è il titolo della mostra organizzata dal Museo Archeologico
di Frosinone inaugurata il 21 dicembre scorso,che propone al pubblico
importanti spunti di analisi sui costumi e sulla religione di un popolo dell'
entroterra del Lazio meridionale, in connessione con la diffusione del culto di
divinità romane. Bisogna necessariamente distinguere tra il culto
pubblico, praticato in concreto con atti rituali, ai quali il popolo rimaneva
estraneo, passivo,
semplice osservatore, e il culto privato, al quale l' intera famiglia parte
cipava ed era rivolto prettamente a divinità antichissime come i Penati
in trodotti, secondo la leggenda, da Enea. I Volsci vivevano in modo estremamen
te profondo la religione e lo attestano i reperti esposti alla mostra tra i
quali figura un'iscrizione dei fratelli Vertuli di Sora, risalente al 2deg. sec. a.C., quindi in
età tardo-repubblicana. L'iscrizione attesta l'uso della deci ana al dio
Ercole. Il contributo era in origine in natura e poi in denaro. Nel caso
specifico del testo rinvenuto a Sora si menziona l'offerta al dio di un dono e
si chiede la protezione per le imprese future. Ciò fa supporre che i
fratelli Vertulei fossero NEGOTIATORES o MERCATORES , la classe imprenditoriale
attiva che, più di altre, aveva l'uso di pagare le decime ad Ercole. Il
reperto più interessante è forse il THESAURUS rinvenuto a Sora
intatto (lo unico finora tra quelli scoperti) ed è costituito da 3
blocchi di tufo allo interno dei quali è ricavata una cavità per
raccogliere le monete inserite at traverso una fenditura nella calotta in
bronzo. E' insomma un grande salvadanaio installato a Sora nel 1deg. sec.a.C.
in un tempio dedicato a Minerva, come rivela l'iscrizione apposta sul
Thesaurus, e destinato a raccogliere una tazza sacrificale. Al momento del
ritrovamento del Thesaurus erano contenute 50 monete, la più recente
risalente all'epoca di Caligola. Espressione della religiosità popolare,
semplice e genuina sono le offerte votive in terracotta : si tratta di oggetti,
per lo più parti anatomiche (piedi mani, teste, organi genitali, ma
anche animali) prodotti in serie da botteghe di artigiani specializzati nel
lavoro dell'argilla e quindi poco costosi. Sono oggetti offerti agli dei il cui
valore simbolico era vario ( richiesta di guarigione, protezione per un
pellegrinaggio in un santuario o per l' attività di caccia e di
allevamento) e la cui diffusione fu enorme soprattutto tra il IV e il III
sec.a.C. , nel periodo della colonizzazione romana del Lazio meridi onale.
Spesso su di essi compare la firma dell' artigiano che attesta la sua
condizione di uomo libero.
Andrebbero maggiormente approfondite le implicazioni sociali ed economiche
legate all' uso di offerte di questo tipo, ma ci siamo limitati a fornire
sempli ci indicazioni che potranno ulterirmente arricchirsi dopo una visita
alla mostra aperta al pubblico fino al 30 Aprile 96, tutti i giorni, escluso il
lunedì
Ingresso lire 3000.
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