Premessa
Il
dibattito sugli esiti delle ricerche di scavo remote e recenti, la
lettura prodotta dalla tradizione storiografico-letteraria sul
sistema difensivo ardeate e l'esame di possibili connessioni con
l'assetto strategico-funzionale urbano, costituiscono fattori
illuminanti e chiarificatori per un'analisi organica delle
strutture fortificate, ancor più in presenza di nuovi elementi
desumibili dalle indagini sulla forma urbana dell'antico centro
laziale .
Le questioni da considerare, in assenza di scavi programmatici di
mura, terrapieni e fossati entro il perimetro urbano, riguardano
essenzialmente le componenti di valutazione storico-culturale, le
implicazioni tecnologiche delle costruzioni pertinenti, la loro
collocazione all'interno di una concezione complessiva dell'abitato
in rapporto col territorio circostante e, infine ma non ultima, la
possibile concomitanza –anche parziale- di alcune delle strutture
difensive, con l'intervento di fortificazione messo in atto
nell'area de ‘Le Salzare', oggetto di scavi recenti (Fig. 1) .
Fig. 1 - Distribuzione delle strutture fortificate:
a) Le Salzare b); Acropoli, mura e fossato
c) Civitavecchia, agger e fossato; d) Casalazzara, agger Foto cortesia di Sonia Modica
In
primis, sono da valutare i termini della tradizione storico-culturale su cui si
dovrebbe collocare la lettura dei dati relativi al sistema
fortificato ardeatino.
Pur
nel quadro di dati riconducibili all'assetto territoriale
complessivo, urbano ed extraurbano, l'obiettivo di ricerca è, in
questo contributo, puntato prioritariamente sul settore compreso fra
le mura dell'Acropoli e l'ultima linea ad agger
rintracciabile. Attraverso la documentazione nota, inedita e
integrata con l'analisi storico-documentaria e tattico-funzionale,
l'ambito è quello di uno spazio che richiama, suggestivamente, le
non meno evocative descrizioni militari di ‘obsidio
urbis' note dai
racconti liviani .
Strutture
fortificate e sistemi di difesa/offesa nella tradizione
storiografico-letteraria: rappresentazione e prassi militare.
L'immagine
della strategia ossidionale relativa ad Ardea non sfugge, infatti, al
racconto dell'iniziativa di conquista della città da parte di
Tarquinio il Superbo, tradotta, nell'ekphrasis
narrativa, dal tentativo di assalto (‘oppugnatio')
seguito dall'assedio e dalle opere di fortificazione (‘obsidione
munitionibusque')
con cui si premono i nemici, evidentemente isolati entro il perimetro
cittadino (Livio, I, 57). Analoga pianificazione, concentrata da
subito sulla fase di assedio, si rinnova nell'episodio relativo
alla disputa, sorta fra i locali patrizi e plebei, per una fanciulla
da matrimonio, (Livio, Ab
urbe condita, IV, 9);
il dettaglio, in tal caso, viene focalizzato sull'edificazione di
terrapieni offensivi in una duplice linea: la prima creata dai Volsci
in aiuto dei plebei ardeati e opposta alle mura perimetrali del
colle, coi patrizi indigeni asserragliati; la seconda linea, ad
agger,
prodotta dai romani in aiuto dei medesimi patrizi, edificando –a
completamento- un setto murario di collegamento fra il medesimo agger
ed il muro di cinta perimetrale della rocca, contenente i patrizi, ad
agevolare i movimenti tra esterno ed interno.
La
ben nota descrizione liviana di assedio, caratterizzato
dall'iniziativa di controvallazione offensiva richiama, per
analogia, lo scenario militare cesariano della costruzione di un
imponente setto a terrapieno su un tratto libero da paludi e fiumi
che, ostativi alle manovre militari, impongono strategie di
opposizione alla fortezza non lontana, al punto da far registrare
azioni nemiche dal muro difensivo (De
bello gallico, 7, 24):
‘(...) alii
faces atque aridam materiem de muro in aggerem eminus iaciebant ...'
.
Tralasciando il dettaglio delle ulteriori contemporanee operazioni
sul fronte di offesa e difesa (creazione di strutture in elevato da
assalto, realizzazione di cunicoli a scopo di penetrazione urbana, da
un lato, e destabilizzazione dei terrapieni offensivi, dall'altro),
è evidente la funzionalità tattica delle opere edilizie messe in
campo, secondo un modello ben noto, già almeno dal V sec. a.C. .
L'iconografia
di repertorio delle fonti antiche, fa riferimento a
modelli fortificatori
standardizzati,
secondo forme predefinite dello spazio urbano: le definizioni del
‘dentro' e ‘fuori' segnate, in buona misura, dalla presenza
delle mura, quale perimetro cittadino, in opposizione – stando a
tale immagine - alle strutture assedianti, esterne alle mura. A tale
modello si riconducono le descrizioni delle fonti letterarie, che,
per le fortificazioni urbane di Ardea, vedono prodursi un'ulteriore
eco nella distribuzione residuale dei perimetri difensivi attualmente
osservabili (Figg. 2 e 3).
Fig. 2 - Veduta obliqua dell'agger di Civitavecchia
(da Morselli-Tortorici 1983, fig. 146)
Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 3 - Veduta aerea obliqua (1965): al centro l'agger di Casalazzara
(da da Morselli-Tortorici 1983, fig. 161)
Foto cortesia di Sonia Modica
Tuttavia,
mentre le fonti antiche incentrano la propria narrazione sugli
elementi fortificatori al di fuori del perimetro cittadino quale
prodotto dell'azione tattica offensiva, la storia degli studi è
andata concentrando la propria riflessione sulle linee fortificatorie
ad agger,
come esito dell'organizzazione cittadina in termini difensivi, di
cui è evidente traccia nell'estrema schematizzazione cartografica
(Fig. 4) .
Fig. 4 - Stralcio da ‘Topografia geometrica dell'Agro Romano' - Tavola 6"
di G. B. Cingolani Dalla Pergola (1704)
Foto cortesia di Sonia Modica
In effetti, mancano indagini stratigrafiche mirate, volte a conoscere
la sequenza relativa interna ai setti di fortificazione urbana e alla
loro caratterizzazione tecnico-strutturale. Per tale ragione si
riconosce, passando in rassegna la storia degli studi, che le letture
su tipologia e assetto delle strutture fortificatorie conservate,
finiscono per approdare all'elaborazione e codificazione di un
modello di riferimento storiografico normalizzato: l'articolarsi
del sistema difensivo urbano in un assetto a triplice sbarramento
che, se non in modo predeterminato, si connette comunque
all'evoluzione/estensione dell'abitato, sviluppatosi nell'ambito
dei settori di Acropoli, Civitavecchia e Casalazzara, con un
fondamento che trova ancoraggio nella presunta arcaicità proprio del
sistema ad agger .
La derivazione dell'impianto fortificatorio in muratura da
esperienze ormai già acquisite al momento della realizzazione del
fronte in blocchi, insieme alla collocazione della triplice linea
sulla direttrice viaria che collega l'Acropoli e la Civitavecchia
ai percorsi verso i Colli Albani, giustifica, in sintesi, l'ipotesi
di arcaicità della realizzazione .
Articolazione
delle fortificazioni ardeatine e dati archeologici: limiti e
prospettive in rapporto a vecchie e nuove acquisizioni documentarie.
In
realtà, l'unico riferimento utile per un tentativo di datazione
relativa proviene dall'osservazione del taglio lasciato per il
passaggio della via moderna (attuale via dei Rutuli), segnalato da
Boëthius il quale, concordemente al prof. A.W. Van Buren, a
proposito dell'agger
che divide la
Civitavecchia da Casalazzara (indicata col vecchio toponimo di
‘Casalazzaro'), descrive come il medesimo posi sopra uno strato
alto cm 50, contenente «soltanto ceramica dei primi periodi dell'età
del ferro e ad impasto» .
A questo va aggiunta la presenza di una porta in blocchi squadrati di
tufo, in gran parte tuttora conservati e variamente posti in
relazione con le mura dell'Acropoli .
Non
è agile, in assenza di ulteriori elementi documentari di carattere
stratigrafico e tipologico, definire l'intervallo di tempo
interessato dalla realizzazione dell'agger
di Casalazzara .
E' tuttavia possibile fornire alcuni dati utili alla lettura del
«layer» topografico complessivo della fascia di territorio compreso
fra i due aggeres
di Casalazzara, soprattutto per quanto riguarda la I Età del Ferro e
l'Età Arcaica (Fig. 5).
Fig. 5 - Il settore fra i due aggeres
(in evidenza, tra le frecce, l'area dei nuovi ritrovamenti)
Foto cortesia di Sonia Modica
In particolare,
al medesimo sito si riferisce un complesso di ritrovamenti
testimoniato da numerose fosse e manufatti. Negli anni '50, Catia
Caprino presentò un insieme di evidenze utili alla successiva
ricerca sull'articolazione delle necropoli, in rapporto all'assetto
urbano: una spada con fodero, una borchia, anelli e fibule di
dimensioni differenti, una residua lamina in bronzo (Fig. 6).
Fig. 6 - L'area dei ritrovamenti (in asterisco)
e manufatti pertinenti
Foto cortesia di Sonia Modica
Indagini
e ricerche del 1994 indicano, nella stessa area, una grande quantità
di ornamenti in bronzo. Il
sito è posto proprio all'interno di quella fascia di territorio
nota col nome di Casalazzara, nel settore compreso tra i c.d.
‘bastioni', ovvero i due complessi ad agger,
di cui rimane parte del terrapieno di riporto interno e parte dei
fossi esterni .
I
ritrovamenti identificati provengono dal versante NO di Casalazzara,
sul lato corrispondente dell'attuale via dei Rutuli, nel settore
fra il Fosso della Mola e la medesima via, direttrice che segue una
linea ideale di collegamento fra i Colli Albani e il mare,
attraversando l'area urbana in direzione SO-NE. Il settore ha
mantenuto, nel tempo, la sua consistenza morfologica, avendo subito,
meno di altri ambiti contigui al centro urbano, i più pesanti esiti
degli interventi artificiali, soprattutto di carattere edilizio, a
cui sono state sottoposte, d'altra parte, finanche in tempi
moderni, aree meno prossime al nucleo insediativo storico .
Nel
corso dell'ottocento viene segnalato il tratto conservato dei c.d.
‘Bastioni' che, noti almeno dalle cartografie seicentesche (Figg. 7 e 8),
Fig. 7 - Catasto Alessandrino: rappresentazione dell'agger b
con particolare della porta monumentale
Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 8 - Il settore fra i due aggeres
nel comprensorio di Casalazzara: b)
agger a chiusura della Civitavecchia;
c) agger che perimetra il settore di Casalazzara;
in rosso, evidenziato, il sito di necropoli
Foto cortesia di Sonia Modica
ai
primi dello stesso secolo dovevano estendersi per circa 400 metri,
tanto da collegare la valle ad est della Civitavecchia con quella ad
Ovest dell'Acropoli di Ardea, ponendosi quale ulteriore porzione
del sistema difensivo identificato dal dislivello delle rupi, rivolte
al mare, con strutture a sbarramento di terrapieni e fossati, in
direzione dei Colli Albani .
L'artificialità dei due terrapieni in rapporto all'andamento
della strada e al rivestimento in blocchi di tufo è ben descritta
già da Nibby, il quale ipotizza la posteriorità del rivestimento in
blocchi di tufo del penultimo agger
rispetto alle mura dell'Acropoli, sulla base di una maggiore
accuratezza costruttiva osservabile .
Settori
di necropoli e setti fortificati: una lettura.
Il
ritrovamento degli anni '50 del secolo scorso, connesso,
probabilmente, ad almeno un contesto funerario omogeneo, in seguito
ad identificazione fortuita e su segnalazione alla responsabile di
zona della Soprintendenza Archeologica, autrice di un puntuale
resoconto edito su Notizie
degli Scavi di Antichità,
riguarda quindi un
settore specifico di occupazione, in una porzione di territorio
immediatamente antecedente l'ultimo agger
(Figg. 5 e 6) .
D'altra
parte alla stessa area si richiama una serie di rinvenimenti
identificati e segnalati in circostanze diverse. Indicazioni
riferibili ad oggetti provenienti da punti imprecisati del pianoro di
Casalazzara sono, infatti, da associare a raccolta in superficie di
manufatti messi in luce per attività agricola, tra fine ottocento e
primi del novecento, quindi richiamati nei resoconti pubblicati nelle
‘Notizie degli Scavi' all'inizio del novecento .
Ricognizioni di superficie tra gli anni '70 e '80 del secolo
scorso effettuate, nel settore centrale del pianoro, dall'Istituto
di Topografia Antica dell'Università ‘La Sapienza' di Roma,
hanno permesso di rilevare, ancora una volta, un'area con
attestazione di frammenti di impasto, attribuiti in generale al II
periodo laziale. Fra i materiali rinvenuti: un frammento la cui
restituzione grafica e attribuzione non escludono, tuttavia, una
pertinenza alla fase successiva .
Altre due aree nel settore mediano del pianoro tra i due aggeres,
sono segnalate, nei resoconti editi, come frutto delle medesime
ricognizioni e riguardano siti posti lungo il perimetro, o
addirittura alla base, del ‘costone tufaceo‘ di Casalazzara, cioè
nel suo limite estremo verso il Fosso della Mola, come dimostra
l'andamento del rilievo e quindi indice di possibili spostamenti
dei materiali dall'alto .
Il
primo riferimento a manufatti provenienti dall'area è dunque
quello fornito da Pasqui nella sua introduzione al resoconto, edito
nel 1900, in merito agli «Scavi
della necropoli ardeatina»,
ovvero al settore di necropoli con tombe d'epoca repubblicana
individuato e scavato fuori dal fronte dell'ultimo agger,
in chiusura del pianoro (Fig. 9).
Fig. 9 - a) La necropoli (in asterisco) oltre l'ultimo agger
(c ); b) distribuzione schematica delle tombe (da Pasqui 1900) Foto cortesia di Sonia Modica
Non vengono
chiariti in quest'occasione, oltre alle descrizioni, sia gran parte
degli elementi di identificazione tipologica del repertorio
documentato ne' l'esatta distribuzione interna alle tombe o
l'entità degli spazi di sepoltura. In particolare, nel gruppo di
materiali dalla medesima area di necropoli scavata al di là
dell'ultimo agger,
edito successivamente da Adams Holland, figurano, oltre alla
documentazione d'epoca repubblicana, ceramica riferibile ad un uso
della necropoli anche nell'anteriore orizzonte arcaico .
Dal resoconto di Caprino edito in ‘Notizie degli scavi', il
quadro investigativo sull'occupazione dell'area è stato
ulteriormente incrementato, con l'edizione di un nucleo
significativo e tipologicamente omogeneo di manufatti, che forniscono
elementi utili alla riconoscibilità archeologica del contesto di
pertinenza .
Tra
gli oggetti in bronzo consegnati alla Soprintendenza una serie di
ornamenti e una spada, la cui distribuzione sul terreno e/o altri
elementi di collocazione contestuale non risultano documentabili da
alcun resoconto o testimonianza. Nonostante la mancanza di
riferimenti alle condizioni di rinvenimento, la morfologia degli
oggetti permette di elaborare una rassegna tipologica complessiva,
ascrivibile ad un orizzonte che va dalla fase IIB al periodo IV della
cultura laziale (Fig. 6). Si tratta di
una decina di manufatti, di cui uno pertinente a tipologia vascolare
in ceramica, riferibili ad elementi in metallo e d'ornamento
personale come noto in ambito funerario: una spada a lingua da presa
(Fig. 6, II.10a) ; un
fodero con espansione terminale a disco (Fig. 6, II.11a); un
anello da sospensione a sezione romboidale (Fig.6, I.4a); due fibule
con arco a sanguisuga (Fig.
6, I.3e, I.3i);
frammenti in lamina, di cui uno grande con decorazione a sbalzo e ad
anellini pendenti (Fig.
6, I.5a),
probabilmente residuali di un tripode ,
un elemento a disco, forse un bottone (Fig.
6, I.4a); infine
una pisside priva di coperchio .
Per quanto riguarda le fibule, i tipi sono ben noti nella fase
avanzata del periodo II, di cui l'uno con arco ingrossato passante
a sanguisuga sembra (anche per la maggiore conservazione dell'arco
e della staffa) potersi mettere in relazione, oltre che con un
repertorio analogo presente nel Lazio e in Etruria, anche con quanto
documentato in Campania .
L'anello da sospensione a sezione romboidale, noto già nell'ambito del IIB
laziale e più diffuso nella fase III, anche nel Lazio meridionale,
in contesti rilevanti per evidenza .
Dal
settore di rinvenimento del complesso segnalato da Caprino proviene
un altro insieme di manufatti riferibili ad oggetti metallici integri
o parzialmente integri, raccolti in superficie in seguito a scasso
del terreno per arature (Fig.
10) di in ambito
funerario, fra cui alcune fibule: a due pezzi con arco serpeggiante
foliato, ad arco serpeggiante a doppio occhiello, ad arco ingrossato
(a varietà con curva in avanti, passante a sanguisuga o a losanga),
a sanguisuga con arco espanso o a tutto sesto e decorazione incisa .
Fig. 10 - Manufatti dal sito di Casalazzara (in evidenza la tipologia proposta in Modica 2007B)
Foto cortesia di Sonia Modica
Ad eccezione della fibula ad arco foliato, riferibile al IX sec., sia
le fibule che gli anelli da sospensione indicano l'uso dell'area
di sepoltura fra VIII e VII sec., mentre al VI riporta l'altro
unicum
dall'area, costituito da una fibula con arco a nastro che trova
confronto con simili tipologie registrate nella necropoli volsca di
Satricum .
Tra
fortificazioni, aree abitative e necropoli: una visione d'insieme.
A
questo punto teoria urbana e archeologia si fondono per creare una
dialettica leggibile di come la città antica dovesse apparire. Nel
caso di Ardea, l'identificazione di almeno quattro aree di
necropoli enfatizza l'estensione dell'area abitata: una
continuità insediativa durante le fasi laziali sui rilievi di
‘Acropoli e ‘Civitavecchia', così anche il sito di ‘Colle
Manzù' (Figg. 11 e 12) con la
necropoli di ‘Campo del Fico' ,
suggerisce una larga occupazione della Prima Età del Ferro (PF1)
fino, almeno, al Periodo Tardo Arcaico.
Fig. 11 - Veduta dei settori di Acropoli,
Civitavecchia e Casalazzara con relative aree di necropoli
e particolare dell'ultimo agger con le tipologie
di terrapieno e scarpate in tufo attualmente osservabili
Foto cortesia di Sonia Modica
Fig. 12 - Restituzione grafica del settore con
agger a chiusura del Colle Manzù (da Balestrieri et al. 1991)
Foto cortesia di Sonia Modica
L'assegnazione
della compiuta strutturazione del sistema difensivo al periodo
arcaico, non può prescindere, perciò, da un riferimento allo
sviluppo della corona di necropoli intorno all'area urbana. In
particolare, per il settore d'indagine di Casalazzara, se la
presenza delle due aree di necropoli fornisce l'indicazione di
un'estensione urbana che, a partire dalla Prima Età del Ferro vede
svilupparsi l'abitato nei settori di Acropoli e Civitavecchia ,
resta da indagare in termini di distribuzione topografica, la
sussistenza di una struttura fortificata già in età arcaica (tra
VII e VI sec. a.C.) – come è stato più volte variamente indicato
– la quale, considerata la distanza fra l'abitato e la necropoli
presupponesse l'esistenza di una fascia di rispetto, libera da
abitazioni, mantenutasi nel tempo, dando luogo all'alternanza
–apparentemente organica – di fortificazioni ed aree funerarie .
Le possibili necessità di difesa cittadina, a partire almeno dalla
deduzione della colonia di Ardea, possono aver contribuito alla
(ri)strutturazione del complesso fortificatorio legato all'originario
abitato, organizzato quale avamposto strategico. Ancora dall'area
fra i due aggeres
va segnalata, non estranea alle vicende militari cui dovette essere
sottoposto quel settore proprio in età repubblicana, è la presenza
di ghiande missili, che trovano confronti (a partire almeno dal IV
sec. a.C.), per forma e dimensioni, con analoghi ritrovamenti extra
muros dall'Etruria
(Fig. 13) .
Fig. 13 - Ghiande missili dal settore fra gli
aggeres (b e c)
Foto cortesia di Sonia Modica
Un'adeguamento delle rupi, attraverso l'isolamento del settore
dell'Acropoli, con attività di sbancamento tali da lasciar traccia
nei dislivelli di quota, ancora registrabili, lascia spazio ad
ulteriori ricerche, da percorrere con l'ausilio di indagini
stratigrafiche sistematiche delle strutture, di cui ancora si ignora
la reale entità .
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