Una scuola elementare di un paesino del senese, un incongruo edificio
fascista affacciato sulla campagna, ospita in questi giorni una rassegna di
Video Arte di respiro internazionale. Curatori della manifestazione
,organizzata dall'associazione Zerinthia, sono Catherine David, direttrice del
prossimo Documenta di Kassel e Corinne Diserens, esperta di Video Arte e
direttrice artistica di Carta Blanca di Madrid.
Scopo della mostra è quello di documentare la reazione di alcuni artisti
alla banalizzazione dell' immagine televisiva sempre più tesa ad una
piatta spettacolarizzazione. E' possibile usare l'immagine-video in un contesto
artistico? E' possibile strappare l'immagine televisiva ad una logica che la
vuole solo come canale di propaganda consumista? Si puo' provare a stimolare
una fruizione critica del video che generi altro che apatia o disinteresse?
Queste cose sembrano essersi chiesti i sei artisti che espongono a Serre:
impiegando in modi diversi il video nel loro lavoro scardinano le convenzioni
granitiche della TV. Dilatano i tempi, tridimensionalizzano l'immagine video,
la moltiplicano, obbligano chi guarda ad un salto, ad una lettura diversa, non
esclusivamente passiva del video.
Si cammina lungo i corridoi della scuola, bianchi e abbaglianti per il sole che
entra dalle grandi finestre, ci sono ancora i piccoli attaccapanni fuori dalle
aule. Ogni stanza ospita un'installazione, ogni aula diventa una piccola
realtà a sè, come nel mondo di Alice, dove aprendo una porticina
ci si trova in un'altra dimensione.
Bruna Esposito, l'unica artista italiana presente, dispone tre monitor a
trittico, giocando con la parola "Ape" che oltre all'insetto laborioso é
anche un furgoncino. le due "ante" laterali del trittico infatti mostrano un'
Ape (Fiat) che scorrazza per Roma o per la ridente campagna senese; lo
scomparto centrale invece mostra una mamma alle prese con i fornelli, anziana e
sacrificata (la grossa ape regina immobile nel cuore dell'alveare?).
L'aula che ospita l'installazione dell'americano Tony Oursler è buia,
sembra vuota a chi entra con la luce del corridoio ancora negli occhi. In
realtà è abitata da una presenza sinistra: un pupazzo di stoffa
con una grande testa rotonda è appeso ad una sorta di trespolo. La sfera
bianca della testa fa da schermo e sulla sua superficie curva viene proiettata
la faccia di una donna terrorizzata, che trema, si morde le labbra e grida.
L'effetto è quello di una persona intrappolata nel corpo inerme di un
pupazzo, un po'marionetta e un po' voodoo. Gary Hill, ancora un americano,
impiega piccolissimi schermi TV appesi come lampadari, le cui immagini vengono
ingegnosamente riflesse da un gioco di specchi. La tedesca Rosmari Trockel fa
pendere dal soffitto dei grandi monitor di fronte ad un finestrone aperto sulla
campagna.
In un'auletta a pian terreno è possibile vedere dei video, ordinandoli
"alla carta", come al ristorante. Il Menu che i curatori pazientemente sono
riusciti a mettere insieme comprende lavori di Bill Viola, Alexander Hahn, Gary
Hill e molti altri video-artisti mai visti in Italia.
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