Abstract
La conservazione e la
valorizzazione dei beni culturali non possono espletarsi senza
un'attenta fase conoscitiva preliminare, ma anche contestuale;
quando il processo d'indagine avviene coinvolgendo la comunità di
pertinenza, il percorso diventa già valorizzazione, estendendo la
ricaduta scientifica dall'oggetto/patrimonio al soggetto/fruitore.
In linea con i principi
della Convenzione di Faro, con il Codice dei beni culturali e del
paesaggio (art.6), il presente contributo
espone un'esperienza didattica e una ricerca, sviluppate entrambe
nell'ambito della comunicazione del patrimonio archivistico
museale. Nello specifico, il lavoro riporta i risultati delle
indagini eseguite su una raccolta d'incisioni ad acquaforte di
Giovanni Battista Piranesi, conservata presso il Museo della
Rappresentazione (MuRa), afferente al Dipartimento di Architettura e
Ingegneria Civile dell'Università di Catania. Il report illustra,
inoltre, la sperimentazione di strategie condivise con la comunità
accademica, coinvolgendo studenti del corso di Restauro
architettonico, tirocinanti e ricercatori, nel processo di
riconoscimento valoriale e negli aspetti connessi alla
sperimentazione di nuovi canali per la fruizione del fondo.
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L'autore
delle Vedute e delle Antichità Romane ... non ha solo esplorato i
monumenti antichi da disegnatore che cerchi una prospettiva da
riprodurre; ne ha personalmente frugato i ruderi, ... soprattutto per
penetrare il segreto delle loro fondazioni, per imparare e per
dimostrare come vennero costruiti. È stato archeologo in un'epoca
in cui il termine stesso non era in uso corrente.
(Marguerite Yourcenar)
Il Museo della
Rappresentazione
(di Giulia Sanfilippo)
A Villa Zingali Tetto,
sede del catanese Museo della Rappresentazione (MuRa), si realizza
una corrispondenza perfetta tra contenuto (collezioni museali),
contenitore (architettura) e fruitori (comunità accademica,
visitatori). La cornice che accoglie le incisioni piranesiane e i
disegni originali del noto progettista Francesco Fichera, è uno
scrigno déco progettato da Paolo Lanzerotti nel 1926, egregio
esempio di architettura sartoriale, governata da una certosina cura
del dettaglio. La presenza di un archivio dedicato ad architetti
moderni e contemporanei sembra ribadire questa trama di affinità
elettive, in un dialogo serrato tra maestri di tempi e luoghi
diversi, con un comune denominatore: la dimensione narrativa,
tratteggiata da segni e disegni di architetture. Un racconto che
arriva dritto all'osservatore e si snoda attraverso livelli di
lettura differenti: dalla dimensione fisica e tangibile della dimora
storica, a quella artistica delle opere esposte, fino a quella più
riservata dell'archivio.
Il primo sguardo si apre
agli interni della villa (Fig. 1)
Fig. 1 - Villa Zingali Tetto, interno (sala da pranzo)
Catania, © MuRa
cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
- caratterizzati da porte a vetro istoriate en
enfilade, pavimentazione, arredi, soluzioni illuminotecniche e
decori originali - per concludersi con un coup de théâtre:
il giardino d'inverno (Fig. 2)
Fig. 2 - Salvatore Gregorietti, giardino d'inverno
Villa Zingali Tetto, Catania, © MuRa
cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
firmato da Salvatore Gregorietti, sintesi
armoniosa della poetica nouveau, con vetrate a piombo
policrome che rendono questo ambiente unico e suggestivo.
Le tecniche costruttive,
ivi impiegate, evidenziano la curiosità dell'architetto verso
materiali che segnano il passaggio dalla tradizione all'innovazione
di fine secolo, senza tuttavia rivoluzionare stilemi e finiture del
passato. Così, solai a piastra nervata poggiano su murature portanti
in pietrame lavico, all'intradosso la tessitura in cemento armato
simula con finiture a stucco e dipinture un soffitto ligneo a
cassettoni, mentre alcuni vani presentano dipinti o falsi mosaici
realizzati dall'artista Gaetano D'Emanuele. L'apparecchiatura
lapidea di facciata dei prospetti (Fig. 3),
Fig. 3 - Paolo Lanzerotti, prospetto di
Villa Zingali Tetto, Catania, © MuRa
cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
caratterizzata da un lessico neoclassico e
neobarocco, è in pietra naturale e artificiale. Gli infissi, in
legno, denunciano eleganti soluzioni tecnologiche nel sistema
d'oscuramento: sportelli lignei alloggiati, se aperti, in incavi a
scomparsa e avvolgibili.
La residenza, donata
dall'avvocato Zingali Tetto all'Università di Catania (atto
testamentario del 30 luglio 1966), oggi afferisce al Dipartimento di
Ingegneria Civile e Architettura (DICAr) che ne dispone come sede
integrata nel Sistema Museale di Ateneo (SiMuA). In linea con la
Convenzione del Consiglio d'Europa, che promuove la connessione del
valore del patrimonio culturale con la società (Faro 2005), il
comitato scientifico del Museo, coordinato dalla prof.ssa Maria
Teresa Galizia, ha colto la responsabilità di gestire questo bene
architettonico e archivistico. Così, ricerca, didattica e terza
missione, sono stati intrecciati con i temi specifici offerti dalle
collezioni, in una progettazione dinamica di attività per la
valorizzazione dell'edificio storico/contenitore e degli
archivi/contenuto. Il patrimonio del MuRa è attualmente costituito
da due sezioni principali: una raccolta iconografica ,
formata da 1900 fogli tra incisioni e calcografie e una raccolta di
progetti .
L'intero corpus è stato censito in maniera sistematica,
inventariato e sottoposto a catalogazione informatica .
In continuità con quanto
svolto in passato ,
oggi il Museo intende perseguire l'idea di costituire un luogo nel
quale raccogliere, ordinare e rendere
fruibili, con le moderne forme della comunicazione, progetti e
documentazione grafica – acquisiti e da acquisire – che
testimonino il percorso della cultura artistica e architettonica
nella storia, non solo locale. Ecco perché, la cura prestata a tale
patrimonio procede di pari passo con l'individuazione di modalità
volte a realizzare una fruizione sempre più ampia, che sia da
stimolo per altre donazioni e che permetta di costruire nel tempo un
quadro più completo ed esauriente circa l'apporto culturale che
numerosi progettisti hanno dato alla costruzione e alla
trasformazione della città nel XX secolo.
Il fondo Piranesi del MuRa
(di Bibiana Borzì)
Le indagini per
comprendere il valore, risalire alla datazione della tiratura e
ricostruire le vicende che hanno portato la collezione Piranesi
presso l'attuale DICAr, hanno avuto inizio in occasione del
Progetto Coordinato Catania-Lecce (P.O. 94/99), per proseguire, in
tempi più recenti, con un'ulteriore fase di studio .
Le stampe analizzate
riportano il timbro a secco della Calcografia Reale di Roma, elemento
che ha consentito di ipotizzare una possibile datazione. Per chiarire
questo aspetto, in fase di ricerca, una delle tavole presenti in
collezione (Fig. 4)
Fig. 4 - Giovanni Battista Piranesi
Pianta ed elevazione dell'avanzo di parete
nel Sepolcro di C. Publicio a piè del Campidoglio
in luogo chiamato Macel de' Corvi
“Antichità Romane”, (1756), Tomo II, tav. n. 53
Museo della Rappresentazione, Catania
© MuRa, cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
è stata sottoposta alla supervisione dell'Istituto Centrale per la
Grafica (ICG) con sede a Roma, istituzione che conserva tutt'ora le
matrici piranesiane .
L'expertise ha
messo in luce quanto segue:
Si
tratta di una tavola facente parte della serie delle Antichità
Romane, in particolare di una edizione certamente tirata dalla
Calcografia di Roma. La numerazione araba presente sulla tavola
(nella fattispecie il n. 53) fu infatti apposta su tutte le matrici
del Fondo Piranesi agli inizi degli anni Quaranta dell'Ottocento,
subito dopo il loro ingresso in Calcografia, avvenuto nel dicembre
del 1838, a seguito dell'acquisto dei rami da parte del papa
Gregorio XVI dall'editore e stampatore parigino Firmin Didot.
Il
timbro a secco Calcografia Regia restringe la data di tiratura in un
periodo che va dal 1870 al 1946, quando la Calcografia divenne
Nazionale. E' probabile, come da notizie già in vostro possesso,
che si tratti di un donativo del direttore
della Calcografia Carlo Alberto Petrucci il quale, proseguendo una
tradizionale attività dell'istituzione, inviava agli Enti pubblici
sul territorio italiano tali stampe, anche per arredare gli Uffici
periferici dello Stato.
Lo scavo archivistico,
condotto sia a Roma che a Catania, allo stato attuale non ha portato
al ritrovamento di documentazione ufficiale che possa far luce
sull'acquisizione della collezione da parte dell'Ateneo catanese.
Le ipotesi più probabili, avvalorate dal resoconto dell'ICG,
considerano fondamentale il ruolo svolto da Carlo Alberto Petrucci ,
esperto di tecniche calcografiche, fiduciario della Sezione Bianco e
Nero del Sindacato Nazionale Fascista di Belle Arti, direttore della
Calcografia dal 1933 al 1960 e, non ultimo, membro del Gruppo dei
Romanisti (fondato nel 1929) del quale faceva parte anche Marcello
Piacentini. Probabilmente fu proprio quest'ultimo il tramite nel
trasferimento della collezione da Roma a Catania: il noto progettista
romano, infatti, era in contatto con il collega Francesco Fichera,
ordinario, nel capoluogo etneo, della Cattedra di Disegno d'Ornato
e Architettura Elementare. Marcello Piacentini, autore di saggi
monografici dedicati a Fichera, fu tra i primi ad apprezzarne
l'opera. Entrambi gli architetti, inoltre, furono illustri membri
dell'Accademia di San Luca, status condiviso sia da Carlo
Alberto Petrucci sia dallo stesso Giovanni Battista Piranesi.
Questo retroterra, se da
un lato conferma la liaison Piacentini-Fichera, dall'altro
consente di formulare solo alcune ipotesi. Tra queste vi è la
possibilità che la raccolta piranesiana sia stata inviata
all'architetto catanese con lo scopo di abbellire gli Uffici
pubblici: missione che Fichera, forse consapevole del valore della
collezione, portò avanti solo parzialmente, mantenendo la maggior
parte delle incisioni presso l'Istituto di Ornato e Architettura da
lui diretto. Ecco perché, il corpus, privo di alcuni fogli, è
entrato nelle collezioni di Ateneo.
La
ricerca. Consistenza e stato di conservazione del fondo Piranesi
(di Bibiana Borzì)
Le ultime ricerche
effettuate sul fondo piranesiano hanno permesso di verificarne
la consistenza, il contenuto, lo stato di conservazione,
evidenziandone i tratti distintivi, anche rispetto ad altre raccolte
presenti in ambito nazionale. Per confermare la provenienza delle
opere si è resa necessaria la consultazione del Catalogo generale
delle Stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia
nazionale (Fig. 5)
Fig. 5 - Carlo Alberto Petrucci
Catalogo Generale delle Stampe tratte
dai rami incisi posseduti dalla calcografia nazionale
Roma, La Libreria dello Stato, 1953
Cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
redatto da Carlo Alberto Petrucci, che riporta l'indicazione e
la numerazione esatta di tutte le matrici custodite dall'Istituto
romano, insieme a una preziosa premessa.
Oltre alle
opere originali di Giambattista Piranesi e dei suoi collaboratori,
primo fra i quali il figlio Francesco, questa Raccolta ne comprende
altre aggiuntevi in seguito a parecchie riprese, sia per completarla
che per scopi commerciali. L'ordinamento subì più volte
variazioni specialmente dopo la morte di Giambattista nel 1778 quando
i figli si trasferirono a Parigi portando colà tutti i rami; e dopo
quella di Francesco avvenuta nel 1810, quando i rami stessi vennero
acquistati dalla Casa Firmin Didot che continuò a stamparli fino al
1839. In tale anno, per ordine di Gregorio XVI, il cardinale Tosti li
riscattò portandoli alla Calcografia, che ha conservato
l'ordinamento col quale ebbe a riceverli, e col quale qui li
presenta.
La tiratura
ne è stata definitivamente sospesa per ragioni inerenti la loro
conservazione e anche perché la eccessiva divulgazione sin qui fatta
delle relative stampe è in contrasto col riguardo ch'è dovuto
alla eccezionale personalità dell'autore .
Il breve testo di
Petrucci conferma che la Calcografia Nazionale (attuale ICG) decise a
un certo punto di sospendere la tiratura dei rami piranesiani, sia
per esigenze conservative, sia per evitare l'eccesiva circolazione
di questo repertorio iconografico, che avrebbe certamente sminuito il
valore delle stampe. Grazie al Progetto Piranesi, avviato dal 2009,
l'ICG – che conserva 1191 rami dell'architetto veneto – in
seguito alle celebrazioni per i trecento anni dalla nascita del
grande incisore, ha promosso una campagna di restauro delle matrici,
considerate opere di eccezionale valore. In questa occasione è stato
rilevato che la maggior parte dei rami utilizzati da Piranesi nel
corso del Settecento mostrava segni di particolare fragilità
rispetto allo zinco o al legno. La pulitura profonda dei supporti ha
consentito di analizzare il segno inciso dall'artista e il suo
peculiare modus operandi.
Proprio dal confronto con
il catalogo redatto da Petrucci è emerso un dato significativo: le
stampe presenti al MuRa seguono la medesima numerazione dell'ICG,
con un repertorio di 143 stampe in meno rispetto a Roma. In altri
termini, i recenti studi condotti dall'autrice ,
hanno permesso di risalire all'inventario ufficiale della
collezione catanese, che corrisponde proprio a quello firmato da
Petrucci. Una scoperta decisiva, che ha restituito al fondo Piranesi
del MuRa il proprio catalogo, agevolando le attività di ricerca e
archiviazione, confermando, ancora una volta, la filiazione del
corpus dall'Istituto romano.
Se il prezioso insieme di
matrici è conservato dall'ICG, sono numerose le istituzioni
italiane che ospitano collezioni piranesiane. Dal censimento
effettuato, infatti, si è constatato che le raccolte più
interessanti, tra loro eterogenee (per consistenza, edizione,
conservazione), sono custodite da musei, fondazioni, biblioteche e
collezioni private. Tra le più importanti: Fondazione Cini
(Venezia), Musei Civici di Bassano del Grappa, Collezione Giannino
Furlan (Pordenone), Biblioteca Nazionale Braidense (Milano),
Biblioteca dell'Accademia di Belle Arti di Brera (Milano), Scuola
Militare Teulié (Milano), Galleria Nazionale dell'Umbria
(Perugia), Museo di Roma Palazzo Braschi, Biblioteca dell'Accademia
Nazionale dei Lincei e Corsiniana (Roma), Biblioteca Apostolica
Vaticana (Roma), Accademia di San Luca (Roma), Università Suor
Orsola Benincasa (Napoli), Biblioteca Fardelliana (Trapani).
L'analisi fin qui
condotta, oltre a identificare le peculiarità del fondo piranesiano
del MuRa, ha altresì messo in luce la sua singolarità rispetto al
panorama nazionale, dovuta anche al luogo deputato alla
conservazione. Questi, in sintesi, i tratti distintivi: la collezione
è stata stampata in un arco temporale che va dalla fine
dell'Ottocento agli inizi del Novecento, è formata da un numero
considerevole di tavole, presenta una discreta qualità di stampa, è
custodita da una istituzione universitaria (DICAr), aspetto che
condivide con una raccolta molto simile, conservata presso il
Dipartimento di Architettura dell'Università di Cagliari .
Le stampe si trovano all'interno di cassettiere metalliche
portadisegni, al riparo dalla luce e dall'umidità. I fogli,
contenuti all'interno di faldoni cartonati, in linea con i criteri
di conservazione consigliati per i materiali a stampa, sono
intervallati da veline, al fine di proteggerli da polvere e
sfregamenti. Si presentano in buone condizioni, senza tagli o
abrasioni ma, in alcuni casi, con fioriture marroni (foxing) –
sia nel passe-partout sia nella parte incisa – pieghe e
piccoli fori sul margine sinistro.
La raccolta,
dunque, pur appartenendo a una tiratura tarda, presenta
caratteristiche che la rendono di grande pregio e importanza, anche a
fini didattici, tenuto conto di una fruizione che ha come target
privilegiato la comunità scientifica e accademica. Del resto, il
repertorio piranesiano non può che essere una risorsa se inserito
all'interno di un ambito disciplinare come quello architettonico.
Un pendant perfetto, o meglio una fortunata coincidenza,
appannaggio degli allievi ingegneri e architetti.
Ripartire dalla lezione
di Piranesi non vuol dire soltanto inquadrarla storicamente, aspetto
per certi versi scontato, ma renderla viva e ancora attuale.
Comprenderne il contesto intellettuale e culturale, la complessità
poetica, la percezione dell'antico, il rapporto con il paesaggio,
in altri termini la sua perpetua eredità. Una lezione che il fondo
del MuRa sintetizza magistralmente, sia attraverso la famosa serie
delle Carceri d'invenzione, sia con i quattro tomi delle
Antichità Romane, all'interno dei quali si palesa la teoria
piranesiana del genio costruttivo dei Romani. In questa sede Piranesi
chiarisce il suo ruolo: trasmettere ai posteri, mediante le
incisioni, l'immagine dei monumenti antichi che versano in uno
stato di precaria conservazione, derivato dal trascorrere del tempo e
dalle vendite clandestine dei materiali utilizzati per la costruzione
di nuovi edifici. Reperti e architetture sono analizzati nel
dettaglio, descritti nelle loro singole parti, senza mai perdere di
vista il contesto. Sono documenti storici, che riportano aspetti
tecnici di fondamentale importanza, certamente utili per affrontare
lo studio sistematico dell'antichità ma al contempo funzionali,
nella visione piranesiana, alla progettazione contemporanea.
Se l'arte incisoria di
Piranesi deve molto alla formazione da scenografo acquisita a
Venezia, la conoscenza e l'amore per l'architettura antica
derivano dall'apprendistato prima presso lo zio, affermato
architetto della Serenissima, e poi presso Giovanni Scalfarotto.
Senza tralasciare la frequentazione di un entourage colto e
raffinato. Al ritratto di un artista visionario e romantico si
affianca quello dell'architetto, attento osservatore e interprete
di una stagione animata da accesi dibattiti intellettuali. E nella
Roma del tempo, Piranesi lascerà certamente il segno, anzi un doppio
segno: quello artistico, inciso nelle sue tavole, e quello teorico,
sostenuto da posizioni chiare circa la supremazia
dell'architettura romana su quella greca, querelle centrale
nel dibattito settecentesco. Pratica artistica e teoria costituiscono
i due cardini entro i quali si muove, con nonchalance,
l'architetto Piranesi. Quando raggiunge Roma, nel 1740, è
disegnatore a seguito dell'ambasciatore veneziano Francesco Venier
che lo introduce nei circoli intellettuali e artistici più
importanti della Capitale. Nell'impossibilità di trovare impiego
come architetto, nel 1741 entra nella bottega di Giuseppe Vasi
iniziando a incidere piccole stampe per lo più destinate ai colti
viaggiatori del Grand Tour. Il successo acquisito gli consente
di avviare una propria attività: d'ora in poi le sue pubblicazioni
si rivolgeranno a un pubblico di eruditi e cultori del bello, grazie
al loro valore educativo e di ricerca archeologica.
Proprio con Piranesi
la rappresentazione della città e dei suoi monumenti subisce
un'importante trasformazione. L'architetto, infatti, reinterpreta
la tradizione dell'incisione topografica con una valenza
illustrativa e didattica, rendendola uno strumento di espressione
fortemente emozionale, ottenuto attraverso un sapiente uso della
prospettiva e con un particolare effetto drammatico, determinato
dalla forza del tratto incisorio. Ciò che emerge dalle sue opere è
una singolare visione dell'antico, considerato un vasto campionario
a cui attingere in forma critica e personalissima, apportando nuova
linfa alla realtà presente. In questa direzione Piranesi è stato, e
continua a essere, un grande maestro per la Storia dell'architettura.
La valorizzazione
del fondo Piranesi, tra ricerca didattica e comunicazione artistica
(di Giulia Sanfilippo)
In ambito nazionale le
più importanti sedi di collezioni piranesiane offrono in rete
originali opportunità per conoscere, osservare e studiare le
incisioni di Piranesi. In particolare, nel corso del 2020, in
occasione del tricentenario della nascita dell'artista, sono state
avviate numerose iniziative culturali
volte a celebrare la figura del grande architetto/incisore,
avvicinandolo anche a un pubblico di giovani fruitori, grazie a
risorse di ultima generazione, quali scenari 3D e virtual reality.
Certamente rilevante, sotto il profilo scientifico, è stata la
realizzazione dell'ipertesto digitale Piranesi multimediale,
una sorta di grande biblioteca virtuale che permetterà al lettore
non solo di conoscere e studiare le opere del grande artista, ma di
approfondirne storia e retroscena, mettendo in relazione diversi
campi del sapere. Attraverso mappe e percorsi visuali, il volume
offre la possibilità di osservare nei dettagli alcuni aspetti della
grafica piranesiana, rimasti spesso in secondo piano, anche se
rappresentati dall'artista con minuziosa precisione. Spesso,
infatti, questi particolari si focalizzano su escamotages
tecniche, rivelando materiali, sistemi costruttivi e peculiarità
architettoniche dei monumenti presi in esame.
Se il quadro appena
descritto evidenza un rinnovato interesse, di carattere celebrativo e
divulgativo, nei confronti dell'opera omnia piranesiana,
anche i musei e le istituzioni più piccole, che conservano raccolte
dell'incisore veneto, s'impegnano a favorirne la conoscenza e la
fruizione. In questa direzione, il fondo Piranesi conservato presso
il MuRa, è oggetto non solo di cure e di studi per la comunità
scientifica, ma diventa anche motore di promozione sociale e
opportunità di crescita culturale per la città. Docenti e studenti
collaborano sperimentando nuove modalità per raccontare le opere in
maniera dinamica, stimolante, interattiva, aprendo le porte del museo
a un pubblico sempre più eterogeno. Così, i risultati prodotti da
ricerche bibliografiche e analisi interpretative vengono condivisi,
attraverso moderne forme di comunicazione, favorendo, nel contesto
dipartimentale, coesione, senso di appartenenza e affermazione
identitaria dei luoghi. Alla continuità nell'impegno e alla
creatività nelle azioni strategiche di gestione contribuiscono due
progetti di ricerca, che hanno come obiettivo la valorizzazione e la
comunicazione del patrimonio museale, attraverso approcci innovativi,
coerenti con il cambiamento storico-culturale in atto .
Con queste finalità è stata sperimentata una didattica partecipata,
coinvolgendo gli studenti del corso di Restauro architettonico
nell'individuazione di metodi per favorire la fruizione e la
comunicazione della collezione Piranesi. L'esercitazione è
consistita nell'elaborazione grafica dell'analisi storica e
tecnico-costruttiva di alcune delle più rappresentative e note
incisioni della serie Vedute di Roma, selezionate dalla
raccolta conservata negli archivi del Museo. Quattro soggetti –
l'Anfiteatro Flavio, l'Arco di Tito, il tempio di Ercole
vincitore e il tempio di Vesta, o di Cibele, (Figg. 6-9)
Fig. 6 - Giovanni Battista Piranesi
Veduta dell'Anfiteatro Flavio, detto il Colosseo
“Vedute di Roma ...”. Vol. XVII, tav. n. 781
Museo della Rappresentazione, Catania
© MuRa, cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
Fig. 7 - Giovanni Battista Piranesi
Veduta dell'Arco di Tito, “Vedute di Roma ...”
Vol. XVII, tav. n. 717
Museo della Rappresentazione, Catania, © MuRa
cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
Fig. 8 - Giovanni Battista Piranesi
Veduta del Tempio di Cibele
a Piazza della Bocca della Verità
“Vedute di Roma ...”. Vol. XVI, tav. n. 742
Museo della Rappresentazione, Catania, © MuRa
cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
Fig. 9 - Giovanni Battista Piranesi
Veduta del Tempio della Fortuna virile
“Vedute di Roma ...”. Vol. XVI, tav. n. 743
Museo della Rappresentazione, Catania, © MuRa
cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
– hanno mostrato agli studenti strumenti e
metodi impiegati nelle costruzioni antiche, indicando loro i processi
trasformativi, sia delle architetture, sia dello spazio urbano che le
contiene.
L'idea di utilizzare le
incisioni del Piranesi come materiale didattico, all'interno di un
corso di Restauro architettonico, è scaturita dalla forza espressiva
dei monumenti dell'antica Roma, osservati, studiati e rappresentati
dall'artista con eccezionale perizia, fin nei dettagli tecnici.
L'opportunità di mettere a disposizione di futuri progettisti un
repertorio che descrive minuziosamente i particolari costruttivi
delle rovine, così come si presentavano agli occhi di un architetto
del Settecento, ha aperto alla sperimentazione di una didattica
attiva e coinvolgente. Le Vedute di Roma, infatti, non solo
mostrano le straordinarie conoscenze tecniche di Piranesi ma
anticipano l'archeologia, intesa come consapevole strumento di
conoscenza dell'antico. Nelle descrizioni dei materiali e delle
stratificazioni, contenute in legenda, l'autore delinea un percorso
analitico già orientato verso approcci tecnicamente e culturalmente
più efficaci ai fini della conservazione. Le opere del passato
iniziano a essere viste come un'eredità da salvaguardare, ovvero
come documenti di pietra da studiare, descrivere e trasmettere, con
l'ausilio delle tecniche incisorie, alle future generazioni.
[...] e
vedendo io, che gli avanzi delle antiche fabbriche di Roma [...]
vengono a diminuirsi di giorno in giorno o per l'ingiuria de'
tempi, o per l'avarizia de' possessori, che con barbara licenza
gli vanno clandestinamente atterrando, per venderne i frantumi
all'uso degli edifizi moderni; mi sono avvisato di conservali col
mezzo delle stampe. [...]
Ho perciò ritratto ne' presenti volumi, colla
squisitezza possibile, i predetti avanzi, rappresentandone molti non
solo nel loro prospetto esteriore, ma anche in pianta e nell'interno;
distinguendone le membra per via di sessioni, e profili; e
indicandone i materiali, e talvolta la maniera della loro
costruzione, secondo quel che ho potuto ritrarre nel decorso di molti
anni da infaticabili esattissime osservazioni, cavi, e ricerche.
Perlocchè spero di conseguire il fine propostomi di giovare al
Pubblico e nello studio dell'architettura, e nella cognizione degli
odierni residui della romana magnificenza negli antichi edilizi .
In ambito didattico, il
confronto con le grandiose architetture romane, in stato di rudere,
ha stimolato lo studio dell'applicazione dei materiali e delle
soluzioni tecniche dell'ingegneria antica, ma non solo: le ricerche
iconografiche e il materiale bibliografico messo a disposizione hanno
consentito agli studenti di osservare lo stato dei luoghi e la facies
dei monumenti prima, durante e dopo la rappresentazione filologica
piranesiana. La ricerca ha inoltre favorito una serie di
considerazioni critiche, circa le diverse correnti di pensiero, in
tema di restauro, che dall'Ottocento in poi si sono sviluppate sino
ad oggi. La scelta delle Vedute è stata compiuta al fine di
evidenziarne le trasformazioni rispetto alla fase settecentesca,
rafforzando dunque la funzione documentale del materiale iconografico
.
Gli interventi di liberazione, i consolidamenti, le ricomposizioni
per anastilosi, i completamenti, dimostrano didatticamente come
l'approccio progettuale all'antico cambi nel tempo, con
l'evolversi del concetto stesso di restauro. Del resto, proprio
Piranesi, con il suo grido d'allarme in difesa delle vetuste rovine
romane, testimonia un'epoca storica ancora in bilico tra un
atteggiamento di totale incuria e il rinnovato interesse scientifico
per le vestigia del passato.
La
sperimentazione didattica, fin qui esposta, è stata condotta
nell'ambito di un impegnativo percorso di studio e ricerca durato
due semestri accademici. Gli elaborati prodotti si sono focalizzati
su interventi particolarmente significativi, al fine di comprendere
l'evoluzione metodologica del restauro, anche sul piano tecnico. I
protagonisti di questa narrazione coincidono con alcune delle figure
più importanti nel panorama storico del restauro italiano tra
Ottocento e Novecento, come Raffaele Stern e Giuseppe Valadier che,
con i loro interventi, avviano l'approccio moderno alla disciplina,
insieme a Antonio Muñoz e Antonino Giuffrè ai quali si devono nuovi
spunti tecnici e metodologici per il restauro del patrimonio
architettonico e archeologico.
I
lavori che scaturiscono da questo percorso – esposti al MuRa in
occasione della mostra Un contributo di G. B. Piranesi alla
storia del restauro (Fig. 10)
Fig. 10 - Un contributo di G. B. Piranesi
alla storia del restauro
locandina della mostra tenutasi al
Museo della Rappresentazione, Catania, © MuRa
cortesia di Bibiana Borzì e Giulia Sanfilippo
– costruiscono un dialogo serrato con le incisioni piranesiane. Ciò
conferma l'efficacia del metodo impiegato, a prescindere dal tipo
di target coinvolto. Gli elaborati prodotti, infatti, hanno
contribuito a erudire una platea eterogenea, non solo accademica,
rendendo disponibile, anche a un pubblico di non addetti ai lavori,
le complesse tematiche legate al restauro architettonico e,
soprattutto, la grande lezione di Piranesi.
NOTE
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