Nell'ambito
della posizione centrale conquistata da New York nelle arti visive
del dopoguerra, in questo articolo analizzo la ricezione della
fenomenologia negli Stati Uniti e negli artisti americani tra gli
anni 1950 e ‘60. Bisogna ricordare che molti artisti europei si
trasferirono in America dal 1930 in poi per sfuggire ai crescenti
regimi nazionalisti e al razzismo. New York divenne un centro per
artisti all'avanguardia, come Marcel Duchamp, Salvador Dalí, Piet
Mondrian, Arshile Gorky e Max Ernst. Da segnalare inoltre la presenza
dello studioso Erwin Panofsky, trasferitosi negli Stati Uniti nel
1931 a causa della persecuzione nazista. Questi intellettuali
aprirono dunque la via affinché la comunità culturale americana
sviluppasse una conoscenza diffusa della scena artistica europea.
Gli
scritti di Merleau-Ponty furono tradotti in inglese nel 1962, e il
suo approccio all'arte e alla percezione ispirò molti artisti e
critici americani, soprattutto quelli che si occupavano di arte
minimalista, come ha evidenziato la teorica dell'arte americana
Rosalind Krauss. Nel testo del catalogo del 1983 per la mostra di
Richard Serra al Museo Nazionale d'Arte Moderna di Parigi, Krauss
sottolinea che «the
initial French reading of Merleau-Ponty's Phenomenology of
Perception (1945) differs from the American understanding of it in
the 1960s».
Krauss
precisa che subito dopo la pubblicazione del libro di Merleau-Ponty,
le opere di Alberto Giacometti furono adottate come immagini
illustrative delle teorie del filosofo francese e afferma che «The
reason for
this
is that they seem to be (...) forever caught in the aureole of the
beholder's
look,
bearing forever the trace of what it means to be seen by
another
from the place from which he views».
A
riguardo di tale affermazione, che teneva conto di una traduzione in
inglese dell'opera
di Merleau-Ponty avvenuta solo nel 1962, lo storico dell'arte
americano Robert Hobbs osserva come la Krauss ha di conseguenza
supposto che una lettura esistenziale delle sue teorie non fosse
disponibile per i minimalisti negli Stati Uniti, e quindi tale
inesperienza li avesse lasciati liberi di avvicinarsi alle sue teorie
di esperienza pre-oggettiva in un modo radicale.
Fig. 1 - Fotografia di Maurice Merleau-Ponty.
Fonte: Creative Commons, Cortesia di Lorella Scacco
Una
prima osservazione da fare è che la Krauss non ha considerato
l'impatto della filosofia esistenzialista introdotta attraverso il
testo di Jean-Paul Sartre sull'acclamata mostra personale di
Alberto Giacometti alla Pierre Matisse Gallery di New York nel 1948.
Il
catalogo, dalla grafica originale, riproduceva diverse opere
recentissime, di cui alcune non conservate, fotografate da Patricia
Echaurren Matta nello studio di Giacometti, insieme al saggio in
inglese di Sartre, La
ricerca dell'assoluto
e ad una lettera autobiografica di Giacometti. In questa mostra
comparirono per la prima volta le figure filiformi dell'artista
svizzero del ‘47, a grandezza naturale, che ottennero un notevole
successo fra i collezionisti e gli artisti americani, ma non presso
la stampa e il pubblico. Il saggio di Sartre fu pubblicato nel
gennaio del ‘48 anche sulla rivista francese Les
Temps Modernes,
co-diretta da Sarte con Merleau-Ponty, quindi simultaneamente
all'esposizione di New York. Nel testo lo scrittore evidenzia quella
sorta di alleanza tra la materia e il corpo che avviene in Giacometti
durante l'esecuzione delle sculture, come con il gesso, che grazie
alla sua duttilità, non rallenta la sua creazione.
Fig. 2 - Frontespizio del primo numero della
rivista mensile francese Les Temps Modernes (ottobre 1945)
Fonte: Wikimedia Commons, Cortesia di Lorella Scacco
Sempre
nel '48, il libro di Sartre L'existentialisme
est un humanisme
(L'esistenzialismo è un umanismo, 1946) fu tradotto in inglese da
Philip Mairet e pubblicato col titolo Existentialism
and Humanism.
Da queste pubblicazioni si evince una certa consapevolezza
dell'esistenzialismo, e di conseguenza della fenomenologia, già
presente negli Stati Uniti prima del 1962. Inoltre, nel 2001 Hobbs ha
rilevato che già a metà degli anni Quaranta esisteva un
collegamento tra la teoria dell'arte americana e il pensiero di
Merleau-Ponty.
La sua ricerca sul riscontro americano alla filosofia di
Merleau-Ponty nel secondo dopoguerra ha infatti rivelato una
significativa discussione e corrispondenza del filosofo francese con
il critico d'arte statunitense Harold Rosenberg. Questo dialogo
mostra che le idee di Merleau-Ponty circolavano già nell'arte
americana precedentemente alla prima versione inglese dei suoi saggi
disponibile dal 1962. Inoltre, nel 1956 Merleau-Ponty curò una
pubblicazione intitolata Les
philosophes célèbres
(I celebri filosofi),
in cui Rosenberg è incluso in una selezione di scrittori e filosofi
provenienti da Europa, Gran Bretagna e America settentrionale.
Partendo dall'influenza di Rosenberg, possiamo sostenere che
Merleau-Ponty e il suo approccio fenomenologico ebbero ampie
ripercussioni negli Stati Uniti prima degli anni Sessanta.
Harold
Rosenberg è stato uno scrittore, filosofo e critico d'arte
americano. Nel
suo saggio Hobbs afferma: «Rosenberg
read many of Merleau-Ponty's major phenomenological studies in
French and used them in 1952 to develop his concept ‘action
painting', a special existential/phenomenological reading of
abstract expressionism in terms of its improvisational means».
Il
noto saggio di Rosenberg, The
American Action Painters,
in cui sviluppò per la prima volta il termine Action
Painting,
fu infatti scritto per la rivista Les
Temps Modernes,
co-diretta da Merleau-Ponty e Sartre. Hobbs continua a spiegare che
molto probabilmente Rosenberg non gli sottopose il saggio per la
pubblicazione poiché Merleau-Ponty si era dimesso in quel periodo
dalla redazione della rivista.
Inoltre, il forte interesse di Rosenberg per la filosofia
continentale può essere testimoniato anche nel suo primo importante
articolo del 1940 intitolato “The Fall of Paris” (La caduta di
Parigi),
dove annuncia la fine della capitale francese come centro principale
di sperimentazione nelle arti visive e suscita speranze per New York
perché possa prendere il posto della capitale francese.
Rosenberg
osserva che nel XX secolo Parigi
«was
to the intellectual pioneer what nineteenth-century America had been
to the economic one. This world beat a pathway to the door of
inventor – not of mousetraps, but of perspectives».
Dopo
aver scoperto una relazione tra il pensiero di Merleau-Ponty e quello
di Rosenberg, l'articolo di Hobbs evidenzia l'impatto di entrambi
sullo sviluppo dell'arte installativa alla fine degli anni
Cinquanta, dimostrando così come la visione del filosofo francese
fosse rilevante per la scena artistica di New York oltre un decennio
prima gli anni Sessanta.
Durante
gli anni Quaranta e Cinquanta, il movimento espressionista astratto,
noto anche come Action
Painting,
dominò la scena di New York per due decenni con artisti come Jackson
Pollock, Mark Rothko, Jasper Johns, Robert Rauschenberg e Willem de
Kooning. L'Action
Painting
si riferisce a una modalità di creazione artistica che assomiglia
alla performance art, in cui il corpo dell'artista, in particolare,
è incluso attraverso l'azione. Tale approccio riecheggia il
concetto di “corpo vivente” nel pensiero merleau-pontiano.
Ricordiamo
qui una delle affermazioni di Pollock: «(...)
the painting has a life of its own. I
try to let it come through».
Come scrive Rosenberg, a un certo momento la tela iniziò ad apparire
ai pittori americani come un'arena in cui agire piuttosto che come
uno spazio in cui riprodurre, disegnare o 'esprimere' un oggetto,
reale o immaginario. Ciò che doveva essere creato con e sulla tela
non era un quadro ma un evento.
Nello
stesso articolo il critico d'arte americano afferma subito dopo che
«the
painter no longer approached his easel with an image in his mind; he
went up to it with material in his hand to do something to that other
piece of material in front of him. The
image would be the result of this encounter».
Qui il concetto di “incontro” deriva senza dubbio dalla filosofia
di Merleau-Ponty. Il
filosofo francese userà molto spesso questo termine per descrivere,
ad esempio, la visione. Per lui, l'ambigua struttura del corpo
umano, vedente e visibile, soggetto e insieme possibile oggetto di
percezione, suggerisce che la visione non può essere concepita come
incontro fra un “in sé” e una soggettività ricettrice fra loro
eterogenei. Al contrario, i caratteri sensoriali del mondo hanno un
“equivalente interno” nella mia carne, e non si otterrebbe una
percezione ordinata se nel mio apparato visivo un tracciato nascosto
non la prefigurasse, come suo preambolo segreto.
Questo pensiero del fenomenologo francese si presta bene ad esprimere
come l'inclusione
del corpo sia essenziale nell'esecuzione dell'Action Painting,
richiamando dunque il ruolo centrale del corpo nella fenomenologia di
Merleau-Ponty.
Nei
suoi dipinti, l'artista Jasper Johns combina oggetti e immagini di
tutti i giorni, tra cui bandiere americane, bersagli, numeri e
lattine di birra con elementi altamente “tattili” come carta da
giornale e calchi in gesso. Nel 1961 l'artista introdusse nei suoi
dipinti il motivo della mappa degli Stati Uniti e l'impronta
del suo corpo. La storica dell'arte statunitense Barbara Rose
descrive come l'incertezza pittorica emanata da queste mappe crei
un richiamo ai molteplici contorni degli oggetti tremolanti nella
pittura di Cézanne, indicando una condizione di dubbio permanente.
Successivamente, anche quando abbandonò l'Action
Painting,
Johns rimase sempre affascinato dai contorni, dai colori, dalle forme
e dalla loro percezione. Il dipinto Flag
(1994), che rappresenta la bandiera degli Stati Uniti sia in modo
astratto che figurato, ad un'osservazione attenta non risulta
monocromatico ma presenta sottili variazioni di colori. In questo
intreccio tra familiare e sconosciuto, Johns spinge il suo pubblico a
riconsiderare elementi che la mente già conosce. L'inclusione del
corpo, la relazione tra realtà e soggettività e la sospensione del
giudizio nella percezione possono denotare un'influenza
fenomenologica sul lavoro di Johns.
I
primi esperimenti di installazione d'arte iniziarono dopo la
fondazione della New York School. Come
Hobbs analizza, «while
Merleau-Ponty's (and Rosenberg's) discussions are confined to
painting, we do not need to look far afield to see how this
philosopher's ideas could be interpreted by artists wishing to
break away from painting's confines to environmentally-based art».
Hobbs
infatti evidenzia l'impatto di entrambi gli intellettuali sullo
sviluppo dell'arte installativa alla fine degli anni Cinquanta,
dimostrando così come il pensiero di questo filosofo francese fosse
rilevante per la scena artistica di New York oltre un decennio prima
degli anni Sessanta.
Le
osservazioni di Merleau-Ponty ne La
fenomenologia della percezione
diventeranno poi fonte di ispirazione per artisti e performer.
Iniziando una sezione con la suggestiva analogia «Il
corpo proprio è nel mondo come il cuore nell'organismo»,
Merleau-Ponty prosegue scrivendo che «Quando
cammino nel mio appartamento, i diversi aspetti sotto i quali esso mi
si offre non potrebbero apparirmi come i profili di una medesima
cosa, se io non sapessi che ciascuno di essi rappresenta
l'appartamento visto da qui o da lì, se non avessi coscienza del
mio proprio movimento, e del mio corpo come identico attraverso le
fasi di questo movimento».
Hobbs considera questa osservazione sulla dinamica del corpo
merleau-pontiano come organo di senso: «
although several steps ahead of our narrative, (...) [this]
suggests at the outset the relevancy of Merleau-Ponty's thought for
installation art».
Ricordiamo
il rifiuto da parte dell'artista Bruce Nauman dell'idea
consolidata di un'opera d'arte definita e permanente a favore di
una forma d'arte autonoma creata dall'esperienza vissuta. Per
lui, l'arte è un'attività di ricerca piuttosto che un
risultato, senza restrizioni a specifiche limitazioni tecniche. Ad
esempio, la performance di Nauman intitolata Dance
or Exercise on the Perimeter of the Square (1967–68)
si può collegare alla riflessione di Merleau-Ponty sulla camminata
nel suo appartamento.
In questa video performance l'artista americano realizza con del
nastro un quadrato sul pavimento del suo studio, segnandone i punti
medi.
Partendo
da un angolo, Nauman cammina metodicamente lungo il perimetro del
quadrato, volgendo ritmicamente lo sguardo dentro e fuori la linea.
Nella sua video installazione a circuito chiuso Live/Taped
Video Corridor
(1970) ritorna l'esperienza vissuta, spingendo lo spettatore a
camminare lungo un corridoio lungo quasi dieci metri con l'obiettivo
di raggiungere due monitor posti a ciascuna estremità. Sia
attraverso media diversi, come video, performance, disegni o
installazioni complesse, Nauman indaga argomenti che prendono in
considerazione l'esperienza fenomenologica del corpo, del tempo,
del movimento e dello spazio.
Oltre a Nauman, altri artisti hanno abbracciato la fenomenologia di
Merleau-Ponty, tra cui Robert Morris nelle sue prime installazioni
alla Green Gallery di New York nel 1964,
così come Robert Irwin con la sua serie di dischi acrilici
realizzati tra il 1966 e il 1969.
Hobbs
afferma che «what
made his brand of phenomenology so seductive was its apparent ability
to release artists from the stranglehold of feeling that was one of
abstract expressionism's major legacies. It did this by dispelling
the concept that sensations might reside in objects (like
paintings)».
Hobbs
continua la sua dichiarazione aggiungendo che
«to
undermining sensations, Merleau-Ponty's phenomenology promised a
release from the twin pitfalls of empiricism and intellectualism that
forced people to choose between a world that imposed its reality on
them, making them its subject, and a world that was forced to
accommodate itself to their thought».
Irwin
e Morris asserirono entrambi di aver letto e assimilato la filosofia
di Merleau-Ponty sulla percezione.
Entrambi hanno indagato i limiti della percezione, della luce, dello
spazio e della percezione multisensoriale. Krauss osserva che Morris
ha creato oggetti con una sola priorità, quella formale, e che non
implicano alcuna necessità di sintesi.
Come notato dal ricercatore e curatore Simone Frangi, il ritorno ai
fenomeni auspicato dalla fenomenologia merleau-pontiana nel suo
perpetuo dialogo con le teorie psicologiche e antropologiche sarà lo
strumento chiave con cui il Minimalismo ricollocherà l'opera
scultorea all'interno di un ambiente espanso e relazionale.
La
fenomenologia di Merleau-Ponty può quindi svolgere un ruolo
essenziale per comprendere la smaterializzazione dell'oggetto
d'arte dal Minimalismo all'emergere dell'Arte Concettuale.
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