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I depositi della Galleria Borghese: un caso di studio museografico 1  
Laura Ghelfi
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 22 Dicembre 2024, n. 969
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00969.html
Articolo presentato il 14 Ottobre 2024, accettato il 22 Dicembre 2024 e pubblicato il 22 Dicembre 2024
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Abstract

Il tema della corretta organizzazione dei depositi museale continua a rappresentare una sfida e un problema per la quasi totalità dei musei del mondo. Nonostante la presa di coscienza della gravità della situazione avvenuta negli ultimi decenni, troppo spesso cattive condizioni di conservazione mettono a rischio i reperti, spesso custoditi in gran numero nei magazzini. Si sta però sviluppando un approccio che punta a valorizzare i depositi, rendendoli il più possibile fruibili da parte del vasto pubblico dei non “addetti ai lavori”. A precorrere questa tendenza, denominata “Visible Storage” è stata la Galleria Borghese di Roma che ha reso visitabili regolarmente i propri depositi sin dal 2005, e ora sta operando una complessiva ristrutturazione di questi spazi grazie ai fondi del PNRR. Le testimonianze della ex direttrice Anna Coliva e dell'attuale Francesca Cappelletti confermano la storica pinacoteca della Capitale come avanguardia nel campo museologico. Il caso di Galleria Borghese ha fatto scuola nel mondo e oggi la sfida di offrire al pubblico i depositi come accrescimento delle possibilità di conoscenza rappresenta una nuova frontiera della fruizione dell'arte.


I depositi museali. Una risorsa da valorizzare per tutti i musei

In tutti i musei sono presenti dei luoghi di conservazione dei reperti, solitamente non aperti al pubblico o, meglio, aperti solo agli studiosi: i depositi. L'ICOM (International Council of Museums) ne dà una dettagliata definizione:

«Il deposito è un luogo organizzato e ordinato, è parte integrante di un'istituzione culturale e della sua missione; è destinato a conservare, custodire e salvaguardare i beni culturali inventariati non esposti. Le aree e gli ambienti dei depositi sono attrezzati e dinamici, al fine di consentire la ricerca e lo studio delle collezioni, l'accessibilità e la circolarità, favorendo in tal modo la promozione di progetti espositivi, educativi e scambi culturali.»

Nei depositi vengono conservati quei beni che non hanno trovato catalogazione precisa, oppure non hanno trovato collocazione all'interno dell'esposizione principale, in genere in quanto ritenuti meno importanti, oppure perché troppo piccoli per l'interesse di non esperti 2. L'obbiettivo dei musei è però quello di preservare tutte le opere d'arte a prescindere dalla fruibilità delle stesse, poiché parte importante della storia dell'essere umano ed essenziali per le generazioni future. Da questo punto di vista risulta evidente l'importanza dei depositi perché la funzione dell'istituzione museale sia espletata nella sua interezza.

Nonostante al loro interno possono addirittura contenere una quantità di beni molto maggiore rispetto a quelli esposti, la questione che gira intorno ai depositi non appare in genere interessare particolarmente i responsabili delle scelte politiche e spesso gli stessi ricercatori, la cui attenzione si concentra spesso solo sulle esposizioni principali 3.

La questione dei depositi venne affrontata per la prima volta nel 1934 a Madrid in un'assemblea della Lega delle Nazioni, l'organizzazione internazionale precursore dell'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). In quella circostanza, oltre a trattare dell'istituzione museale in generale, si constatò che la situazione dei depositi non era delle migliori e bisognava ragionare sul modo di intervenire. Era una prima grande ammissione di un serio problema nella conservazione dei reperti, che accomunava musei di tutto il mondo.

Gli interventi, però tardarono. Molti decenni più tardi, nel 1976, si tenne una conferenza dell'ICOM a proposito dei depositi nella quale, grazie alle dichiarazioni di Paul Perrot, responsabile di tutti i depositi dello Smithsonian Institute di Washington, si rese evidente il fatto che lo stato dei depositi risultava essere disastroso in un gran numero di casi. I fattori rilevati però non dipendevano dallo stato sviluppato o meno del paese, ma erano piuttosto da mettere in relazione allo sviluppo del museo stesso 4.

In quella riunione, promossa dall'ICOM e dall'UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) a Washington, si discusse dello stato di trascuratezza dei depositi sia a livello architettonico, che di climatizzazione, di controllo dell'inventario e di localizzazione delle opere. Si dimostrò come non fossero soltanto una struttura fisica, ma anche e forse soprattutto un servizio fondamentale per l'istituzione museale nel suo complesso 5.

Il cuore del museo è, infatti, il deposito, che dovrebbe essere (almeno in linea teorica) l'ambiente più sviluppato in ambito tecnologico dell'intero edificio, per laboratori, sistema di limatizzazione e di stoccaggio 6. Secondo l'UNESCO «sono stati fatti più danni alle collezioni attraverso depositi inadeguati che con qualsiasi altro mezzo». Nel 2009 l'UNESCO stesso ottenne uno stanziamento per le collezioni a rischio dei musei e i loro rispettivi depositi in tutto il mondo e, con quei fondi, l'ICRROM (International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property) fece partire un'inchiesta, dalla quale ottennero 1490 risposte da 137 paesi. È emerso che il 40% dei musei non ha un supporto alla gestione, il 50% soffre di sovraffollamento mobiliare, mentre i problemi di allagamento, fuoco e terremoto colpiscono il 20% dei musei. E nel 10% si sono riscontrati problemi con i furti 7 (Fig. 1).



Fig. 1 - Grafico studio ICCROM 2009 - Foto cortesia Laura Ghelfi
Fig. 1 - Grafico studio ICCROM 2009 - Foto cortesia Laura Ghelfi


Da uno studio successivo, condotto sempre dall' ICRROM nel 2011, si è venuto a conoscenza che due musei su tre hanno segnalato la mancanza di spazio, e che un museo su due aveva i depositi sovraffollati, e che è impossibile circolarvi all'interno. Più magazzini che depositi, insomma. Questa situazione esagerata può provocare ai beni conservati seri danni. In una visione più moderna, i depositi non dovrebbero svolgere il solo compito di conservare le opere non esposte, ma anche e forse soprattutto quello di alimentare l'interesse verso il passato grazie ad attività in virtù delle quali il pubblico può accedervi 8.

Secondo uno studio recente condotto in Italia nel 2021, il 90% delle opere sono conservate nei depositi del nostro paese, dato che coincide anche con il resto del mondo. Basti pensare che solo all'interno dei musei che fanno riferimento alla Direzione generale del nostro Ministero della Cultura sono conservati oltre cinque milioni di reperti dei generi più vari, ma ne vengono esposti solo fino a 480.000 9, meno di un decimo.

Nel nostro paese, l'interesse per questi spazi è decisamente recente: risale infatti al 10 maggio 2001 il Decreto Ministeriale Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, un documento in cui, seguendo le orme delle indicazioni date dall'ICOM, vengono per la prima volta imposte anche in Italia indicazioni, criteri e regole per l'organizzazione del museo e di tutti i suoi spazi espositivi, compresi i depositi. Questi ultimi devono garantire accessibilità al personale e sicurezza per i beni conservati all'interno 10. Per farlo – si evidenzia - bisogna che tutta la collezione sia catalogata seguendo i criteri adatti 11.

I depositi si trovano in situazione precaria poiché spesso i musei, in particolar modo italiani, si trovano in edifici originariamente destinati ad altri usi, così come lo stesso spazio adibito a deposito, i quali sono stati a lungo considerati unicamente come contenitori passivi. Per questi motivi le strutture adatte all'esposizione risultano assenti o insufficienti, così come lo spazio 12. Inevitabile che di frequente si ricorra a spazi esterni, che possono essere preesistenti, oppure da costruire appositamente per questa finalità. Purtroppo, la scelta della costruzione ad hoc non sempre è fattibile tanto per ragioni di spazi e di costi. È possibile, infatti, che lo spazio nei pressi del museo sia occupato da altri edifici e quindi sia necessario adattarsi, ed allontanarsi dall'istituzione. È il caso, ad esempio, del Musées des Arts et Métiers di Parigi, il quale si trova in centro città, e quindi l'unica soluzione possibile era costruire il deposito in periferia 13. Si tratta di una soluzione molto frequente: risulta infatti, da uno studio dell'ICOM, che il 44% dei musei ha una struttura distaccata dedicata allo stoccaggio delle proprie opere d'arte e che spesso sono edifici realizzati unicamente con quello scopo e quindi ottimali. La problematica nasce però, come citato precedentemente, nel momento in cui solo il 17% di questi è raggiungibile a piedi in soli dieci minuti dalla sede principale. Nella maggior parte dei musei che hanno contribuito a questo studio, ovvero il 30%, il deposito off-site è raggiungibile in macchina con un tempo tra i 15 e i 30 minuti 14.

Così come per gli spazi dedicati alla canonica esposizione, esistono dei metodi per gestire i depositi. Ne risultano almeno sei 15. In linea generale si tratta di calcolare gli spazi a disposizione e organizzarli in scaffali sfruttando anche l'altezza del deposito, non solo la larghezza. È quanto prescrive ad esempio il metodo più conosciuto, quello proposto dall'ICCROM, denominato RE-ORG (“riorganizzazione”). Il programma comincia con uno studio della gestione, dell'edificio, delle collezioni e delle attrezzature, attraverso un'autovalutazione per valutare lo stato delle cose. Se appare la necessità di un intervento si possono seguire i criteri di progettazione proposti: personale qualificato, spazio dedicato, adatto alla protezione, oggetti collocati in posti adatti e strategici, organizzati in categorie e conservate in buone condizioni 16. Il metodo segue principi semplici: personale responsabile che garantisca sicurezza e vigilanza, documenti amministrativi dedicati, edificio sano e ben strutturato, settori amministrativi, di stoccaggio e spedizione; il deposito deve contenere solo oggetti che non devono trovarsi per terra, hanno un proprio spazio, sono inventariati e facili da trovare (in meno di tre minuti) e recuperato fisicamente senza muovere più di due oggetti, infine devono essere puliti e pronti ad attività di ricerca ed esposizione. Nell'ambito del metodo RE-ORG è fortemente consigliato l'utilizzo di scaffalature coperte da tende, oppure armadi con ante, in modo da proteggere il più possibile da agenti esterni le opere conservate all'interno, con l'appunto che siano posizionati in modo stabile sulla superfice su cui si trovano. I ripiani, inoltre, devono essere occupati da oggetti più pesanti in basso, mentre quelli più leggeri in alto, come forma di tutela e prevenzione da incidenti 17. I beni non dovranno mai essere poggiati per terra, oppure uno sopra all'altro, e anche gli imballaggi devono essere idonei alla conservazione in modo da non danneggiare l'oggetto che custodiscono 18.

Gli spazi devono essere sfruttati nella loro interezza, non solo per la sistemazione o l'esposizione, ma anche per garantire spostamenti efficaci e sicuri. I depositi devono essere dotati di luoghi in cui poter posizionare temporaneamente i beni durante le operazioni, in modo da evitare il più possibile di fargli toccare il pavimento 19. In generale, tutte le soluzioni apportate devono garantire il mantenimento dell'ordine all'interno dei magazzini museali.

Solitamente sono organizzati seguendo criteri tematici, ovvero organizzati per provenienza geografica, culturale o temporale, ritenuti efficaci per ritrovarli più facilmente e poterli consultare immediatamente, con l'obbligo di conservarli in maniera ottimale e idonea, indicata come limite quello dei tre minuti 20.

In tempi relativamente recenti, il 15 marzo 2019, si è tenuta a Matera una giornata di studi incentrata sui depositi museali e organizzata dall'ICOM Italia in collaborazione con il Polo museale regionale della Basilicata del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. In tale sede si è discusso nuovamente sul ruolo dei musei come luogo di custodia più vulnerabile, e le varie problematiche che comportano. Uno dei problemi principali è quello inerente alla politica culturale delle istituzioni, ovvero che ogni museo dovrebbe chiarire nel proprio atto istituzionale le problematiche dei depositi, individuando le modalità con le quali organizzare e gestire lo spazio. Altro argomento trattato è stato quello della catalogazione e dell'inventario, essenziale per una corretta organizzazione del deposito, insieme a un personale specializzato per esso 21.

Negli ultimi anni si è riscontrato un aumento dell'interesse nei confronti di tali spazi, poiché ritenuti intriganti e quasi segreti. È nata così l'idea di aprire i depositi al pubblico, rendendoli visitabili, mostrando così uno spazio non solo di conservazione ma anche di laboratorio, di studio e dove i visitatori possono scoprire ruoli e luoghi che solitamente nell'immaginario collettivo non sono considerati 22. Naturalmente una simile decisione porta con sé come conseguenza l'obbligo però di garantire la sicurezza sia per i visitatori, sia per le opere conservate attraverso, come citato precedentemente, la presenza di personale specifico 23. I visitatori, per la maggior parte delle volte organizzati in visite guidate e con numeri limitati, hanno l'impressione di scoprire da sé un luogo nascosto, dietro le quinte del museo 24. L'approccio museologico teso a rendere fruibili al pubblico indistinto i depositi ha preso il nome di Visible Storage ed è l'unione simultanea di due aspetti del museo solitamente separati: conservare ed esporre le opere 25.

Con l'avanzamento della tecnologia e l'avvento di Internet, il museo ha seguito sempre più la strada della digitalizzazione. Creando un database, è possibile visionare online i beni conservati nell'esposizione permanente del museo. Non è un'operazione facile, richiedendo tempo e professionalità, ma consente al museo di compiere un salto di qualità in termini di possibilità di condividere e diffondere conoscenza. In alcuni casi, anche i depositi hanno un loro archivio digitale. Anche questo può rendere il deposito visibile e visitabile, anche attraverso visite 3D 26.

Da dei dati provenienti da studi realizzati dall'ICOM, la maggior parte dei musei (87%) però afferma che è impossibile rendere i propri depositi visibili durante gli orari di apertura del museo mentre soltanto il 5% può permettersi questo “lusso” per ragioni tanto organizzative quanto economiche, perché offrire un nuovo servizio ha sempre dei costi. Si tratta quindi di una scelta ancora rara, ma messa in atto da un numero crescente di istituzioni museali. La questione è diversa per quanto riguarda studiosi che desiderano visitarli per motivi lavorativi, per i quali i musei sono in genere più propensi ad aprire le porte 27.

In Italia, come in realtà nel resto del mondo, questa attenzione verso i depositi è nata negli ultimi anni. Erano considerati per lo più luoghi a cui attingere per realizzare mostre temporanee e l'accesso, come già citato precedentemente, è aperto unicamente a studiosi per motivi di ricerca e studio. Nel 2021, la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura ha presentato il progetto denominato “100 opere tornano a casa”. Si tratta del rientro di alcune opere contenute in depositi di quattrodici musei statali per poterne godere nuovamente nei loro luoghi d'origine, ovvero nelle esibizioni permanenti. L'obbiettivo era quello di valorizzare l'ambiente di stoccaggio e renderlo pubblico, restituendo la vita a quelle opere che erano poco visibili prima di quel momento. I criteri della scelta di queste opere furono tre: opere provenienti da chiese e/o da palazzi che si trovano gli altri territori che sono confluiti nei musei italiani, quelle che integrano la collezione museale e quelle il quale accostamento con l'esposizione permanente crea una combinazione interessante 28.

Il caso museologico del progetto di valorizzazione dei depositi della Galleria Borghese

Il primo caso di depositi museali visitabili in Italia risulta essere il museo della Galleria Borghese, a Roma. In essi sono conservate 260 opere e sono ordinate per scuole, grandezza e ordine cronologico. Per comprenderne l'evoluzione occorre un passo indietro, alla storia dell'edificio, costruito a inizio Seicento per mostrare la collezione dell'importante famiglia di origine senese. Costruito il Casino Borghese, il terzo piano fu adibito per una parte a uffici, con soffitti affrescati, per l'altra invece a soffitta. Le opere acquisite e considerate “mediocri” venivano posizionate in questo spazio. Ancora oggi è questa la funzione di quell'area, con l'unica differenza che sono stati invertiti gli spazi. Nel 2005 fu attuato un piano per migliorare l'allestimento, utilizzato ancora oggi, ma volto a essere modificato in futuro. È questo il momento in cui si offre la possibilità di accesso al grande pubblico, probabilmente il primo caso al mondo di questo genere. Nel salone centrale sono collocate le opere del Cinquecento e del Seicento, con grandi autori come, ad esempio, Sebastiano del Piombo e Girolamo Pennacchi, mentre nel corridoio esterno sono conservate le opere raffaellesche, tra cui la Madonna con Bambino di Scipione Pulzone e la Madonna con Bambino di Perin del Vaga 29. Nel piano superiore, invece, si possono trovare opere di piccole dimensioni e stampe.

L'ambiente è complesso, diviso in due livelli: il primo è a pianta quadrangolare diviso a sua volta in alcune zone, compreso un piccolo gabinetto adibito a interventi di restauro, mentre il secondo, al livello superiore e in comunicazione tramite una scala, è più ristretto in quanto si sviluppa intorno e si affaccia verso il vano centrale della parte inferiore. Questo ultimo è anche la zona che conserva alcune cornici riccamente decorate, parte anche essa importante del patrimonio della Galleria. L'apertura al pubblico è oggi disponibile grazie al sostegno della società Credit Suisse International 30.

I depositi, attualmente (2024) in ristrutturazione, sono solitamente aperti alla visita. I musei che attuano questa pratica sono tenuti a rendere pubbliche le limitazioni, poiché gli spazi sono ristretti e deve essere garantita la sicurezza per le opere contenute all'interno 31. La visita, nel caso della Galleria Borghese, è disponibile per un gruppo ristretto di massimo 12 persone e la possibilità di prenotare tale servizio avveniva tramite una mail o il numero telefonico che era indicato sul sito della Galleria 32, che raccoglieva le prenotazioni e dichiarava la disponibilità della visita, completamente gratuita: essendo un'iniziativa del museo è disponibile per chiunque. I visitatori erano (e lo saranno di nuovo in futuro) soliti ritrovarsi all'ingresso per poi essere fatti salire al terzo piano, ovvero quello degli uffici, luogo dove si trovano anche i depositi. Erano accompagnati da una guida e del personale di servizio, come da indicazioni del metodo RE-ORG: l'ala del deposito diventa una vera e propria sala museale. Il tempo stimato per l'intera visita è di circa un'ora (Fig. 2).


Fig. 2 - Veduta dei depositi di Galleria Borghese - Foto cortesia Laura Ghelfi
Fig. 2 - Veduta dei depositi di Galleria Borghese
Foto cortesia Laura Ghelfi

La grande gamma di opere presenti all'interno dei depositi di Galleria Borghese permette anche il loro utilizzo in caso di mostre, come ad esempio è il caso della recente “Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento”, curata da Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria, e Patrizia Cavazzini (svoltasi dal 25 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023) 33. Questa tipologia di pittura su pietra ha origini antichissime, ma dopo le distruzioni del Sacco di Roma (1527) gli artisti ripresero questa pratica in quanto considerate impossibili da distruggere, un esempio in particolare fu Sebastiano del Piombo (1485-1527). In tale occasione è stato possibile ammirare, tra i vari capolavori innovativi per materiali presenti, molte opere che abitualmente sono conservate all'interno dei depositi 34.

Altra iniziativa interessante della Galleria, forse più importante per la questione dei depositi, fu alla mostra intitolata “I quadri scendono le scale”, ovvero la rotazione di dodici opere provenienti dai depositi all'interno dell'esposizione canonica del museo 35. Si trattava principalmente di opere di piccole dimensioni esposte all'interno di una teca in vetro posizionate all'interno della sala 19, la quale si trova al secondo piano nella zona della pinacoteca. Le opere selezionate rappresentavano figure e paesaggi, le tecniche andavano dalla pittura su tavola fino a quella su tela, con grande attenzione alle artiste donne del passato. La mostra temporanea fu realizzata nei mesi di gennaio e febbraio del 2022 e riscosse un grande successo 36.

La particolarità della politica della Galleria Borghese è proprio quella di non far diventare i propri depositi un luogo unicamente di conservazione passiva, ma di far circolare “le ricchezze nascoste” nel museo e passare quindi ad una conservazione attiva, rendendo le opere oggetto di studio per tutti. Ciò accade, in realtà, anche nel caso in cui le opere che fanno parte dell'esposizione principale vengono prestate per mostre in Italia, o all'estero. È evidente che così facendo alcune pareti rimangono prive delle loro opere che solitamente conservano, e per questo motivo vengono sostituite con altre prese proprio dai depositi, seguendo dei criteri ben precisi: grandezza e coerenza con la sala e con le altre opere esposte per datazione, stile e soggetti 37. Ad esempio, l'opera intitolata Uomo con lucerna del pittore tedesco del Seicento Heimbach Wolfgang spesso viene posizionata nella sala dedicata principalmente a Caravaggio in occasione di prestiti di opere conservate al suo interno per via della vicinanza dell'attenzione alla luce e lo stile 38.

I lavori degli spazi che ospitano i depositi risultano essere ancora in corso ma, una volta conclusi, l'obbiettivo di Galleria Borghese è quello di riprendere questa attività formativa, che segna in Italia un importante punto per la conservazione. Sia la disposizione delle opere, sia l'organizzazione interna dello staff, saranno rinnovate.


L'esperienza dell'apertura al pubblico dei depositi della Galleria Borghese nell'esperienza delle direttrici Anna Coliva e Francesca Cappelletti

Per approfondire l'esperienza dell'apertura al pubblico dei depositi di Galleria Borghese e le relative prospettive è risultato di grande rilievo la disponibilità dimostrata da due delle principali protagoniste di questa operazione museologica, l'attuale direttrice Francesca Cappelletti e colei che l'ha preceduta, Anna Coliva. Si tratta non solo di importanti dirigenti del sistema museale pubblico italiano, ma anche di storiche dell'arte di riconosciuta fama internazionale.

Allieva di Giulio Carlo Argan e di Maurizio Calvesi alla Sapienza, Anna Coliva ha operato dapprima nella Soprintendenza di Parma, poi a Roma, dove – tra l'altro – è stata responsabile delle collezioni del Palazzo del Quirinale. Il suo arrivo alla Galleria Borghese data al 1994, in qualità di funzionario storico dell'arte, con la qualifica di direttore-coordinatore e responsabilità primarie nei restauri e nei riallestimenti. Poi ha guidato l'istituzione romana dal 2005 al 2020, prima e dopo la riforma che l'ha inserita nel ridotto numero dei musei statali dotati di autonomia gestionale e finanziaria. Fra le prime venti nomine dirigenziali effettuate nel 2015 sulla base della riforma dell'anno precedente si trattò dell'unico caso di conferma nell'incarico.

Nel proporre un ragionamento complessivo sull'esperienza in cui ha avuto un ruolo centrale, Coliva parte da una premessa: «Bisogna fare attenzione a quando si parla di depositi aperti al pubblico, perché i depositi dei musei sono da sempre aperti per motivi di sicurezza, di controllo, di salvaguardia e anche di praticità. Sono aperti, però, solamente a chi ne fa una richiesta motivata. Tutti noi storici dell'arte abbiamo studiato nei depositi» 39.

La grande differenza, nel caso di Galleria Borghese, come pure di altre istituzioni museali, sta nell'aver voluto rivolgersi al grande pubblico, mettendo a disposizione una opportunità sino a quel momento riservata esclusivamente agli “addetti ai lavori”. Si è trattato di un autentico salto di qualità: «Non c'è stata una fase intermedia – è la sua osservazione - si è passati dalla chiusura all'apertura. Quando si sono conclusi i grandi lavori di restauro della Galleria, che sono durati ben quattordici anni, dal 1983 al 1997, si è reso fruibile il piano superiore, dove erano già collocati gli antichi depositi. Uno spazio che era grande la metà di un piano museale era stato recuperato, e a quel punto si è deciso di dare una opportunità in più ai visitatori. In origine non avevamo il deposito in una posizione tanto comoda. Il deposito visibile al pubblico è stato realizzato come precisa scelta, utilizzando gli spazi dell'ultimo piano recuperati, anche a costo di sacrificare altri servizi» 40.

Coliva sottolinea anche quanto il percorso verso la fruibilità dei depositi si sia rivelato sfidante per l'istituzione museale nel suo complesso: «L'apertura dei depositi, che si è concretizzata nel 2005, ha rappresentato una opportunità per lo stesso museo, perché è stato possibile esporre tutte le opere che sino a quel momento non potevano essere viste, come se si trattasse di un piano museale, una prosecuzione dell'esposizione principale» 41.

Passando a descrivere le innovazioni apportate in quella fase, l'ex direttrice si concentra sull'allestimento, l'aspetto che senza dubbio ha conosciuto la trasformazione più profonda rispetto alla situazione precedente. «Mentre al piano principale della Galleria ci sono i damaschi, e le sete proprie dell'allestimento storico, al piano superiore l'esposizione dei depositi è stata concepita con tessuti tecnici, strutture tecnologiche e decisamente meno antiche. I quadri così sono diventati tutti visibili, e si sono abbandonate le rastrelliere che caratterizzano i depositi in quasi tutti i musei del mondo. Si tratta, è bene ricordarlo, di rastrelliere scorrevoli, dove sono esposti dipinti, da una parte e dall'altra. Basta estrarre la rastrelliera per ammirare le opere, che risultano in questo modo però molto ammassate e poco fruibili» 42.

Siamo, quindi, di fronte a un'innovazione strutturale, introdotta proprio durante la direzione Coliva: togliere i quadri dalle rastrelliere e renderli più comodamente visibili, esponendoli sulle pareti. «E i criteri utilizzati – sottolinea - sono stati gli stessi con cui è organizzata l'esposizione del museo propriamente detto, e cioè un concorso fra il criterio tematico e quello cronologico» 43. Criteri, va detto, che rispettano in pieno quelli internazionalmente codificati dall'ICOM, istituzione che opera una sintesi di quelle che sono le conoscenze museologiche maturate a livello internazionali. L'esperienza dei depositi di Galleria Borghese è stata talmente all'avanguardia da diventare essa stessa un punto di riferimento ed un metro di paragone per il resto del mondo dell'arte e dei musei. “Non solo abbiamo sempre seguito e seguiremo i criteri dell'ICOM, ma li insegniamo anche”, spiega Coliva, con una punta di legittimo orgoglio.

Per quanto riguarda la durata dell'allestimento, l'ex direttrice fa presente come esso non abbia più conosciuto modifiche significative dal momento in cui il progetto si è concretizzato. «Del resto – osserva - non sono passati molti anni da allora. Si deve tenere conto, infatti, che il cambio di allestimenti nei musei avviene a distanza di molto tempo, in media ogni cinquant'anni. Si cambia solamente quando è necessario. Nel caso specifico, poi, la situazione è molto vincolante, dal momento che l'esposizione dell'intero museo è suggerita da elementi storici e scansioni architettoniche molto precise, che sono un tutt'uno con le opere stesse» 44.

Sulla base della sua esperienza alla guida della importante istituzione romana Anna Coliva richiama l'attenzione su un aspetto di grande rilievo dal punto di vista museologico, l'unicità del caso di Galleria Borghese. «In linea generale, molti musei italiani sono collocati in strutture antiche e non hanno, quindi, spazi pensati per i depositi. Si tratta di strutture adattate a un museo, non nate per svolgere questa funzione. Anche in questo la Galleria Borghese costituisce un'eccezione, pur considerando che chi l'aveva pensata secoli fa, non poteva certo immaginare di creare uno spazio specificatamente destinato a deposito. La norma per molti musei di costruzione ottocentesca e novecentesca è di avere i depositi in strutture esterne, tenendo conto che spesso i depositi contengono migliaia di opere» 45.

Per un intervento strutturale di grande portata come fu quello che consentì l'apertura al pubblico dei depositi di Galleria Borghese un fattore imprescindibile da tenere in considerazione si è rivelato quello economico, dal momento che si tratta di dare corpo a un progetto dagli alti costi, non sostenibili dal bilancio ordinario del museo. L'ex direttrice Coliva ricorda come sia stato fondamentale trovare uno sponsor motivato e generoso. Senza, l'operazione non sarebbe risultata possibile. A dare prova di moderno mecenatismo fu, come più sopra accennato, il grande istituto di credito internazionale Credit Suisse, con 250 milioni di lire dell'epoca, una donazione che consentì anche di accompagnare l'apertura dei depositi con la realizzazione di un catalogo breve delle opere esposte.

Dal suo punto di vista di direttrice dell'epoca, Coliva aggiunge che, accanto ai fondi necessari per la risistemazione dei depositi, l'ostacolo più consistente che ha dovuto superare è stato quello del personale necessario per garantire la fruibilità della nuova zona espositiva. Un problema, quello della cronica carenza di personale, che affligge tutti gli uffici pubblici italiani, che si incrocia con il notevole interesse che l'iniziativa dell'apertura dei depositi ha riscontrato agli occhi del pubblico: una volta che il servizio è stato attivato, i turni di visita sono sempre risultati completi. Di conseguenza, la difficoltà maggiore è stata di dare continuità nel tempo all'iniziativa, perché concreto è stato in più occasioni quello di doverlo sospendere.

«Naturalmente – aggiunge - un simile servizio è molto particolare, e va comunicato in maniera adeguata perché, se non lo fai sapere, soprattutto agli stranieri, è difficile che sia desiderata una cosa che tu non sai che esista. All'epoca ci furono numerosi comunicati stampa e uscirono articoli su molti giornali, specializzati e non. In quel periodo ancora non si usavano i social, perché stiamo parlando dei primi anni Duemila e non esistevano ancora, oppure stavano muovevano appena i primi passi. Si sono usati tutti i sistemi allora esistenti, con riscontri di grande efficacia. Sin dall'apertura abbiamo avuto il museo esaurito tutti i giorni» 46.

L'aspetto della comunicazione di una iniziativa dal forte carattere innovativo come l'apertura dei depositi per l'ex direttrice Coliva si è rivelato, dunque, cruciale per arrivare a considerarla un successo. Accanto alla promozione attraverso i mezzi comunicazione si collocò anche un ampio ventaglio di eventi della natura più varia. «Ci sono state molte iniziative pubblicitarie, e serate a tema specifico. Lo sponsor stesso ha fatto eventi importanti e di vasta risonanza, sono venuti studiosi da tutto il mondo, incuriositi dalla novità. In fondo, siamo stati il primo caso al mondo di museo che rendeva visibili a tutti i propri depositi» 47.

Proprio come primo caso a livello mondiale Galleria Borghese ha fatto scuola, offrendo ad altri il patrimonio di conoscenze accumulato nel corso della progettazione e della messa in atto dell'idea. Per studiare il modello di apertura dei depositi la Galleria venne visitata da architetti, storici dell'altre e dirigenti di altri musei, e non solo. «Mi piace ricordare – rimarca Coliva - che all'epoca venni invitata al Louvre per spiegare questa novità. Al Louvre ebbi l'opportunità di formulare una proposta che poteva servire a livello nazionale per la valorizzazione dei depositi di tutti i musei italiani, con un progetto abbastanza semplice ma molto efficace e nuovo, che ho anche pubblicato. A Parigi piacque molto questa mia idea, tanto è vero che su queste basi venne elaborato negli anni successivi il progetto del museo “Louvre-Lens”, che la grande istituzione parigina ha realizzato usando le opere dei propri depositi in questa città a 200 chilometri a nor di Parigi. In quella sede ruotano parte delle opere abitualmente conservate nei depositi del Louvre. Era una cosa fattibilissima anche in Italia, mettendo a fattor comune parte dell'enorme patrimonio costudito nei nostri depositi museali, ma nel nostro paese non ho avuto alcun riscontro, purtroppo.» 48.

Anche l'esperienza di Rotterdam del Depot Boijmans Van Beuningen, dove alcuni musei della città olandese hanno messo in comune e reso visibile il patrimonio di beni artistici custodito in precedenza nei magazzini, secondo Coliva si muove nel solco della stessa idea da lei lanciata all'epoca.

Per quanto riguarda il futuro dell'approccio al problema dei depositi museali e della loro fruizione, il suo auspicio è che si possa parlare di normalità, e non di eccezionalità per approcci comparabili con quello realizzato alla Galleria Borghese. Necessario, quindi, che «la linea di tendenza della apertura al pubblico medio dei depositi abbia una continuità, che non sia una cosa che ha funzionato per dieci anni, e poi non funziona più. Il nostro vero problema è la continuità, cioè il non lasciar morire quello che è stato fatto prima per noncuranza, penuria di fondi, o interessi diversi». 49

Fondamentale, a proposito di uno sguardo al futuro, il parere di Francesca Cappelletti, subentrata nel novembre 2020 proprio ad Anna Coliva nella direzione di Galleria Borghese. Anche nel suo caso si tratta di una storica dell'arte dal curriculum prestigioso, ordinaria nell'Università di Ferrara, consulente per l'apertura al pubblico del Palazzo del Quirinale, direttrice scientifica della Fondazione Ermitage Italia. Dopo una serie di importanti esperienze internazionali, tra cui quelle con il Getty Research Institute, alla Galleria Borghese la direttrice Cappelletti si è trovata a dovere gestire il rilancio dopo il periodo del COVID, difficile per tutti i musei del mondo per via delle restrizioni imposte dalla pandemia alle visite. Ed è sotto la sua direzione che si è messo mano a un progetto di ristrutturazione dei depositi, che al momento della stesura di questa tesi di laurea si avvicina alla sua conclusione.

Nelle sue considerazioni la direttrice Cappelletti parte da un quadro generale della situazione di partenza: «I depositi della Galleria Borghese sono stati organizzati, fin dalla loro costruzione, come una quadreria con opere suddivise per scuole pittoriche e per aree tematiche. Il nuovo assetto è stato concepito cercando di garantire la maggior accessibilità e la miglior fruibilità possibile dei dipinti, eliminando il più possibile barriere architettoniche, come le attuali scale di accesso a un secondo livello, potenziando l'illuminazione e arricchendo il sistema di didascalie. Nel nuovo allestimento cercheremo, inoltre, di disporre i dipinti privilegiando quelli che per criteri conservativi devono essere più immediatamente visibili per una costante valutazione delle condizioni conservative, come le tavole e i rami.» 50.

Nella descrizione del nuovo progetto Cappelletti sottolinea il cambio di concezione, in direzione di un continuo dialogo fra il museo e l'esterno. «Si deve sempre considerare – spiega - come il deposito, per sua natura, sia uno spazio dinamico, nel quale le opere possano transitare anche solo per un periodo, prima di essere esposte nelle sale o per esigenze di studio. L'ordinamento sarà quindi il più possibile flessibile» 51.

Non cambia nulla riguardo al rispetto delle normative ICOM, che rimarrà rigorosa in futuro, come sempre è stato: «I nostri depositi, anche perché si tratta essenzialmente di una quadreria, sono sempre stati uno spazio organizzato e ordinato. Si è sempre dedicata una profonda attenzione a questo ambiente e siamo sempre riusciti a garantire la miglior conservazione possibile delle opere al suo interno, soprattutto grazie ad un'attenta gestione degli spazi e a un costante controllo del microclima» 52.

Certo, da quando per la prima volta Galleria Borghese ha aperto i propri depositi alle visite del grande pubblico, la tecnologia ha fatto passi da gigante. Nello stendere il nuovo progetto in corso di realizzazione se ne è tenuto conto. Cappelletti è esplicita: «I modelli sono sempre importanti! Questo progetto è frutto di continue ricerche e di uno studio intenso, svolto da diverse figure professionali altamente qualificate. Abbiamo ovviamente tenuto conto degli esempi dei grandi musei di tutto il mondo, anche se la collocazione, situazione e rilevanza dei depositi non sono certo aspetti omogenei nel contesto museale. Si possono valutare le esperienze delle diverse istituzioni e confrontarsi, sempre utilmente, anche sull'utilizzazione di elementi tecnici, come tavoli, scaffali, rampe. C'è, però, una grande differenza fra depositi attigui, oppure parte dell'edificio stesso del museo, come nel nostro caso; fra depositi sotterranei e sopraelevati; fra depositi di materiali archeologici e di opere di arte contemporanea. Il nostro è un caso speciale: il deposito si trova al terzo piano della palazzina e custodisce quasi essenzialmente dipinti, ponendosi quindi in una relazione strettissima con la Pinacoteca al secondo piano. Il nostro progetto è stato studiato appositamente per questo luogo e per rispondere alla sua storia e al suo futuro» 53.

Al centro del nuovo allestimento dei depositi è stato tenuto l'obiettivo della massima fruibilità possibile, compatibilmente con le caratteristiche del luogo: «Grazie a questa ristrutturazione – spiega Cappelletti - riusciremo a garantire, oltre che una maggior accessibilità, anche una maggior frequenza nelle visite. Va sempre tenuto in considerazione, però, che si tratta di uno spazio in cui per questioni logistiche ma soprattutto di sicurezza, i visitatori potranno accedere in piccoli gruppi e previa prenotazione. È un progetto di cui sono particolarmente orgogliosa. I depositi sono uno spazio fondamentale, un luogo non solo fisico ma mentale, un “dietro le quinte” che fa comprendere la complessità della gestione e della conservazione di tutto il museo. Tramite questi lavori e la decisione di renderli accessibili cercheremo di far comprendere al pubblico che questi non devono essere intesi come luoghi in cui vengono relegate le opere che non trovano posto nelle sale, ma come una parte del percorso museale pronta a essere disvelata» 54.

A rendere possibile questa ambiziosa campagna di restauri e ristrutturazione non è stato uno sponsor, come fu con il Credit Suisse, ma i fondi europei del programma Next Generation EU, facenti parte del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) italiano. In particolare, segnala la direttrice, il progetto “Miglioramento dell'accessibilità dei Depositi della Galleria Borghese” si inserisce nell'ambito dell'Investimento 1.2, quello dedicato alla “Rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi per consentire un più ampio accesso e partecipazione alla cultura”. Si tratta di uno stanziamento di 1,3 milioni di euro, ed è solo uno dei cinque progetti in ambito PNRR che interessano Galleria Borghese per un totale di 6,2 milioni di euro 55. È importante sottolineare come si tratti di fondi pubblici, e non privati, che si sono resi disponibili nell'ambito dell'ampio progetto europeo di rilancio dell'economia continentale messo in campo dall'Unione Europea dopo la pandemia, che aveva compresso non solamente l'economia, ma anche la cultura e le occasioni di studio e di socialità, fruizione dei musei compresa.

Naturalmente, non appena tutto sarà pronto per la riapertura al pubblico massimo sarà l'impegno per la pubblicizzazione delle nuove opportunità offerte al pubblico. L'attuale direzione di Galleria Borghese ha ben chiaro l'impegno che si prospetta, anche sulla base dell'esperienza del passato, opportunamente aggiornata ai più moderni mezzi di comunicazione, inclusi i social network e tutte le forme di comunicazione digitale. Francesca Cappelletti parte da una considerazione: «L'apertura dei depositi al pubblico è una notizia che accende sempre molti entusiasmi e già in passato abbiamo sempre avuto molte più richieste di quelle che realmente possiamo accogliere. La notizia viene comunicata attraverso le attività di ufficio stampa e tramite i canali digitali del museo, ovvero sito web e account social. Abbiamo poi sviluppato un sistema di comunicazione per raccontare i lavori di restauro e rinnovamento, eseguiti grazie ai fondi PNRR, in cui si faceva riferimento anche al progetto per i nuovi depositi e alla possibilità di visitarli» 56.

Dalle testimonianze di Anna Coliva e Francesca Cappelletti appare con la massima chiarezza il rilievo della scelta di rendere fruibili i depositi di un grande museo come Galleria Borghese, sfruttando al meglio l'unicità del sito, cioè gli spazi recuperati nell'edificio storico. Si tratta di un passo deciso in direzione di un ampliamento dell'offerta al pubblico, così come della qualità della conservazione del patrimonio culturale, nel solco della tendenza al Visible Storage sempre più diffusa a livello mondiale.

Non solo. Risalta anche la linea di continuità nella gestione dell'istituzione museale, in cui il nuovo progetto di restauro migliora quanto già realizzato mettendo a frutto le più avanzate innovazioni tecnologiche. È la manifestazione della volontà di fare passi avanti in una direzione ormai considerata come un dato di fatto acquisito, così da rimanere al passo con i tempi. Galleria Borghese, anche grazie ai fondi resi disponibili dal PNRR, rimarrà un punto di riferimento museologico a livello internazionale della tendenza a rendere sempre più fruibile il proprio patrimonio.


Autovalutazione secondo il metodo RE-ORG: applicazione a Galleria Borghese

Per saggiare la qualità dello stato dei depositi di Galleria Borghese si è proceduto ad applicare lo schema di autovalutazione del metodo RE-ORG in collaborazione con lo staff del museo. Ne è scaturita la conferma di come i depositi di questa istituzione siano conservati e organizzati in maniera esemplare. La valutazione si concentra in 4 sezioni principali: Management (M), Building and Space (S), Collection (C) e Furniture & Small Equipment (F). Ogni sezione presenta domande con varie possibilità di risposta, ciascuna associata a dei numeri che saranno dei voti, i quali andranno sommati per ottenerne una valutazione numerica finale. Alla fine dell'analisi, è presente una tabella in cui individuare il proprio punteggio complessivo, che corrisponderà a un'indicazione precisa, positiva o negativa: nel secondo caso è fortemente consiglia l'attuazione del metodo RE-ORG per una risistemazione dei depositi 57.

Seguendo l'ordine indicato dall'ICCROM, per quanto riguarda la prima sezione (M) Galleria Borghese risulta che non vi sia una singola figura che si occupa dei depositi, come richiesto dall'analisi, ma una pluralità: all'interno della Galleria Borghese e della sua nuova organizzazione vi sono delle persone specializzate per sezioni, per opere e per scuole, che sono responsabili anche degli spazi del deposito per quanto riguarda l'area di propria competenza. In sostanza, l'ispezione generale che dovrebbe essere svolta almeno una volta all'anno, viene realizzata quotidianamente sia dai lavoratori di settore, sia dai custodi, che tengono in ordine e puliscono gli spazi, oltre a controllarli. Lo staff, composto da quattro storici dell'arte, due restauratori e due architetti che si occupano della sicurezza e il personale alla pulizia degli ambienti, ha un numero ampio di persone, istruite su tutte le questioni che ruotano attorno ai depositi, come ad esempio la preparazione degli oggetti, la loro ricerca, ma anche la pulizia e il controllo degli accessi.

Nella parte dedicata alla struttura (B), la Galleria ottiene il massimo dei voti, a dimostrazione ancora una volta dell'ottima organizzazione dell'istituzione. Il deposito Borghese ha tetto, porte e finestre sicure mentre le pareti, i soffitti e i pavimenti sono in buone condizioni, come da indicazioni. Parte del soffitto è stato adibito a lucernario, in modo da far entrare luce naturale all'interno della sala, con l'opportuna protezione dai raggi più aggressivi del sole. Spostare gli oggetti risulta essere facile e veloce. È importante per l'ICOM il fattore della localizzazione degli spazi di stoccaggio: nel test viene assegnato un punteggio positivo se si trovano nello stesso edificio dell'istituzione. Nel caso analizzato, i depositi si trovano al terzo piano dell'edificio, ovvero lo stesso dei circa dieci uffici, che svolgono anche la funzione di spazi dedicati alle funzioni di supporto indicati nell'autovalutazione.

Tutti gli oggetti conservati nella collezione (C) sono catalogati con dei codici numerati e, nella relativa scheda, sono indicati anche grandezze e peso del quadro: questo ultimo fattore non è reso pubblico sul sito del museo a differenza del primo, ma queste sono conosciute dallo staff per poter svolgere al meglio tutte le attività di movimentazione in caso di necessità. Non ottiene il massimo dei voti con esito di piccoli necessari cambiamenti. In realtà questo è dovuto perché il metodo RE-ORG prevede la presenza di scaffalature e cassetti che però il deposito Borghese non possiede. Questo è dovuto al fatto che si tratta di una vera e propria seconda pinacoteca, all'interno della quale tutti i quadri sono a vista su appositi supporti e nessuno risulta essere “nascosto”. Questa organizzazione permette di rispettare agevolmente il parametro della rintracciabilità delle opere in meno di tre minuti, mentre tutti gli spostamenti sono registrati, così come nell'esposizione principale, e sono reperibili senza alcun tipo di spostamento rischioso per altre opere d'arte. Nessun oggetto si trova in condizioni precarie per quanto riguarda polveri o batteri grazie alla pulizia frequente e alla presenza di ventole, così da garantire l'assenza di umidità.

L'ultima parte del questionario è dedicata all'arredamento e all'attrezzatura (F). L'autovalutazione richiede lo spazio necessario per nuove acquisizioni: nel caso della Galleria Borghese non sono previsti acquisti poiché si tratta di una collezione storica, ma, nel caso in cui dovessero esserci, sarebbe disponibile lo spazio per un numero limitato di opere, concludendo così la questione con un esito positivo. Sono presenti supporti per gli spostamenti delle opere specifici per i depositi, quali carrelli e altri strumenti per la movimentazione. Gli oggetti considerati “speciali”, come ad esempio quelli molto piccoli, hanno una propria sistemazione nel piano superiore e nessuno è poggiato per terra. In conclusione, vengono citati i rivelatori di fumo e gli estintori che devono essere presenti anche nei depositi, di cui ovviamente la Galleria è dotata 58.

L'autovalutazione dei depositi proposta dall'ICOM è la prima fase di un lungo processo che porterà al compimento di uno spazio di stoccaggio ben organizzato e pulito. La Galleria Borghese, come analizzato nei paragrafi precedenti, presenta una sistemazione antica, sia dell'esposizione principale sia di quella secondaria, ovvero i depositi. L'analisi è stata svolta in funzione di ottenere maggiori informazioni sull'istituzione e poter dimostrare quanto una buona organizzazione sia la base del futuro di questi spazi.


Conclusioni

A conclusione di questo studio, si può affermare che ancora una volta risulta evidente come una delle funzioni più importanti dell'istituzione museale sia quella educativa nei confronti del vasto pubblico dei cittadini. A dimostrarlo sta il crescente interesse che si è potuto riscontrare tanto a livello nazionale, quanto internazionale nei confronti del tema della valorizzazione dei depositi, sempre più visti come luoghi importanti, e dal valore quantomeno duplice. Da un lato, quello di arricchire la conoscenza dei visitatori nell'ambito della storia dell'arte, o comunque dello specifico di ogni singola collezione. Ma, accanto a questo aspetto, assume un rilievo sempre maggiore mostrare il funzionamento del museo “dietro alle quinte” dell'esposizione tradizionalmente intesa, nell'espletamento di altre sue essenziali funzioni, quelle della conservazione, della catalogazione e da ultimo quella del restauro del patrimonio culturale della comunità.

È con un certo sollievo che si può registrare come l'immagine del deposito trasandato e in cattive condizioni, piuttosto comune in un recente passato, stia andando sempre più a perdersi, e con esso i relativi problemi inerenti ai danni che un sistema di conservazione carente può provocare sul patrimonio culturale. Il percorso per una vasta diffusione di sistemi di gestione adeguati di magazzini e depositi è però ancora lungo per molti paesi. Le esperienze di avanguardia crescono in numero ed in qualità museologica, ma non sono ancora sufficientemente diffuse, e soprattutto non lo sono in maniera omogenea dal punto di vista della distribuzione territoriale. E infatti affermare che i musei delle grandi città turistiche abbiano aderito al progetto Visible Storage, non è scontato come si potrebbe pensare oggi, o a seguito della lettura di questa tesi. Le istituzioni che lo hanno fatto rimangono purtroppo solo una piccola minoranza, anche se il loro numero risulta in rapida crescita.

La Galleria Borghese di Roma, che ha intrapreso la via dell'accessibilità dei propri depositi oltre quattro decenni fa, ha saputo costantemente rinnovare il proprio approccio. Per molti versi si è trattato della prima esperienza del genere al mondo, e ancora oggi l'istituzione capitolina rimane un punto di riferimento museologico assoluto. Il suo principale punto di forza è l'aver saputo sfruttare al meglio gli spazi storici che ospitano l'istituzione per offrire non solamente agli studiosi, ma anche al grande pubblico una interessante opportunità di approfondimento dell'epoca su cui la propria collezione d'arte di concentra. Uno sforzo che sta per avere un ulteriore sviluppo grazie ai lavori di ristrutturazione in corso, resi possibili dai fondi del PNRR per la fruizione della cultura, segno di un tangibile interesse delle istituzioni, a partire dall'Unione Europea.

La validità del modello adottato dalla Galleria Borghese è stata confermata in questo lavoro dalla compilazione del questionario di autovalutazione secondo il metodo RE-ORG, che assegna alla storica istituzione romana punteggi molto elevati. Si può vedere in questo la conferma che ad oggi non risultano necessari ulteriori interventi radicali, dal momento che la Galleria già risulta in linea con i criteri museologici più avanzati. L'opera di ristrutturazione in corso con i fondi europei può solamente migliorare questo già positivo stato delle cose.

Galleria Borghese a parte, però, il resto del mondo sembra molto più avanzato rispetto all'Italia. Si può ipotizzare che questo stato di cose sia influenzato da due macro-fattori strutturali. Il primo è il gran numero di opere d'arte che il nostro paese possiede. Si tratta di un indubbio motivo di vanto, che ha però in sé anche il rovescio della medaglia, cioè la difficoltà di gestire adeguatamente un patrimonio tanto vasto. Il secondo fattore per cui l'Italia risulta in ritardo rispetto ad una adeguata gestione dei depositi è costituto dall'anzianità degli edifici che ospitano nella stragrande maggioranza dei casi le istituzioni museali. Dentro palazzi storici essi stessi sottoposti a vincoli, ogni ristrutturazione diventa difficile, al pari del reperimento di spazi adeguati a migliorare la situazione dei depositi. Questo aspetto riguarda anche la “banale” accessibilità: è più complesso adattare una villa del Cinquecento alle innovazioni, quali ad esempio l'ascensore, le uscite di sicurezza o le rampe per disabili, piuttosto che un edificio che deve ancora essere costruito e che quindi può essere progettato secondo i criteri più moderni di sicurezza, razionalità e accessibilità.

E qui è necessario sottolineare come la nuova tendenza nella direzione di una sempre maggiore fruibilità dei depositi museali sia imperniata proprio sulla costruzione di edifici ad hoc per questo scopo, progettati secondo tutti i criteri più avanzati per favorire la conservazione, il restauro e – non da ultimo – la fruizione al pubblico di quella parte delle collezioni che non trova spazio nell'esposizione principale. Sul modello del Rotterdam Depot Boijamns Van Beuningen si stanno muovendo altre istituzioni museali in varie parti del mondo, dall'Europa agli Stati Uniti, all'Estremo Oriente.

La sfida di rendere sempre più trasparente il museo, aumentando l'offerta al pubblico di possibilità di conoscenza, anche attraverso i progetti ispirati al Visible Storage e alla accessibilità dei depositi, rappresenta senza dubbio alcuno una nuova frontiera della conoscenza e della cultura, destinata ad avere un grande sviluppo a breve e medio termine.



    

NOTE

1 Estratto della Tesi di Laurea TriennaleI depositi di Galleria Borghese: un caso di studio museologico di Laura Ghelfi, Relatore Prof. Stefano Colonna, discussa in data 24 settembre 2024, presso Sapienza Università di Roma, Dipartimento SARAS - Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo - Sezione Arte, Facoltà di Lettere e Filosofia.

2 BRUSIUS e SINGH 2019, p. 19.

3 ICOM 2019, p. 1.

4 ICOM 2017, p. 3.

5 ICOM 2019, p. 1.

6 NEGRI 2022, p. 175.

7 ICOM 2017, pp. 3-5.

8 RICCINI 2017, p. 5.

9 SANGIULIANO 2022.

10 FOSSA' 2005, p. 2.

11 Ibidem, p. 3.

12 Ibidem, p. 1.

13 FOSSA' 2005, p. 6.

14 MAIRESSE e THEBAULT 2024, p. 24.

15 LAMBERT e MOTTUS 2014.

16 ICCROM 2017.

17 FOSSA' 2005, pp. 11-12.

18 Ibidem, pp. 14-15.

19 Ibidem, p. 9.

20 Ibidem, p. 10.

21 ICOM 2019, p. 1.

22 NEGRI 2022, pp. 175-176.

23 BENI CULTURALI 2001.

24 BRUSIUS e SINGH 2021, p. 3.

25 THISTLE 2021, p. 32.

26 Ibidem, pp. 40-41.

27 MAIRESSE e THEBAULT 2024, p. 43.

28 DIREZIONE GENERALE MUSEI 2021.

29 GALLERIA BORGHESE A.

30 COLIVA 2019, p. 155.

31 BENI CULTURALI 2001.

32 GALLERIA BORGHESE B.

33 GALLERIA BORGHESE C.

34 CIOFANI 2022.

35 GALLERIA BORGHESE D.

36 Da documenti condivisi dalla Galleria Borghese.

37 Informazioni date in modo informale da Galleria Borghese.

38 BENI CULTURALI 2001.

39 COLIVA 2024.

40 Ibidem.

41 Ibidem.

42 Ibidem.

43 Ibidem.

44 Ibidem.

45 Ibidem.

46 Ibidem.

47 Ibidem.

48 Ibidem.

49 Ibidem.

50 CAPPELLETTI 2024.

51 Ibidem.

52 Ibidem.

53 Ibidem.

54 Ibidem.

55 GALLERIA BORGHESE E.

56 Ibidem.

57 ICOM, Self-evaluation tool for collections in storage.

58 Informazioni date in modo informale da Galleria Borghese.


    

FONTI NORMATIVE

BENI CULTURALI 2001

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI, Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (art. 150, comma 6, D.L. n. 112/1998).

SANGIULIANO 2022

Seduta n. 4 di Giovedì 1 dicembre 2022, VII Camera e 7a Senato.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Intervista con l'autore a Francesca Cappelletti.

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COLIVA 2019

Anna COLIVA, Galleria Borghese. Guida alla visita, Ghebart, Roma, 2019, versione ebook Kindle.

COLIVA 2024

Intervista con l'autore ad Anna Coliva.

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Simon LAMBERT, Tania MOTTUS. 2014. Museum storage space estimations: In theory and practice. In ICOM-CC 17th Triennial Conference Preprints, Melbourne, 15–19 September 2014, ed. J. Bridgland, art. 1503, 9 pp. Paris: International Council of Museums.

NEGRI 2022

Massimo NEGRI, La grande rivoluzione dei musei europei. Museum Proms, Marsilio Editori, 2022^5.

RICCINI 2017

Raimonda RICCINI, Fare ricerca in design, G. Toneguzzi, I Depositi: nuove frontiere museali, Il poligrafo, 2017^2.

THISTLE 2021

C. Paul THISTLE, Visible Storage Report Updated with 180+ Images, in Critical Museology Miscellanea, 2021.


      

SITOGRAFIA

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ID., Mostre Passate, Meraviglia senza tempo https://galleriaborghese...meraviglia-senza-tempo...nel-seicento/, recuperato in data 11 ottobre 2024.

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Francois MAIRESSE, Marine THEBAULT, Museum storage around the world, 2024, https://icom.museum/.../Report_ICOM-STORAGE_EN_Final.pdf, recuperato in data 10 novembre 2024.

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