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'De muro in aggerem ...' Sviluppo urbano e fortificazioni di Ardea, dalle geniali intuizioni di Boëthius ad oggi  
Sonia Modica
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 9 Giugno 2024, n. 959
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00959.html
Articolo presentato il 29 Aprile 2024, accettato il 31 Maggio 2024 e pubblicato il 9 Giugno 2024
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Area Archeologia

Premessa

Il dibattito sugli esiti delle ricerche di scavo remote e recenti, la lettura prodotta dalla tradizione storiografico-letteraria sul sistema difensivo ardeate e l'esame di possibili connessioni con l'assetto strategico-funzionale urbano, costituiscono fattori illuminanti e chiarificatori per un'analisi organica delle strutture fortificate, ancor più in presenza di nuovi elementi desumibili dalle indagini sulla forma urbana dell'antico centro laziale 1. Le questioni da considerare, in assenza di scavi programmatici di mura, terrapieni e fossati entro il perimetro urbano, riguardano essenzialmente le componenti di valutazione storico-culturale, le implicazioni tecnologiche delle costruzioni pertinenti, la loro collocazione all'interno di una concezione complessiva dell'abitato in rapporto col territorio circostante e, infine ma non ultima, la possibile concomitanza –anche parziale- di alcune delle strutture difensive, con l'intervento di fortificazione messo in atto nell'area de ‘Le Salzare', oggetto di scavi recenti (Fig. 1) 2.



Fig. 1 - Distribuzione delle strutture fortificate: a) Le Salzare b);  Acropoli, mura e fossato; c) Civitavecchia, agger e fossato; d) Casalazzara, agger. Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 1 - Distribuzione delle strutture fortificate:
a) Le Salzare b); Acropoli, mura e fossato
c) Civitavecchia,
agger e fossato; d) Casalazzara, agger
Foto cortesia di Sonia Modica

In primis, sono da valutare i termini della tradizione storico-culturale su cui si dovrebbe collocare la lettura dei dati relativi al sistema fortificato ardeatino.

Pur nel quadro di dati riconducibili all'assetto territoriale complessivo, urbano ed extraurbano, l'obiettivo di ricerca è, in questo contributo, puntato prioritariamente sul settore compreso fra le mura dell'Acropoli e l'ultima linea ad agger rintracciabile. Attraverso la documentazione nota, inedita e integrata con l'analisi storico-documentaria e tattico-funzionale, l'ambito è quello di uno spazio che richiama, suggestivamente, le non meno evocative descrizioni militari di ‘obsidio urbis' note dai racconti liviani 3.


Strutture fortificate e sistemi di difesa/offesa nella tradizione storiografico-letteraria: rappresentazione e prassi militare.

L'immagine della strategia ossidionale relativa ad Ardea non sfugge, infatti, al racconto dell'iniziativa di conquista della città da parte di Tarquinio il Superbo, tradotta, nell'ekphrasis narrativa, dal tentativo di assalto (‘oppugnatio') seguito dall'assedio e dalle opere di fortificazione (‘obsidione munitionibusque') con cui si premono i nemici, evidentemente isolati entro il perimetro cittadino (Livio, I, 57). Analoga pianificazione, concentrata da subito sulla fase di assedio, si rinnova nell'episodio relativo alla disputa, sorta fra i locali patrizi e plebei, per una fanciulla da matrimonio, (Livio, Ab urbe condita, IV, 9); il dettaglio, in tal caso, viene focalizzato sull'edificazione di terrapieni offensivi in una duplice linea: la prima creata dai Volsci in aiuto dei plebei ardeati e opposta alle mura perimetrali del colle, coi patrizi indigeni asserragliati; la seconda linea, ad agger, prodotta dai romani in aiuto dei medesimi patrizi, edificando –a completamento- un setto murario di collegamento fra il medesimo agger ed il muro di cinta perimetrale della rocca, contenente i patrizi, ad agevolare i movimenti tra esterno ed interno.

La ben nota descrizione liviana di assedio, caratterizzato dall'iniziativa di controvallazione offensiva richiama, per analogia, lo scenario militare cesariano della costruzione di un imponente setto a terrapieno su un tratto libero da paludi e fiumi che, ostativi alle manovre militari, impongono strategie di opposizione alla fortezza non lontana, al punto da far registrare azioni nemiche dal muro difensivo (De bello gallico, 7, 24): ‘(...) alii faces atque aridam materiem de muro in aggerem eminus iaciebant ...' 4. Tralasciando il dettaglio delle ulteriori contemporanee operazioni sul fronte di offesa e difesa (creazione di strutture in elevato da assalto, realizzazione di cunicoli a scopo di penetrazione urbana, da un lato, e destabilizzazione dei terrapieni offensivi, dall'altro), è evidente la funzionalità tattica delle opere edilizie messe in campo, secondo un modello ben noto, già almeno dal V sec. a.C. 5.

L'iconografia di repertorio delle fonti antiche, fa riferimento a modelli fortificatori standardizzati, secondo forme predefinite dello spazio urbano: le definizioni del ‘dentro' e ‘fuori' segnate, in buona misura, dalla presenza delle mura, quale perimetro cittadino, in opposizione – stando a tale immagine - alle strutture assedianti, esterne alle mura. A tale modello si riconducono le descrizioni delle fonti letterarie, che, per le fortificazioni urbane di Ardea, vedono prodursi un'ulteriore eco nella distribuzione residuale dei perimetri difensivi attualmente osservabili (Figg. 2 e 3).

Fig. 2 - Veduta obliqua dell'agger di Civitavecchia (da Morselli-Tortorici 1983, fig. 146). Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 2 - Veduta obliqua dell'agger di Civitavecchia
(da Morselli-Tortorici 1983, fig. 146)
Foto cortesia di Sonia Modica



Fig. 3 - Veduta aerea obliqua (1965): al centro l'agger di Casalazzara (da da Morselli-Tortorici 1983, fig. 161). Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 3 - Veduta aerea obliqua (1965): al centro l'agger di Casalazzara
(da da Morselli-Tortorici 1983, fig. 161)
Foto cortesia di Sonia Modica

Tuttavia, mentre le fonti antiche incentrano la propria narrazione sugli elementi fortificatori al di fuori del perimetro cittadino quale prodotto dell'azione tattica offensiva, la storia degli studi è andata concentrando la propria riflessione sulle linee fortificatorie ad agger, come esito dell'organizzazione cittadina in termini difensivi, di cui è evidente traccia nell'estrema schematizzazione cartografica (Fig. 4) 6.

Fig. 4 - Stralcio da ‘Topografia geometrica dell'Agro Romano' - Tavola 6
Fig. 4 - Stralcio da ‘Topografia geometrica dell'Agro Romano' - Tavola 6"
di G. B. Cingolani Dalla Pergola (1704)
Foto cortesia di Sonia Modica

In effetti, mancano indagini stratigrafiche mirate, volte a conoscere la sequenza relativa interna ai setti di fortificazione urbana e alla loro caratterizzazione tecnico-strutturale. Per tale ragione si riconosce, passando in rassegna la storia degli studi, che le letture su tipologia e assetto delle strutture fortificatorie conservate, finiscono per approdare all'elaborazione e codificazione di un modello di riferimento storiografico normalizzato: l'articolarsi del sistema difensivo urbano in un assetto a triplice sbarramento che, se non in modo predeterminato, si connette comunque all'evoluzione/estensione dell'abitato, sviluppatosi nell'ambito dei settori di Acropoli, Civitavecchia e Casalazzara, con un fondamento che trova ancoraggio nella presunta arcaicità proprio del sistema ad agger 7. La derivazione dell'impianto fortificatorio in muratura da esperienze ormai già acquisite al momento della realizzazione del fronte in blocchi, insieme alla collocazione della triplice linea sulla direttrice viaria che collega l'Acropoli e la Civitavecchia ai percorsi verso i Colli Albani, giustifica, in sintesi, l'ipotesi di arcaicità della realizzazione 8.


Articolazione delle fortificazioni ardeatine e dati archeologici: limiti e prospettive in rapporto a vecchie e nuove acquisizioni documentarie.

In realtà, l'unico riferimento utile per un tentativo di datazione relativa proviene dall'osservazione del taglio lasciato per il passaggio della via moderna (attuale via dei Rutuli), segnalato da Boëthius il quale, concordemente al prof. A.W. Van Buren, a proposito dell'agger che divide la Civitavecchia da Casalazzara (indicata col vecchio toponimo di ‘Casalazzaro'), descrive come il medesimo posi sopra uno strato alto cm 50, contenente «soltanto ceramica dei primi periodi dell'età del ferro e ad impasto» 9. A questo va aggiunta la presenza di una porta in blocchi squadrati di tufo, in gran parte tuttora conservati e variamente posti in relazione con le mura dell'Acropoli 10.

Non è agile, in assenza di ulteriori elementi documentari di carattere stratigrafico e tipologico, definire l'intervallo di tempo interessato dalla realizzazione dell'agger di Casalazzara 11. E' tuttavia possibile fornire alcuni dati utili alla lettura del «layer» topografico complessivo della fascia di territorio compreso fra i due aggeres di Casalazzara, soprattutto per quanto riguarda la I Età del Ferro e l'Età Arcaica (Fig. 5).

Fig. 5 - Il settore fra i due aggeres (in evidenza, tra le frecce, l'area dei nuovi ritrovamenti). Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 5 - Il settore fra i due aggeres
(in evidenza, tra le frecce, l'area dei nuovi ritrovamenti)
Foto cortesia di Sonia Modica

In particolare, al medesimo sito si riferisce un complesso di ritrovamenti testimoniato da numerose fosse e manufatti. Negli anni '50, Catia Caprino presentò un insieme di evidenze utili alla successiva ricerca sull'articolazione delle necropoli, in rapporto all'assetto urbano: una spada con fodero, una borchia, anelli e fibule di dimensioni differenti, una residua lamina in bronzo (Fig. 6).



Fig. 6 - L'area dei ritrovamenti (in asterisco) e manufatti pertinenti. Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 6 - L'area dei ritrovamenti (in asterisco)
e manufatti pertinenti

Foto cortesia di Sonia Modica

Indagini e ricerche del 1994 indicano, nella stessa area, una grande quantità di ornamenti in bronzo. Il sito è posto proprio all'interno di quella fascia di territorio nota col nome di Casalazzara, nel settore compreso tra i c.d. ‘bastioni', ovvero i due complessi ad agger, di cui rimane parte del terrapieno di riporto interno e parte dei fossi esterni 12.

I ritrovamenti identificati provengono dal versante NO di Casalazzara, sul lato corrispondente dell'attuale via dei Rutuli, nel settore fra il Fosso della Mola e la medesima via, direttrice che segue una linea ideale di collegamento fra i Colli Albani e il mare, attraversando l'area urbana in direzione SO-NE. Il settore ha mantenuto, nel tempo, la sua consistenza morfologica, avendo subito, meno di altri ambiti contigui al centro urbano, i più pesanti esiti degli interventi artificiali, soprattutto di carattere edilizio, a cui sono state sottoposte, d'altra parte, finanche in tempi moderni, aree meno prossime al nucleo insediativo storico 13.

Nel corso dell'ottocento viene segnalato il tratto conservato dei c.d. ‘Bastioni' che, noti almeno dalle cartografie seicentesche (Figg. 7 e 8),

Fig. 7 - Catasto Alessandrino: rappresentazione dell'agger b, con particolare della porta monumentale. Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 7 - Catasto Alessandrino: rappresentazione dell'agger b
con particolare della porta monumentale

Foto cortesia di Sonia Modica



Fig. 8 - Il settore fra i due aggeres nel comprensorio di Casalazzara: b) agger a chiusura della Civitavecchia; c) agger che perimetra il settore di Casalazzara; in rosso, evidenziato, il sito di necropoli. Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 8 - Il settore fra i due aggeres
nel comprensorio di Casalazzara: b)
agger a chiusura della Civitavecchia;
c)
agger che perimetra il settore di Casalazzara;
in rosso, evidenziato, il sito di necropoli

Foto cortesia di Sonia Modica

ai primi dello stesso secolo dovevano estendersi per circa 400 metri, tanto da collegare la valle ad est della Civitavecchia con quella ad Ovest dell'Acropoli di Ardea, ponendosi quale ulteriore porzione del sistema difensivo identificato dal dislivello delle rupi, rivolte al mare, con strutture a sbarramento di terrapieni e fossati, in direzione dei Colli Albani 14. L'artificialità dei due terrapieni in rapporto all'andamento della strada e al rivestimento in blocchi di tufo è ben descritta già da Nibby, il quale ipotizza la posteriorità del rivestimento in blocchi di tufo del penultimo agger rispetto alle mura dell'Acropoli, sulla base di una maggiore accuratezza costruttiva osservabile 15.


Settori di necropoli e setti fortificati: una lettura.

Il ritrovamento degli anni '50 del secolo scorso, connesso, probabilmente, ad almeno un contesto funerario omogeneo, in seguito ad identificazione fortuita e su segnalazione alla responsabile di zona della Soprintendenza Archeologica, autrice di un puntuale resoconto edito su Notizie degli Scavi di Antichità, riguarda quindi un settore specifico di occupazione, in una porzione di territorio immediatamente antecedente l'ultimo agger (Figg. 5 e 6) 16.

D'altra parte alla stessa area si richiama una serie di rinvenimenti identificati e segnalati in circostanze diverse. Indicazioni riferibili ad oggetti provenienti da punti imprecisati del pianoro di Casalazzara sono, infatti, da associare a raccolta in superficie di manufatti messi in luce per attività agricola, tra fine ottocento e primi del novecento, quindi richiamati nei resoconti pubblicati nelle ‘Notizie degli Scavi' all'inizio del novecento 17. Ricognizioni di superficie tra gli anni '70 e '80 del secolo scorso effettuate, nel settore centrale del pianoro, dall'Istituto di Topografia Antica dell'Università ‘La Sapienza' di Roma, hanno permesso di rilevare, ancora una volta, un'area con attestazione di frammenti di impasto, attribuiti in generale al II periodo laziale. Fra i materiali rinvenuti: un frammento la cui restituzione grafica e attribuzione non escludono, tuttavia, una pertinenza alla fase successiva 18. Altre due aree nel settore mediano del pianoro tra i due aggeres, sono segnalate, nei resoconti editi, come frutto delle medesime ricognizioni e riguardano siti posti lungo il perimetro, o addirittura alla base, del ‘costone tufaceo‘ di Casalazzara, cioè nel suo limite estremo verso il Fosso della Mola, come dimostra l'andamento del rilievo e quindi indice di possibili spostamenti dei materiali dall'alto 19.

Il primo riferimento a manufatti provenienti dall'area è dunque quello fornito da Pasqui nella sua introduzione al resoconto, edito nel 1900, in merito agli «Scavi della necropoli ardeatina», ovvero al settore di necropoli con tombe d'epoca repubblicana individuato e scavato fuori dal fronte dell'ultimo agger, in chiusura del pianoro (Fig. 9).

Fig. 9 - a) La necropoli (in asterisco) oltre l'ultimo agger (c ); b) distribuzione schematica delle tombe (da Pasqui 1900). Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 9 - a) La necropoli (in asterisco) oltre l'ultimo agger
(c ); b) distribuzione schematica delle tombe (da Pasqui 1900)
Foto cortesia di Sonia Modica

Non vengono chiariti in quest'occasione, oltre alle descrizioni, sia gran parte degli elementi di identificazione tipologica del repertorio documentato ne' l'esatta distribuzione interna alle tombe o l'entità degli spazi di sepoltura. In particolare, nel gruppo di materiali dalla medesima area di necropoli scavata al di là dell'ultimo agger, edito successivamente da Adams Holland, figurano, oltre alla documentazione d'epoca repubblicana, ceramica riferibile ad un uso della necropoli anche nell'anteriore orizzonte arcaico 20. Dal resoconto di Caprino edito in ‘Notizie degli scavi', il quadro investigativo sull'occupazione dell'area è stato ulteriormente incrementato, con l'edizione di un nucleo significativo e tipologicamente omogeneo di manufatti, che forniscono elementi utili alla riconoscibilità archeologica del contesto di pertinenza 21.

Tra gli oggetti in bronzo consegnati alla Soprintendenza una serie di ornamenti e una spada, la cui distribuzione sul terreno e/o altri elementi di collocazione contestuale non risultano documentabili da alcun resoconto o testimonianza. Nonostante la mancanza di riferimenti alle condizioni di rinvenimento, la morfologia degli oggetti permette di elaborare una rassegna tipologica complessiva, ascrivibile ad un orizzonte che va dalla fase IIB al periodo IV della cultura laziale (Fig. 6). Si tratta di una decina di manufatti, di cui uno pertinente a tipologia vascolare in ceramica, riferibili ad elementi in metallo e d'ornamento personale come noto in ambito funerario: una spada a lingua da presa (Fig. 6, II.10a) ; un fodero con espansione terminale a disco (Fig. 6, II.11a); un anello da sospensione a sezione romboidale (Fig.6, I.4a); due fibule con arco a sanguisuga (Fig. 6, I.3e, I.3i); frammenti in lamina, di cui uno grande con decorazione a sbalzo e ad anellini pendenti (Fig. 6, I.5a), probabilmente residuali di un tripode 22, un elemento a disco, forse un bottone (Fig. 6, I.4a); infine una pisside priva di coperchio 23. Per quanto riguarda le fibule, i tipi sono ben noti nella fase avanzata del periodo II, di cui l'uno con arco ingrossato passante a sanguisuga sembra (anche per la maggiore conservazione dell'arco e della staffa) potersi mettere in relazione, oltre che con un repertorio analogo presente nel Lazio e in Etruria, anche con quanto documentato in Campania 24. L'anello da sospensione a sezione romboidale, noto già nell'ambito del IIB laziale e più diffuso nella fase III, anche nel Lazio meridionale, in contesti rilevanti per evidenza 25.

Dal settore di rinvenimento del complesso segnalato da Caprino proviene un altro insieme di manufatti riferibili ad oggetti metallici integri o parzialmente integri, raccolti in superficie in seguito a scasso del terreno per arature (Fig. 10) di in ambito funerario, fra cui alcune fibule: a due pezzi con arco serpeggiante foliato, ad arco serpeggiante a doppio occhiello, ad arco ingrossato (a varietà con curva in avanti, passante a sanguisuga o a losanga), a sanguisuga con arco espanso o a tutto sesto e decorazione incisa 26.

Fig. 10 - Manufatti dal sito di Casalazzara (in evidenza la tipologia proposta in Modica 2007B). Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 10 - Manufatti dal sito di Casalazzara
(in evidenza la tipologia proposta in Modica 2007B)

Foto cortesia di Sonia Modica

Ad eccezione della fibula ad arco foliato, riferibile al IX sec., sia le fibule che gli anelli da sospensione indicano l'uso dell'area di sepoltura fra VIII e VII sec., mentre al VI riporta l'altro unicum dall'area, costituito da una fibula con arco a nastro che trova confronto con simili tipologie registrate nella necropoli volsca di Satricum 27.


Tra fortificazioni, aree abitative e necropoli: una visione d'insieme.

A questo punto teoria urbana e archeologia si fondono per creare una dialettica leggibile di come la città antica dovesse apparire. Nel caso di Ardea, l'identificazione di almeno quattro aree di necropoli enfatizza l'estensione dell'area abitata: una continuità insediativa durante le fasi laziali sui rilievi di ‘Acropoli e ‘Civitavecchia', così anche il sito di ‘Colle Manzù' (Figg. 11 e 12) con la necropoli di ‘Campo del Fico' 28, suggerisce una larga occupazione della Prima Età del Ferro (PF1) fino, almeno, al Periodo Tardo Arcaico.



Fig. 11 - Veduta dei settori di Acropoli, Civitavecchia e Casalazzara con relative aree di necropoli e particolare dell'ultimo agger con le tipologie  di terrapieno e scarpate in tufo attualmente osservabili. Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 11 - Veduta dei settori di Acropoli,
Civitavecchia e Casalazzara con relative aree di necropoli
e particolare dell'ultimo
agger con le tipologie
di terrapieno e scarpate in tufo attualmente osservabili

Foto cortesia di Sonia Modica



Fig. 12 - Restituzione grafica del settore con agger a chiusura del Colle Manzù (da Balestrieri et al. 1991). Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 12 - Restituzione grafica del settore con
agger a chiusura del Colle Manzù (da Balestrieri et al. 1991)
Foto cortesia di Sonia Modica

L'assegnazione della compiuta strutturazione del sistema difensivo al periodo arcaico, non può prescindere, perciò, da un riferimento allo sviluppo della corona di necropoli intorno all'area urbana. In particolare, per il settore d'indagine di Casalazzara, se la presenza delle due aree di necropoli fornisce l'indicazione di un'estensione urbana che, a partire dalla Prima Età del Ferro vede svilupparsi l'abitato nei settori di Acropoli e Civitavecchia 29, resta da indagare in termini di distribuzione topografica, la sussistenza di una struttura fortificata già in età arcaica (tra VII e VI sec. a.C.) – come è stato più volte variamente indicato – la quale, considerata la distanza fra l'abitato e la necropoli presupponesse l'esistenza di una fascia di rispetto, libera da abitazioni, mantenutasi nel tempo, dando luogo all'alternanza –apparentemente organica – di fortificazioni ed aree funerarie 30. Le possibili necessità di difesa cittadina, a partire almeno dalla deduzione della colonia di Ardea, possono aver contribuito alla (ri)strutturazione del complesso fortificatorio legato all'originario abitato, organizzato quale avamposto strategico. Ancora dall'area fra i due aggeres va segnalata, non estranea alle vicende militari cui dovette essere sottoposto quel settore proprio in età repubblicana, è la presenza di ghiande missili, che trovano confronti (a partire almeno dal IV sec. a.C.), per forma e dimensioni, con analoghi ritrovamenti extra muros dall'Etruria (Fig. 13) 31.

Fig. 13 - Ghiande missili dal settore fra gli aggeres (b e c). Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 13 - Ghiande missili dal settore fra gli
aggeres (b e c)
Foto cortesia di Sonia Modica

Un'adeguamento delle rupi, attraverso l'isolamento del settore dell'Acropoli, con attività di sbancamento tali da lasciar traccia nei dislivelli di quota, ancora registrabili, lascia spazio ad ulteriori ricerche, da percorrere con l'ausilio di indagini stratigrafiche sistematiche delle strutture, di cui ancora si ignora la reale entità 32.


NOTE

1 Un primo percorso di analisi è reso praticabile dallo studio distributivo delle diverse categorie di indicatori archeologici, in base ad una lettura dell'evoluzione e dell'assetto urbano nel suo complesso, in termini spazio-funzionali: MODICA 2010.

2 Sulle strutture di un sistema fortificatorio con setti murari in opera quadrata di tufo e porta verso il mare, riferibili ad un intervento d'età repubblicana cfr. Di Mario 2007, p. 55 ss. e, da ultimo, per un inquadramento del contesto in una disamina dei dati stratigrafici e con riferimento alla datazione delle mura nell'intervallo tra la fine del IV e la prima metà del III: Arena 2013.

3 Per i caratteri metodologici dell'analisi funzionale tattica, con riguardo alle fortificazioni medievali. si veda Monti 2007, in particolare p. 9 per la definizione di Unità Funzionale Tattica in rapporto alle direttrici d'attacco; per il riferimento a quanto testimoniato nelle fonti antiche, in particolare Cesare e Livio, cfr. l'analisi di seguito prodotta, con relative citazioni e bibliografia.

4 Per il riferimento al passaggio, nel racconto di Cesare, dallo spazio geografico alla distinzione degli elementi dello spazio strategico e, in particolare, alla ‘visione orientata' dello spazio tattico, cfr. Scarola 1987, pp. 192-193, con bibliografia; sul concetto di controvallazione in rapporto alle strategie d'assedio note fin dal periodo tardo classico ed ellenistico, cfr. Sconfienza 2003, nota 35, con bibliografia.

5 Bonetto 1997, p. 361, con bibliografia; per la strategia bellica fra Arcaismo e IV sec. a.C., cfr. Sconfienza 2005.

6 Un quadro sintetico della storia degli studi e degli aspetti tecnico-strutturali delle fortificazioni urbane ardeati in Morselli-Tortorici 1983, p. 53 ss.

7 Non è estraneo a tale elaborazione il ruolo attribuito alla presenza di un fossato antistante le mura dell'Acropoli, riconosciuto come direttamente connesso al riempimento interno alle mura: ‘analizzando il lato interno delle mura, ci si rende subito conto che queste costituiscono la fronte di un sistema ad aggere, costituito da un poderoso terrapieno (ancora perfettamente riconoscibile) (...) e da un profondo fossato (oggi non più visibile perché colmato)' (Morselli – Tortorici 1983, p. 59).

8 Tale notazione del rapporto tra rivestimento in blocchi di tufo e terrapieno sottostante è presente ancora in Morselli-Tortorici 1983, p. 59.

9 L'autore indica anche l'estensione della fossa collegata all'agger e scavata a mano (Boëthius 1934, p. 1, tav. I, punti A, B).

10 Ancora una sintesi delle varie letture in Morselli-Tortorici 1983, p. 121, n. 136.

11 Alla difficoltà di non poter stabilire specifica attribuzione cronologica per il contesto descritto dal Boëthius, riferito al repertorio ceramico e affidata a generiche categorie di osservazione con ampia variabilità tipologica, si aggiungono le ulteriori possibili implicazioni dovute agli elementi interni ed esterni alla struttura stessa, di non facile confronto con necropoli o abitati e con la necessità di interpretare in modo cautelare i materiali interni ai terrapieni: v. a tal proposito, Santoro Bianchi 1992, p. 164.

12 Sulla consistenza e l'analisi della sezione dei terrapieni cfr. Quilici 1994, in partic. pp. 150-152.

13 A titolo di semplificazione vale ancora una descrizione riferibile allo stato dei luoghi di inizio ottocento in cui il settore di Casalazzara è il prolungamento dell'area nota –per la presenza dei terrapieni- dai residenti sulla Civitavecchia poiché quest'ultima costituisce un rilievo che «Al Nord poi è congiunto còlle vicinanze dell'odierna Ardea da una pianura la quale si estende verso il settentrione circa un quarto di miglio, e termina in un luogo detto dagli abitanti li Bastioni» (Nicolai 1825, p. 552).

14 E' di nuovo Nicolai a fornire elementi ulteriori di definizione: «Non senza ragione chiamasi questo sito li Bastioni, poiché consistono in una linea della lunghezza di circa un quarto di miglio tagliata in mezzo dalla strada, che conduce a Genzano. Questa linea congiunge la valle esistente all'Est del colle detto Civitavecchia, ed un'altra situata all'Ovest di Ardea, sicchè dai due colli forma una sola posizione militare. Il fosso esistente verso il Nord indica, che essa era una linea di difesa, e non di offesa» (NICOLAI 1825, cit.); su assetto e tipologia degli aggeres in rapporto ai settori urbani cfr. anche Modica 2011, pp. 45-46, fig. 24.

15 Vista la progressiva consunzione del fronte del terrapieno per cause esogene, meccaniche (scassi agricoli) e atmosferiche, vale la pena riportare la descrizione prodotta in Nibby 1849, p. 247 e riferita ad un maggior grado di apprezzabilità delle strutture:«Continuando però a seguire la strada principale, sempre nella direzione da mezzodì a settentrione, dopo circa mezzo miglio, si presenta una barriera alta e artificiale di terra, onde formare argine a questa parte, la quale va a legarsi col rimanente delle fortificazioni lasciando soltanto un angusto tramite per la porta, che non è in direzione immediata ed aperta colla via, ma traversa la barriera in obliquo, onde dare a questo vallo maggiore fortezza. Qui sembra che terminasse la città propriamente detta, aggiunta alla cittadella. Il vallo fu fatto con gravissima spesa, onde formare un colle artificiale, dove il terreno offriva facile accesso, nella stessa guisa che Servio Tullio fece in Roma, il quale sembra averne di questo tratta la idea: era rivestito di pietre quadrate di tufa, delle quali molte si veggono sparse ivi dappresso e molte rimangono ancora al loro posto in modo da poter ben tracciarsi ancora il sito preciso della porta. Quasi ad egual distanza cioè un mezzo miglio più oltre trovasi un secondo vallo simile a questo, ma minore in altezza, che sembra essere stato fatto onde coprire un accrescimento ulteriore della città, un sobborgo: ed ivi pure sono altre pietre quadrilatere disperse presso la porta. La costruzione della porta del primo vallo offre una diligenza maggiore nel collocamento delle pietre di quella del recinto di Ardea, onde evidentemente, sebbene antichissima, è posteriore. I contadini locali chiamano queste trincee li Bastioni conservando così la tradizione dell'uso loro primitivo». Rispetto alla discussione sull'artificialità dell'ultimo agger, aperta con la mal interpretazione delle indagini geologiche del Sestini e chiuse dall'osservazione dei resti di sbancamento moderno sul terrapieno: Quilici 1968, p. 137 ss., Quilici 1994, p. 152, Piccarreta 1987, p. 147, fig. 159 (anomalia stereoscopica del rilievo).

16 Caprino 1950, pp. 102-107.

17 Pasqui 1900, p. 55; cfr. anche Morselli-Tortorici 1981, p. 72, n. 25, con l'indicazione di “ritrovamenti sporadici”.

18 Viene segnalato il cattivo stato di conservazione e la prevalenza di “impasti neri o rossastri, con superfici dello stesso colore, lucidate a stecca”: Morselli-Tortorici 1981, p. 70, n. 18, con indicazione, in nota, del confronto proposto per il frammento, riferito alla parete di una piccola tazza.

19 Morselli-Tortorici 1981, p. 70, nn. 19-20; quale fattore di distribuzione analogamente osservabile nell'area a sud della Civitavecchia, è utile ricordare la posizione periferica dei materiali protostorici identificati nelle ricognizioni di superficie, lungo il perimetro del pianoro piuttosto che in area sommitale, prima delle successive indagini di scavo e scoperte sulla superficie del Colle della Noce, con le evidenze insediative dall'epoca protostorica, proprio in corrispondenza della superficie sommitale meridionale (tombe a fossa sulla Civitavecchia, analoghe a quelle «sull'orlo del fossato in faccia ad Ardea» sono segnalate in Pasqui 1900, p. 54, fig. 1a; per le distribuzioni dei rinvenimenti in seguito alle ricognizioni in area urbana, cfr. Morselli-Tortorici 1981, p. 59 ss.

20 Adams Holland 1934, p. 5 ss.; per ulteriori descrizioni dei materiali rinvenuti, pur nei limiti documentari citati, si veda Pasqui 1900, p. 56 ss.

21 Caprino 1950: nell'ambito del contesto di bronzi rinvenuto dalla Caprino, si segnala l'attribuzione del frammento di lamina, all'elemento del coronamento, con cerchi sbalzati, di un sostegno-tripode: Bardelli 2019, p. 27, tipo 4, n. 1.

22 Il tipo di lavorazione e decorazione (con borchiette lungo il bordo e motivo a borchietta centrale entro cerchi concentrici, forse collegati a tratti incisi curvilinei campiti a tratti obliqui: forse residui del c.d. ‘carro solare'?) trovano riflesso comune anche nel repertorio dei cinturoni; tuttavia, la presenza di anellini inseriti su un'estremità del bordo, oltre ad altri analoghi da sospensione segnalati dalla Caprino nel disco residuo di una borchia e il ripiegamento sul bordo della lamina decorata o altri frammenti di lamina (indice di un possibile fissaggio su rivestimento in cuoio) fanno pensare anche ad un tipo di apparato decorativo del costume funebre più simile al genere del pettorale a piastre collegato tramite catenelle di anellini col resto della protezione difensiva; per l'attestazione, quale repertorio tipologico più arcaico delle forme trapezoidali o a clessidra nella fase avanzata del ferro dal Lazio antico, si veda Sannibale 1998, p. 114.

23 Cfr. nota 21.

24 L'esemplare di Ardea trova confronto col tipo 38m di Osteria dell'Osa (Bietti Sestieri 1992, p. 361, tav. 36); l'altra fibula documentata dal ritrovamento preso in esame dalla Caprino è riferibile al tipo a sanguisuga con decorazione incisa e staffa simmetrica, ben documentato nei decenni centrali dell'VIII sec., trovando confronti, per il Lazio, sia nella stessa Ardea, ripostiglio de ‘Le Salzare', che a Roma (Esquilino, La Rustica) e ad Osteria dell'Osa (tipo 38x: cfr. Bietti Sestieri 1992, tav. 36 e p. 357, tav. 35, tipo di decorazione i29), in Etruria ben documentato a Veio (tipo 38 della classificazione proposta in Close Brooks 1965, p. 57, fig. 5)

25 Cfr. Bartoloni 2008, p. 30 ss.

26 Un primo contributo allo studio di questi materiali dall'area è in Modica 2010A.

27 Modica 2010a, pp. 324-325, fig. 1, n. 2, fig. 3.

28 Sulla presenza di un agger a delimitazione del Colle ‘Manzù' si veda quanto indicato in Balestrieri et al. 1991, p. 43, con restituzione grafica (tavv. XI, XII, XX); sullo sviluppo urbano di Ardea, in particolare, è riconoscibile come già agli inizi del PF1 l'area dell'abitato includesse i due pianori dell'Acropoli e della Civitavecchia; anzi, poiché sull'Acropoli sono presenti tracce di sepolture di una fase non avanzata del Bronzo Finale (BF2), periodo a cui si data anche la vicina tomba di Campo del Fico, e in base ad alcuni materiali trovati in precedenti ricerche di superficie, si può ipotizzare che tale situazione risalga già al BF3 (Modica 2011a, p. 281 ss).

29 Per l'identificazione di deposizioni sul bordo del fosso al di sotto delle mura non si hanno elementi certi, né d'altra parte si possono attribuire a necropoli i rinvenimenti segnalati dagli autori del secolo scorso come provenienti dalla Civitavecchia, tenuto conto dell'attestazione di contesti funerari intra urbem ormai codificati e segnalati dai recenti scavi (vd. Sepoltura infantile dall'area del tempio di Casarinaccio: Di Mario 2007, tav. II) e da altrettanto recenti emendamenti della documentazione conservata (Guidi 2008, p. 715).

30 Sulla presenza di aree di rispetto in rapporto ad insediamenti militari e alla loro pianificazione cfr., ad es. Erdas 2006, p. 46 ss.

31 In particolare, si veda il repertorio esaminato in Nastasi-Maffei 2011, p. 924 (per i caratteri quali/quantitativi dei ritrovamenti dal complesso fortificato della Castellina e il rapporto fra ritrovamenti interni ed esterni alle mura) oltre che Seri 2011, tav. 294, fig. 20 (ghiande extra muros, confrontabili con gli esemplari da Ardea).

32 Sul progetto, non realizzato, di scavo delle fortificazioni si v. Richmond 1931, p. 24 ss.; sull'apporto alla conoscenza delle strutture fortificatorie più antiche in ambito laziale, a parte i contributi in questa sede, vale la pena citare le recenti scoperte provenienti dal sito di Colle Rotondo, a sud di Ardea, cfr. Cifani et alii. 2013.

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