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L'età di Paolo II Barbo tra collezionismo di antichità, restauri e letterati. Appunti e qualche dato inedito  
Cristina Mochi
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 20 Ottobre 2024, n. 964
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00964.html
Articolo presentato il 31 Marzo 2024, accettato il 01 Maggio 2024 e pubblicato il 20 Ottobre 2024
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Abstract

Nel 1464 il cardinale veneziano Pietro Barbo è eletto papa con il nome di Paolo II.
Nel suo palazzo di San Marco aveva iniziato a raccogliere, già prima dell'elezione, una straordinaria collezione antiquaria, descritta nell'inventario dell'Archivio di Stato di Roma.

Paolo II è un appassionato collezionista, un uomo colto e raffinato, che ama gli studi e i letterati: Leonardo Dati, Giannantonio Pandoni, Gaspare Biondo, Giannantonio Campano sono solo alcuni degli umanisti stipendiati di Palazzo. Tra di loro appaiono accademici pomponiani o personalità a loro vicine, come il cardinale Marco Barbo, suo nipote, o il Vescovo di Feltre, Angelo Fasolo.

Proprio l'inventario Barbo aggiunge nuovi dati alla nostra indagine: a margine del registro, appare, infatti, un'annotazione cifrata riferibile alla cessione di argenti ad un misterioso personaggio. Tali caratteri “segreti” potrebbero essere avvicinati, grazie all'indicazione dell'archivista Lanconelli, a quelli utilizzati dagli accademici di Pomponio Leto, reclusi nel 1468 a Castel Sant'Angelo per l'accusa di cospirazione contro la persona del papa. A tal proposito va evidenziato anche come, nello stretto rapporto tra letterati e uomini politici cementato ai fini della congiura, abbiano avuto un ruolo di assoluto rilievo Federico da Montefeltro e Lorenzo de Medici e le gemme Barbo.

Paolo II scompare prematuramente nel 1471 in circostanze misteriose; la vendita al Magnifico di «camagli et gemme de papa Paulo» deve aver avuto il suo peso anche nell'elezione di Sisto IV della Rovere, papa successore del Barbo.

La ricerca muove inizialmente dalla revisione dell'apparato documentario riferibile agli anni del pontificato di Paolo II (1464-1471), e si avvale degli appunti inediti di Costantino Corvisieri, archivista interessato in anni passati allo studio degli stessi avvenimenti. Tra le varie novità si vuole in questa sede evidenziare una notizia passata inosservata negli studi e relativa alla presenza della prima abitazione del Leto, documentata quest'ultima in via delle Botteghe Obscure prima del trasferimento dell'umanista sul Quirinale.


Premessa

L'inventario del cardinale Pietro Barbo, eletto pontefice col nome di Paolo II nel 1464, è stato il punto di partenza, anni fa, per ricostruire la favolosa collezione antiquaria che era stata allestita nella residenza del cardinale veneziano, il palazzo di san Marco a Roma, oggi palazzo Venezia. L'indagine del contesto storico ha permesso di ricostruire trame politiche inaspettate, che hanno messo in luce elementi inevasi legati alla persona del Barbo e all'ambito umanistico-culturale. Ancor più inaspettato è stato il recupero degli appunti, e di una prima introduzione per un libro mai edito, di Costantino Corvisieri, studioso e archivista che molti anni fa conduceva una ricerca parallela alla mia. Tale miscellanea ha fornito quel fil rouge utile al mio lavoro che, passo dopo passo, nel costante confronto, riusciva a confermare sia i dati dello studioso che i miei, ricostruendo la maglia di un affascinante intreccio.

Aggiungo in Appendice parte della trascrizione della Miscellanea Corvisieri.


1. Le Carte di Costantino Corvisieri

Il Fondo Costantino Corvisieri 1, consiste in un insieme di circa tredicimila carte (tra appunti, molte copie di documenti e sorprendenti intuizioni), utili alla conoscenza della storia della città dal Mille all'Ottocento e necessarie per il confronto con gli originali, nel caso in cui questi ultimi esistano ancora; diversamente, in assenza di un originale copiato, le Carte Corvisieri ne costituiscono l'unica testimonianza. Nella miscellanea appaiono materiali importanti come, ad esempio, l'inventario del Trecento dei beni della basilica lateranense, i mandati camerali, l'inventario della collezione di Paolo II Barbo, il Liber provincialis, con prezioso folio miniato da Polano, estratti di bollette del Santo Spirito in Sassia e del palazzo di San Marco. Dal Libro di conti di Luca da Siena 2, famiglio di Niccolò V, lo studioso annota i nomi degli artisti quali ‹‹Pisanello in San Giovanni in Laterano, Gentile da Fabriano il 28 gennaio 1427, frate Giovanni dipintore›› e ancora, scrive a margine: ‹‹Beato Angelico?››; prosegue nella sua revisione dei camerali con gli anni di Pio II e Paolo II: ‹‹Mino da Fiesole, Antonazzo, Giacomo da Pietrasanta›› e poi elenca miniatori e scultori. Grazie ai pagamenti, l'erudito registra i restauri delle strade, del ponte rotto, della statua di Marco Aurelio o l'acquisto di anticaglie 3.

Ma il grande lavoro di Corvisieri è stato quello di aver confrontato e raccolto documenti di diversa collocazione ordinandoli per soggetti. Nei suoi scritti appare una città in mutazione: sono i tempi delle grandi fabbriche di S. Pietro, di San Salvatore in Lauro, di S. Maria Maggiore, di palazzo di Venezia, e le cave di materiali sono ovunque, come a monte Aventino o presso la petrara della vigna di ‹‹Nostra Santità›› 4. Corvisieri deve aver avuto un interesse specifico per la figura di Paolo II Barbo: consulta e spesso trascrive i documenti che seguono le strette relazioni con l'Accademia Pomponiana. Le trame di quella congiura vengono ricostruite dallo studioso in una serie di appunti preziosissimi che, anche se non hanno un vero e proprio corpo organico, tracciano la rete di relazioni tra umanisti e principi del tempo.


2. Il cardinale veneziano Pietro Barbo, pontefice di Roma

A dispetto dei pochi voti ricevuti dai cardinali Carvajal e Scarampo, il 30 agosto 1464 il conclave, riunito per scegliere il successore di Pio II Piccolomini (1458-1464), elegge senza nessun tentennamento il cardinale di San Marco: il veneziano Pietro Barbo, figlio di Niccolò Barbo e Polissena Condulmer, sorella di papa Eugenio IV, era nato il 26 febbraio del 1418. Avviato al commercio e rimasto orfano di padre, lo zio pontefice era stato il garante della sua formazione umanistica e della porpora cardinalizia, ricevuta a poco a più di vent'anni: dopo l'elezione di Eugenio IV, Pietro Barbo lo raggiunge a Ferrara per ricevere la tonsura e il cappello cardinalizio col titolo di Santa Maria Nova a Roma (22 giugno 1440). “Bello di alta statura e di indole simpatica, aveva l'animo di conquistare l'animo altrui” 5, Pietro Barbo è consacrato papa il 16 settembre 1464, col nome di Paolo II. Il temperamento del neoeletto è immediatamente manifesto. Nell'intenzione di togliere potere al collegio cardinalizio, il papa revoca quanto stabilito in conclave pochi giorni prima, asserendo la esclusiva sovranità pontificia, già avvisata dal suo predecessore Pio II, e seguendo la linea accentratrice e assolutista perseguita dallo zio Eugenio IV Condulmer. Paolo II con un'azione di forza annulla anche i privilegi agli abbreviatori; ne abolisce il Collegio, ed elimina i laici dall'amministrazione pontificia, lasciandoli “senza stipendio”: così facendo in breve tempo si guadagna lo spregio dei letterati e l'opinione di un papa “senza litterae”, interpretazione che ha condizionato gli studi successivi fino all'età moderna. Il giudizio che ne dà il Platina nelle sue Vita͔͔͔͔e Pontificum, scritte all'epoca del successore Sisto IV della Rovere, è certamente mosso dal livore dei ceppi ricevuti in Castel Sant'Angelo ai tempi di papa Barbo: «Hebbe così in odio gli studi della Humanità et così li dispreggiava e vilipendeva, che tutti quelli che vi davano opera soleva egli chiamare eretici. Per questo confortava et essortava i Romani a non fare molto perdere tempo a' figlioli loro negli studii di queste lettere e che assai era e bastava se essi sapevano leggere e scrivere» 6. Lorenzo de Medici riferisce al duca Francesco Sforza, che «iI papa ha prohibito a tutti li maestri de scole che non vole Sua Santità che leggano poeti latini per la heresia intrata in certi che se dilectavano de certi poeti».

Il 16 giugno 1451 Pietro Barbo riceve il titolo di San Marco, ma deve aver abitato nel palazzo adiacente a quella basilica già tempo prima; il cardinale, futuro Paolo II, dopo l'elezione progetta lo scrigno per un tesoro prezioso, raccolto in un nuovo foro accanto a quello antico. La data di fondazione (1455) apposta sulle monete , ritrovate nelle fondamenta del Palazzo di Venezia, segna l'inizio dei lavori della fabbrica di san Marco. (Figg. 1 e 2)

Fig. 1 - Medaglia card. Pietro Barbo, 1417-1471 (Papa Paolo II, 1464), card. di S. Marco, Washington, National Gallery of Art, fondo Lisa Unger Baskin, bronzo, public domain, 2007.150.4.a. Foto cortesia Cristina Mochi. Fig. 2 - Medaglia card. Pietro Barbo, 1417-1471 (Papa Paolo II, 1464), card. di S. Marco, Washington, National Gallery of Art, fondo Lisa Unger Baskin, bronzo, public domain, 2007.150.4.b. Foto cortesia Cristina Mochi.
Fig. 1 - Medaglia card. Pietro Barbo, 1417-1471 (Papa Paolo II, 1464), card. di S. Marco, Washington, National Gallery of Art, fondo Lisa Unger Baskin, bronzo, public domain, 2007.150.4.a. Foto cortesia Cristina Mochi. Fig. 2 - Medaglia card. Pietro Barbo, 1417-1471 (Papa Paolo II, 1464), card. di S. Marco, Washington, National Gallery of Art, fondo Lisa Unger Baskin, bronzo, public domain, 2007.150.4.b. Foto cortesia Cristina Mochi.

Il complesso, che avrebbe dovuto avere due torrioni (se ne costruì solo uno), era dotato di un giardino esterno, il magnifico viridarium, e l'angolo dominato dalla torre della biscia (per la sua scala a chiocciola) costituiva la Platea Nova, quinta grandiosa per chi arrivava dal Corso. Vivono con lui i nipoti Giovanni Michiel, Battista Zeno, Giovanni Barbo 7 e il fratello più giovane di quest'ultimo, Agostino. Il cardinale provvede alla loro istruzione e al loro mantenimento. L'altro nipote, Marco Barbo, del quale Michele Canensi non dimentica di celebrarne la grandezza 8, vivrà, dopo aver ottenuto il titolo di cardinale di San Marco, negli ambienti più vicini al giardino di palazzo, già residenza cardinalizia.

Paolo II condivide l'amore per l'antico con lo zio Eugenio IV, ma soprattutto con papa Niccolò V Parentucelli (1447-1455), mecenate e protettore di studiosi e letterati, occupandosi anch'egli dello Studium Urbis; se le lettere antiche con Niccolò V avevano avuto maestri illustri quali Lorenzo Valla, Poggio Bracciolini, Crysolora e il Bessarione, ora le cattedre del ginnasio saranno affidate proprio dal Barbo ad insigni docenti, come Gaspare da Verona o Pomponio Leto. Inoltre, il papa particolare cura deve aver dimostrato verso i «giovani volenterosi», come già evidenziava Corvisieri basandosi sulla biografia papale redatta dal cardinal Angelo Maria Querini nel Settecento, se alla data del 1470, il pontefice concede a Stefano Colonna la somma di 100 ducati per gli studi del figlio Francesco 9 .

Ad elezione avvenuta, Paolo II Barbo ha cercato di rinsaldare la Chiesa, conferirendo nuova coesione ad essa, combattendo favoritismi ed eresia, e controllando direttamente gli interessi dello suo stato 10. Il papa contrasta energicamente le diatribe tra famiglie avversarie e interviene tra Everso dell'Anguillara (e i Colonna) e gli Orsini 11. Nell'intenzione di un controllo più stretto dei Conservatori capitolini, il pontefice trasferisce la sede papale al centro di Roma, nel palazzo di san Marco, di certo più vicino al Campidoglio.

Il dissenso generale che incontrò Paolo II è stato condizionato anche dalle sue azioni repressive mosse contro gli ambienti religiosi e curiali, in sospetto di eresia; Stefano Infessura nel suo Diario della città di Roma riporta dell'accusa fatta ai “fraticelli de opinione”, setta pauperistica eretica di Poli, borgo vicino Palestrina, costretta alla conversione nel 1467 12. I Fratres, sulla base di modelli antichi, si erano spinti verso oscene pratiche sacrileghe, che vennero punite energicamente. Ma tale iniziativa di papa Barbo era stata animata dallo spirito di riforma che aveva visto nascere, a Venezia nel 1404, la Congregazione dei canonici regolari di San Giorgio in Alga, avviata da Ludovico Barbo, suo parente. A questa comunità di regola agostiniana, 13 aderirono molti giovani consacrati, tra cui Antonio Correr, Lorenzo Giustiniani, Marino Querini e lo zio Gabriele Condulmer. Anche se dobbiamo riconoscere come fondatore della congregazione la figura di Gabriele Condulmer, va distinto il ruolo di Lorenzo Giustiniani, elemento propulsore della spiritualità rinnovata della comunità, nella regola del Vangelo, attraverso le letture di S. Bernardo e di S. Agostino. Nel 1468 il pontefice Paolo II istituisce la sede della nuova spiritualità veneziana14 nel Convento di San Giorgio a Roma annesso alla chiesa di San Salvatore in Lauro, secondo la richiesta presentata in curia dall'ambasciatore veneto a Roma e avanzata da Matteo Carturo, generale dei canonici di san Giorgio in Alga di Venezia 15. La presenza del potere agostiniano in città, così rinsaldato, può essere giustificata alla luce di tali avvenimenti. Il Pontefice era stato particolarmente intransigente anche nella lotta contro i fanatismi: le tangenze tra gli argomenti delle sette religiose eretiche e i temi frequentati dall'élite culturale-letteraria furono strettissime e, proprio per evitare tale confusione nelle condotte, la repressione delle eresie fu da parte di Paolo II durissima. In relazione ai rapporti tra Pietro Barbo e l'ambiente umanistico, invece, nuovi aspetti emergono dall'analisi del suo entourage più stretto. Il giovane Barbo aveva studiato con Giorgio Trapezunzio, con Lotto degli Agli 16, a Firenze ai tempi del trasferimento dello zio papa, con il veronese Jacopo Rizzoni e aveva frequentato l'aretino Giovanni Tortelli. Più tardi tra i provisionati, stipendiati a palazzo, come ricorda Laura Zabeo 17, figurano il letterato fiorentino e amico Leonardo Dati 18, suo primo segretario, il bolognese Lianoro de' Lianori e Cristoforo da Piacenza, dotto medico di fiducia dell'ecclesiastico - ma anche familiare e commensale del papa- e Giannantonio Porcellio Pandone, capace umanista al quale Gaspare da Verona indirizzerà parole sprezzanti solo per il timore di perdere il ruolo di biografo papale19. Oltre al Volterrano, è a suo servizio come fiduciario, Gaspare Biondo, maestro, custode del registro della Camera apostolica il 24 del 1466 20, e notaio che cura nel 1471 la pubblicazione a stampa della Roma instaurata scritta dal ben noto Flavio 21, suo padre. Proprio negli anni del pontificato Barbo, Roma ha già dal 1467 la sua stamperia, aperta dopo il trasferimento da Subiaco 22 di quell'impresa fondata da due chierici tedeschi Arnold Pannartz e Conrad Sweynheim, legata all'invenzione dei caratteri mobili in Germania. Fuor di dubbio, quindi, è l'azione di promozione culturale e protezione degli ambiti umanistici da parte di Pietro Barbo. Il veneziano umanista deve essere stato per sua formazione e provenienza molto lontano dalle fantasie neoplatoniche di Firenze. Il peculiare interesse del papa per la storia, evidenziato già da Giuseppe Zippel, «che ben s'accorda con i suoi interessi antiquari», sembrerebbe aver promosso quel processo letterario della memoria biografica relativa ai pontefici, che difficilmente appare prima dell'elezione di Paolo II: dal 1464 la corte di Roma registra la presenza di letterati biografi, che attraverso la narrazione del vissuto dei pontefici avrebbero guadagnato stima, protezione personale. Gaspare da Verona, vicino al cardinale Barbo già da anni, a pochi mesi dall'elezione al pontificato, nei suoi Annales, compila la prima parte di una biografia papale, sviluppata poi negli altri libri del De gestis tempore pontificis maximi Pauli secundi, sebbene la stesura appaia oggi mutila 23. Anche in questo caso, il Barbo è orientato a ripercorrere le linee dello zio papa. Difatti una tradizione biografica per immagini era stata avviata già da Eugenio IV, nel ciclo pittorico delle corsie del Santo Spirito in Sassia (poi restaurato e concluso da Sisto IV) come ipotizza Stefania Pasti 24 che, nell'episodio dell'Ingresso in Paradiso del ciclo sistino, vi riconosce il ritratto di Eugenio IV. Ripristinata la Confraternita del Santo Spirito (utile al sovvenzionamento dell'ospedale), egli aveva dato avvio al nuovo cantiere e affidato ai frati con regola agostiniana la cura dell'istituto 25. Ne è precettore il nipote Pietro Barbo.

Dopo il 1478, il viterbese Michele Canesio redige una nuova biografia 26 di papa Barbo che sembrerebbe quasi integrare quella sopra menzionata del veronese. L'autore ha l'intento di difendere Paolo II dalle accuse del Platina 27. Nulla sappiamo invece della Vita di Paolo II scritta dal nipote Giovanni, figlio del fratello Paolo Barbo e indicata da Gaspare da Verona 28.

Paolo II muore all'improvviso il 26 luglio del 1471, a soli 54 anni, per un attacco apoplettico e Platina allude ad un avvelenamento. Aveva mangiato la sera prima nel giardino. Purtroppo, non aprirà la Porta Santa di quel Giubileo anticipato e tanto atteso, né vedrà il completamento dell'amato palazzo di San Marco: i funerali saranno celebrati in San Pietro.

Lascerà però di sé una straordinaria collezione.


3. Il fascino delle pietre. Pietro Barbo collezionista

Già a partire dal 1457/60 fanno parte della favolosa raccolta antiquaria del cardinale Pietro Barbo mosaici portatili, tavole dipinte bizantine, monete antiche e cammei documentati nell'inventario dell'Archivio di Stato di Roma 29. La presa di Costantinopoli del 1453 deve aver contribuito di certo all'arricchimento della collezione. Eugène Muntz annota nel suo Les art à la cours des papes 30 accanto all'inventario del 1457 che pubblica per intero, un altro non ben definito del 1471, che dalle sue descrizioni risulterebbe diverso dal primo. Negli appartamenti verso il viridarium il cardinale Barbo raccoglie una delle collezioni antiquarie più ricche del suo tempo: bronzetti, vasi in pietra dura, cammei e intagli, argenti, monete, icone, mosaici, oggetti liturgici e paramenta greci erano distribuiti all'interno delle piccole camere, secondo un percorso tipologico suggerito nel registro dell'archivio di Roma, vero allestimento museografico in nuce. La raccolta antiquaria di Pietro Barbo era stata concepita sull'idea del Thesaurus medievale, come collezione di piccoli oggetti antichi e preziosissimi ai quali si affiancano mosaici, icone, tappezzerie e panni ricamati. In un secondo momento il Barbo si interessò anche alla statuaria, esibita nel viridarium, il giardino pensile del Palazzo di San Marco. La collezione nel tempo si arricchisce cambiando anche tipologia - da Thesaurus a Museion- stimolando le scelte del futuro collezionismo romano. La passione per gli oggetti antichi e preziosi è rintracciabile nei rapporti epistolari con Maffeo Vallaresso e Ciriaco d'Ancona, personali agenti antiquari 31: Ludovico Carbone in Ferrara nell'orazione del 1460 saluta il cardinale «rerum omnium antiquorum studiosissimum» 32 e Gaspare da Verona, suo biografo, aggiunge «possem his addere com tabulas et tapetes alaeaque tam grecorum quam latinorum comparasse, que non parvi pretii esse creduntur» 33. L'avidità di possedere a tutti i costi beni preziosi fu pari nel Barbo alla vanità di ostentare la sua ricchezza: «ammassò gioielli per incastonarli sulla sua corona. Il loro valore fu stimato in ragione di 200.000 fiorini d'oro, e quando più tardi l'imperatore venne a Roma, quando al Laterano gli mostrava le teste degli apostoli, Paolo raffrontò uno smeraldo che decorava le loro custodie con una gemma che portava al dito per vedere quale delle due fosse più bella…Forse la passione di Paolo per le cose preziose derivava dal fatto che un tempo, a Venezia, aveva fatto il mercante…Chi possedeva un tesoro immenso in pietre e gioielli era lo Scarampo il quale, morendo il 22 marzo del 1465 divorato dalla rabbia di vedere eletto il suo peggior nemico, lasciò un patrimonio di più di 200.000 fiorini d'oro. Poiché avrebbe preferito trasmetterlo in eredità ai turchi piuttosto che a Paolo II, nominò suoi successori i nipoti; ma il papa dichiarò nullo il testamento, fece arrestare i nipoti che erano fuggiti, e, ricondottili a Roma, si impadronì di una cospicua parte dell'eredità. Carri e carri di monete d'oro e di oggetti preziosi di ogni sorta, che lo Scarampo aveva fatto spedire a Firenze, furono scaricati in Vaticano.» 34 La sua collezione privata si presentava già ricchissima ai tempi del cardinalato; una collezione assai rara, come rara è stata l'idea di assicurarne la visibilità e di incrementarne il valore commerciale attraverso la traduzione in placchette bronzee dei soggetti delle gemme: 240 gemme antiche, comprendenti cammei e intagli, disposte all'interno di tavole con cornici d'argento dorato su cui era inciso il nome del Barbo accostato quello di Bacco. Eugène Muntz per primo segnala nel 1879 35, la presenza al Museo Correr di Venezia di una riproduzione in bronzo di un cammeo Medici (Apollo e Marsia) “al rovescio di una medaglia ovale col busto di papa Paolo II”.

Fig. 3 - Paolo II Barbo, 1464, Giuliano di Scipione, Washington, National Gallery of Art, fondo Lisa Unger Baskin, public domain,1942.9.157.a. Foto cortesia Cristina Mochi
Fig. 3 - Giuliano di Scipione, Paolo II Barbo
1464, Washington, National Gallery of Art
fondo Lisa Unger Baskin
public domain,1942.9.157.a.
Foto cortesia Cristina Mochi

Gli interessi di Paolo II sono documentati dalle spese di pagamento dei registri dell'Archivio di Stato di Roma, nel Liber Bullectarum o Mandati Camerali. La carica di registri Camarae magister tenuta da Gerardo da Volterra 36 (detto il Volterrano) sarà assunta da Gaspare Biondo, che divenne dal 1463 segretario pontificio e maestro e custode del Liber Bullectarum 37. Grazie ai mandati risalenti agli anni tra il 1460 e il 1473 riusciamo a chiarire molte spese di palazzo: dalle carte apprendiamo che nel 1470 sono stati avviati i restauri per il “caballo di Marco aurelio” 38, e che il papa ha voluto il trasferimento del sepolcro di santa Costanza 39 a piazza Venezia. Nei registri appaiono anche i nomi degli artefici e frequente è la presenza di «Martino de Centuras et Cola Sachoccia et sociis pittoribus» 40. Gli elenchi degli artisti sono dettagliati: Gaspare de Tozoli 41 ha credito per “per uno cammeo et una corniola cum due teste et per metaglie d'argento et rame”, e Niccolò polano prete miniatore, Giuliano di amideo da Firenze pittore e miniatore, leonardo di guiduccio scultore e orefice risultano essere impegnati per il papa. Negli anni relativi al 1471-73, dopo la morte del Barbo, Sisto IV della Rovere assolve l'impegno di estinguere i debiti del «tempo di Paolo II, e per gioie e anticaglie 42-è citato anche il Cammeo di Franzia- per i lavori della fabrica di San Marco»43, e paga il credito a «Cristoforo de la villa e Compagni depinctori per lavori in san Pietro e san Marco» 44; il 27 marzo viene invece pagato «magistro Simoni de Francia miniatore per miniature per certi libri»45. Per provvedere all'estinzione dei debiti, il papa della Rovere, successore di Paolo II, istituisce una commissione apposita, composta dai cardinali Bessarione, Francesco Gonzaga e Angelo Capranica in carica fino al 1473 46. Negli anni sistini sembra di poter riconoscere la collezione di gemme di Paolo II in Vaticano (beni della Camera Apostolica) attraverso la descrizione delle cornici con Bacco, descritte nell'inventario, in cui vi erano sistemati i cammei. Certamente il pontefice Sisto IV ne dispone se, per organizzare la crociata, in data 7 aprile 1471, vende agli «spettabili signori Laurenzio et Juliano de Medicis», gioielli e balassum in tabula 47. Ancora nel settembre del 1471 lo stesso papa concede in pegno le gemme di Paolo II 48. I preziosi avevano di certo avuto “un ruolo sicuro” 49 anche nei giochi di potere finalizzati all'elezione di Sisto IV: allegata al dispaccio del 9 febbraio 1472 del carteggio di Lorenzo de' Medici, Riccardo Fubini rintraccia una polizza per 35.000 ducati in cui si elencano «camagli et gemme de papa Paulo» che ho rintracciato a Firenze 50, inviata da papa .

Alla morte di Paolo II, la collezione, tra le più ricche d'Europa, è smembrata e poi dispersa. Suo nipote Marco, cardinale, muore in povertà nella tenuta vaticana di S. Martinello. Gli appartengono libri per 8000 ducati. E' probabile che la raccolta di marmi sia stata lasciata nel palazzo di san Marco. Qualche cammeo rimane al cardinale Gonzaga (+ 1483), collezionista protetto da Paolo II, mentre altre pietre apparterranno ad Agostino Chigi, nel palazzo dei Banchi 51; senza dubbio il nucleo più ricco di cammei confluirà nella raccolta di Lorenzo dei Medici (per accordi con Sisto IV) (Fig. 4). Dopo il 1468, papa Paolo II matura l'idea di trasferirsi al Vaticano data l'inagibilità del palazzo di San Marco, a causa dei lavori relativi all'estensione della fabbrica sul fianco della basilica 52. Non è escluso però che la scelta del pontefice possa essere stata incoraggiata anche per una maggiore sicurezza personale.



Fig. 4 - Tazza
Farnese, Museo Archeologico Nazionale, MANN, Napoli. Dalla collezione
Barbo poi Medici. Plublic domain. Foto cortesia Cristina Mochi
Fig. 4 - Tazza Farnese
Museo Archeologico Nazionale
MANN, Napoli. Dalla collezione Barbo poi Medici
Public domain
Foto cortesia Cristina Mochi


4. Cammei e intagli. L'inventario Barbo dell'Archivio di Stato di Roma

L'inventario del cardinale Barbo è un volume cartaceo, con filigrane diverse, costituito da 142 fogli raccolti in coperta di pergamena; sulla costa appare la data 1457 e sul fronte quella del 1460, sotto l'intestazione, evidente annotazione più tarda: In nomine domini, amen Anno a nobilitate domini millesimo quadrigentesimo septimo, die vero lunae decima octava mensis julii, factum et inceptum fuit inventarium omnium honorum, equiis exceptis, reve.mi in Christo patris et domini, domini Petri miserazione divina tituli sancti Marci Sanctae romanae ecclesiae presbyteri, Cardinalis Venetarum, per me Johannem Pierti, publicum apostolica et imperiali auctoritatibus notarium, in presentia ejusdem reve.mi domini Cardinalis, in modum et formam qui sequitur 53

Il documento è diviso in più sezioni, non tutte redatte nello stesso momento e dalla stessa mano: vi sono elencati in successione cammei, bronzi, monete, pietre incise, tavole eburnee, argenterie, tappezzerie, e nell'elenco appaiono anche i libri (parte non più' presente nell'inventario).

La straordinaria collezione antiquaria era stata raccolta negli anni del cardinalato e sistemata nel corpo più antico della costruzione.

Il registro è opera di tre mani diverse: ad una prima stesura del notaio Johannes Pierti, che redige l'inventario nel 1457, si aggiungono poi i fascicoli del 1460. Una terza mano pone annotazioni a margine della lista dell'inventario, annotazioni preziosissime che indicano la stima dei pezzi, le donazioni o le vendite. Appaiono anche nomi che ci permettono di ricostruire con precisione l'entourage personale del cardinale: donatus dna Lucretiae, datum est banco de baronçellis, dmnus Pius habuit in die sue assumptionis, donatum Rafaeli familiare d rothomagensi, donatum est f. Alixandro.

L'inventario è stato pubblicato integralmente da Eugène Muntz nella sua monumentale opera Les arts à la cour des papes del 1878. Dopo il trasferimento dell'Archivio di Stato di Roma dal convento di Campo Marzio (luogo in cui lo consulta Muntz) all'attuale sede presso S. Ivo alla Sapienza, l'inventario Barbo è confluito nella sezione dell'Appendice Camerale I, al n° 24, con l'intestazione Inventarium domini cardinalis Sancti Marci antequam esset papa Paulus II.


5. Argentum, seu vasa argentea pro altaria portatilia

Insieme a quella spettante ai cammei e agli intagli, è questa la parte dell'inventario più curata, per informazioni e descrizioni capillari. Gli argenti sono descritti minuziosamente e se ne annota il peso in libbre. Al folio 53 r appare a margine la nota di cessione a terzi (Fig. 5).



Fig. 5 - Inventario Barbo, copia, Archivio di Stato di Roma, Camerale I, Appendice 24, f. 53r, caratteri cifrati. Foto cortesia Cristina Mochi.
Fig. 5 - Inventario Barbo, copia
Archivio di Stato di Roma
Camerale I, Appendice 24, f. 53r, caratteri cifrati
Foto cortesia Cristina Mochi

I caratteri sono indecifrabili. Ne parla Muntz nel suo saggio, ma non riesce a decifrare il messaggio. Massimo Miglio riconosce la grafia di papa Paolo II alla luce del confronto operato con le lettere autografe del Barbo nell'Archivio Segreto Vaticano 54. Tali segni particolari sono da riconoscere come caratteri cifrati in uso certamente in ambito commerciale a Venezia e negli scambi delle segreterie di corte già dal primo Rinascimento. Ma essi sono in uso anche presso gli umanisti al tempo di Paolo II: Lanconelli55 dell'Archivio di Stato di Roma, molti anni fa, mi riferiva che caratteri simili si riscontrano presso gli accademici pomponiani rinchiusi a Castel Sant'Angelo, che, ormai in carcere dopo la cattura del 1468, lasciano messaggi criptici sugli intonaci. È impossibile sciogliere con certezza il significato o cercare un nome nella nota dell'inventario, ma è più facile intuire le relazioni tra il pontefice umanista e la cerchia colta e intellettuale dello Studium Urbis e delle accademie romane. Perché nascondere quel nome? Miglio riconosce Lucrezia. Forse Lucrezia d'Alagno, amante di Alfonso di Napoli, esule a Roma, protetta dal cardinale Barbo e residente presso San Marco; oppure potrebbe essere Lucrezia Farnese, figlia di Ranuccio il Vecchio, citata nella biografia di Paolo II di Gaspare da Verona 56, e residente in prossimità del palazzo cardinalizio. Ma nessuna ipotesi è del tutto convincente.

L'annotazione non è sfuggita a Corvisieri, che nei suoi appunti accosta la scritta a margine del nostro codice a certe carte di cancelleria di Fausto Maddaleni Capodiferro, segretario del cardinale Giovanni Colonna. Quest'ultimo, zio di Pompeo Colonna e strettissimo parente del noto Francesco Colonna da Palestrina, protegge gli accademici nel proprio palazzo. Il registro di Maddaleni è ora nella Biblioteca Vaticana e vi è all'interno una legenda per decifrare i messaggi cifrati 57. Pur trattandosi di caratteri diversi dai nostri, la nota e ne ribadisce l'uso ancora nel XVI secolo tra gli ambienti politici. La rete di relazioni ricostruita da Costantino Corvisieri fa luce anche sugli stretti legami tra Roma e la corte di Urbino: nel manoscritto Urb. lat. 998, appaiono 72 cifrari utilizzati dalla cancelleria di Federico da Montefeltro. Alla c. 26 v., dove appare trascritto l'alfabeto criptico, mi sembra anche di poter leggere card. sti Marci.


6. Paolo II e l'entourage culturale. Gli anni della congiura

Dall'ottobre del 1468 papa Paolo II si trasferisce in Vaticano a causa dei lavori di Palazzo san Marco 58 quando in città era arrivata anche la peste. Il pontefice teme l'avanzata degli eserciti di Ferrante d'Aragona e la visita di Federico III a Roma è ulteriore fonte di preoccupazioni. L'umanista Antonio Patrizi Piccolomini è incaricato di redigere la cronaca degli avvenimenti 59. I sospetti legati alle trame politiche sono confermati dalla circolazione di dispacci cifrati 60. Durante una passeggiata nei giardini vaticani anni prima di quell'ottobre del 1468 Leonardo Dati invita Leon Battista Alberti a interessarsi alla crittografia, per meglio intercettare gli exploratores e per rendere più sicura la propria corrispondenza. L'Alberti scriverà il De Componendis Cifris nel 1467. Sempre nella cerchia accademica, Evangelista Maddaleni Capodiferro, già ricordato, registra sul suo brogliaccio annotazioni cifrate. Il letterato è anche l'autore di Naevia, dedicata ai cardinali Niccolò Ridolfi, Francesco Salviati, Innocenzo Cybo 61.

Qualche mese prima del trasferimento di Paolo II nel palazzo di S. Pietro, il 28 febbraio del 1468 dei «docti gioveni, poeti e philosophi», tra loro è Pomponio Leto, sono accusati di eresia e di immoralità, rinchiusi in Castel Sant'Angelo, interrogati e torturati. Agostino de' Rosii, ambasciatore milanese presso il Vaticano scrive a Galeazzo Maria Sforza:


«havevano facti una certa secta za più dì, de persone assay, et tute volta multiplicava de gente de ogni condicione, la più parte famigli de cardinali et de prelati. Et costoro tenevano opinione che nun fusse che altro mondo che questo, et morto il corpo morisse l'anima, et demum che ogni cosa fusse nulla se non attendere a tuti piaceri e voluptà, sectatori di Epicuro e de Aristippo, dummodo potesseno far senza scandalo, non za per tema de Dio, sed dela iusticia del mondo, havendo in homnibus respecto al corpo, perchè l'anima tenevano per niente. Et ita non facevano altro che godere manzando carne la quadragesima, non andar mai a la messa, se non curar de le viglile, ne de santi et al tucto contempnendo papa, cardinali, giesia catholica universale. Dicevano che santo Francesco era stato un ypocrita et demum se facevano beffe de dio e de li santi, vivando al suo modo usavano maschi e femine promiscue et indifferenter cum singulis similibus etc. Se vergognevano esser domandati per nome christiani. propterea se li Havevano facti mutare et se chiamaveno li sosprascripti nomi stranieri de simile…» 62.


Si parla di eresia, sodomia e congiura intentata ai danni di Paolo II. Gli Accademici di Pomponio Leto, accomunati dalla passione per le antichità, erano soliti riunirsi presso la casa del Leto sul Quirinale, ove discutevano di filosofia, letteratura, e arte, organizzando passeggiate archeologiche, letture, banchetti e rappresentazioni di opere classiche.

Giulio Pomponio Leto 63, era figlio illegittimo di Giovanni da Sanseverino e fratello di Roberto principe di Salerno, e decise nel 1450 di trasferirsi a Roma, dove studia con Valla, con Pietro e Teodoro Gaza e con Pietro Odo da Montopoli. Evidentemente in buoni rapporti con l'allora papa Paolo II, nel 1464, subentra a Pietro Odo nell'insegnamento di Retorica alla Sapienza. Leto già dal 1457 raccoglie intorno a sé un gruppo di umanisti, denominato Accademia Romana o Pomponiana. Il Leto abita in un primo periodo Ad apothecas obscura 64, alle botteghe oscure, a poca distanza dal palazzo di san Marco, notizia evidenziata da Magister 65, ma passata inosservata. Trasferitosi a Monte Cavallo sul Quirinale, la casa sarà restaurata nel 1479 66 e ingrandita per un nuovo acquisto: «la sua casa sul Quirinale era piena zeppa di frammenti di antica architettura e scultura, di iscrizioni e di monete antiche. Qui dove tutto ricordava il paganesimo romano, raccoglievansi i suoi scolari ed amici», con lo scopo precipuo di promuovere il latinismo più puro. «In casa si sprofondava in mezzo agli scrittori antichi, che ornava di note marginali e ricopiava con calligrafia ferma ma fine» 67. Tra di loro era l'uso di datare le proprie opere ab urbe condita. Del Leto non si conosce il vero nome, ma sappiamo quelli dei sodales più noti, citati dal Sabellico 68 anni più tardi: Bartolomeo Sacchi di Pastena detto il Platina, futuro segretario di Sisto IV e protetto dal cardinale Francesco Gonzaga, Filippo Bonaccorsi (Callimaco), Emilio Boccadelli, Marco Romano (Asclepiade), Marino Veneto (Glauco?), Pietro Demetrio da Lucca (Petreio), Giovan Battista Capranica (Flavius Pantagato), Paolo da Pescina (Paolo Marso), Agostino Campano 69. Il cardinale Bessarione ne diventa protettore. I sacerdotes Achademiae riconoscevano come unico maestro il Leto, nominato Pontifex Maximus. Il 28 febbraio del 1468 gli accademici, quasi tutti pieschi, sono quindi accusati di congiura: Petreio (Pietro Ammannati Piccolomini) aveva confessato che Callimaco Esperiente e altri complici avevano deciso di uccidere il papa il 2 marzo, mentre si recava alla basilica di S. Marco. Callimaco, Petreio, Glauco Condulmer (segretario del cardinale Bartolomeo Roverella) fuggirono da Roma; altri si rifugiavano nel Regno di Napoli; Bartolomeo Platina (allora segretario del cardinale Francesco Gonzaga, protetto di papa Paolo), Lucido Fosforo Fazino, Antonio Settimuleio Campano, Agostino Maffei verranno rinchiusi in Castel S. Angelo, sotto la custodia di Rodrigo Sánchez de Arévalo, consigliere e custode. Pomponio Leto è arrestato a Venezia nel 1468: era partito qualche mese prima, lasciando Roma, divenendo precettore di Andrea Contarini e Luca Michiel, parenti di Paolo II.

L'umanista, accusato dalla Repubblica per empietà e sodomia e condannato, scampa alla gogna grazie all'estradizione richiesta dal papa che obbligava Venezia alla consegna dell'empio al tribunale ecclesiastico. Leto è colpevole anche per aver scritto un libro immorale, di cui poco sappiamo. Una volta a Roma, Pomponio sarà imprigionato e prima del maggio 1469, dopo la “difesa” tanto nota, liberato. Proprio da quell'anno riprenderà le sue lezioni nello Studium. Anche Pomponio dichiara la sua innocenza ma vero è che nessuno degli imputati aveva negato la congiura. Papa Barbo quindi conosce Pomponio, lo protegge reclamandolo da Venezia a Roma, gli restituisce la cattedra a La Sapienza.

Tra i destinatari degli scritti del Leto appare Angelo Fasolo da Chioggia, vescovo di Feltre, che visse nella famiglia del pontefice Barbo e i cui rapporti con la cerchia dei letterati prossimo al Leto sono ampiamente documentati 70. Sventata la congiura, a nulla servirà la strenua difesa del vescovo nei confronti del giovane protetto e familiare Settimuleio Antonio Campano; rilasciato dopo la cattura, egli morirà nel 1469 a seguito delle torture subite. Accademico pomponiano è pure Gaspare Biondo, notaio apostolico e segretario pontificio: il Leto gli dedica sia una vita del poeta Stazio sia l'edizione a stampa di Nonio Marcello 71. Ma anche Paolo II ha contatti diretti con la cerchia degli accademici. Dai registri camerali sappiamo che Giannantonio Campano ha uno stipendio e Leonardo Montagna, provisionato, scrive epigrammi ai cardinali Francesco Gonzaga e Marco Barbo, a Niccolò Perotti, e a Pomponio Leto prigioniero a Castel Sant'Angelo 72. Montagna è a servizio dei cardinali Lorenzo Zane, nipote e tesoriere del papa, e Roverella. Il cardinale Marco Barbo presiede alla commissione dell'inchiesta contro gli accademici. Questi ultimi per assenza di prove, in riferimento ai capi di imputazione, eresia, sodomia, immoralità saranno liberati nel 1469, ad esclusione del Platina (nel 1471). Il sodalizio viene comunque abolito e riprenderà le adunanze solo con il pontificato di Sisto IV, quando, nel 1478, l'Accademia Romana verrà riconosciuta come confraternita religiosa 73.

Non possiamo ritenere i sospetti di Paolo II del tutto infondati, né credere ad una generica accusa di eresia. Su Filippo Bonaccorsi era caduto il sospetto di aver tramato con Maometto II, ai fini di rovesciare il governo pontificio. A tale proposito, Paola Medioli Masotti 74 ha indagato i fatti relativi alla congiura dei pomponiani individuando la possibile alleanza tra letterati e principi italiani (e con Maometto II). La corrispondenza medicea illustra con chiarezza i disegni ambigui dell'alleanza -Napoli, Firenze, Milano- lega filopapale. Federico da Montefeltro, fino a questi anni principale braccio armato della difesa del papa, temendo per la stabilità dei propri possessi sembrerebbe aver avuto dei ripensamenti. I contatti con l'ambiente romano sono testimoniati anche dalle annotazioni dei prestiti dei codici della Biblioteca urbinate agli accademici del Leto 75.

In relazione all'accusa di eresia, è ancora la corrispondenza a fornire maggiori dettagli: Daniele Conti 76 studia la lettera privata di Agostino Patrizi Piccolomini inviata poco dopo la congiura ad Antonio Monelli, fratello di Giovanni Monelli familiaris del pontefice, per aggiornarlo sugli eventi di Roma.

La relazione stretta tra Patrizi e Pomponio è attestata oltre dalla presenza della missiva, anche dai codici copiati o annotati dallo stesso Leto nella sua ricchissima biblioteca privata. La lettera cui fa riferimento lo studioso ci informa che «la letteratura classica, per questi elegantioli, si era sostituita in tutto alla teologia cristiana al punto da sfociare non solo in un generico anticlericalismo, ma nella negazione stessa del cristianesimo», posizione piuttosto rischiosa nella Roma di papa Barbo. Ma allo stesso tempo il documento riferisce, attraverso le conversazioni tra il Patrizi e Marco Franceschini 77, la necessità di «dissimulazione sotto il cui velo le opinioni sulla religione cristiana venivano coperte» 78. Marco Antonio Franceschini, citato nella lettera, è un accademico coinvolto, familiare di Giannantonio Campano, pomponiano e provisionato di Paolo II. Franceschini, molto legato al Bonaccorsi (Callimaco), lo seguirà a Chio. Purtroppo, la storiografia papale non segue gli eventi legati alla congiura né aggiunge elementi utili alla ricostruzione dei fatti: la biografia di Gaspare Veronese non ci è arrivata per gli anni relativi al 1468, e La vita di Paolo II del Canensis evita discretamente ogni allusione alla congiura. A questo si aggiunge l'ulteriore assenza dei registri della Camera Urbis per agli anni 1468-74, corrispondenti al pontificato di Paolo II. Sebbene il Platina, ormai bibliotecario, confermi la presenza degli Annales del veronese in Biblioteca Vaticana ancora nel 1475 - i testi sono ceduti in prestito a Pomponio Leto-, i volumi del 1468 sono scomparsi.

Zippel, nel 1904 non maschera il sospetto di un'azione mirata volta a cancellare i dati relativi a personaggi di rilievo legati all'ambito curiale, quando dichiara, la scomparsa del volume riferibile ai fatti del 1468. Lo studioso riconosce il testo nel codice della magliabechiana di Firenze, descritto nell'indice settecentesco, ancora oggi introvabile:


«De temporibus clementissimi pontificis Pauli II Quintum volumen per Gasparem Veronensem; cod. chart in-4°, scrit.. saec. XV, serico rubro tectus. In adversa tituli parte sequentes versus adnotati sunt :

Sunt deleta meis quaedam, derosaque chartis:

Magnatum imperium, qui sic voluere, peregi

Incipit: Cum ob suspicionem pestis [a. 1468] Roma abire statuissem, diuque cogitassem

mecum quo locorum me conferre commodius possem, tandem in eam ivi sententiam, ut satius mihi foret Sermonetum proficisci, ubi mensibus duobus et medio magna voluptate laetitiaque

permansi. Quare, cum vel apertissime viderem Honoratum [Caietanum] eius oppidi dominum unice a Paulo Secundo amari, et Paulum Secundum amari ab eo, institui litteris mandare quae vidi eo toco celeberrimo; nec enim illa rephrensione dignus ero, si in vita Pontificis summi inseruero quaedam poene singularia, quae in ea regione cognovi, etc.;»


Dalla revisione del Fondo Magliabechiano del 1883 il volume non è più nella Biblioteca Nazionale di Firenze. Innegabile è però, seppur in assenza di carte d'archivio, che l'epoca di Paolo II definisce la centralità di una Roma ritrovata (centro propulsivo ne sarebbe stato Palazzo Venezia) nell'ottica più piena della Renovatio Urbis: convergono in città le istanze antiquariali veneto-padovane -che indirizzano le scelte del collezionismo quattrocentesco romano- e che -proprio a Roma-incontrano gli interessi degli accademici pomponiani 79 e della cerchia degli umanisti. Alla spinta verso il nuovo contribuiscono con operosa solerzia le manifestazioni di pietà religiosa e sociale80; la Roma descritta nei Mirabilia Urbis c'è ancora, ma è una città cristiana che si integra alla memoria classica e allo studio delle sue vestigia, e si confronta con realtà culturali distinte; Roma è diventata territorio di confine e di scambio di linguaggi antichi e di libertà moderne.




Fig. 6 - Jean du Vivier (attr.), Reliquiario di Montalto, in oro, argento, pietre preziose, perle e sardonice, Montalto Marche, Museo Sistino
vescovile, appartenuto a Paolo II. Public domain. Foto cortesia di Cristina Mochi (vedi nota 47)
Fig. 6 - Jean du Vivier (attr.)
Reliquiario di Montalto
in oro, argento, pietre preziose, perle e sardonice
Montalto Marche, Museo Sistino vescovile
appartenuto a Paolo II
Public domain
Foto cortesia di Cristina Mochi
(vedi nota 47)



Appendice

Le Carte di Costantino Corvisieri-Misc. Corv., Biblioteca Vallicelliana, Roma


Cap. I

Istituzione e vicende dell'Accademia Urbana, delle sue leggi, riti e istituti, dei suoi molteplici fini e dei suoi sollazzi academici

Stato della letteratura italiana nel tempo che surse l'Accademia Urbana


Eugenio IV fu il primo ad edificare il Ginnasio romano. V. Fulvio Antic. di R., l. IV, c. XL!, Venezia. Ad Eugenio successe Niccolò V assai benemerito delle arti e delle lettere; fu grande ricercatore di codici -v. i miei doc. vaticani ed anche Zannelli nel Giorn. Arcadico-

Guidò l'emulazione negli altri principi d'Italia. Si parli della caduta di Costantinopoli che hasse tanti dotti e tanti libri in Italia e particolarmente in Roma e Venezia. Invenzione della stampa. Il Sabellico la chiamò invenzione mandata dal cielo che con incredibile celerità aveva riempito non solo l'Italia ma quasi tutta l'Europa d' una mirabile opulenza di libri-Opera Venetiis Albertinum de lisona vercellensium, 1502, pag. 59, f. 2, epistola ad Benedictum Cornarum. Sforzi e viaggi degli italiani per ritrovare i testi degli antichi classici greci e latini. Munificenza dei sovrani a questo scopo. Risorgimento spontaneo delle belle arti. Capitani italiani espertissimi della guerra Federico duca d'Urbino, Francesco Sforza duca di Milano e Gian Giacopo Trivulzio.-v. Rolmini, la vita del magno Trivulzio, t. I, in princ.- amore per le antichità, persino i notari ammaniorarono i loro sigilli a guisa di cippi o di altre anticaglie; ne ho avuto qualche saggio nell'archivio Napoli parlarne a Narducci-Era di quei tempi di vita tra principati e repubbliche. Gli uni mal fermi nel trono circondato da sospetti e gelosie e le altre incerte per l'importante ambizione dei grandi-v. Muratori, Annali dei tempi-

Saraceni in Italia. Carlo VIII invade Napoli e caccia gli Aragonesi. Quei che dicono essere i s… contrari allo studio delle arti e delle lettere perché non quita le ragioni nella loro politica non troverebbero riscontro nel secolo XV che fu latt….. di vicende, e pare si avanzò tanto nel sapere artistico e letterario. Dal Collegio degli abbreviatori del Varco Maggiore istituito da Pio II, così il Platina nella vita di Paolo II-Erat quidem illum collegium…v. Vita Pii II per campanum, op. Muratori, t. 9,pag. 20, pag.81- Renazzi St. Dell'Università, t.1, p. 171.-Intorno agli equivoci dei letterati tes…. degli abbreviatori ha trattato il conte Bossi nella trad. della vita di Leone X dal volgare t. IV note aggiornate p. 158- perchè Roma attirava tanto i letterati a farvi dimora. Si può spiegare con i grandi mezzi che avevano di beneficenza.


Pomponio Leto

capitolo II

Della istituzione dell'Academia Romana e della sua prima calamità sotto Paolo II


Secondo il Ginguene st. della Letteratura Italiana V.7 p.1 c. 4, p.3, senza cercare alcun testimonio fissa l'istituzione dell'accademia nell'anno 1457, cioè in quello stesso anno in cui … che morto Lorenzo Valla gli successe Pomponio Leto nella cattedra di Eloquenza- Il se rendit tres jeune ou il etude d'habord



L'uso di cambiare il nome per affettazione di antichità fu comune alla celebre accademia di Napoli, fondata dal Panormita e promossa poi dal Pontano, ce ne racconta Apostolo Zeno e il padre Roberto da Fano, il quale ha anche pubblicato il catalogo degli accademici che la componevano; e tra i primi si annoveravano , oltre il Panormita medesimo Facio, Lorenzo Valla, Giovanni Pontano, che poi similmente fu il primo a cambiar nome, chiamandosi Gioviano, e che fu proprio imitato dal Sannazaro, dal Galateo, dal Parrasio, dall'Attilio, da Pietro Summonte, da Francesco Paderico, e da altri centinaia di eruditi, del Regno di Napoli, che tutti facevano membri di questa Accademia.




     

NOTE

1 Le carte Corvisieri sono conservate nella Biblioteca Vallicelliana, mentre la miscellanea è nell'Archivio di Stato, i manoscritti in Bibl. Nazionale, a Roma. Costantino Corvisieri, erudito romano, si occupò delle indagini bibliografiche e dello studio della Paleografia, della storia e della topografia di Roma. Nel 1871 ebbe l'incarico di redigere una relazione sugli archivi dello stato, esistenti nella provincia di Roma, facendo poi parte della “delegazione per gli Archivi”, atta a sovrintendere al trasporto delle carte e dei documenti dagli edifici in cui si trovavano ai nuovi archivi di stato. Nel 1872, da funzionario dell'Archivio di Stato di Roma, si dedicò all'insegnamento della Paleografia presso lo stesso istituto. Nella sua abitazione in palazzo Mattei, fondò la Società Romana di Storia Patria, di cui sarà il primo Presidente. Corvisieri comprò e collezionò molti codici, libri stampati e carte sparse per la sua biblioteca e organizzò una raccolta antiquaria.

2 Il documento è trascritto dallo stesso Corvisieri, che lo indica nel complesso liberiano (non identificato).

3 Al collezionismo dobbiamo la diffusione di soggetti classici anche attraverso la circolazione di placchette di bronzo di traduzione dai cammei di Paolo II Barbo. Tali gemme verranno cedute, in parte, a Lorenzo de Medici, all'elezione di Sisto IV (1471), per estinguere un debito. Cfr. CANNATA 1982. MOCHI 2005, p. 32-33. MOCHI 2023.

4 Misc. Corvisieri, Busta XII C, 1460-1473, anche in ASR, Mandati Camerali, 112/6, Eugenio IV, f. 65v, 66r.

5 GREGOROVIUS 1972, pp. 21-122.

6 Per le notizie su Paolo II indispensabili: MODIGLIANI 2014, DBI, vol. 81, e bibliografia; GASPARE VERONENSIS, De gesta tempore Pontifici Maximi Pauli secundi, in MURATORI, R.I.S., Tomo III, parte II, 1900-1937, pp. 1-69; MICHELE CANNESIUM DE VITERBIO, Vita Pauli secundi Pontificis Maximi, in MURATORI, R.I.S., tomo III, II parte, pp. 65-176. Anche in ZIPPEL 1904. Cfr. anche in: PLATINA 1717; PASTOR 1910-1934, p.60; GREGOROVIUS 1972; RENDINA 1983. Utile alla storia del tempo, Giornale di Paolo II, BAV, Urb.Lat. 473B.

7 I giovani sono figli delle sorelle e del fratello di Paolo II: Giovanni Michiel, di Lorenzo Michiel e Nicolosa Barbo, Battista Zeno di Elisabetta Barbo e Nicolò Zeno, mentre Giovanni e Agostino sono i figli dell'amato fratello Paolo, scomparso intorno al 1463. Paolo II provvede anche alle sorelle di Giovanni Michiel e alle figlie di Paolo. In particolare, mentre Zeno vivrà fuori Roma, Giovanni Michiel, cardinale di S. Angelo in Pescheria, è noto a Roma per le sue grandi ricchezze. Acquisirà 11 forzieri con i beni del cardinale Giovanni Colonna a cui si aggiungono gli oltre 2000 ducati, averi incamerati dalla Camera Apostolica alla sua morte. Il fratello di Pietro Barbo, Paolo Barbo, letterato e uomo d'arme, muore probabilmente nel 1463. Ci ha lasciato di suo pugno il Libro dei conti, BAV, Barb. Lat. 1809.

8 ZIPPEL 1904, III, 16, passim (cfr. Indice); GUALDO 1964, DBI, vol. 6.

9 “ad amendum libros filio suo”, in Computa Cubiculari, 1468-71, 10 agosto 1470, in Canensis (Zippel 1904, p. 54). In relazione a tale argomento si veda anche in Misc. Corvisieri, XII, Oi. Il cardinale veneziano Angelo Maria Querini pubblica per intero il manoscritto che ha recuperato nella Biblioteca Angelica a Roma: il testo del Canensi usato da Muratori pochi anni prima era incompleto. Cfr. QUERINI 1740.

10 La riforma dell'annona provvede agli equilibri economici e sociali. L'argomento non ha destato molto interesse da parte degli studiosi, come già nota Zippel. Cfr. Zippel 1904, Appendice, pp. 193, 194, 195. Provvedimenti annonari di Paolo II.

11 GASPARE DA VERONA (ZIPPEL 1904, p. 89 e nota 1, 2), anche in Giornale di Paolo II, Urb. Lat. 1639, BAV, cc. 469-490.

12LODONE 2017, pp. 887-907. I “Fraticelli de opinione” erano dei dissidenti dell'ordine francescano che avevano scelto di seguire Michele da Cesena e avevano sostenuto l'assoluta povertà e rinuncia ai beni di Gesù e dei suoi apostoli. La comunità aveva scelto un loro Pontefice Massimo. Leonardo Dati, amico dell'Alberti, e segretario di Paolo II, scrive dei fraticelli.

13 Faceva capo al convento di santa Giustina a Padova, riformato in un secondo momento, fondato nel Medioevo con regola benedettina poi nel Quattrocento con regola agostiniana.

14 Sebbene non si possa risalire al fondatore dei Capitoli della congregazione di S. Giorgio in Alga, Eugenio IV, ad elezione avvenuta, li ha confermati. Nel convento di S. Salvatore in Lauro, oggi nella sala del refettorio, è presente la tomba di Papa Eugenio IV, collocata precedentemente in chiesa.

15 CORRADINI 2000, pp. 123-141.

16 Antonio e Pellegrino degli Agli: Antonio trasferitosi a Roma da Firenze, vivrà presso il Barbo insieme al fratello e avrà un incarico alla Sapienza.

17 ZABEO 2017, pp. 199.

18 RISTORI 1987, Dati, Leonardo, DBI, vol. 33. Primo segretario di Paolo II, Dati aveva conosciuto l'allora cardinale Barbo durante il soggiorno fiorentino di papa Eugenio IV nel 1434.

19 Porcellio Pandoni si era offerto come biografo. I rapporti tra i Montefeltro e l'umanista sono ampiamente documentati. ZANNONI 1895, pp. 104-122, 489-507. Pandoni scrive l'epitaffio funebre di Bernardino Ubaldini della Carda (+1437), padre di Federico da Montefeltro.

20 FUBINI 1968, Gaspare Biondo, ad vocem, DBI, Vol. X, e bibliografia di riferimento.

21 DELLA SCHIAVA, LAUREYS 2014, pp. 643-665; MARCELLINO 2014, pp. 163-186.

22 GASPARE DA VERONA (ZIPPEL 1904), anno 1467, p. 57. A Subiaco vennero stampati il De oratore di Cicerone e, con la data del 1465, le Divinae institutiones di Lattanzio. La prima opera stampata a Roma è Epistole di Cicerone.

23 L'opera manca del terzo libro, creduto da Zippel quello indicato nel registro della Magliabechiana di Firenze, oggi perduto. ZIPPEL ritiene che il corpus biografico sia stato smembrato per nascondere i nomi di esponenti importanti legati agli anni della congiura del 1468. Pomponio Leto chiede in prestito il testo del veronese il 7 ottobre 1475; anche Leonardo Grifi 22 giugno 1475, in Zippel 1904, prefazione XIII, nota 3.

24 PASTI, 2008, pp. 179-187.

25 ASR, Fondo Pergamene, RM, OSSS, Bolla Eugenio IV, 25 marzo 1446, cass. 54/44, beni e privilegia; cass. 54/45 e 54/46, bolla piccola.

26 De vita et pontificatu Pauli secundi, in ZIPPEL 1904, pp. 66 e ss.

27 MICHAELE CANENSI de VITERBO, Divi Pauli II Pont. Max. Vitae, BAV, Vat. lat. 3629, con bella miniatura al f. 1r.

28 GASPARE DA VERONA (ZIPPEL 1904), prefazione XV.

29 MUNTZ 1979, pp. 204 e ss.

30 MUNTZ 1879, pp. 181-287.

31 MELCHIORRE 2000, Maffeo Valleresso, ad vocem, in DBI, vol. 98.

32BAV, Ott. lat. 1153, c. 179 v, Vat.Lat. 7285. Cfr. VON PASTOR 1910-1934, II pp. 330 e ss. Per la collezione si veda anche MARINI 1784, pp. 198 e ss., in cui cita quattro lettere di Maffeo Vallaresso (Vat. Barb. 29, f. 153).

33 GASPARE VERONENSI (MURATORI 1900-1937) pp 1-69.

34 GREGOROVIUS 1972, p. 122.

35 MUNTZ 1879, p. 157.

36 ASR, Mandati Camerali, reg. 841, f. 28r, (1466 ag. 23).

37 ASR, Mandati Camerali, reg. 841, 24 ott. 1466.

38 Roma, Bibl. Valliceliana, Corv. Busta XII, c, 1460-1473. Corv. Busta XII, c, 1460-1473, f.116 r, ex 30, ex 8, ex 35, 34, f 117v.

39 “Paulo de campagnano carpentaris “reponendo ipsam in suo antiquo loco” Mandati 1471-1473, 1467-f.12, f.79, anche in Diario di Paolo dello Mastro, 1422-1484, in Buonarroti, X, 1875, pag. 144. Molti sono i nomi degli artisti citati: Simone di Giovanni di Firenze, Paolo di Giordano, Michele di Bologna, Bartolomeus Thomasii di Venezia, Jacobus de Dominico, Meus de flavis, Nardus Corbolini, anche in MUNTZ, 1878, p. 111.

40 Roma, Bibl. Vall., Misc. Corv. Busta XII, c, 1460-1473, f.74r;

41 Mandati camerali, 1469-1470 f. 51v.

42 Roma, Bibl. Vallicelliana, Misc. Corv. Misc. Corv. Busta XII, c, 1471-1473, f. 185.

43 Roma, Bibl. Vall., Misc. Corv., busta XII, c, 147-73, f.I, Mandati, 1464-66 f. 179 xv aprilis.

44 Misc. Corv., busta xii, f. 189, 19r.

45 Misc. Corv., busta xii, f. 240r.

46 deputati super solutione debitorum fe.re.dmi Pauli Papa II”, A.S.V., Diversorum Camer., Tomo XXXVII, c. I B, tomo XLII, c. 3B, anche in CANENSI (ZIPPEL 1904), p.92 e nota 5.

47 Parte dei beni Barbo sono certamente confluiti in Vaticano. Abiti liturgici antichi e greci e tappezzerie “dicti Pauli tempore cardinalatus”, risultano elencati nell'Inventario di Leone X Medici dell'Archivio di Stato di Roma, ASR, ff. 2v, f. 3r, f.12v., anche in MUNTZ, 1879, p. 159. Nell'inventario Barbo è descritto il magnifico reliquiario di Montalto (Fig. 6) che sarà utilizzato da Sisto V apponendo il proprio scudo Montalto Peretti, emblema molto simile a quello Barbo. Sisto IV decide di separare il fondo documentario da quello librario. Platina lo avvisa nella sua lettera dedicatoria del suo Liber Privilegiorum Romanae Ecclesiae, scritta dopo il 1478. MAIORINO 2013, pp. 639-633; Lettera di Platina, Archivio Segreto Vaticano, A.A., Arm. I-XVIII 1288, f. 4rv. L'epistola dedicatoria di Platina è pubblicata in Regestum Clementis papae V ex vaticanis archetypis, cura et studio monachorum Ordinis S. Benedicti, I, Romae 1885, pp. CCXXVII-CCXXVIII e in MIGLIO 2011 b.

48 FUBINI 1977, p. 259-lettera 89 n.1

49 DACOS, et al., 1982, p.153, nota 15.

50 L'elenco aggiunto alla polizza non è stato pubblicato. L'ho individuato in ASF, Mediceo, carteggio, filza 27, 23bis r, 23bis v) anche in MOCHI, 2023.

51E una tavola con due cammei grandi con arme di Papa Paulo.”, in BARTALINI 1996, p. 71 e nota 9.

52 Sono state trovate numerose monete poste in salvadanai nelle fondazioni dell'edificio (datate al 1455 e al 1465).

53 Inventario Barbo, ASR, Appendice camerale 24, f. 4r.

54 MIGLIO 1984, pp. 91-92, nota 3.

55 Devo ringraziare la Prof.ssa Lanconelli per l'indicazione suggerita ormai più di vent'anni fa.

56 GASPARE DA VERONA (ZIPPEL 1904), p. 129, nota 3.

57 BAV, Vat. lat. 3351, f. 143r. Si veda anche f. 188v. Nel manoscritto vaticano tra i vari appunti anche la stesura di Naevia, dedicata a Innocenzo Cybo, Giovanni Salviati e Niccolò Ridolfi, f. 177r. BAV, Urb.lat. 998, f. 26v.

58 BOVA 2017/2018, 43, pp. 12-80.

59 De adventu Friderici III imperatoris, Roma, Biblioteca Vallicelliana, Mss., F.73, cc. 1-24v; BAV, Vat. Lat. 8090, cc. 46-79v. MAHMOUD HELMY 2014, Patrizi Piccolomini, Agostino, in DBI, ad vocem, vol. 81.

60 Ne dà conferma MIGLIO, 2011 b, p. 125, che riporta la notizia da Giovio «La stranezza dei nomi rendeva furioso il papa, ignorante di letteratura e perciò sospettoso, che pensava ad un codice segreto usato in una congiura concepita per compiere un terribile delitto».

61 Si veda a tale proposito BAV, Vat. Lat. 3351. Nel manoscritto, databile al 1505, appaiono anche gli appunti per la stesura di NEVIA. Anche in Misc. Corvisieri, Busta IV, fasc. OI, e Busta XVI, fasc. 4; COLONNA 2016.

62 VON PASTOR 1910-1934, pp. 309 e 741. Per i riferimenti più specifici al contesto culturale/storico, anche successivo alla morte del Pontefice Barbo, vedi INFESSURA (Tomassini, 1890), p. 73 e ss.; Diarium Urbis ab anno 1481 ad 1492, in MURATORI 1900-1937, copia del Codice Vaticano Lat. 6823, BAV.

63 ACCAME 2015, Pomponio Leto, DBI, ad vocem, vol. 84, e bibl; repertoriumpomponianum.it;

ZABUGHIN 1909-1912. GARBINI 1991, Leto, Giulio Pomponio, ad vocem, DBI, pp. 12, 13. Anche in CALVESI 1996. CALVESI 1983, pag. 247; BIANCA 2008, pp. 25-56. DELLA TORRE 1903. MODIGLIANI et al., 2011, (A. MODIGLIANI, A., P. OSMOND, P., PADE, M, RAMMINGER). MIGLIO 2011.

64 BAV, Borg. Lat. 336, f. 38v; Cfr. ADINOLFI 1881, pp 254, 255, 256.

65 MAGISTER 2000, pp 155-165 e nota 9.

66 BAV, Barb. lat. 3011, f. 269. Misc. Corv., Busta IV, fasc. Oii, f. 60r., “de sancto Hieronimo in Quirinale”, presso “templum s. salvatoris cornelii”; ASR, collegio dei notai capitolini, Camillus Beninbene, reg. 175, ff. 130 e 140 r-v, del 17 aprile 1479; esiste copia in BAV, Barb.Lat. 1572, f. 32v. Il documento è anche cit. da LANCIANI, 1902-12, p. 115, e ZABUGHIN 1909-12, p.194; anche in MAGISTER 2000, p. 162 nota 10. DESSI' 2019. MOCHI 2020.

67 VON PASTOR 1910-1934, pp. 309 e 741.

68 Lettera di Marcantonio Sabellico a Marcantonio Morosini, a cura di DELL'ORO2008, in ACCAME 2008, pp. 201-219.

69 Corvisieri elenca gli accademici: Pomponio leto, Demetrio, Prospero Spirito da Viterbo, Carlo Berardi da Cesena, Manilio Ralli-è forse il segretario di Marco Barbo), Bartolomeo Aristufido, Antonio Miliziano, Giambattista Almadiano da Viterbo, P. Francesco Amerino, Sigismondo da Foligno, Lippo Brandolini religioso, Lodovico Lazzarelli, Lorenzo Eustachio-segr. Repubblica di Venezia, e poi aggiunge, Marco Romano Asclipiade, Marino Veneziano Glauco, Pietro detto Petrejo, Damiano Filippo Toscano, Callimaco, Bartolomeo Platina, Giorgio da Trebisonda, Iacopo Isolani, Pietro del Monte, Francesco Soderini, Zenobio Acciaiuoli; Virginia Accoramboni, in Misc. Corv., busta IV, fasc. Oii, f. 38r, Bibl. Vallicelliana, Roma. Si veda ancora ACCAME, 2015, DBI, Leto, Pomponio, ad vocem.

70 De Gestis, in ZIPPEL 1904, pp. 50, 51.

71 FANELLI 1968, Gaspare Biondo, ad vocem, DBI, vol. 10, e bibl. Il Biondo fece parte dell'Accademia di Pomponio Leto: questi gli dedicò una vita del poeta Stazio contenuta in una lettera premessa ad un codice della Tebaide (Vat. lat. 3279, cfr. DE NOLHAC 1887, pp. 200 e ss.) trascritto dallo stesso Leto per la famiglia Mazzatosta; così pure l'edizione a stampa di Nonio Marcello curata dal Leto è preceduta da una lettera al Biondo.

72 I santi protettori sarebbero stati Vittore, Fortunato e Gervaso, festeggiati il 20 aprile, festività solenne dei pomponiani, che ritengono tale data essere quella esatta del Natale di Roma.

Leonardo Montagna ritiene Pomponio Leto colpevole (Ms. S XXIX 8 della Biblioteca Malatestiana, c. 6r), in SANZOTTA, 2011, Leonardo Montagna, ad vocem, in DBI, vol. 75.

73 Festività solenne degli Accademici, che ritengono tale data essere quella esatta del Natale di Roma.

74 MEDIOLI MASOTTI 1982, pp. 189- 204.

75 Per i rapporti tra Federico di Montefeltro e gli umanisti romani si vedano gli studi di PONZI, E., 2024, Nella biblioteca di Federico di Montefeltro, in corso di pubblicazione.

76 CONTI 2017, pp. 984-1022.

77 Poco sappiamo di Marco Antonio Franceschini. Insieme a Callimaco Espediente è il maggiore sospettato della congiura. Franceschini seguirà Callimaco nella sua fuga verso Chio. Interessante è l'elegia amorosa dedicata a Rufina, sua amata. Cupido apparirà all'autore, rapito in un sonno profondo, e lo condurrà in volo verso un viaggio alla scoperta delle rovine romane. L'elegia sembra avere tangenze con i temi dell'Hypnerotomachia Poliphili.

78 CONTI 2017, pp. 990-991.

79 L'idea di un papa amico degli accademici è proposta da COLONNA 2016, pp. 11-15; l'autore anche nel progetto ICOXILÒPOLI PRESENTAZIONE PER LA BIBLIOTECA DI ARCHEOLOGIA E STORIA DELL'ARTE DI ROMA, in cui afferma che la «cultura antiquariale della Renovatio Urbis abbia avuto con Papa Paolo II Barbo un fondamentale impulso romano-centrico e che la dimora di Palazzo Venezia sia stata in tal senso un importante centro propulsivo. Le istanze antiquariali dell'Umanesimo padovano e veneto hanno infatti trovato in Roma una sistematizzazione di taglio scientifico anche grazie alla sinergia con l'Accademia Romana di Pomponio Leto che, dopo il felice esito del processo a quest'ultimo del 1468, comincia a collaborare fattivamente con lo Studium Urbis e, personalmente, con Papa Paolo II che, in base ai nostri nuovi studi, dimostra essere, sia pure inizialmente in segreto, un amico degli umanisti»

80 A tale proposito vanno ricordate le scholae peregrinorum, che, sulla riva destra del Tevere, assicurano ospitalità ai pellegrini cristiani verso le tombe dei martiri, e forniscono protezione al papa con i loro presidi militari permanenti.




	

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Valerio Sanzotta, Leonardo Montagna, ad vocem, in DBI, vol. 75, 2011.

VALLARESSO 2021

Maffeo VALLARESSO, Epistolario (1450-1471) e gli altri documenti trasmessi dal Codice vaticano barberiniano latino 1809, edizione critica a cura di Matteo MELCHIORRE e Matteo VENIER, Lujlbjana, Casa editrice della Facoltà di Lettere, Università di Lubiana / Znanstvena založba Filozofske fakultete Univerze v Ljubljani, 2021.

VON PASTOR 1910-1934

Ludwig VON PASTOR, Storia dei Papi nel periodo del Rinascimento dall'elezione di Pio II alla morte di Sisto IV, vol. II. Roma, Desclee & C. Ed. Pontifici, 1925.

WEISS 1958

Roberto WEISS, Un umanista veneziano: Papa Paolo II, Venezia, Leo S. Olschki, 1958.

ZABEO 2017

Laura ZABEO, I libri dei papi umanisti. La miniatura a Roma nel primo Rinascimento, Tesi di dottorato, Università degli studi di Padova, 2017.

ZIPPEL 1904

Giuseppe ZIPPEL, Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensis, Città di Castello, S. Lapi, 1904.

ZIPPEL 1910

ID., Paolo II e l'arte: note e documenti. I, Il giardino di S. Marco, in "L'Arte", XIII, 1910, pp. 241-252.

ZIPPEL 1904-1911

ID., Vite di Paolo II, in Muratori, R:I:S:, t. III, parte II, 1904-11, pp. 71 e ss.

ZABUGHIN 1909-1912

Vladimir ZABUGHIN, Giulio Pomponio Leto. Saggio critico, voll. 1-2, Roma - Grottaferrata: O.T.I., 1909-1912.

ZANNONI 1895

Giovanni ZANNONI, Porcellio Pandoni e i Montefeltro, in “Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filosofiche, s. 5, IV, 1895, pp. 104-122, 489-507.

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