Quando nel
febbraio del
1888, Vincent Van Gogh (Zundert, 30
marzo 1853–Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890) matura
la decisione di lasciare Parigi, giuntovi appena due anni prima, nel
1886 ,
il pittore è un uomo stanco, esasperato, ansioso, e nevrotico, i
ritmi, lo stress e le dinamiche tipiche della metropoli lo fiaccano,
e, nelle Lettere a Théo ,
confessa che “gli sembra quasi impossibile riuscire a lavorare a
Parigi, a meno che tu non abbia un rifugio in cui riprenderti e
ritrovare la tua pace mentale e la tua compostezza”
, nonché di sentirsi sull'orlo di “una paralisi” .
Il 20 febbraio
arriva nel
centro di Arles ,
il soggiorno è pensato come una tappa momentanea e ritemprante, nel
fisico e nella mente; la meta finale è Marsiglia .
Prende alloggio, nella locanda del paese, quindi, medita la decisione
di rimanere nella località provenzale, affitta, per 15 franchi al
mese, l'ala destra della famosa “casa gialla” ,
sita al n. 2 di Place Lamartine,
e sogna di creare l'Atelier du Midi ,
una società cenobita di pittori, un'alleanza di artisti in lotta
per una pittura migliore ed innovativa, anelanti l'allontanamento
dalla tradizione e dagli schemi tipici, frusti e vecchi della stanca
arte accademica .
Avviare la comunità di maestri indipendenti, capaci di fondare una
nuova arte è considerata dallo stesso pittore un'utopia e, a capo
della comune, Vincent vorrebbe mettere Gauguin .
Aspira, dunque, a fondare un “piccolo studio”, un “avamposto
necessario” a coloro, amici pittori, che lo avrebbero raggiunto al
sud .
L'utopica idea, “creeremo un'associazione di artisti” ,
è probabilmente il frutto di una riflessione operata dall'Olandese
sull'ammirato maestro giapponese 歌川広重,
Utagawa Hiroshige (1797–1858) , che,
con l'altro protagonista della xilografia nipponica 葛
飾北斎,
Katsushika Hokusai (1760–1849),
costituisce un punto di riferimento fondamentale per l'arte del
pittore .
Quando nel febbraio del 1888, Vincent si reca in Provenza, lascia
nell'appartamento parigino una collezione di migliaia di stampe ,
provenienti dall'Oriente, raccolte con abnegazione da lui e dal
fratello Théo .
Hiroshige, in tarda età, si ritira in un monastero buddista, un
ritratto, realizzato da 歌川国貞,
Utagawa Kunisada (1786–1865),
ci restituisce il Giapponese nelle vesti di un
monaco
zen (Utagawa
Kunisada,
Ritratto di Hiroshige, stampa xilografica policroma, inchiostro e
colore su carta, 36.2 x 24.4 cm,
Metropolitan Museum of Art,
New York). Verosimilmente Van Gogh conosce la stampa e può
essersi convinto che i maestri giapponesi possano essere allo stesso
tempo artisti e monaci, il cui lavoro si svolge nella serenità della
comunità cenobita di monaci-artisti.
A Parigi, Van
Gogh,
Gauguin, Toulouse-Lautrec, Bernard, Seurat ed altri sono conosciuti
come i pittori del petit boulevard, in contrapposizione agli
ormai in via di affermazione Impressionisti, noti come i pittori
del grand boulevard. L'epiteto deriva da una mostra, di poco
successo, organizzata da Théo, presso il locale, Au Tambourin ,
di Agostina Segatori (1841-1919), la modella italiana, musa di Degas
e di altri artisti, che dopo aver messo da parte un po' di denaro
apre il Cafè che diviene luogo di incontro della generazione
di artisti minori emergenti. Le nuove leve post-impressioniste si
incontrano, discutono ed espongono le proprie teorie ed opere
all'interno del ristorante e nella bottega di Père Tanguy, Julien
François Tanguy (1825–1894), il mercante d'arte e gestore
di un negozio di materiale per artisti, tra i primi a collezionare e
vendere le tele degli Impressionisti. Per il suo atteggiamento
amichevole e bonario è soprannominato Père, spesso accetta
in deposito o in conto vendita quadri in cambio di materiale, colori,
tele e pennelli; è tra i primi a credere nel lavoro di van
Gogh e ad offrire i suoi quadri in distribuzione .
All'epoca gli
Impressionisti, grazie soprattutto al lavoro instancabile di Paul
Durant Ruel (1831-1922), dopo essere stati i ribelli “imbrattatele”, i rivoluzionari innovatori d'avanguardia, contro la
pittura d'accademia, si avviano ad assumere il ruolo di nuovo
establishment artistico-culturale e diventano l'obiettivo
polemico delle nuove generazioni di artisti, tra cui i maestri del
petit boulevard. Nel sognare di costituire una comune di pittori
progressisti in cui si vive e si lavora insieme, in atelier o
en plein air, nel sud della Francia, il Nostro ha in mente
proprio loro. Van Gogh ricerca un sostegno, morale ed economico, che
non giunge, dagli artisti del grand boulevard ,
e scrive ostinatamente ai suoi compagni del petit boulevard,
chiedendo loro di trasferirsi nella cittadina provenzale; contatta
Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901), Émile Henri
Bernard (1868-1941) e altri, ma solo Paul Gauguin (1848–1903),
grazie all'intercessione e all'accordo con il fratello Théo ,
raccoglie l'invito e lo raggiunge, per poi tirarsi “prudentemente
indietro” .
In attesa
dell'arrivo
del maestro sintetista, l'Olandese inizia dei lavori nella casa
presa in affitto per rendere l'abitazione il più accogliente
possibile, vuole abbellire il suo studio con “una mezza dozzina
di Girasoli dipinti” ,
e dare ai mobili bianchi gli effetti delle “vetrate delle chiese
gotiche” ,
vuole anche decorare la stanza al secondo piano, quella che avrebbe
ospitato Paul, per renderla “il più possibile simile al boudoir di
una donna, molto artistico. Avrà pareti bianche – scrive il
maestro - con una decorazione di grandi girasoli gialli, di mazzi da
dodici o quattordici” .
I Girasoli in
vaso diventano, quindi, il tema di una successione di
dipinti, ad olio su tela, che Vincent realizza,
nell'agosto del 1888, per decorare la “casa gialla”, dalle
lettere capiamo che la serie avrebbe dovuto contare 11
tele ,
ne realizza, però, solo 4 (le cosiddette tele originarie, (Fig. 1),
Fig. 1 - Vaso con quindici girasoli
1888, olio su tela, 92,1 x 73 cm., National Gallery, Londra
Foto cortesia di Giorgia Duò
alle quali, nel gennaio del 1889, durante il
soggiorno-ricovero a St Remy, si aggiungono altri 3 dipinti
(Fig. 2).
Fig. 2 - Vaso con quindici girasoli
1889, olio su tela, 95 x 73 cm., Van Gogh Museum, Amsterdam
Foto cortesia di Giorgia Duò
Il soggetto, tra i
più
noti e riconducibili al maestro dal grande pubblico ,
è già stato oggetto di riflessione del maestro; durante il
soggiorno parigino, infatti, dipinge, tra l'agosto e il settembre
del 1887, 4 tele di andamento orizzontale, raffiguranti dei Girasoli
recisi, distesi al suolo che sono certamente all'origine, delle
prove arlesiane (Fig. 3).
Fig. 3 - Due Girasoli appassiti
1887, olio su tela, 43,2 x 61 cm.
Metropolitan Museum of Art, New York
Foto cortesia di Giorgia Duò
Ma il nuovo schema
compositivo, approntato da Van Gogh ,
potrebbe originare in parte da una decorazione simile realizzata
dall'amico Bernard, il quale, in aprile, invia all'Olandese un
“croquis” della sua invenzione .
Dalle lettere apprendiamo che il maestro acquista un certo
numero di cornici
e che incornicia lui stesso le tele raffiguranti i Girasoli .
Nelle intenzioni
dell'artista l'impresa decorativa non ha mera funzione estetica,
ma ha l'ambizione di voler riprodurre quelle sensazioni positive,
vissute e percepite nel momento in cui è entrato in contatto con la
luce ed i colori del sud della Francia, quindi, offrire al suo ospite
in arrivo quel mix di emozioni e passione .
Ricevuti forse in
dono da
una contadina arlesiana che Vincent ritrae, i Girasoli sono un
tipo di fiore che appassisce velocemente ,
pertanto, per cogliere, ricercare e realizzare l'aspetto voluto, il
maestro deve lavorare molto rapidamente con esiti sperimentali
estremi, tali da procurargli l'appellativo di pittore pazzo;
per la provinciale e culturalmente chiusa mentalità del borgo
provenzale, infatti, solo un folle, incapace di stendere il colore
correttamente ed accademicamente, può dichiararsi artista.
Il particolare
risultato,
sensibilmente innovativo, e caratterizzato, abbiamo detto, dall'uso
diffuso e predominante di toni diversi del colore giallo ,
combinati con i complementari e con il verde veronese, è il prodotto
di una stesura rapida, materica, rivoluzionaria, che risulta, per
l'epoca, che da poco ha accettato la sintetica pennellata
impressionista, difficile da comprendere o gradire. A ciò si
aggiunga il dettaglio iconografico, altrettanto incomprensibile, per
il pubblico del tempo, dei fiori non rigogliosi, ma in via di
disfacimento, appassiti e brutti, che carica il quadro di un
dualistico e tormentato stato, specchio dell'anima interiore
dell'autore, in bilico tra la malinconica tristezza della
sfioritura, allusiva alla morte, e la positiva gioia del colore
giallo e della lucentezza cromatica delle tinte ad olio, che il
pittore ha trovato nel sud della Francia .
L'iconico tema
vangoghiano dei Girasoli è affrontato dal maestro in tre
diversi periodi (A-C), in 11 documentati quadri (due dei quali persi):
A) Giugno-settembre
1887, 4 tele realizzate a Parigi, di formato orizzontale, raffiguranti
dei Girasoli recisi :
-
Quattro
girasoli appassiti,
1887., olio su tela, 60 x 100 cm, Museo
Kröller-Müller,
Otterlo (1887., olio su tela, 60 x 100 cm, Museo
Kröller-Müller,
Otterlo)
-
Due
Girasoli appassiti,
1887, olio su tela, 43,2 x 61 cm, Metropolitan
Museum of Art,
New York (fig. 3);
-
Due
Girasoli recisi,
1887, olio su tela, 50 x 60 cm, Kunstmuseum,
Berna;
-
Due
Girasoli recisi in verde,
1887, olio su tela, 21 x 27 cm, Van
Gogh Museum,
Amsterdam.
B) Agosto-settembre 1888, le cd 4 tele originarie (delle 11 pensate), le sole firmate ,
realizzate ad Arles. Di una di queste (a), passata alla fine dell'800
nella raccolta privata di un riservato collezionista statunitense, se
ne sono perse le tracce e non sappiamo attualmente dove sia conservata;
una seconda opera (b) è acquistata, dopo la morte di Johanna Bonger,
dal milionario-imprenditore nipponico 山本顧彌太, Koyata
Yamamot (1886-1963), ed è stata distrutta durante il bombardamento di
Ashiya, durante la Seconda guerra mondiale:
-
Vaso con
tre girasoli,
1888, olio su tela, 73 x 58 cm, Collezione
privata,
luogo di conservazione ignoto;
-
Vaso con
cinque girasoli,
1888, olio su tela, 98 x 69 cm, opera distrutta, Giappone;
-
Vaso con
dodici girasoli,
1888, olio su tela, 91 x 72 cm, Alte
Pinakotheke,
Monaco;
-
Vaso con
quindici girasoli,
1888, olio su tela, 92,1x73 cm,
National Gallery, Londra
(fig.
1) .
C) Dicembre 1888-gennaio 1889, le cd tele successive, realizzate durante il
soggiorno-ricovero a Saint Remy, momento in cui il maestro torna al
felice progetto con la realizzazione di ulteriori tre tele:
-
Vaso con dodici girasoli,
1889, olio su tela, 91 x 72 cm, Philadelphia
Museum of Art,
Philadelphia;
-
Vaso
con quindici girasoli, 1889,
olio su tela, 100,5x76,5,
Sompo Japan Building, Tokyo;
-
Vaso
con quindici girasoli, 1889,
olio su tela, 95x73 cm,
Van Gogh Museum, Amsterdam
(fig. 2).
La seconda
invenzione in
analisi è l'Autoritratto con orecchio bendato (Fig. 4),
Fig. 4 - Autoritratto con orecchio bendato
1889, olio su tela, 60.5 x 50 cm.
The Courtauld Institute Of Art, Londra
Foto cortesia di Giorgia Duò
è un dipinto realizzato dopo l'incidente del “taglio
dell'orecchio” perpetrato, si ritiene, dallo stesso Vincent, a
seguito del crollo emotivo causato dalla decisione di Gauguin di
tornare a Parigi .
Da poco meno di due mesi, per via delle insistenti richieste da parte
del maestro e di suo fratello Théo ,
Gauguin ha iniziato, nella “casa gialla”, una faticosa convivenza
con il pittore olandese; giunto il 23 ottobre del 1888, il Francese è
tutto ciò che Van Gogh non è :
un uomo vissuto, ricercato dalle donne, piacente e piacevole. Nel
giro di poco tempo Paul ottiene quanto Vincent brama da mesi, le
differenze e contraddizioni tra i due emergono rapidamente, la
situazione si fa tesa e conflittuale, i rapporti peggiorano, la
collaborazione è quasi impossibile, le divergenze di visione sono
sempre più profonde. Iniziano quasi subito a litigare, Gauguin mal
sopporta lo stile creativo e il frenetico modus operandi
dell'Olandese ,
il quale, a sua volta, per via del successo sociale del primo,
sviluppa sentimenti di invidia nei suoi confronti .
All'ennesima discussione, in un'escalation di eventi, il
23 dicembre, il Francese, uscendo di casa, comunica la sua decisione
di partire. Vincent reagisce male, dopo solo nove settimane, il sogno
di creare una comunità di artisti nel mezzogiorno è infranto .
Tenta, inizialmente, senza successo di convincere l'amico a
ripensarci, quindi, di fronte alla determinazione di quest'ultimo
azzarda un'aggressione con un rasoio, ma desiste quasi subito e, in
preda ad una probabile crisi psicotica, rivolgere verso sé stesso
gli impulsi lesivi, procurandosi con un coltello una ferita al lobo
sinistro.
Dopo aver
incartato in un
giornale l'orecchio, si reca nella cd “via delle ragazze
gentili”, dove si trovano i bordelli, e porta il macabro trofeo a
Rachel, la prostituta di cui è innamorato, che preferisce, però,
Gauguin e che sviene all'apertura dell'orrendo presente .
Il motivo per cui
Vincent
abbia voluto omaggiare la donna del proprio lobo, ipotizza il
documentarista esperto d'arte Waldemar Januszczak, potrebbe
derivare da una tradizione popolare legata allo svolgimento delle
corride .
Ad Arles, infatti, si è mantenuta l'antica arena romana, al cui
interno, la domenica, si allestiscono spettacolari combattimenti, di
cui il pittore diventa un habitué. L'opera Les
Arènes (1888,
olio su tela, 73.5 cm
× 91.5 cm, Hermitage
Museum,
St. Petersburg),
ritrae una tipica manifestazione domenicale all'interno
dell'anfiteatro e testimonia della frequentazione del luogo da
parte del pittore. Al matador capace e vittorioso è
consegnato l'orecchio del toro vinto, lo stesso, poi, è mostrato
al pubblico con fierezza dal “macho latino” che termina
l'esibizione con il lancio dell'organo ai convenuti. L'Olandese
nel recapitare il proprio orecchio a Rachel, l'amata che non
corrisponde, potrebbe aver voluto replicare il rito, impersonando,
però, non il ruolo del torero orgoglioso, piuttosto, quello
dell'animale sconfitto .
Il pittore, quindi, si identifica come vittima sacrificale e
soccombente alla pugna d'amore.
Vincent è giunto
ad
Arles con la speranza di trovare il calore e l'affetto di una
compagnia femminile, la sua arlesienne, ma vi trova solo
sofferenza e sconfitta, e l'atmosfera di mestizia del dipinto in
questione lo confermerebbe (fig. 4).
Dopo il tragico
evento
l'artista, anziché cercare aiuto e cure, si rinchiude in camera
sua, la polizia, allertata dai padroni del postribolo, lo cerca e lo
trova, la mattina seguente, nella “casa gialla” in una pozza di
sangue. Viene, inizialmente, soccorso dal dott. Felix Rey, poi
divenuto amico, del nosocomio cittadino, l'antico Hotel-Dieu,
il quale, come documentato dalla lettera al
fratello
Théo del 17 gennaio 1889, è ritratto dal pittore (Ritratto
del Dott. Felix Rey,
1889, olio su tela, 64 cm x 53 cm, Pushkin Museum of Fine Arts ,
Mosca) .
Rimane presso il reparto psichiatrico dell'ospedale per circa due
settimane. Anni dopo, il Rey, raggiunto, nell'agosto del 1930, da
Irving Stone, scrittore e biografo del maestro, alla ricerca di
notizie di prima mano sull'artista, realizza uno schizzo della
dinamica della mutilazione del padiglione sinistro (Fig. 5).
Fig. 5 - Schizzo a mano realizzato nel 1930 da Félix Rey
The Bancroft Library, University of California, Berkeley
Foto cortesia di Giorgia Duò
Durante la degenza
il
maestro si autoritrae in diverse tele, con il dettaglio dell'orecchio
bendato, anche l'opera in analisi, dunque, apparterrebbe ad una
serie .
Nella versione londinese (fig. 4), giocata su un accordo di colori
freddi, l'artista si raffigura di ¾, in modo da offrire al
pubblico il dettaglio vistoso del bendaggio ;
smagrito, quasi irriconoscibile, ha lo sguardo spento e sembra non
riuscire a sostenere quello curioso ed indagatore dello spettatore.
La pennellata, rapida, materica e spezzata, ha un andamento
essenzialmente verticale .
Sullo sfondo, alle spalle del protagonista, appoggiati su un muro
dipinto di verde, sono visibili i due dettagli alla base
dell'interpretazione iconologica del Januszczak, la parte alta di
un cavalletto da pittore, su cui è appoggiata una tela appena
iniziata, e una stampa giapponese, riconoscibile come una xilografia
di Hiroshige.
Il pittore è stato
cresciuto secondo una rigida educazione di tipo calvinista, in un
ambiente fortemente condizionato dalla religione, il padre, un
ministro della chiesa riformata olandese, lo ha edotto, tra le altre
cose, sulla condizione di sofferenza, penitenza e dolore che si
respira nel dipinto in analisi.
Dopo essere stato
dimesso
dall'ospedale, la vita in paese diventa ancora più pesante e
difficile, è costantemente oggetto di rumors, è deriso e
dileggiato dagli adulti, nonché canzonato dai ragazzini e, come se
non bastasse, gli abitanti di Arles organizzano una petizione per
allontanare quello stravagante personaggio dalla città .
Firmano tutti, anche coloro che lui ritiene amici. La circostanza è
vissuta dal Nostro con intenso pathos, che traferisce nel
quadro attraverso la rappresentazione della sua metaforica
crocifissione: come Cristo è stato deriso, rifiutato e disprezzato,
così l'autoritratto allude alla condizione di abbandono, dolore e
solitudine vissuta dal pittore.
Attraverso la
raffigurazione di un cavalletto da lavoro, a forma di croce,
l'artista vuole alludere alla sua sofferenza nonché assimilarla a
quella provata da Gesù sulla croce, il paragone è particolarmente
ardito ed ambizioso, non scevro da connotazioni poco ortodosse, ma
non animato da intenti di natura sacrilega. A ribadire questo comune
sentire di angoscia e malessere qualche mese più tardi realizza una
copia della Pietà di Delacroix e dà al Cristo morto il
proprio volto (Pietà,
1890 ca., olio su tela, 41,5 x 34 cm, Musei
Vaticani,
Pinacoteca
d'Arte Contemporanea,
Città del Vaticano)!
E se il cavalletto
rappresenta lo strumento di tortura, il “sudicio” bendaggio di
lino potrebbe simboleggiare il panno del medesimo materiale indossato
tradizionalmente da Cristo durante la Passione.
La stampa sulla
destra,
una raffigurazione del maestro Hiroshige, del 1880, mostra tre
soggetti femminili davanti all'onnipresente Monte Fuji delle
xilografie giapponesi. In questa esegesi, le tre donne potrebbero
assumere il ruolo delle “tre Marie” o “pie donne”, coloro che
presenziano alla crocifissione di Cristo secondo i racconti
evangelici .
Prosaicamente, la Maddalena e la Vergine sono interpretate da due
geishe con un'amica e il monte sullo sfondo diventa il
mistico Monte Golgota.
L'opera, dunque,
si
configurerebbe come la personale crocifissione dell'artista, che in
un'ottica di assonanza paragona la propria e tormentata vicenda
personale a quella di Gesù, ossia, una dichiarazione universale e
laica della condizione di condivisione di un destino tragico e
comune.
NOTE