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Fabrizio Crisafulli:
un nuovo modo di far luce sulla materia
 
Tiziana Litteri
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 109 (17 dicembre 1995)
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Area Artisti

Incontriamo Fabrizio Crisafulli nel suo studio romano nel quartiere Prati: catanese, architetto, studioso di teatro e di arti visive, docente di scenotecnica all'Accademia di Belle Arti di Urbino, conduce dal 1988 un intenso lavoro laboratoriale volto ad esplorare quanto di nuovo può scaturire da categorie come quelle di "drammaturgia visiva" e di "composizione scenica". Autore dei propri spettacoli, dei quali generalmente cura regia, scene e luci, e particolarmente attento ai temi del montaggio, del ritmo dei rapporti tra la visione e delle altre componenti del pezzo teatrale, coniuga atmosfere sospese con architetture di luce, crea effetti scultorei, scorci improvvisi lungo i percorsi, effetti di sospensione nello spazio. I suoi temi principali sono la luce e la perdita di gravità: la luce come elemento "rivelatore". La materia apparentemente statica diviene un qualcosa di "animato", attraverso criteri di drammaturgia visiva: si instaura un rapporto molto preciso della luce con lo spazio e l' architettura, luci diverse per ogni parte della scena. Crisafulli ama sperimentare rapporti sempre nuovi tra teatro e poesia, con riferimento all' opera di Ingeborg Bachmann, ad esempio, considerata la più grande poetessa austriaca contemporanea, che ha dato luogo ad un lavoro teatrale giocato sui rapporti tra parola e immagine, tra scrittura poetica e scrittura visiva, in cui il mondo della Bachmann risuona nelle relazioni che si creano in scena tra le varie componenti espressive. Tra queste un rilievo particolare è dato alla luce, come sempre, elemento di grande importanza nell'immaginario dell'autrice.

La ricerca di Crisafulli culmina nella performance tenutasi a Londra quest'estate presso il Turnhalle Building, splendido edificio voltato in stile vittoriano costruito nel 1865 da un architetto tedesco: il lavoro combina un alto grado di energia fisica, nel luogo in cui la performance è concepita, con la poesia e l' atletismo, espressi in scena con grande intensità e raffinatezza. La luce è intesa come elemento-attore con una sua "anima" autonoma: non semplice mezzo per illuminare, ma forma, disegno, architettura in movimento.

Domanda: La luce e la materia: in che modo si stabiliscono le relazioni luce-figura e luce-forma?

Risposta: Da buon architetto, ho sempre avuto un interesse particolare per le arti visive e per il teatro; combinando questi due elementi nelle installazioni e nelle performance, la luce assume un' importanza fondamentale, acquistando la funzione di guida nello strutturare lo spettacolo, creando una vera e propria drammaturgia, allontanandosi definitivamente dall' essere esclusivamente mezzo di visione. Questo mio interesse per la luce è nato dal fatto che essa è sempre più un qualcosa di attivo, divenendo gradualmente, attraverso il cinema e la televisione prima, le fibre ottiche , i laser e le oleografie dopo, oggetto di visione. Nel teatro tradizionale, al contrario, la luce ha una funzione prettamente espositiva, in funzione della scena.

D. Quanto c'è di stabilito e prefissato nelle performance e negli allestimenti, e quanto invece, è lasciato al caso, per continue, nuove creazioni di luce ?

R. Normalmente quando si arriva alla messa in scena è tutto abbastanza determinato, certamente con delle piccole variazioni.

D. Nell' installazione di Bomarzo, S'era fino, nell' ambito della rassegna "Incantesimi", come interagisce la luce con la materia, la roccia ?

R. Il lavoro che svolgo attraverso la luce è quello di rivelare il luogo che diviene parte imprescindibile dell' opera, sua vera materia, a partire dalle pietre, dalle aperture, dalle feritoie. Non ho quindi illuminato lo spazio, ma ho messo in risalto ciò che comprendeva. Il procedimento assomiglia ai vecchi dipinti rupestri in cui venivano utilizzate le forme della roccia per costruire le figure, che in questo caso sono graffiti di luce. La luce in questo modo, viene fuori dalle cavità del luogo dimostrando la sua vera essenza. Sarebbe assurdo avvicinarmi alla materia con dei fari per illuminare il tutto. Già nel 1991 a Fara Sabina nell' ambito della manifestazione "Città invisibili" ho reso la materia protagonista, attraverso un'atmosfera sospesa, architetture di luci, paesaggi di sedie ammucchiate, divani in cima agli alberi come dopo gli uragani.

Mi sono ispirato alla concezione della luce che si ha nella letteratura giapponese, in particolare mi riferisco a Kawabata che con l' opera La casa delle belle addormentate ha ispirato il mio lavoro dal titolo Le addormentate portato in scena proprio qui a Roma, nel 1995, alla galleria Sala 1 con la compagnia "Il pudore bene in vista". In autori quali Tawabata, Mishima e Tanizaki, la luce assume un valore tangibile, animato, soprattutto in Mishima. Nella tradizione della cultura giapponese questo modo di intendere la luce è radicato da secoli, la luce è l' anima delle cose.

D. La luce per mettere a fuoco l'anima della materia, ma anche la nostra anima. Cosa pensi che possa suscitare questo tipo di lavoro nel pubblico?

R. Sicuramente è anche un mezzo per guardare dentro noi stessi. A proposito delle mie messe in scena, sento i commenti e le interpretazioni più disparate da parte degli spettatori: in questo modo io ritengo di aver raggiunto un buon risultato perchè vuol dire che lo spettacolo continua nella mente di chi lo guarda, lasciando come obbiettivo finale ampio spazio all' immaginazione. L' arte in generale dovrebbe lasciare spazio a molteplici interpretazioni.

D. Fabrizo Crisafulli e Daria de Florian: un connubio legato alla poesia di Ingeborg Bachmann. Ce ne vuoi parlare ?

R. Io e Daria lavoriamo insieme dal 1993; la nostra collaborazione si basa sul portare in scena i testi di Ingeborg Bachmann, poetessa austriaca. L'ultimo lavoro ispirato alla sua poesia è lo spettacolo dal titolo Accessibile agli uomini svoltosi nella "cattedrale" del Forte Prenestino, a Roma, nell' ambito del Festival Majakovskij. L'azione si svolgeva lungo i muri di due sale in cui vi era un passaggio aereo ad una certa altezza tra una sala e l'altra, per cui gli spettatori erano costretti a spostarsi mentre lo spettacolo si svolgeva per intero sui muri. Il lavorare con Daria sospesa al di sopra del pubblico, ha significato dar corpo alla dimensione "vertiginosa" del mondo poetico bachmaniano. Il luogo ha condizionato la nostra lettura. Ad una certa altezza, sui muri, erano situtate le calcolatrici di Giovanni Albanese che avevano il preciso intento di sottolineare l'ossessione della Bachmann per la scrittura, per i suoi ricordi infantili della guerra, dei carri armati, al suo sentimento di inesorabilità rispetto all' esistenza.

D. Con la tua compagnia Il pudore bene in vista hai portato in scena nel 1992, al Malta International Festival, lo spettacolo Inzommu Malta, attraverso il quale è sottolineato fortemente il rapporto tra la luce e il corpo umano.

R. La compagnia è nata nel 1991 da un' esperienza di laboratorio effettuata con i miei studenti dell' Accademia di Belle Arti di Catania. Lo spettacolo presentato al Festival di Malta era basato proprio sulla relazione tra la figura umana e la sua riproduzione fotografica mediante diapositive. In particolare le diapositive proiettavano le immagini delle persone che erano in scena, su di loro stesse, per cui avveniva uno scambio vero e proprio tra reale e riprodotto.

D. Per quanto riguarda invece l' allestimento su Malevic, effettuato a Catania nel 1989, in che modo luce e colori assumono un aspetto rievocativo delle opere dell' artista russo?

R. Il lavoro si basa sulla teorizzazione delle forme transitanti, immagini cioè, che vengono a comporsi e ricomporsi nello spazio attraverso una serie di proiezioni di luci sul palco su veli in continuo movimento, cosicchè le forme si vengono a comporre e a scomporre.

D. Quest'estate a Londra in collaborazione con i Momentary Fusion e con Garth Williams hai dato luogo ad una performance molto singolare, nella quale oltre alla componente luce, il movimento corporeo è il vero protagonista.

R. La collaborazione con i Momentary Fusion, le cui componenti sono due danzatrici aeree, è nata nel 1994. Il mio interesse nasce dal fatto che la loro è una performance a-gravitazionale, collegandosi quindi al tipo di lavoro che faccio io con la luce, che in qualche modo tende ad essere a-corporea. Ci siamo incontrati su questo interesse in comune di considerare la possibilità della dimensione a-gravitazionale che fa parte del nostro immaginario, fenomeno che nel teatro tradizionale non viene mai messo in risalto.

D. I tuoi progetti per l' immediato futuro? Ancora la luce al centro delle tue performance?

R. Sicuramente il ruolo di rendere la luce protagonista è un qualcosa dal quale non saprei prescindere. Mi interessa sempre più la relazione con la parola, con il suono, sperimentando, quindi, il video.





Compagnia Il pudore bene in vista.

È sorta nel 1991, ed è diretta da Fabrizio Crisafulli. Opera in un campo a metà tra teatro ed arti visive, con un particolare metodo di lavoro elaborato da Crisafulli nel corso dell' attività laboratoriale che svolge dal 1988, incentrata sui concetti di drammaturgia visiva e composizione scenica e sull' uso della luce come elemento strutturale dello spettacolo. Ha rappresentato i propri lavori in Italia, Unione Sovietica, Olanda, Austria, Germania, Gran Bretagna, Malta, Egitto.

Produzioni

Compagnia Il pudore Bene in Vista

Spettacoli: Il pudore Bene in Vista (1991); Risveglio Ufficiale del canarino (1991); La memoria che si vede (1992); Accessibile agli uomini (1993); In cerca di frasi vere (1993); Le addormentate (1995);

Performance: Città delle ombre (1991); Fuoco nel pozzo (1991); Tripla Italiana (1992); Inzommu Malta (1992); Porta a porta (1993); Acuta di conoscenza, amara di nostalgia (1993); Nuvole di Pessoa (1994); Sonni (1995).

In collaborazione con altre compagnie e con il Centro di Scienze Teatrali Applicate e il Teatro Potlach:

Città Invisibili, nelle differenti versioni di Fara Sabina (1991), Klagenfurt (1992), Malta (1992), Rio de Janeiro (1993), Agropoli (1994), Manarola (1994).

In collaborazione con Johannes Mergner e il Teatro Stabile di Giessen (Germania):

Kain (1992).

In collaborazione con la compagnia di danza Momentary Fusion (Gran Bretagna):

Futura (1994), Shifts (1994), High Vaultage (1995).

In collaborazione con le compagnie Dark Camera, Laboratori Riuniti, Roma Sud:

Campo d' Azione (1994).

In collaborazione con Giovanna Summo e la Compagnia di danza Vera Stasi:

Cinquanta (1995); Studio per canto sospeso (1995).

Laboratori condotti da Fabrizio Crisafulli (spettacoli):

Catania 1988-1992, Accademia di Belle Arti:

Il cielo non si vede mai (1989); Tutti fitti (1989); Non mancano i buoni esempi (1989); Il pudore Bene in Vista (prima versione breve, 1990); Or or (1990); Fog-Malevic (1990); Nik (1990); Perturbazione Elevazione Abbassamento (1990); Nik 2 (1992); Natha- nael (1992).

Urbino, Accademia di Belle Arti.

Quadri di un' Esposizione (1993); Scena in scena (1994); Aula (1995).



	

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