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La Lastra Dipinta N.I. MANN 152850 (b) della Tomba Bisoma di Afragola  
Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 20 Novembre 2024, n. 966
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00966.html
Articolo presentato il 9 Novembre 2024, accettato il 17 Novembre 2024 e pubblicato il 20 Novembre 2024
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Area Restauro
Abstract

Lastra Dipinta N.I. MANN 152850 (b), parte della Tomba Bisoma rinvenuta ad Afragola nel 1961, presso la località Cantariello (NA).
Conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), la tomba datata intorno al 310 a.C. è composta da due sepolture distinte e unite da un fregio decorativo continuo su cui sono presenti scene pittoriche su calce raffiguranti figure femminili legate al rito della libagione
e al mundus muliebris, temi ricorrenti nell'arte funeraria campana. La decorazione è resa con pigmenti naturali, prevalentemente terre e carbone, su un fondo bianco e senza disegni preparatori, tecnica che conferisce un aspetto essenziale e spontaneo alle rappresentazioni.
L'analisi dell'opera evidenza differenze tra le due unità della tomba: la prima presenta una superficie più ruvida e opaca, mentre la seconda ha il fondo levigato. Invece, l'iconografia comune rappresenta figure femminili in abiti tradizionali osco-campani ed è evidente una gerarchia sociale. La figura principale è rappresentata in scala maggiore rispetto alla secondaria.
Dal punto di vista conservativo, l'opera presentava diffuse lacune e concrezioni calcaree, dovute a infiltrazioni d'acqua e antichi interventi con materiali inappropriati, come le stuccature in cemento. Il recente restauro - svolto in occasione di una tesi di Restauro dell'Accademia di Belle Arti di Napoli - ha previsto il consolidamento del supporto e la rimozione delle patine e dei depositi tramite tecniche innovative, come l'uso di nanocalce e gel di CO₂. Questo intervento, rispettoso dell'autenticità e della sostenibilità ambientale ha restituito leggibilità all'opera garantendo che il manufatto possa essere apprezzato come una testimonianza dell'antichità e del sincretismo culturale tra influenze capuane e nolane.

Premessa
La Lastra Dipinta N.I. MANN 152850 (b) fa parte della cosiddetta Tomba Bisoma 1, un monumento funerario campano formato da due casse con una parete in comune che, sebbene considerate come un unico monumento, in realtà facevano parte di due tombe distinte, ciascuna con una propria lastra di copertura 2 (Fig. 1).


Fig. 1 - Due tombe dipinte N.I. MANN 152850. Tomba Bisoma, a sinistra l'Unità 1 con la Lastra Dipinta N.I. MANN 152850 (b) in corrispondenza della testata. ©Intesa Sanpaolo, 1989. Immagine riprodotta con permesso dell'archivio storico dell'istituto bancario Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 1 - Due tombe dipinte N.I. MANN 152850
Tomba Bisoma
, a sinistra l'Unità 1
con la Lastra Dipinta N.I. MANN 152850 (b)
in corrispondenza della testata. ©Intesa Sanpaolo, 1989
Immagine riprodotta con permesso dell'archivio storico dell'istituto bancario
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

Per agevolare lo studio delle due casse da questo momento saranno identificate come Unità 1 e Unità 2. L'Unità 1 (Tab. 1) oggetto d'interesse, riguarda la Lastra Dipinta 152850 (b) composta a sua volta da due elementi: un blocco inferiore, su cui vi è la rappresentazione figurata in esame, e un blocco superiore, con un fregio dipinto. Il primo misura circa 0,76 m², mentre il secondo, di forma parallelepipeda, ha dimensioni di 1,01 x 0,98 m, con uno spessore massimo di 0,23 cm. Nel complessivo la Tomba Bisoma ha una dimensione di circa 0,99 m (altezza), 2,38 m (lunghezza) e 1,43 m (larghezza).


Tab. 1 - Scheda tecnica dell'opera  Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Tab. 1 - Scheda tecnica dell'opera
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

La struttura d'insieme si sviluppa su due livelli: il livello inferiore costituisce le pareti, mentre quello superiore reca il fregio modanato. Il materiale utilizzato è il tufo giallo napoletano, lavorato in lastroni giustapposti a secco, senza l'uso di malta. Le pareti sono formate da due lastre di diversa lunghezza, sormontate a loro volta da un fregio caratterizzato da un listello e una gola dritta, realizzato con blocchi disposti lungo il perimetro delle casse che, di larghezza variabile, si appoggiavano parzialmente sul terreno, aggettando all'interno della tomba.

La decorazione sulle pareti è stata realizzata su uno strato sottile di calce, privo di aggregato, su cui è stata dipinta la scena figurata. Entrambe le unità presentano un'unica rappresentazione sulla testata, mentre le altre pareti sono decorate con motivi semplici. Nonostante le due testate rappresentino lo stesso tema, ovvero quello della libagione 3, differiscono per alcuni dettagli: nell'Unità 2 una pennellata gialla incornicia la melagrana, dettaglio assente nell'Unità 1, dove inoltre la decorazione del mantello a onde correnti della figura principale è più semplice. I soggetti si differenziato, tra le due unità, anche per la diversa armonia nelle forme e la proporzione rispetto all'architettura di sfondo. Anche la disposizione dei volti delle figure varia tra le due unità. Il volto della figura minore nell'Unità 2 è disposto interamente al di sotto della linea di congiunzione dei due elementi costitutivi, mentre il volto della figura maggiore è inscritta entro il fregio dipinto su quello superiore. In questo modo il giunto tra i blocchi separa perfettamente i due volti senza attraversarli con un maggiore equilibrio e armonia compositiva nell'Unità 2. Invece, nell'Unità 1 la composizione appare più spontanea e meno calibrata nell'esecuzione: il volto della figura maggiore è, anche in questo caso, della stessa dimensione del fregio che però non è perfettamente inscritto nel blocco superiore ma di dimensione ridotte, di conseguenza il volto della figura minore è diviso in due parti dal giunto di contatto dei due elementi.

L'Unità 2 presenta un'intonacatura più levigata rispetto all'Unità 1, risultando di un colore più opaco in quest'ultima. Le pareti laterali di entrambe le casse sono decorate con motivi semplici, con una superficie prevalentemente bianca e una decorazione di tre linee parallele (nera, rossa, nera) nella metà superiore. Il fregio presenta girali rosse come quelle della testata, mentre il listello è decorato con un kyma 4 a ovuli alternati a cuspidi scure su sfondo rosso. Il lato breve opposto alla testata dell'Unità 1 presenta una decorazione a foglie color ocra in corrispondenza della fascia mediana rossa motivo assente nella lastra di fondo dell'Unità 2 (Fig. 2 e Fig. 3) 5.


Fig. 2 - Decorazione a foglie gialle sulla lastra di fondo dell'Unità 1, Lastra Dipinta N.I. MANN 152850 (e). Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 2 - Decorazione a foglie gialle
sulla lastra di fondo dell'Unità 1
Lastra Dipinta N.I. MANN 152850 (e)
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

Fig. 3 - Unità 2, Lastra di fondo N.I. MANN 152850 (f) e le due lastre laterali (i) e (g). Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 3 - Unità 2, Lastra di fondo N.I. MANN 152850 (f)
e le due lastre laterali (i) e (g)
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

La scena principale della Lastra Dipinta 152850 (b) ritrae una donna di profilo dal lato sinistro che con la mano sinistra cinge al petto una focaccia, mentre con la destra sorregge uno skyphos 6 nero con decorazioni a motivi lineari rosse (Fig. 4).



Fig. 4 - Particolare del skyphos nero con decorazioni a motivi lineari rosse Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 4 - Particolare del skyphos nero
con decorazioni a motivi lineari rosse
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

La figura a sua volta sovrasta un fregio a girali, mentre di lato vi è un'ulteriore figura femminile più piccola - probabilmente a simboleggiare una differenza di status sociale - che sostiene una oinochoe 7 nera nella mano destra e una situla 8 a doppio manico nella sinistra di colore giallo ocra 9. Al centro della scena, sopra lo skyphos, è raffigurata una grande melagrana rossa, da cui scende una pennellata che simboleggia l'essenza del frutto.

Le due donne sono caratterizzate da tipici abiti del tempo: la figura a destra indossa un abito chiaro con una cintura dorata decorata con motivi rossi, un drappeggio bianco bordato di rosso e una mantellina rossa chiusa sul petto. Inoltre, indossa cinque collane, quattro delle quali rosse e una con pendenti gialli; i capelli scuri sono raccolti in un copricapo nero a sua volta trattenuto da una fascia rossa. L'altra figura è vestita e ornata in maniera simile, ma ha i capelli corti e sciolti sulla spalla.

L'iconografia delle tombe di Afragola segue un modello gerarchico, dove le figure minori, spesso accompagnatrici della protagonista, sono rappresentate in scala ridotta rispetto ai personaggi principali. Queste figure femminili indossano abiti tipici del costume osco, caratterizzati da stoffe leggere, cinture alte e acconciature elaborate 10.

Ipotizzando la fase di realizzazione della Tomba Bisoma è possibile sostenere che il terreno venne scavato per creare una controcassa quadrangolare, con un fondo battuto e privo di lastra pavimentale. Successivamente, le lastre perimetrali e centrali del lato divisorio vennero posizionate e seguite dal fregio, quest'ultimo posto a chiusura delle lastre. La suddivisione e il posizionamento degli elementi ne facilitò il trasporto e l'installazione, considerando che la Lastra 152850 (b) pesa all'incirca 273 kg. Le pareti vennero realizzate in più parti, con i massi sbozzati in cava, poi trasportati e montati in situ, mentre le lastre angolari probabilmente vennero tagliate diagonalmente per scaricare il peso sulla parete adiacente, evitando il cedimento interno della struttura.

Le informazioni sulla tomba sono state ottenute tramite osservazione diretta della Lastra Dipinta 152850 (b), necessarie per la ricognizione degli altri elementi conservati, ulteriormente supportate da fotografie dell'allestimento museale. Tuttavia, non è stato possibile documentare accuratamente tutte le lastre e i blocchi a causa della loro disposizione sfavorevole in deposito. Pur trattandosi di due tombe distinte, esse sono inventariate con lo stesso numero, ovvero “MANN 152850”, con ogni elemento identificato dalla lettera a alla z. La testata dell'Unità 1 è inventariata come MANN 152850 (b), comprendendo sia la lastra della parete sia il fregio, che originariamente non erano uniti, ma lo sono stati successivamente per mantenere la continuità della decorazione figurata.

La scoperta della Tomba Bisoma avvenne nella contrada Cantariello, a sud-est di Afragola, un'area oggi commerciale e attraversata dall'Autostrada del Sole A1 11. Le due tombe facevano parte di una piccola necropoli situata nelle campagne vicine al cimitero moderno di Afragola, confinante con i comuni di Casoria, Acerra, Cardito, Caivano e Casalnuovo di Napoli. Prima della scoperta, il terreno apparteneva a tre sorelle, Bianca, Franca e Lidia De Simone, alle quali fu riconosciuto un premio per il ritrovamento 12.

Nel VI secolo a.C., Afragola si trovava nella pianura campana, tra le antiche città di Atella, Capua e Napoli. Sebbene nel IV secolo a.C. non fosse un centro urbano organizzato, il territorio era probabilmente in contatto con la vicina e prospera Capua. Alla fine del IV secolo a.C., la Campania meridionale subì una ristrutturazione urbana e territoriale 13, con Capua e Nola come centri principali di produzione, collegati alla Campania meridionale attraverso il valico di Nocera 14. Le pitture di Afragola confermano i rapporti con Capua. Rinvenute prive del corredo funerario, le due tombe sono state datate stilisticamente alla fine del IV secolo a.C. 15.

Dopo la scoperta avvenuta il 27 luglio 1961, la Tomba Bisoma fu trasferita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN 16), dove venne sottoposta a un accurato lavoro di pulitura e conservazione. Questo processo fu ritenuto essenziale per preservare le delicate pitture e la struttura della tomba, garantendo che potesse essere studiata e ammirata in futuro.

Successivamente, la tomba fu esposta in una mostra intitolata "Pittura italica" 17, che durò oltre trent'anni, dimostrando l'importanza di questo ritrovamento all'interno delle collezioni del MANN 18 L'esposizione ha permesso di valorizzare l'eccezionale patrimonio archeologico della Campania, offrendo al pubblico una rara opportunità per osservare da vicino le testimonianze artistiche antiche.

Attualmente, la tomba è custodita nei depositi del MANN, noti come Cavaiole, un'area dedicata alla conservazione dei materiali lapidei. Le lastre e i blocchi dipinti della tomba sono stati allestiti su una struttura in metallo nel deposito.

La Tomba Bisoma di Afragola rappresenta un unicum tra le tombe a cassa 19 per via della sua configurazione strutturale insolita e delle decorazioni pittoriche 20, che evidenziano un incontro tra diverse tradizioni artistiche campane 21. La complessità architettonica e il valore artistico delle pitture sottolineano l'importanza di questo monumento che offre un prezioso sguardo sulle tradizioni funebri e sulle influenze culturali che si intrecciavano nella Campania del IV secolo a.C. 22.
Fina Serena Barbagallo

Organizzazione delle tombe di Afragola e influenze stilistiche

Le tombe di Afragola offrono una significativa testimonianza dell'incontro tra due modelli decorativi capuani del IV secolo a.C. Il primo modello si focalizza su figure umane rappresentate sulla testata superiore, circondate da cornici dipinte e motivi secondari sulle pareti laterali. Questo modello è stato successivamente influenzato dalla scuola nolana, che ha introdotto figure anche sulle pareti laterali delle tombe, conferendo una connotazione narrativa 23. Il secondo modello, privo di figure umane, è caratterizzato da un approccio architettonico, con colonne dipinte che sorreggono una trabeazione e un tetto decorato a doppio spiovente 24.

Le tombe di Afragola sono particolari per l'uso di un fregio continuo che percorre sia le testate sia le pareti laterali, unendo elementi stilistici di entrambi i modelli capuani. Questo fregio, decorato con fasce tripartite, si interrompe solo agli angoli delle testate, dove una pennellata nera segna il confine tra la decorazione secondaria e la figura principale.

Il fenomeno di fusione stilistica è ulteriormente evidenziato dalla Tomba Weege 25 di Capua (Fig. 5) 25, dove le figure umane sono inserite in un contesto architettonico, simile a quello delle tombe afragolesi, di colonne di sostegno a una trabeazione, alternate a edicole nelle quali si intravedono scorci di giardini 26.


Fig. 5 - Tomba Weege 25, disegni delle pareti laterali, Capua. ©L'ERMA di Bretscheneider, BENASSAI 2001. Immagine concessa con permesso dell'Editore Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 5 - Tomba Weege 25
disegni delle pareti laterali, Capua
©L'ERMA di Bretscheneider, BENASSAI 2001
Immagine concessa con permesso dell'Editore
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

Altri esempi intermedi, come la Tomba 3 di Capua a San Prisco 27 e la necropoli di Jan Palach 28, mostrano una commistione tra figure umane centrali e decorazioni architettoniche, suggerendo una continuità e un'influenza reciproca tra le varie tradizioni pittoriche campane. Questi esempi sono simili alle tombe di Afragola, che permettono anche di ipotizzare la ricostruzione della Tomba Weege 18 di Capua, che conserva solo la testata ma si può immaginare organizzata in maniera analoga 29.
Fina Serena Barbagallo

La pittura funeraria della necropoli Cantariello: tecniche e iconografia

Le pitture funerarie campane del IV secolo a.C. riflettono l'influenza greca 30 soprattutto nella prospettiva e nella tridimensionalità 31, ma la maggior parte mantengono un forte legame con la ceramografia contemporanea, utilizzando una linea di contorno per definire le figure e colori vivaci per esaltarne i dettagli. Le tombe di Afragola dimostrano questa tendenza, con una particolare attenzione ai dettagli iconografici e all'uso del colore 32.

Questo stile si confronta con una tecnica esecutiva tipica dei πίνακες λευκωμένοι (tavole imbiancate) 33, un tipo di decorazione ceramografica nata ad Atene nel secondo quarto del V secolo a.C. e usato fino alla fine dello stesso secolo, principalmente utilizzata per piccoli unguentari o lekythoi 34 a scopo funerario. La tecnica delle lekythoi prevedeva l'uso essenziale della linea di contorno per rendere le figure e l'impiego di quattro colori fondamentali: bianco per il fondo, rosso, giallo e nero 35 per gli elementi figurativi.

La pittura funeraria della necropoli Cantariello rappresenta un esempio significativo dell'arte antica, in cui si fondono tecnica pittorica appena descritta e simbolismo. Difatti, le figure dipinte mostrano un uso costante della linea di contorno per definire le forme e l'impiego di una palette cromatica ridotta a quattro colori principali. Questo approccio, sebbene simile a quello riscontrato in altre pitture funerarie della stessa epoca, presenta delle varianti stilistiche che riflettono l'autonomia del pittore rispetto alle tradizioni consolidate.

Un aspetto degno di nota è l'evidente volontà, da parte dell'artista, di discostarsi dalla rigida dipendenza dalla linea di contorno nera, tipica delle opere coeve. Questa indipendenza si manifesta in particolare nella rappresentazione degli abiti, resi con ampie campiture di colore che non sono delimitate da alcun bordo. Le pennellate nere vengono utilizzate principalmente per definire gli incarnati, e talvolta si notano sotto le campiture rosse, creando una profondità di strati pittorici. In alcuni casi, la linea di contorno è colorata, come si osserva nel bordo rosso che separa il mantello dalla focaccia di colore giallo, segno di una ricerca di variazione stilistica.
La linea di contorno e lo sfondo omogeneo, insieme, annullano il volume e lo spazio, ma l'artista riesce comunque a creare una luminosità interna all'opera. Questa è ottenuta attraverso l'uso di colori caldi su uno sfondo bianco, applicati con pennellate rapide e sinuose, che conferiscono vivacità alle figure rappresentate. Anche se la profondità spaziale è ridotta, alcuni elementi, come le mani e i piedi delle figure, risultano sproporzionati rispetto al corpo, probabilmente per suggerire un'illusione di profondità, un artificio stilistico che potrebbe trovare precedenti nella pittura greca
36.
Fina Serena Barbagallo

L'iconografia funeraria: un repertorio simbolico codificato

La scelta dei soggetti da rappresentare nelle pitture funerarie era fortemente legata al sesso del defunto, con un repertorio iconografico relativamente limitato dal quale il committente poteva attingere 37. In particolare, per le sepolture femminili, l'iconografia era composta da temi prestabiliti che rappresentavano la donna in diverse posture e con vari attributi simbolici.
Lo studio di Benassai ha identificato tre principali gruppi tematici ricorrenti nelle tombe femminili della Campania:

  • figura femminile stante, la donna è rappresentata in piedi, con in mano oggetti simbolici come fiori, specchi e ciste (Fig. 6) 38, (Fig. 7) 39;

    Fig. 6 - Weege 22, particolare della testata, Capua. ©L'ERMA di Bretscheneider, BENASSAI 2001. Immagine riprodotta con permesso dell'Editore Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
    Fig. 6 - Weege 22, particolare della testata, Capua
    ©L'ERMA di Bretscheneider, BENASSAI 2001
    Immagine riprodotta con permesso dell'Editore
    Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

    Fig. 7 - Weege 19, Capua. ©L'ERMA di Bretscheneider, BENASSAI 2001. Immagine riprodotta con permesso dell'Editore Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
    Fig. 7 - Weege 19, Capua
    ©L'ERMA di Bretscheneider, BENASSAI 2001
    Immagine riprodotta con permesso dell'Editore
    Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

  • due figure femminili, simile al primo gruppo, ma con due donne che sostengono in mano oggetti diversi;

  • figura femminile seduta in trono, in questo caso la donna è raffigurata in posizione seduta, spesso con attributi specifici che la caratterizzano.

Oltre a questi gruppi principali, esistono alcuni esempi isolati che si discostano da queste categorie. Uno dei casi più noti è la Lastra della tomba di Cuma, dove una figura femminile seduta su un trono è raffigurata mentre si specchia, assistita da una seconda figura di dimensioni minori. A differenza delle scene dei gruppi precedenti, che si svolgono su uno sfondo neutro, in questo caso l'ambiente assume una connotazione di interno, con la presenza di uno zoccolo decorato da un fregio a onde continue, che suggerisce un angolo della stanza 40. La pittura funeraria della necropoli Cantariello non è solo un esempio di arte decorativa, ma rivela anche una profonda connessione con il mondo simbolico e rituale dell'epoca. L'abilità tecnica del pittore, evidente nell'uso del colore e delle pennellate, si combina con un repertorio iconografico consolidato, che riflette l'importanza del contesto funerario e la rappresentazione simbolica del defunto. Nonostante le limitazioni imposte dalla tradizione, l'artista ha saputo introdurre variazioni stilistiche che conferiscono dinamismo e profondità all'opera, rendendola unica nel suo genere. Le tombe di Afragola rappresentano un punto di incontro delle tradizioni artistiche capuane, integrando elementi decorativi e stilistici che testimoniano l'evoluzione della pittura funeraria campana del IV secolo a.C. La somiglianza stilistica con le tombe capuane suggerisce una possibile origine comune, confermando l'importanza di Capua come centro di produzione artistica influente nella Campania meridionale.

Infine, le tombe dipinte di Afragola, con la loro iconografia legata alla libagione e al mundus muliebris, offrono uno spaccato significativo delle pratiche funerarie dell'Italia meridionale nel IV secolo a.C. La raffigurazione della libagione, con la sua prospettiva gerarchica e la presenza di oggetti dal profondo significato simbolico, non solo celebra il defunto, ma sottolinea anche il ruolo centrale della donna nel contesto rituale e sociale del periodo. La peculiarità delle tombe di Afragola, come l'uso della situla, ci ricorda l'importanza di studiare questi manufatti in un contesto più ampio, in cui tradizione e innovazione si incontrano per creare una sintesi unica tra arte, rituale e simbolismo.
Fina Serena Barbagallo

Tecnica esecutiva e stato di conservazione della Lastra Dipinta

Per comprendere la particolarità dell'opera in questione si ritiene che sia essenziale studiarne nel dettaglio la tecnica esecutiva e lo stato di conservazione, oltre al restauro con cui è stato possibile riportare alla luce un reperto artistico di notevole interesse storico. L'opera, ricavata da una roccia tufacea gialla, presenta una tecnica che unisce l'uso di calce come preparazione pittorica a una metodica esecutiva rapida ed essenziale. L'analisi dello stato conservativo ha rivelato, inoltre, una serie di problematiche legate al degrado della superficie dipinta, dovute a fattori ambientali e tecniche di conservazione adottate. L'intera superficie, priva di disegni preparatori, è stata dipinta con pigmenti a base di terre 41 e nero di carbone, applicati principalmente con la tecnica dell'affresco, sebbene alcune aree suggeriscano l'uso del mezzo-fresco. La rapidità esecutiva è evidente dall'assenza di suddivisione del lavoro in giornate e dalla presenza di segni lasciati dall'uso di strumenti come pennelli larghi e altri utensili che mostrano movimenti imprecisi.

Il degrado è stato causato sia dalle condizioni ambientali sia da interventi di restauro precedenti. Il supporto presentava una disgregazione diffusa e distacchi localizzati dovuti a infiltrazioni d'acqua e alla conseguente cristallizzazione di sali. Lo strato dipinto, compatto nella parte più superficiale, soffriva il cattivo stato di conservazione della preparazione a calce 42 che in molte aree si presentava disgregata e microfratturata, conseguenza della diffusione su tutta l'area dei cretti da ritiro (Fig. 8).



Fig. 8 - Micro-fratturazioni della preparazione a calce Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 8 - Micro-fratturazioni della preparazione a calce
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

Questi ultimi, insieme alla presenza di bolle d'aria e bottaccioli diffusi su tutta la superficie, sono dovuti alla tecnica esecutiva piuttosto rapida. La preparazione solo in alcune zone circoscritte, visibili dalle lacune, appariva più solida e meno microfratturata probabilmente grazie ai fenomeni di riprecipitazione di carbonati e silicati trasportati in forma di ioni dall'acqua d'infiltrazione. Le lacune, diffuse su tutta la superficie e per lo più causate dalla movimentazione, erano caratterizzate da spessori diversi: alcune, con la perdita solo del colore, portavano a vista la preparazione; altre più profonde, con la perdita totale dello strato preparatorio, mettevano in evidenza il supporto tufaceo (Fig. 9)


Fig. 9 - Diffusione delle lacune Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 9 - Diffusione delle lacune
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

I fenomeni di esfoliazione, distacco e scagliatura erano stati individuati, in quanto particolarmente evidenti, lungo i bordi delle lacune, dove il colore, ridotto a una pellicola sottilissima, tendeva a separarsi dall'intonaco.
La presenza di una patina grigia di natura carbonatica, visibile soprattutto in corrispondenza delle campiture cromatiche, ha indicato un processo di ricristallizzazione del carbonato di calcio
43. Le incrostazioni e concrezioni, particolarmente concentrate nella metà inferiore del dipinto e di notevole durezza, coprivano ampie porzioni della decorazione originale, risultando composte prevalentemente da calcite 44 (Fig. 10).



Fig. 10 - Concrezioni e incrostazioni calcaree Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 10 - Concrezioni e incrostazioni calcaree
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

Le colature presenti nella parte superiore del dipinto, individuate come carbonato di calcio in forma microcristallina, potrebbero giustificare anche la presenza delle concrezioni calcaree nella zona bassa della superficie. Si può infatti dedurre che la concrezione si sia formata per deposizione delle componenti carbonatiche solubilizzate nelle parti alte del dipinto (Fig. 11).



Fig. 11 - Colature di carbonato di calcio Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 11 - Colature di carbonato di calcio
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

Alla permanenza nel sottosuolo erano invece legate le concrezioni calcaree meno estese ma più tenaci. Questa tipologia di incrostazione era presente solo nella parte inferiore destra del dipinto, in corrispondenza del piede della figura. La superficie dipinta era inoltre interessata da depositi di varia natura e macchie organiche, attribuibili a precedenti interventi di restauro.

La Lastra Dipinta rappresenta un caso di studio significativo per comprendere le sfide di conservazione di questa tipologia di manufatti antichi. La combinazione di fattori tecnici ed esecutivi, unita alle difficoltà di conservazione in ambienti non ideali, ha portato a uno stato di conservazione complesso che ha richiesto interventi mirati per preservare la preziosità storica e artistica dell'opera.
Maria Teresa Giugliano

Analisi degli interventi conservativi pregressi

Nel corso degli anni Sessanta, poco dopo l'arrivo delle due casse al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, sono stati eseguiti interventi conservativi urgenti sull'opera in esame.

Un primo intervento evidente ha riguardato le stuccature, differenziate sia per il materiale utilizzato sia per la modalità di esecuzione. Le stuccature in gesso, eseguite grossolanamente e visibili anche sulle campiture cromatiche, sono state applicate principalmente lungo i bordi del dipinto per colmare le giunture tra le lastre. Questo intervento era mirato a migliorare l'aspetto estetico in vista della presentazione museale, ma ha avuto conseguenze sulla lettura complessiva dell'opera, poiché la continuità visiva tra le lastre adiacenti è stata compromessa.

Un'altra tipologia di stuccatura, realizzata in cemento, era visibile ai lati e sul retro della lastra. Questa scelta, sebbene discutibile dal punto di vista conservativo ed estetico, è stata probabilmente dettata dalla necessità di fornire un sostegno strutturale alla malta che teneva uniti i due blocchi costitutivi. La malta cementizia rinvenuta durante il restauro attuale, caratterizzata da aggregati di diversa granulometria, ha dimostrato che l'adesione tra le lastre è stata ottenuta principalmente grazie a questo materiale, con il cemento applicato superficialmente per rafforzare ulteriormente la giuntura. Tuttavia, l'utilizzo di una malta cementizia ha interrotto la continuità della stesura pittorica originale, introducendo uno spessore artificiale che è stato successivamente compensato con una malta di colore bianco caricata con additivi organici.

L'alterazione della patinatura superficiale è stata un altro aspetto significativo degli interventi conservativi pregressi. Durante la fase di pulitura, è emerso uno strato di colore giallo particolarmente diffuso nella parte inferiore del dipinto, che si manifestava in alcune zone come una crosta, plausibilmente derivante dall'alterazione di un prodotto organico applicato durante il restauro novecentesco 45. Negli anni Sessanta, era infatti consuetudine utilizzare resine naturali per saturare i colori e nascondere fenomeni di degrado che compromettevano la lettura del dipinto.

In sintesi, gli interventi conservativi eseguiti negli anni Sessanta sulla Lastra Dipinta riflettevano le tecniche e le scelte estetiche dell'epoca, ma avevano anche introdotto nuove sfide per la conservazione a lungo termine dell'opera. L'uso di materiali inappropriati, come il cemento, e l'applicazione di patinature artificiali avevano causato ulteriori complicazioni compromettendo l'integrità e la leggibilità del dipinto, rendendo necessarie ulteriori analisi e interventi per preservare questa testimonianza artistica.
Maria Teresa Giugliano

Restauro sostenibile: innovazione e rispetto per l'autenticità della Lastra Dipinta

Il restauro della Lastra Dipinta è stato eseguito utilizzando metodologie rispettose dei materiali originali, con particolare attenzione a garantire un basso impatto ambientale.

I primi interventi hanno previsto il consolidamento dei materiali costitutivi tramite l'impiego di nanocalce e nanoparticelle di silice, mentre la pulitura è stata condotta con soluzioni specifiche per rimuovere depositi e concrezioni. Le tecniche utilizzate sono state selezionate per garantire l'efficacia dei metodi senza compromettere l'integrità dell'opera. L'approccio estetico finale ha mantenuto l'autenticità del manufatto, differenziando le stuccature dall'originale per rispettarne la storia conservativa.

Le diverse fasi sono state eseguite con un'accurata attenzione alle caratteristiche e alle condizioni specifiche del manufatto. Il processo ha previsto una valutazione preliminare dello strato dipinto, per determinare la resistenza del film pittorico e identificare i pigmenti sensibili all'acqua di cui solo le campiture nere hanno mostrato una particolare vulnerabilità (Fig. 12)


Fig. 12 - Test di resistenza dei colori Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 12 - Test di resistenza dei colori
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

La fragilità dello strato a calce ha richiesto un consolidamento 46, utilizzando un prodotto a base di idrossido di calce nanofasico disperso in alcool isopropilico 47 coadiuvato all'applicazione di una soluzione acquosa di CO2 48 (Fig. 13).


Fig. 13 - Pulitura della superficie pittorica con impacchi di soluzione di ammonio bicarbonato supportata dal gel, Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 13 - Pulitura della superficie pittorica
con impacchi di soluzione di ammonio bicarbonato supportata dal gel
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

In questo caso specifico è stato eseguito il consolidamento di tutta l'area fino agli strati più interni delle superfici (fino a 1 cm), e al fine di ridurre i tempi di carbonatazione della nanocalce, sono state applicate soluzioni acquose di CO2 nebulizzata. Questo consolidamento ha permesso di procedere con gli interventi di pulitura successivi senza compromettere l'integrità del dipinto.

L'azione della nanocalce non è stata sufficiente per ristabilire la riadesione dei sollevamenti del colore, delle scaglie d'intonaco, dei frammenti totalmente distaccati e la perdita di soluzioni di continuità tra gli strati. In questi casi ci si è orientati verso l'utilizzo di una dispersione acquosa di un copolimero acrilico con granulometria molto fine 49.

Una fase cruciale del restauro è stata la pulitura della superficie dipinta. Le tecniche utilizzate sono state selezionate con attenzione per rispettare la delicatezza del manufatto, evitando danni e garantendo la rimozione sicura dei depositi. Tra queste, l'uso di una soluzione basica di bicarbonato di ammonio al 5% in acqua demineralizzata, supportata da un gel rigido omogenizzato 50, ha permesso di ottenere risultati efficaci senza compromettere la stabilità dell'intonaco 51. Tuttavia, per le aree più resistenti, è stato necessario ricorrere a trattamenti diversi come l'uso di PVA Borace 52. Per la rimozione delle concrezioni carbonatiche è stato usato il metodo della soluzione acquosa di CO2 53, il meno invasivo fra quelli testati 54, che ha permesso di recuperare gran parte dei toni originali del colore.

La patina carbonatica di colore grigio, in seguito alla pulitura, interferiva ancora visivamente con la lettura delle pennellate colorate. Per questo motivo, si è scelto di non rimuoverla ma di assottigliarla qualora avesse interferito con la lettura dell'immagine, poiché la sua presenza era da attribuirsi a fenomeni di ri-carbonatazione legati alla particolare storia conservativa del manufatto 55. La patina ed eventuali residui di concrezione più tenaci sono stati trattati con gel poliacrilico 56 preparato come fluido viscoso al 4% in acqua demineralizzata 57.

Per la rimozione delle macchie gialle di natura organica sono state individuate, attraverso il Trisolv 58, le miscele solventi idonee per la rimozione delle resine naturali invecchiate 59.

Il consolidamento del supporto tufaceo, essenziale per garantire la coesione e la stabilità del manufatto, è stato ottenuto attraverso l'uso di una dispersione acquosa di nanoparticelle di silice 60 , un materiale scelto per la sua compatibilità con il supporto originale e la sua capacità di non alterare l'aspetto cromatico del manufatto (Fig. 14).


Fig. 14 - Consolidamento del supporto tufaceo Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 14 - Consolidamento del supporto tufaceo
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

La pulitura della superficie è stata eseguita con una soluzione di tensioattivo non ionico 61 al 2% in acqua demineralizzata trattando la superficie con l'ausilio di un supporto meccanico.

Un altro aspetto significativo del restauro è stato la rimozione delle stuccature non idonee, realizzate in interventi precedenti. La loro eliminazione è stata decisa in base alla loro efficacia sia dal punto di vista estetico sia conservativo. Alcune stuccature, ritenute ancora valide e funzionali, sono state mantenute, mentre altre sono state rimosse o assottigliate per garantire una migliore integrazione con il supporto originale. Questo ha permesso di preparare la superficie per l'applicazione di nuove stuccature, che sono state eseguite con materiali scelti per la loro compatibilità e la loro capacità di imitare la tessitura del tufo e della superficie pittorica 62.
La fase finale ha riguardato la restituzione estetica della
Lastra Dipinta, con particolare attenzione alla problematica delle lacune presenti sulla superficie. Dopo aver valutato l'interferenza delle lacune sulla percezione complessiva dell'opera, è stato deciso di eseguire delle stuccature in leggero sottolivello, differenziate dall'originale per rispettarne l'autenticità 63. L'approccio scelto ha permesso di esaltare la percezione totale dell'immagine, garantendo la leggibilità del dipinto, pur limitando le integrazioni pittoriche (Fig. 15 e Fig. 16).



Fig. 15 - Prima del restauro Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 15 - Prima del restauro
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano


Fig. 16 - Dopo il restauro Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano
Fig. 16 - Dopo il restauro
Foto cortesia di Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano

Il restauro della Lastra Dipinta è stato eseguito con un approccio metodologico che ha privilegiato la compatibilità dei prodotti con i materiali originali e il rispetto per l'autenticità del manufatto. Le tecniche e i materiali scelti, come l'uso della nanocalce e della dispersione di silice, hanno garantito un restauro di tipo conservativo. Altri interventi hanno dimostrato l'efficacia, anche per i dipinti murali, di metodi rispettosi dell'ambiente come l'uso della soluzione acquosa di CO2. Il risultato finale è un'opera restaurata che mantiene intatta la sua integrità storica e artistica, rappresentando una testimonianza tangibile della storia campana.
Maria Teresa Giugliano

Conclusioni

La scoperta e la conservazione della Tomba Bisoma presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli hanno garantito la salvaguardia di un eccezionale esempio del patrimonio culturale. Questo monumento non solo arricchisce la nostra comprensione della storia e dell'arte antica, ma fornisce anche preziose informazioni sulle dinamiche culturali e le influenze reciproche che hanno caratterizzato la regione nel corso dei secoli. La Lasta Dipinta di Afragola, infatti, rappresenta un capitolo cruciale nella storia dell'archeologia, offrendo uno spaccato significativo delle pratiche funerarie, dell'arte e delle interazioni sociali dell'epoca. La sua conservazione ha consentito di studiare in dettaglio le complessità delle civiltà antiche e le loro evoluzioni, contribuendo così a una più profonda comprensione delle radici storiche e culturali del Mediterraneo.
Fina Serena Barbagallo e Maria Teresa Giugliano




NOTE

1 Il termine ‘bisoma' fa riferimento a una sepoltura destinata a due individui e indica, in archeologia, le caratteristiche urne cinerarie etrusche contenenti due corpi. Si veda: Bisoma, in “Vocabolario Treccani online”, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, consultabile al seguente link:
Link
, (ultimo accesso in data 08/08/2024).

2 JOHANNOWSKY 1989, pp. 216-217.

3 Le due tombe dipinte di Afragola offrono un interessante esempio della rappresentazione del tema della libagione, ricorrente sia nella pittura funeraria lucana che in quella sannitica. Questa iconografia, tipica del rituale funebre, riveste un ruolo centrale nella cultura visiva dell'Italia meridionale tra il IV e il III secolo a.C., con radici profonde nel mondo greco. In particolare, la scena raffigurata nelle tombe di Afragola ricalca il secondo dei gruppi tematici individuati da Benassai, in cui si vede una figura più bassa a sinistra pronta a offrire del vino a un'altra figura di dimensioni maggiori. Cfr. BENASSAI 2001, pp. 159-160. Il tema della libagione è rappresentato secondo uno schema fisso, sviluppatosi soprattutto nell'ultimo quarto del IV secolo a.C. nelle stele attiche o comunque nell'area egea. Questo schema segue una chiara prospettiva gerarchica, in cui il personaggio secondario, solitamente a sinistra, è ridimensionato rispetto a quello principale, posto a destra. Nella scena di Afragola, a sinistra, una donna di profilo destro tiene in mano alcuni oggetti, tra cui un contenitore per il vino, mentre la figura principale, di dimensioni maggiori e di profilo sinistro, regge tra le mani altri oggetti o raccoglie quelli che le vengono offerti. Questo tipo di rappresentazione, fortemente influenzato dalla tradizione artistica greca, non si limita a descrivere un semplice atto di offerta, ma suggerisce una complessa simbologia legata alla vita dopo la morte, in cui la libagione assume un valore sacro e rituale. I contenitori utilizzati, come le skyphoi e le oinochoai, non erano infatti adoperati esclusivamente per i riti funebri, ma anche nella vita quotidiana, creando così un ponte simbolico tra la dimensione terrena e quella ultraterrena. Cfr. JOHANNOWSKY 1972, p. 160.

4 Il termine deriva dal greco e indica una cornice con profilo ondulato o gola. Il Kyma ionico ha un profilo convesso o a gola (ossia con la curva superiore concava e quella inferiore convessa) intagliato a ovoli e dardi alternati. Il Kyma lesbio o lesbico è una cornice a gola convessa in alto, intagliata a foglie e dardi o a fiori di croco e dardi. Si veda: Aemilia online. Archeologia della via Emilia. Museo Civico Archeologico Etnologico, link di riferimento. http://www.aemiliaonline.it/reperti/glossario-1/kyma, (ultimo accesso in data 13/09/2024).

5 Immagine tratta da CACCAVALE, DE ROSA, PICCIRILLI 1991, p. 35. La pubblicazione è edita dalla casa editrice “Quaderni dell'A.R.C.A.” non più attiva già dalla fine del secolo scorso.

6 Lo skyphos è un bicchiere di origine greca, con un corpo tronco-conico rovesciato e due anse orizzontali sotto il bordo. Cfr. BEJOR, et. al., 2013, p. 435.

7 L'oinochoe è un recipiente per contenere, attingere e versare. Si tratta di una brocca rotonda o trilobata, dotata di un'unica ansa verticale, spesso sormontante, utile appunto a impugnare il vaso per versare i liquidi, in genere il vino. Ivi, p. 433.

8 La situla è un contenitore a forma tronco-conica allargato in alto e provvisto di due maniglie mobili. Cfr. DUCATI 1936.

9 Gli oggetti raffigurati tra le mani delle figure femminili nelle pitture delle tombe di Afragola non si limitano alla sfera della libagione, ma evocano anche un'altra dimensione, quella erotico-afrodisiaca, strettamente connessa al mundus muliebris, ovvero l'universo femminile. Tale simbolismo si manifesta attraverso la rappresentazione di fiori, colombe e soprattutto di focacce, elementi che, sebbene connessi al rituale, richiamano anche aspetti della sfera privata e domestica delle donne. In questo contesto, la libagione e il matrimonio si sovrappongono come momenti cruciali nella vita sociale femminile. La presenza degli oggetti simbolici, oltre alla loro funzione rituale, rappresenta una metafora del passaggio della donna da una condizione a un'altra, unendo idealmente la sfera della morte con quella del matrimonio, inteso come rito di passaggio. Cfr. BENASSAI 2001, p. 160. Un elemento peculiare e distintivo delle due tombe dipinte di Afragola è la presenza della situla, un recipiente utilizzato principalmente per contenere liquidi, solitamente associato a contesti cerimoniali. La situla compare nelle due testate delle tombe, costituendo un caso unico in tutta la pittura funeraria campana. Questo oggetto, raramente presente in altre rappresentazioni simili, conferisce ulteriore specificità a queste tombe e potrebbe indicare un'influenza di tradizioni pittoriche diverse o l'esistenza di pratiche rituali locali particolari. Cfr. CACCAVALE, DE ROSA, PICCIRILLI 1991, p. 38.

10 Per la trattazione completa degli aspetti iconografici Cfr. GIUGLIANO 2024, pp. 35-45.

11 Si suggerisce la consultazione dell'immagine fotografica relativa alla Tomba Bisoma al momento del rinvenimento, eseguita durante gli scavi condotti dalla Soprintendenza alle Antichità di Napoli, corrispondente al neg. n. D/174, inv. 152850, e conservata presso l'archivio fotografico del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN).

12 Cfr. Archivio Museo Archeologico Nazionale di Napoli, (da questo momento MANN), Afragola-Località Cantariello, Rinvenimento di 2 tombe sannitiche dipinte in proprietà De Simone Bianca, Franca e Lidia, Relazione dell'Ingegnere De Rosa Paolo, A1-27, a:10/55.

13 Cfr. BENASSAI 2001, p. 263.

14 DE CARO 2002, p. 79.

15 Ivi, p. 26.

16 Archivio Museo Archeologico Nazionale di Napoli (da questo momento AMANN), Afragola-Località Cantariello. Rinvenimento di 2 tombe sannitiche dipinte in proprietà De Simone Bianca, Franca e Lidia, telegramma ministeriale n° 505 del 24 luglio 1961, A1/27, 9005. La Tomba Bisoma venne alla luce in seguito a una scoperta fortuita precedente ai lavori ufficiali disposti da parte della Soprintendenza delle Antichità di Napoli. Cfr.: AMANN, Afragola, Relazioni dell'Ispettore Onorario Paolo De Rosa. Rinvenimenti durante la costruzione dell'autostrada Napoli-Bari; in località Masseria, Cantariello, al Rione Marconi, nel fondo Mulino Vecchio; nell'area del cimitero, A1-27, II fasc., 3873/s., All. n°7. Un'attività clandestina era ormai da tempo radicata nel territorio di Afragola a opera di tombaroli che, credendo nell'esistenza di un tesoro nascosto durante la Seconda guerra mondiale, avevano avviato scavi illeciti; AMANN, Afragola-Località Cantariello, Rinvenimento di 2 tombe sannitiche dipinte in proprietà De Simone Bianca, Franca e Lidia, Relazione dell'Ingegnere De Rosa Paolo, A1-27, a:10/55. In seguito a numerosi sopralluoghi compiuti dall'Ispettore ingegnere Paolo De Rosa, finalizzati ai lavori di costruzione dell'Autostrada del Sole Napoli-Bari, era stato ipotizzato l'interesse archeologico del territorio di Afragola. Lo scavo ufficiale da parte della Soprintendenza ebbe inizio il 19 luglio del 1961, sotto la direzione dell'Ispettore Werner Johannowsky, portando alla luce le due casse con una parete in comune; AMANN, Afragola, Relazioni dell'Ispettore Onorario Paolo De Rosa. Rinvenimenti durante la costruzione dell'autostrada Napoli-Bari; in località Masseria, Cantariello, al Rione Marconi, nel fondo Mulino Vecchio; nell'area del cimitero, A1-27, II fasc., 3873/s., All. n°7.

17 Il 10 agosto del 1961 la direzione dell'Ufficio degli Scavi di Pompei, con un documento firmato da Maiuri, dispone che la squadra di restauratori degli scavi inizi al più presto i lavori di restauro della tomba dipinta data l'urgenza. AMANN, Afragola-Località Cantariello. Rinvenimento di 2 tombe sannitiche dipinte in proprietà De Simone Bianca, Franca e Lidia, A1-27, a:10/55. Cfr.: DE FRANCISCIS 1967, p. 75.

18 L'ultima notizia relativa all'esposizione risale al 1999, quando fu fotografata per un volume dedicato alle Collezioni del MANN. Si fa riferimento alle fotografie di Luciano Pedicini pubblicate in: SAMPAOLO 1989.

19 La caratteristica più significativa della Tomba Bisoma è la sua insolita configurazione strutturale che si presenta come due tombe a cassa affiancate e con una parete in comune. La tipologia a cassa semplice (53%) è la più diffusa in Campania, seguita dalla tomba a camera (34%) e infine dalle tombe a semi-camera (9%) o pseudo-camera (3%). mentre la tomba a doppia cassa (1%) rinvenuta ad Afragola costituisce un unicum perché non trova riscontro con altri casi simili. Cfr.: BENASSAI 2001, p. 127. Questo sistema costruttivo sembra confrontabile con una modalità simile attestata sporadicamente a Napoli per le tombe a semi-camera della necropoli di Castel Capuano del III secolo a.C. Cfr.: BORRIELLO 1985, p. 266.

20 DE ROSA 1971, p. 4.

21 Non è possibile ricostruire un contesto attendibile al rinvenimento della Tomba Bisoma, la necropoli che ospitava la sepoltura, costituita da nove tombe per lo più femminili e una appartenente a un bambino, fa ipotizzare però che le sepolture si riferissero a una piccola comunità o un nucleo famigliare allargato. L'insediamento rurale era situato nell'entroterra di Neapolis ma doveva essere in stretto rapporto anche con Capua a giudicare dalle affinità stilistiche delle pitture. Cfr.: BENASSAI 2001, p. 243. Le due tombe con una parete in comune sono le uniche dipinte e disposte in una posizione centrale della necropoli, per questa ragione si può ipotizzare che appartenessero a due donne di un maggiore prestigio nella piccola comunità. Per una descrizione completa di tutte le tombe rinvenute e dei relativi corredi, quando presenti, si veda: CACCAVALE, DE ROSA, PICCIRILLI 1991, pp. 39-41.

22 Un'analisi comparativa delle lastre dipinte della Campania rivela una tradizione di pitture funerarie che varia a seconda della località. La produzione nolana, ad esempio, rappresenta l'espressione più complessa e matura della pittura funeraria campana, caratterizzata da rappresentazioni figurate su tutte le superfici disponibili, incluse le testate e le pareti laterali. In contrasto, la scuola capuana predilige una diversa concezione dello spazio all'interno della tomba, concentrando la decorazione figurata sulla testata, mentre le pareti laterali sono spesso prive di decorazioni o caratterizzate da motivi semplici. Cfr.: BENASSAI 2001, pp. 157, 225, 230.

23 Ivi, p. 129.

24 Ibidem.

25 Ivi, pp. 27, 28.

26 Questa decorazione è una prima ricerca prospettica e di profondità spaziale del tutto inedita per il periodo proto-ellenistico, e nella quale Capua si dimostra all'avanguardia, facendosi precursore del secondo stile romano-campano. Cfr.: PRISCO, VALENZUELA 2000, p. 44.

27 La necropoli sannitica©, consultabile al seguente link https://win.sanprisco.net/archeologia/necropolis/tombe.jpg, (ultimo accesso in data 13/09/2024).

28 BENASSAI 2001, p. 78.

29 Ivi, pp. 129, 130.

30 Nella pittura funeraria campana di IV secolo a.C. traspare l'adesione da parte degli artigiani alle nuove tecniche pittoriche introdotte in Grecia dalla metà del IV sec. a.C. e giunte in Italia attraverso la mediazione dei centri ellenici di Taranto e Neapolis. Cfr.: Ivi, p. 266.

31 Nel IV sec. sono solo pochi gli esempi di questo tipo come quelli nolani. La maggior parte dei dipinti è invece più semplice ed essenziale.

32 BENASSAI 2001, p. 266.

33 PELLEGRINO SESTIERI 2021.

34 La lekythos è un'ampolla per olii e sostanze profumate, dotata di un'unica ansa a nastro verticale. Venne elaborata dai ceramisti attici nella seconda metà del VI secolo a.C. In principio aveva un corpo globulare allungato a profilo continuo; successivamente si sviluppa la forma con bocchello troncoconico, spalla a spigolo e corpo cilindrico che conosce grande fortuna per tutto il V secolo a.C. Cfr.: BEJOR, et. al. 2013, p. 435.

35 PELLEGRINO SESTIERI 2021.

36 JOHANNOWSKY 1972, p. 378.

37 BENASSAI 2001, p. 153. Poiché si trattava di soggetti sempre molto simili, nella maggioranza dei casi, la pertinenza della sepoltura è determinata dal corredo di accompagnamento. Ibidem.

38 Ivi, p.158.

39 Ivi, p.163.

40 Ivi, pp.155-168.

41Ocra Gialla e Terra Rossa.

42 Lo strato pittorico più superficiale risulta molto più compatto rispetto che in profondità. Questo fenomeno potrebbe portare a supporre che la costruzione della tomba sia avvenuta in modo molto rapido e che sia stata chiusa con gli intonaci umidi perché il rito funebre avveniva con le superfici ancora fresche. La pratica di chiudere le tombe con gli intonaci ancora umidi è diffusa e riscontrata anche per le altre tipologie tombali, come mostrano molti segni lasciati sulle pareti. Cfr.: FERRUCCI 2005, pp. 103-133.

Di conseguenza la carbonatazione potrebbe essere rimasta incompleta in assenza di anidride carbonica sufficiente, compromettendo la solidità dell'intonaco, in quanto la reazione chimica avviene prima in superficie, a contatto con l'aria, e poi lentamente in profondità. Cfr.: ANSELMI, et. al., 1978, pp. 16-17.

43 La composizione della patina grigia è stata individuata attraverso l'analisi FTIR. L'indagine rivela che la componente principale è il carbonato di calcio e in subordine sono presenti anche silicati.

44 Anche in questo caso è stata eseguita un'analisi FTIR che ha rivelato una maggiore componente di carbonato di calcio e silicati in percentuale minore.

45 La diffusione delle macchie gialle di natura organica e le testimonianze degli ex restauratori del museo, permettono di avanzare l'ipotesi della presenza di una patina artificiale.

46 La preparazione a calce si presentava estremamente fragile danneggiandosi anche se sottoposta a minime sollecitazioni meccaniche. La superficie non era quindi in grado di sopportare alcun trattamento sia che fosse a secco che con sistemi acquosi o utilizzando solventi, liberi o supportati. Non è stato possibile, infatti, neanche eseguire una prima cauta depolveratura con un pennello a setole morbide in quanto anche solo questa operazione avrebbe provocato perdita di materiale in maniera non controllata.

47 Il prodotto - Nanorestore Plus® - è stato scelto per la sua compatibilità con il materiale costitutivo del manufatto e perché garantisce una migliore penetrabilità rispetto ai sistemi acquosi, grazie alla bassa tensione superficiale del solvente alcolico. Il prodotto è stato diluito ulteriormente al 50% in alcool isopropilico per favorirne la veicolazione in tutta la stratigrafia poiché, se utilizzato puro, ostruendo le crettature dell'intonaco, sarebbe rimasto in superficie. Le applicazioni successive sono state programmate con percentuali sempre maggiori. Il consolidamento doveva necessariamente essere eseguito prima della pulitura e per questo motivo si è preferito non procedere con l'applicazione estensiva della nanocalce sulla superficie, al fine di non rischiare di fissare i prodotti di degrado, ostacolando le operazioni successive. La nanocalce è stata quindi applicata con l'uso di un pennello partendo dal centro delle lacune e con iniezioni lungo i bordi, in modo da accedere direttamente alle aree fortemente disgregate della preparazione presenti al di sotto della pittura (in maggior parte decoesa rispetto allo strato di colore più superficiale).

48 La procedura ha previsto l'applicazione della soluzione acquosa di CO2 con l'uso di uno spruzzino nebulizzatore in seguito all'iniezione di nanocalce, poco prima di raggiungere la saturazione del prodotto. Le due fasi (iniezione di consolidante e nebulizzazione di CO2) sono state eseguite in maniera alternata in modo tale da bloccare la nanocalce in profondità inducendone la carbonatazione già nella parte più interna dello spessore. Per la trattazione completa sull'uso della soluzione acquosa di CO2 come coadiuvante al consolidamento della Lastra Dipinta Cfr.: GIUGLIANO 2024, pp. 110-112, 299, 300.

Questa metodica è stata adottata per sostenere e aumentare l'efficacia del formulato commerciale consolidante. Cfr.: BANDINI, COLADONATO, DI ODOARDO 2016, pp. 313-318.

49 La resina applicata per iniezione è la K52 di Kreemer® con una diluizione all'80% in acqua per favorire l'azione adesiva e limitarne la penetrazione nel substrato. In alcuni casi è stato possibile esercitare una pressione calibrata sulla scaglia distaccata con un bastoncino di legno dopo pochi minuti dall'applicazione della resina per favorirne l'adesione completa sul substrato. Tuttavia, in alcuni punti, interessati invece da distacchi di maggiore spessore, l'azione del copolimero ha avuto una funzione essenzialmente riempitiva del vuoto rendendo altresì necessaria l'applicazione della nanocalce sullo strato di intonaco sollevato, in modo tale da mettere in opera un'azione sinergica riempitiva e consolidante nello stesso tempo. Lo stesso prodotto è stato utilizzato per consolidare i distacchi tra gli strati individuati a diverse profondità, non sempre accessibili per mezzo di lacune e/o lesioni limitrofe. In questo caso il consolidante è stato applicato con iniezioni localizzate attraverso piccoli fori.

Solo dopo la pulitura della superfice decorata è stato consolidato definitivamente l'intonaco per imbibizione di nanocalce. L'applicazione della dispersione alcolica di idrossido di calcio è avvenuta, in questo caso, a pennello con interposizione di carta giapponese. L'operazione è stata interrotta, così come per le lacune, poco prima di raggiungere la saturazione dopodiché è stata applicata la soluzione acquosa di CO2 come descritto in precedenza.

50 Nevek®.

51 Il grado di pulitura desiderato è stato raggiunto con un tempo di contatto di 1 minuto, oltre il quale l'intonaco si mostrava sensibile alla soluzione basica. Sono state eseguite delle prove con il metodo scelto su tutti i colori per verificarne la resistenza all'azione del bicarbonato di ammonio. L'esito è stato soddisfacente, soprattutto in corrispondenza del pigmento nero che si era precedentemente dimostrato sensibile all'acqua, permettendone la pulitura senza danneggiarlo. Terminato il tempo di contatto, la superficie è stata trattata meccanicamente con delicati movimenti a pennello con setole morbide per permettere alla soluzione di agire nelle discontinuità superficiali, in seguito con tamponcini di acqua demineralizzata è stato assorbito il deposito assecondando l'andamento delle pennellate.

52 Il PVA Borace è stato preparato con le seguenti proporzioni: Alcool polivinilico all'8,5% e Borace al 8,5% in acqua demineralizzata portato a volume. Il gel è stato quindi applicato per un tempo di contatto di 1 ora.

53 È importante sottolineare il progetto di tesi che ha avuto come oggetto il restauro della Lastra Dipinta in esame. Per questo caso di studio, la superficie, interessata da incrostazioni e concrezioni carbonatiche, ha posto i presupposti per sperimentare il metodo della CO2 nel restauro dei dipinti murali sia come principio attivo per la rimozione dei depositi calcarei, sia come coadiuvante al consolidamento con nanocalci. Per la trattazione completa sulla sperimentazione della soluzione acquosa di CO2 per la pulitura dei dipinti murali nel caso della Lastra Dipinta Cfr.: GIUGLIANO 2024, pp. 180-314.

54 Si è scelto di testare i prodotti comunemente utilizzati nel settore per la rimozione delle incrostazioni come sale bisodico EDTA, Triammonio citrato, Resine a scambio ionico, a confronto con il gel poliacrilico Carbopol® e il metodo della soluzione acquosa di CO2.

55 La patina è stata trattata con il metodo della CO2, risultato non sufficiente a causa della difficoltà nell'assorbimento di tutta la quantità d'acqua nebulizzata e per l'insufficiente risciacquo finale necessario, viste le particolari condizioni di lavoro e la fragilità caratteristica del manufatto. Sono stati testati, in seconda battuta, degli impacchi localizzati di gel poliacrilico preparato come fluido viscoso al 4% in acqua demineralizzata per un tempo di 10 minuti. È stata così raggiunta la migliore efficacia del metodo, infatti, in seguito alla rimozione dell'impacco è stato possibile notare la restituzione della leggibilità delle pennellate.

56 È stato usato il Carbopol Ultrez 21® non con funzione di supportante, come avviene solitamente nel campo del restauro, ma per la rimozione di depositi di calcite, sfruttando quindi il suo pH acido, se preparato come fluido viscoso. Cfr.: DI ODOARDO 2008, pp. 65-71.

57 In fase di pulitura ci si è resi conto che l'azione della soluzione acquosa di CO2 non era però sufficiente a garantire la rimozione dell'incrostazione gialla, sia lo strato più sottile e diffuso che le croste localizzate. È stato testato quindi, anche in questo caso, il gel poliacrilico preparato come fluido viscoso.

58 CREMONESI 2004.

59 L'applicazione è avvenuta sia a tampone, riscontrando un esito non soddisfacente, sia supportando le miscele con il gel per il tempo necessario al rigonfiamento della resina, ovvero 30 minuti. Terminato il tempo di azione dell'impacco, la miscela più idonea è risultata quella composta da Alcol Etilico 20%, Isottano 60%, Acetone 20%, che a differenza delle altre ha permesso la completa rimozione delle sostanze organiche solo usando il tampone umido, senza arrecare danno alla superficie pittorica.

60 Silcol 30®.

61 Tween 20®.

62 Nell'area della fratturazione del blocco superiore, infatti, è stata mantenuta la stuccatura già presente che simula in modo efficace la tessitura del tufo. Lo stesso criterio è stato adottato per la stuccatura interna del giunto tra i due blocchi, realizzata con una malta cementizia solidale. La rimozione avrebbe comportato la perdita di adesione tra i due blocchi, in seguito difficilmente ricollocabili proprio a causa del loro notevole peso.

Lo strato di cemento, applicato a sostegno della stuccatura precedentemente citata e steso in maniera grossolana, è stato invece assottigliato in prossimità delle zone che manifestavano fenomeni di decoesio­­ne, allo scopo di garantire una superficie solida di aggancio idonea per la stuccatura di finitura da realizzare successivamente.

Il gesso presente ai lati del dipinto, steso in maniera discontinua, occultava in parte lo stato pittorico, ma soprattutto non svolgeva più la funzione per cui era stato applicato, ovvero unire le due lastre contigue. Lo spessore della stuccatura in gesso è stato quindi ammorbidito con una spugna umida in modo tale da agevolare la rimozione meccanica a bisturi.

La stuccatura di superficie, in corrispondenza del giunto tra i due blocchi, andava a risarcire uno spazio non originale e presentava un l'integrazione non più idonea dal punto di vista estetico. Per questo motivo è stata rimossa con una soluzione basica di sali di ammonio carbonato al 40% in acqua demineralizzata supportata con gel e applicata per un tempo di 15 minuti. Si è osservato che attraverso questa procedura la stuccatura si destrutturava agevolando la rimozione meccanica senza danneggiare lo strato pittorico.

63 L'assenza di un qualsiasi strato preparatorio al di sotto della finitura dipinta ha indirizzato verso la scelta di una malta che si intonasse cromaticamente al tono generale del dipinto, scegliendo un aggregato il più possibile simile alla superficie originale. La malta scelta è composta da calce idraulica Lafarge NHL 3,5 in rapporto 1:2 con aggregati nella proporzione di 1 ¾ parti di carbonato di calcio micronizzato e ¼ parte di polvere di tufo macinato finemente.



FONTI ARCHIVISTICHE

ARCHIVIO MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI (AMANN)

Afragola-Località Cantariello, rinvenimento di 2 tombe sannitiche dipinte in proprietà De Simone Bianca, Franca e Lidia, relazione dell'ingegnere De Rosa Paolo, A1-27, a:10/55.

Afragola-Località Cantariello, rinvenimento di 2 tombe sannitiche dipinte in proprietà De Simone Bianca, Franca e Lidia, telegramma ministeriale n° 505 del 24 luglio 1961, A1/27, 9005.

Afragola, Relazioni dell'Ispettore Onorario Paolo De Rosa. Rinvenimenti durante la costruzione dell'autostrada Napoli-Bari; in località Masseria, Cantariello, al Rione Marconi, nel fondo Mulino Vecchio; nell'area del cimitero, A1-27, II fasc., 3873/s., All. n°7.

Neg. n. D/174, inv. 152850.



BIBLIOGRAFIA

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Maria Teresa GIUGLIANO, Il restauro della Lastra dipinta N. I. MANN 152850 (b) di una “Tomba Bisoma” rinvenuta in località Cantariello ad Afragola. Applicazione della soluzione acquosa di CO2 a confronto con altri metodi chimici per la pulitura dei dipinti murali, tesi di laurea (a.a. 2022-2023), 2024, relatori Prof.sse Fina Serena Barbagallo, Paola Cavaniglia.

JOHANNOWSKY 1972

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SITOGRAFIA


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Claudio PELLEGRINO SESTIERI, Tombe dipinte di Paestum, consultabile al seguente link: https://www.inasaroma.org/patrimonio/.../03-P.C.-SESTIERI-Tombe-dipinte-da-Paestum-02.pdf (ultimo accesso in data 09/08/2024).

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