Incontriamo Fabrizio Crisafulli nel suo studio romano nel quartiere
Prati: catanese, architetto, studioso di teatro e di arti visive,
docente di scenotecnica all'Accademia di Belle Arti di Urbino,
conduce dal 1988 un intenso lavoro laboratoriale volto ad esplorare
quanto di nuovo può scaturire da categorie come quelle
di "drammaturgia visiva" e di "composizione scenica".
Autore dei propri spettacoli, dei quali generalmente cura regia,
scene e luci, e particolarmente attento ai temi del montaggio,
del ritmo dei rapporti tra la visione e delle altre componenti
del pezzo teatrale, coniuga atmosfere sospese con architetture
di luce, crea effetti scultorei, scorci improvvisi lungo i percorsi,
effetti di sospensione nello spazio. I suoi temi principali sono
la luce e la perdita di gravità: la luce come elemento
"rivelatore". La materia apparentemente statica diviene
un qualcosa di "animato", attraverso criteri di drammaturgia
visiva: si instaura un rapporto molto preciso della luce con lo
spazio e l' architettura, luci diverse per ogni parte della scena.
Crisafulli ama sperimentare rapporti sempre nuovi tra teatro e
poesia, con riferimento all' opera di Ingeborg Bachmann, ad esempio,
considerata la più grande poetessa austriaca contemporanea,
che ha dato luogo ad un lavoro teatrale giocato sui rapporti tra
parola e immagine, tra scrittura poetica e scrittura visiva, in
cui il mondo della Bachmann risuona nelle relazioni che si creano
in scena tra le varie componenti espressive. Tra queste un rilievo
particolare è dato alla luce, come sempre, elemento di
grande importanza nell'immaginario dell'autrice.
La ricerca di Crisafulli culmina nella performance tenutasi
a Londra quest'estate presso il Turnhalle Building, splendido
edificio voltato in stile vittoriano costruito nel 1865 da un
architetto tedesco: il lavoro combina un alto grado di energia
fisica, nel luogo in cui la performance è concepita, con
la poesia e l' atletismo, espressi in scena con grande intensità
e raffinatezza. La luce è intesa come elemento-attore con
una sua "anima" autonoma: non semplice mezzo per illuminare,
ma forma, disegno, architettura in movimento.
Domanda: La luce e la materia: in che modo si stabiliscono
le relazioni luce-figura e luce-forma?
Risposta: Da buon architetto, ho sempre avuto un interesse
particolare per le arti visive e per il teatro; combinando questi
due elementi nelle installazioni e nelle performance, la luce
assume un' importanza fondamentale, acquistando la funzione di
guida nello strutturare lo spettacolo, creando una vera e propria
drammaturgia, allontanandosi definitivamente dall' essere esclusivamente
mezzo di visione. Questo mio interesse per la luce è nato
dal fatto che essa è sempre più un qualcosa di attivo,
divenendo gradualmente, attraverso il cinema e la televisione
prima, le fibre ottiche , i laser e le oleografie dopo, oggetto
di visione. Nel teatro tradizionale, al contrario, la luce ha
una funzione prettamente espositiva, in funzione della scena.
D. Quanto c'è di stabilito e prefissato nelle performance
e negli allestimenti, e quanto invece, è lasciato al caso,
per continue, nuove creazioni di luce ?
R. Normalmente quando si arriva alla messa in scena è
tutto abbastanza determinato, certamente con delle piccole variazioni.
D. Nell' installazione di Bomarzo, S'era fino,
nell' ambito della rassegna "Incantesimi", come interagisce
la luce con la materia, la roccia ?
R. Il lavoro che svolgo attraverso la luce è quello
di rivelare il luogo che diviene parte imprescindibile dell' opera,
sua vera materia, a partire dalle pietre, dalle aperture, dalle
feritoie. Non ho quindi illuminato lo spazio, ma ho messo in risalto
ciò che comprendeva. Il procedimento assomiglia ai vecchi
dipinti rupestri in cui venivano utilizzate le forme della roccia
per costruire le figure, che in questo caso sono graffiti di luce.
La luce in questo modo, viene fuori dalle cavità del luogo
dimostrando la sua vera essenza. Sarebbe assurdo avvicinarmi alla
materia con dei fari per illuminare il tutto. Già nel 1991
a Fara Sabina nell' ambito della manifestazione "Città
invisibili" ho reso la materia protagonista, attraverso un'atmosfera
sospesa, architetture di luci, paesaggi di sedie ammucchiate,
divani in cima agli alberi come dopo gli uragani.
Mi sono ispirato alla concezione della luce che si ha nella letteratura
giapponese, in particolare mi riferisco a Kawabata che con l'
opera La casa delle belle addormentate ha ispirato il mio
lavoro dal titolo Le addormentate portato in scena proprio
qui a Roma, nel 1995, alla galleria Sala 1 con la compagnia "Il
pudore bene in vista". In autori quali Tawabata, Mishima
e Tanizaki, la luce assume un valore tangibile, animato, soprattutto
in Mishima. Nella tradizione della cultura giapponese questo modo
di intendere la luce è radicato da secoli, la luce è
l' anima delle cose.
D. La luce per mettere a fuoco l'anima della materia, ma
anche la nostra anima. Cosa pensi che possa suscitare questo tipo
di lavoro nel pubblico?
R. Sicuramente è anche un mezzo per guardare dentro
noi stessi. A proposito delle mie messe in scena, sento i commenti
e le interpretazioni più disparate da parte degli spettatori:
in questo modo io ritengo di aver raggiunto un buon risultato
perchè vuol dire che lo spettacolo continua nella mente
di chi lo guarda, lasciando come obbiettivo finale ampio spazio
all' immaginazione. L' arte in generale dovrebbe lasciare spazio
a molteplici interpretazioni.
D. Fabrizo Crisafulli e Daria de Florian: un connubio legato
alla poesia di Ingeborg Bachmann. Ce ne vuoi parlare ?
R. Io e Daria lavoriamo insieme dal 1993; la nostra collaborazione
si basa sul portare in scena i testi di Ingeborg Bachmann, poetessa
austriaca. L'ultimo lavoro ispirato alla sua poesia è lo
spettacolo dal titolo Accessibile agli uomini svoltosi
nella "cattedrale" del Forte Prenestino, a Roma, nell'
ambito del Festival Majakovskij. L'azione si svolgeva lungo i
muri di due sale in cui vi era un passaggio aereo ad una certa
altezza tra una sala e l'altra, per cui gli spettatori erano
costretti a spostarsi mentre lo spettacolo si svolgeva per intero
sui muri. Il lavorare con Daria sospesa al di sopra del pubblico,
ha significato dar corpo alla dimensione "vertiginosa"
del mondo poetico bachmaniano. Il luogo ha condizionato la nostra
lettura. Ad una certa altezza, sui muri, erano situtate le calcolatrici
di Giovanni Albanese che avevano il preciso intento di sottolineare
l'ossessione della Bachmann per la scrittura, per i suoi ricordi
infantili della guerra, dei carri armati, al suo sentimento di
inesorabilità rispetto all' esistenza.
D. Con la tua compagnia Il pudore bene in vista
hai portato in scena nel 1992, al Malta International Festival,
lo spettacolo Inzommu Malta, attraverso il quale è
sottolineato fortemente il rapporto tra la luce e il corpo umano.
R. La compagnia è nata nel 1991 da un' esperienza
di laboratorio effettuata con i miei studenti dell' Accademia
di Belle Arti di Catania. Lo spettacolo presentato al Festival
di Malta era basato proprio sulla relazione tra la figura umana
e la sua riproduzione fotografica mediante diapositive. In particolare
le diapositive proiettavano le immagini delle persone che erano
in scena, su di loro stesse, per cui avveniva uno scambio vero
e proprio tra reale e riprodotto.
D. Per quanto riguarda invece l' allestimento su Malevic,
effettuato a Catania nel 1989, in che modo luce e colori assumono
un aspetto rievocativo delle opere dell' artista russo?
R. Il lavoro si basa sulla teorizzazione delle forme transitanti,
immagini cioè, che vengono a comporsi e ricomporsi nello
spazio attraverso una serie di proiezioni di luci sul palco su
veli in continuo movimento, cosicchè le forme si vengono
a comporre e a scomporre.
D. Quest'estate a Londra in collaborazione con i Momentary
Fusion e con Garth Williams hai dato luogo ad una performance
molto singolare, nella quale oltre alla componente luce, il movimento
corporeo è il vero protagonista.
R. La collaborazione con i Momentary Fusion, le
cui componenti sono due danzatrici aeree, è nata nel 1994.
Il mio interesse nasce dal fatto che la loro è una performance
a-gravitazionale, collegandosi quindi al tipo di lavoro che faccio
io con la luce, che in qualche modo tende ad essere a-corporea.
Ci siamo incontrati su questo interesse in comune di considerare
la possibilità della dimensione a-gravitazionale che fa
parte del nostro immaginario, fenomeno che nel teatro tradizionale
non viene mai messo in risalto.
D. I tuoi progetti per l' immediato futuro? Ancora la luce
al centro delle tue performance?
R. Sicuramente il ruolo di rendere la luce protagonista
è un qualcosa dal quale non saprei prescindere. Mi interessa
sempre più la relazione con la parola, con il suono, sperimentando,
quindi, il video.
Compagnia Il pudore bene in vista.
È sorta nel 1991, ed è diretta da Fabrizio Crisafulli.
Opera in un campo a metà tra teatro ed arti visive, con
un particolare metodo di lavoro elaborato da Crisafulli nel corso
dell' attività laboratoriale che svolge dal 1988, incentrata
sui concetti di drammaturgia visiva e composizione scenica e sull'
uso della luce come elemento strutturale dello spettacolo. Ha
rappresentato i propri lavori in Italia, Unione Sovietica, Olanda,
Austria, Germania, Gran Bretagna, Malta, Egitto.
Produzioni
Compagnia Il pudore Bene in Vista
Spettacoli: Il pudore Bene in Vista (1991); Risveglio
Ufficiale del canarino (1991); La memoria che
si vede (1992); Accessibile agli uomini
(1993); In cerca di frasi vere (1993);
Le addormentate (1995);
Performance: Città delle ombre (1991); Fuoco
nel pozzo (1991); Tripla Italiana (1992);
Inzommu Malta (1992); Porta a porta
(1993); Acuta di conoscenza, amara di nostalgia
(1993); Nuvole di Pessoa (1994); Sonni (1995).
In collaborazione con altre compagnie e con il Centro di Scienze
Teatrali Applicate e il Teatro Potlach:
Città Invisibili, nelle differenti versioni
di Fara Sabina (1991), Klagenfurt (1992), Malta (1992), Rio
de Janeiro (1993), Agropoli (1994), Manarola (1994).
In collaborazione con Johannes Mergner e il Teatro Stabile di
Giessen (Germania):
Kain (1992).
In collaborazione con la compagnia di danza Momentary Fusion (Gran
Bretagna):
Futura (1994), Shifts (1994), High
Vaultage (1995).
In collaborazione con le compagnie Dark Camera, Laboratori Riuniti,
Roma Sud:
Campo d' Azione (1994).
In collaborazione con Giovanna Summo e la Compagnia di danza Vera
Stasi:
Cinquanta (1995); Studio per canto sospeso
(1995).
Laboratori condotti da Fabrizio Crisafulli (spettacoli):
Catania 1988-1992, Accademia di Belle Arti:
Il cielo non si vede mai (1989); Tutti
fitti (1989); Non mancano i buoni esempi
(1989); Il pudore Bene in Vista (prima versione
breve, 1990); Or or (1990); Fog-Malevic
(1990); Nik (1990); Perturbazione Elevazione
Abbassamento (1990); Nik 2 (1992); Natha-
nael
(1992).
Urbino, Accademia di Belle Arti.
Quadri di un' Esposizione (1993); Scena
in scena (1994); Aula (1995).
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