali che potrebbero ostacolare il processo di costruzione. Secondo Zorzi «il progettista non deve seguire la metodologia del momento, piuttosto egli deve anticiparne gli sviluppi diventando protagonista delle innovazioni» 12, per questo motivo egli deve aggiungere alla sua professione nuovi campi interdisciplinari come l'imprenditorialità, non solo determinando i procedimenti costruttivi ma conoscere anche le macchine coinvolte e sapere come sfruttarle secondo le esigenze, preventivando infine costi e tempi di realizzazione dell'opera, «la buona impostazione di un progetto deve essere frutto di un travaglio inventivo personale che coinvolge conoscenze e coscienza. L'opera deve essere funzionale e configurarsi allo stesso tempo come un armonico e durevole inserimento nell'ambiente e costituire una visione di per sé appagante». 13


SERGIO MUSMECI

In seguito a questa breve ma doverosa premessa sul panorama storico, culturale e tecnologico in cui si inseriscono i primi tre Maestri della Scuola Italiana di Ingegneria, è possibile sviluppare un ragionamento più completo sull'ultimo ma non meno importante componente di tale Scuola, Sergio Musmeci (Roma, 1926 – Roma, 1981). Viene ricordato come il più giovane e il più visionario protagonista della Scuola Italiana di Ingegneria 14. La musica, l'astronomia, l'aeronautica, la navigazione, la matematica e la filosofia sono le principali passioni che lo hanno ispirato nella formulazione del suo originale pensiero, passato alquanto inosservato rispetto a quello di altri protagonisti del Novecento, ma molto stimato da coloro che hanno avuto la grande fortuna di conoscerlo e anche la mentalità per comprenderlo: primo fra tutti suo fratello Alberto.


La personale ricerca di Musmeci trova un primo avvio durante i suoi studi di ingegneria civile, che si concludono in sede di laurea presso La Sapienza (1948) 15 con una tesi sulle strutture resistenti delle volte sottili, che gli procura, tra l'altro, la medaglia d'oro per miglior laureato dell'anno. Lo studio sulle strutture che resistono alle sollecitazioni esterne grazie alla loro forma svilupperà in Musmeci il suo interesse primario per la «creazione di nuove forme architettoniche fortemente espressive del loro contenuto strutturale» 16 che porterà avanti in progetti e concrete realizzazioni per tutta la sua breve ma intensa carriera. Il profondo interesse di Musmeci verso le volte sottili lo coinvolgerà per tutta la vita tanto da allontanarlo dai suoi maestri e primi collaboratori professionali: Pier Luigi Nervi 17 e Riccardo Morandi 18 per i quali, invece, la forma costituiva il dato intuitivo di partenza, così come per la maggior parte dei progettisti del Novecento 19. Pertanto, Musmeci e Zenaide Zanini, sua collaboratrice e consorte, a partire dalla seconda metà del Novecento cominciano ad elaborare progetti esterni allo studio Nervi, avviando inoltre lo “Studio Sergio Musmeci”, con Mario Desideri 20.


Nel periodo di docenza presso la Facoltà di architettura di Roma, intraprende in maniera ancora teorica le sue ricerche sulle strutture minime e su «altri temi legati alla ricerca di una forma derivante da soluzioni strutturali atipiche» 21. Lo ricordano con affetto gli esigui ma appassionati allievi del corso facoltativo da lui presieduto, Ponti e Grandi Strutture 22, e ne rievocano le sue particolari lezioni sullo studio del movimento, per il quale era solito portare ad esempio l'astronave toroidale rotante del film “2001 - Odissea nello Spazio” di Stanley Kubrick. Inoltre, ricordano le sue proiezioni di «immagini di opere o eventi creati in natura […] conchiglie, foglie, alberi, bolle di sapone, liquidi colorati in movimento per vedere le forme generate dalla loro interazione» 23, sviluppi diretti del pensiero di Nervi, acquisiti durante la sua esperienza lavorativa presso il suo studio, che vedeva «nei calici di certi fiori, nei gusci di uova, di insetti, di crostacei, in una infinita varietà di conchiglie» 24 mirabili esempi offerti dalla natura.


I principali critici, intellettuali e collaboratori che al tempo hanno conosciuto e compreso l'ingegno di Sergio Musmeci sono Bruno Zevi, Manfredi Nicoletti e Carlo La Torre. Il legame tra Sergio Musmeci e Bruno Zevi, formatosi durante il periodo in cui entrambi insegnavano presso l'Università di Roma, non era solo basato su una forte amicizia, ma anche su una comune visione non convenzionale dell'architettura moderna in Italia, come dimostrato dalle loro corrispondenze. Bruno Zevi, in diverse occasioni, ha espresso il suo apprezzamento per il pensiero di Musmeci, che tuttavia ha faticato a essere riconosciuto nel mondo accademico, come evidenziato in un articolo de "L'Espresso". In questo pezzo, Zevi ha criticato la chiusura della comunità universitaria «barricata nel conformismo delle competenze e indifferente a qualsiasi scandalo» 25 che respinge Musmeci in un concorso a cattedra, per una «accusa paradossale: “troppo artista”» 26. Il giudizio sulla figura di Sergio Musmeci è spesso contraddittorio e suscita opinioni divergenti tra i critici. Da un lato, viene criticato per la sua visione anticonvenzionale che rappresenta una minaccia per gli ingegneri ancorati alle formule di calcolo anacronistiche e per gli architetti evasivi e rifugiati nella post-modernità. D'altro canto, viene apprezzato per aver cercato di unire le figure dell'ingegnere e dell'architetto, due professioni che spesso procedono in modo separato. Bruno Zevi, in particolare, ha sostenuto la memoria di Musmeci in diverse occasioni, ritenendo che il suo lavoro e le sue intenzioni fossero troppo innovativi per essere pienamente compresi e accettati. In questo contesto, Zevi critica aspramente la corporazione universitaria italiana. 27


Manfredi Nicoletti, architetto, saggista e accademico, collabora costantemente con Musmeci al quale dedicherà anche un saggio. In esso, descrive l'affascinante personalità di Musmeci: uno «scienziato-artista» 28 dotato di una vasta cultura poliedrica, autore di progetti e opere originali, ideatore di «teorie trasgressive» 29 tra cui il concetto di limite e la conseguente teoria delle forme limite, che non è mai stata fatta fino a quel momento e che secondo Nicoletti «si avvicina molto a come opera la natura» 30. Nicoletti viene profondamente affascinato dalla sua originalità, proveniente dalla ricchezza di saperi e di interessi diversi, «la sua forza segreta era in quello che lui chiama “studiare alla Rousseau”, un vagabondare fra libri e argomenti spesso scelti a caso traendone un succo personale senza limiti di tempo e di disciplina» 31.


Infine, Carlo La Torre dedica un'importante intervista a Musmeci, registrata e dattiloscritta 32 che riporta in maniera dettagliata e diretta la vita di Musmeci, dall'infanzia alle ultime collaborazioni con colleghi architetti. Vengono riportati e spiegati puntualmente i progetti e le teorie di Musmeci con intense e profonde digressioni filosofiche sul pensiero contemporaneo e futuro dell'ingegneria e dell'architettura italiana. In essa Musmeci viene descritto come un uomo «profondo in un campo specifico, ma dai molteplici interessi, fondamentali per approfondire il suo campo specifico» 33, caratterizzato quindi da una profonda interdisciplinarità negli interessi, che da una base accademica prettamente scientifica si ampliano in campi illimitati e vari.


La principale elaborazione teorica di Sergio Musmeci si basa sulla ricerca di una forma che esprima il flusso delle forze nello spazio senza confinarle in forme preconcette sorde a quello che era il loro compito, la loro esistenza strutturale. Il ragionamento di Musmeci sulla forma parte dalla consapevolezza che l'applicazione principale della scienza delle costruzioni si basa su un corpus di epoca rinascimentale: «intuiamo la forma della struttura e pensiamo che questa struttura vada bene, poi usiamo la scienza delle costruzioni per verificare se i limiti di sollecitazione ammissibili per il materiale che abbiamo usato si adattano effettivamente o meno a questa forma». Secondo Musmeci, questo è uno svilimento della scienza delle costruzioni, relegata al ruolo di verifica e non di strumento di invenzione. Con la teoria delle forme limite, Musmeci ribalta le incognite e i termini noti per sviluppare l'espressione formale più essenziale delle forze in gioco nello spazio, attraverso la ricerca di forme minime che assolvono pienamente il loro compito strutturale primario utilizzando la minima quantità di materiale e di spazio. In questo modo, le forze interne che attraversano la struttura sono evidenti nella forma stessa della struttura: non sono nascoste o racchiuse nel volume di una morfologia concepita astrattamente secondo pregiudizi estetici e statici, in cui la maggior parte del materiale e dello spazio utilizzati sono del tutto superflui 34.


Il processo progettuale teorizzato da Musmeci è assai vicino a come opera semplicemente la natura intorno a noi: «l'impiego delle risorse è legato a dei minimi assoluti, e molto probabilmente è questa la rara bellezza a cui approdano le forme della natura» 35. Musmeci, con il suo inedito impegno di strutturista, elabora la teoria del minimo strutturale e la ricerca delle forme minimali, il cui obiettivo principale era quello di trovare delle soluzioni in grado di assolvere il ruolo strutturale, impiegando una ridottissima quantità di spazio e di materia: «esattamente come avrebbe fatto Dio o, se a lui non vogliamo credere, la Natura, che difatti tende al minimo strutturale e cioè alla efficienza, il minimo di materia, quindi, non è un esercizio di pura eleganza, ma è assumersi la responsabilità di perseguire il disegno del Cosmo. Un imperativo soprattutto etico» 36.



Fig. 2 - STUDIO PER UNA COPERTURA, ANNI CINQUANTA, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI, MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA. Uno schizzo, rimasto a livello preliminare, di una grande copertura, forse una sala per la musica o uno spazio per il pubblico, che testimonia la sperimentazione più organica e fluida delle forme che rimandano chiaramente al mondo della natura
Fig. 2 - STUDIO PER UNA COPERTURA, ANNI CINQUANTA
ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI
MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA
COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA
Uno schizzo, rimasto a livello preliminare di una grande copertura,
forse una sala per la musica o uno spazio per il pubblico
che testimonia la sperimentazione più organica e fluida
delle forme che rimandano chiaramente al mondo della natura.

Ma guardare la natura ha un limite intrinsecamente logico che spinge Musmeci a osservarla, ma non imitarla: «il problema della crescita impone delle condizioni di forma: le nostre strutture non crescono, ma vengono costruite. Però ci sono dei temi biologici paragonabili alle costruzioni» 37. Nella sperimentazione più organica e fluida delle forme che rimandano chiaramente al mondo della natura, 38 trova una testimonianza particolarmente esaustiva uno studio preliminare di uno studio di conchiglia Corculum Cardissa, per progettare «una grande copertura, forse una sala per la musica o uno spazio per il pubblico» 39.


IL PONTE SUL BASENTO

Riportando la notevole esperienza di Sergio Musmeci nella ricerca della forma ideale e dell'ottimizzazione della materia, il Ponte sul Basento rappresenta una delle sue maggiori realizzazioni strutturali. La forma adottata non può essere catalogata come un classico arco, ma come una volta a compressione uniforme, con una struttura tridimensionale che permette «l'espressione dell'effettivo fluire delle forze nello spazio tridimensionale, punto per punto, attraverso un continuo comporsi di forze e di tensioni» 40. La creazione di Musmeci rappresenta quindi una struttura altamente innovativa che si discosta dal tradizionale schema stabilito a priori di elementi piani accostati tra loro. La realizzazione del progetto altamente innovativo del Ponte sul Basento trova le sue radici nella tesi di laurea di Sergio Musmeci, incentrata sullo studio delle volte sottili e sulla valorizzazione della tradizione costruttiva degli antichi romani. Tale studio approfondito ha permesso a Musmeci di sviluppare soluzioni ingegneristiche altamente innovative, che tuttavia non sarebbero state possibili senza una piena consapevolezza della tradizione classica. In questo modo, Musmeci è riuscito a coniugare la sua creatività e la sua inventiva con la conoscenza e il rispetto della storia e della cultura dell'architettura e dell'ingegneria.


Il Ponte ha come obiettivo progettuale quello di esprimere la teoria del minimo, che mira a realizzare una struttura con la forma ottimale per ridurre al minimo lo spreco di materiale. La forma del ponte è stata derivata dalle condizioni specifiche dell'ambiente in cui si trova, in modo da fondersi perfettamente con il paesaggio circostante e diventare un simbolo iconico della regione. Interessante il lavoro di elaborazione preliminare sui modelli, per cui sono stati utilizzati una serie di strumenti empirici e non tradizionali perché la situazione storica era caratterizzata dall'assenza di tutte quelle strumentazioni di cui oggi possiamo disporre grazie alle capacità di elaborazione dei computer. La fase di elaborazione preliminare dei modelli è stata affrontata con strumenti empirici e non tradizionali, in assenza delle tecnologie informatiche odierne. La complessità della forma richiedeva una teoria matematica avanzata per la fase di calcolo strutturale, che Sergio Musmeci ha sviluppato autonomamente per il progetto. 41



Fig. 3 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, MODELLO, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI, MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA. Lavoro di elaborazione preliminare sui modelli del ponte sul Basento, per cui sono stati utilizzati una serie di strumenti empirici non tradizionali, data l'assenza di tutte quelle strumentazioni di cui oggi possiamo disporre grazie alle capacità di elaborazione dei computer. Il primo modello del Ponte sul Basento è costituito da una membrana di soluzione saponata con un po’ di glicerina, per ridurne l'evaporazione, formata tra un sistema di fili opportunamente predisposti e messi in tensione dalla membrana stessa
Fig. 3 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, MODELLO
ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI
MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO
ROMA, COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA
Lavoro di elaborazione preliminare sui modelli del ponte sul Basento
per cui sono stati utilizzati una serie di strumenti empirici non tradizionali
data l'assenza di tutte quelle strumentazioni di cui oggi possiamo disporre
grazie alle capacità di elaborazione dei computer.
Il primo modello del Ponte sul Basento è costituito da una
membrana di soluzione saponata con un po’ di glicerina
per ridurne l'evaporazione, formata tra un sistema di fili opportunamente
predisposti e messi in tensione dalla membrana stessa.



Fig. 4 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, MODELLO, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI, MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA. Il secondo modello del Ponte sul Basento è stato ottenuto tendendo un pezzo di gomma con i bordi rinforzati da cordoni pure in gomma all’interno di un telaio rigido
Fig. 4 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980
MODELLO, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI
MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO
ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA
Il secondo modello del Ponte sul Basento è stato ottenuto
tendendo un pezzo di gomma con i bordi rinforzati da cordoni
pure in gomma all’interno di un telaio rigido.

I primi modelli sono stati realizzati con una membrana di soluzione saponata e un pezzo di gomma con bordi rinforzati da cordoni, seguiti da un modello in metacrilato in scala 1:100 e un modello in micro-calcestruzzo in scala 1:10, sottoposti a prove statiche presso l'Istituto Sperimentale Modelli e Strutture di Bergamo.



Fig. 5 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, CANTIERE, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI, MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA. Testimonianza del massiccio cantiere di legno utilizzato per la costruzione del Ponte sul Basento
Fig. 5 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, CANTIERE
ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI
MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO
ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA
Testimonianza del massiccio cantiere di legno utilizzato
per la costruzione del Ponte sul Basento.

La costruzione del Ponte ha richiesto tecniche insolite per un'infrastruttura autostradale, molto simili a quelle utilizzate per le imbarcazioni, per generare una forma organica ed espressiva dell'efficienza strutturale. 42



Fig. 6 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI, MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA. Particolare fotografico della struttura del ponte sul Basento, che evidenzia la leggerissima sagoma finale della struttura
Fig. 6 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980
ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI
MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO
ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA
Particolare fotografico della struttura del ponte sul Basento
che evidenzia la leggerissima sagoma finale della struttura.

La leggerissima sagoma finale del ponte si pone in una situazione dialettica e antitetica con il massiccio cantiere di legno utilizzato per la sua costruzione che lascia impresse sulla superficie, come una memoria da tramandare, le sagomature dei listelli usati per fare la cassaforma di legno su ponteggio Innocenti, tipico del cantiere italiano degli anni Settanta.



Fig. 7 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI, MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA. Particolare fotografico della struttura del ponte sul Basento, che ne evidenzia la dicotomia poetica: una ragnatela leggerissima, ma anche un animale estinto in cui entriamo nella pancia come il ventre di una balena
Fig. 7 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980
ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI
MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO
ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA
Particolare fotografico della struttura del ponte sul Basento
che ne evidenzia la dicotomia poetica: una ragnatela leggerissima
ma anche un animale estinto in cui entriamo
nella pancia come il ventre di una balena.

In questo modo il ponte presenta una nuova dicotomia: appare da una parte una membrana leggerissima con una superficie sottile, equicompressa, ma è anche la rugosa superficie di un antico cantiere. Una ragnatela leggerissima, ma anche un animale estinto in cui entriamo nella pancia come il ventre di una balena: si può passare all'interno del ponte, viverlo da dentro camminando sotto l'impalcato 43. La forma ottimale teorizzata da Musmeci risulta anche a livello concreto una forma estremamente organica, che la mente percepisce come qualcosa che si trova nella sfera naturale del mondo animale preistorico. 44 Una forma caratterizzata da linee ora svettanti ora che scivolano in un'unica linea danzante della struttura. Un guscio organico di forme flessuose, futuristiche pur basate su una tradizione di maestri come Gaudì e Nervi 45: la conoscenza di un processo ingegneristico tradizionale ha dato modo a Musmeci di invertirlo per creare una forma membranale minimale e polimorfica, senza una denominazione precisa. Una forma che Musmeci stesso, in maniera inconsapevolmente inedita, chiama fluida 46, secondo la quale le forze possono convogliarsi in modo naturale su tutta la struttura, una forma che ad oggi i libri di testo non riescono a posizionale in un contesto architettonico preciso, e quindi liquidano a «una parentesi anomala nella storia dell'ingegneria del XX secolo» 47.


La struttura, attraverso la sua forma e l'iterazione intorno ad essa, fornisce un'informazione completa sulla propria funzione: il fruitore si trova in una situazione di riconoscere l'oggetto in una realtà concreta e in una lettura non solo visuale ma anche percettiva a livello razionale e immaginativo, comunica attraverso un coinvolgimento del corpo e della mente arrivando a muovere emozioni. In questo modo, la struttura diviene anche scultura, in quanto vincolo di una comunicazione fra l'oggetto architettonico e la facoltà intuitiva del fruitore che si trova a muovercisi intorno sia fisicamente che mentalmente arrivando a concepire il flusso dell'informazione «dalla quale dipende la comprensione dell'oggetto e in ordine alla quale esso assume un significato» 48.


Sergio Musmeci incarna la sintesi perfetta tra ingegneria, architettura e cultura italiana, in quanto incarna pienamente il matematico visionario che utilizza i materiali come strumenti sofisticati per le sue strutture. È un pensatore teorico con capacità innovative, soprattutto per quanto riguarda la forma. Musmeci assume il ruolo di una figura visionaria che guarda costantemente al futuro e riconosce la necessità di strumenti di calcolo più automatizzati: la sua formazione, la sua ricerca e, soprattutto, il luogo in cui ha vissuto, la terra in cui si è sviluppata la civiltà classica, la più importante cultura di tutti i tempi, sono motivi esaustivi per considerare questo ingegnere, vissuto ai margini dei centri culturali e autore di poche opere, un protagonista della storia dell'architettura italiana del XX secolo. 49 L'attività di Sergio Musmeci rimane ancora parzialmente in ombra rispetto a quella di altri protagonisti dell'ingegneria del Novecento, sia perché un male incurabile lo porta a scomparire prematuramente all'età di cinquantaquattro anni, sia perché le sue ricerche, i suoi progetti e le sue realizzazioni non furono comprese appieno dai contemporanei.

                    
                    
                    

NOTE

1 Linguaggio 2020.

2 Ibidem.

3 MUSMECI S. 1979.

4 Dannati Architetti Podcast - Maria Chiara Virgili <mariachiaravirgili.com>.

5 MAXXI 2003.

6 Ibidem.

7 IORI, PORETTI 2011.

8 Riccardo Morandi innovazione, tecnologia, progetto. (Catalogo della mostra a cura di Giuseppe Iambesi, Maurizio Morandi e Francesco Moschini), Gangemi editore Roma, 1991.

9 Archivio storico Barilla.

10 Linguaggio 2020.

11 Ibidem.

12 IORI 2019.

13 Ibidem.

14  IORI, PORETTI 2013.

15 BRODINI 2013 cominciare.

16 MAXXI 2003.

17 Collaborazione professionale presso lo studio Morandi dal 1948 al 1950, Ponte 2003.

18 Collaborazione professionale presso lo studio Nervi&Bartoli dal 1950 al 1953, Ibidem.

19 DE FELICE 2016.

20 MAXXI 2003.

21 Ibidem.

22 Tra i più pubblicamente riconoscenti, l'arch. Paolo Desideri.

23 MUSMECI P. 2003.

24 NERI 2014.

25 ZEVI 1981.

26 Ibidem.

27 Ibidem.

28 NICOLETTI 1999 Sergio.

29 Ibidem.

30 MAXXI 2003.

31 NICOLETTI 2000.

32 MAXXI 2003.

33 Ibidem.

34 Ibidem.

35 Ibidem.

36 PUGLISI 2018.

37 MAXXI 2003.

38 BRODINI 2013 coperture.

39 Ibidem.

40 Ibidem.

41 VITTORINI 2003.

42 PEDIO 2003.

43 Linguaggio 2020.

44 PUGLISI 2018.

45 Architecture 1978.

46 Provincia capitale. Potenza - Sergio Musumeci, 1976 <raiplay.it>.

47 SANTIAGO 2011.

48 MUSMECI S. 1967.

49 BELLUCCI 2017.

                    
                    
                    
                    

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