La Quadriennale di Roma è sempre un importante osservatorio del panorama artistico italiano. Quest'anno la commissione è presieduta da Floriano De Santi e il tema prescelto dai curatori è il rapporto dell'arte con le nuove tecnologie e i linguaggi multimediali. Tutte le opere sono state realizzate negli ultimi quattro anni proprio per essere rappresentative della contemporaneità. Sono presenti diverse generazioni, dagli artisti più maturi come Titina Maselli, Patella, Mimmo Rotella, il gruppo di Arte Povera con Ceroli e Pistoletto e gli scultori Consagra e Pomodoro agli artisti più giovani, come gli esponenti della Transavanguardia Cucchi, Paladino e Ontani. Infine, è possibile conoscere giovani talenti meno noti al grande pubblico, che presentano opere davvero interessanti e degne di nota.
Non ci si deve sorprendere di una tale sovrapposizione di stili e di correnti anche se sotto una comune ottica interpretativa. In fondo tutta l'arte del nostro tempo vive di un nomadismo irrefrenabile, così come teorizzato dal filosofo Mario Perniola, che giudica l'arte come "una serie di coesistenze, non secondo un ordine di successioni". Non è più possibile parlare nemmeno di una storia dell'arte, ma solo di "una topologia, che prenda in esame e analizzi le più varie e contraddittorie esperienze artistiche" (cit. da C. Spadoni nel cat.).
Si potrebbe forse, invece, contestare ai curatori della mostra di non aver posto sufficientemento l'accento sul tema della tecnologia e della multimedialità, così come promesso dal titolo dell'esposizione. Di sicuro interesse sono le manifestazioni degli artisti più giovani, che dimostrano una profonda consapevolezza dei problemi connessi alla ipertecnologicizzazione della società contemporanea. Nelle loro opere è presente un forte senso di ricerca dell'identità, del significato dell'apparenza e, soprattutto del doppio. Come ha insegnato Warhol, infatti, il problema che si pone all'artista nell'epoca della riproducibilità e moltiplicazione dell'immagine è il doppio e di conseguenza, il problema dell'identità. Non è un caso, a mio avviso, che i giovani preferiscano usare la tecnica fotografica proprio per sottolineare che la realtà, una volta strappata al fluire del quotidiano, diventa una realtà altra, quasi un laboratorio di riflessione sul senso delle cose. Il mondo contemporaneo, quindi, sembra spingere gli artisti a ricercare paradossalmente nella "riproduzione" tecnica l'unica fonte di autenticità.
Marco Samoré, trentacinquenne di Faenza, presenta una fotografia dal titolo Fidanzamento, che si pone nel filone dell'iperrealismo con l'ingigantimento di un particolare ordinario. Si tratta di un'opera particolarmente bella e accattivante per il suo colore rosso intenso e per i giochi di luce che si intessono sulla superficie dell'oggetto in primo piano, un posacenere, che sembra sospeso insieme a dei mozziconi di sigaretta, quasi a testimoniare un attimo intenso e sospeso.
Enrica Borghi, trentaquattrenne di Novara, presenta la scultura di un abito in plastica e polietilene dal titolo Soirèe, che ricorda gli allestimenti di Mona Hatum e invita forse a una riflessione sul senso dell'apparire e dell'essere, espressa dall'assenza del corpo all'interno dell'abito.
Giulia Caira, ventinovenne di Cosenza, espone una cibachrome surreale di una figura femminile sfuocata su uno sfondo nero inquietante che ricorda certe atmosfere posthumane tipiche dell'artista inglese Cindy Sherman.
Di particolare interesse il duo Premiata Ditta - UnDo.Net, che presenta un'opera in rete dal titolo http://undo.net/oraperora, contenuta all'interno del loro sito, uno dei più aggiornati e interessanti sull'arte contemporanea in Italia. L'opera presenta un orologio dallo stile ipertecnologizzato che sottolinea, forse con un certo spirito ironico, la follia insita nel dare un senso particolare al tempo in occasione del passaggio verso il nuovo millennio.
L'artista milanese Marco Vaglieri presenta, infine, una stampa laser di una foto digitale che mostra alcuni amici in una gelateria. L'attimo che non ha senso, ne acquista una volta che, riprodotto, si pone allo sguardo, diventa "materia estetica". Si potrebbe dire allora che qualsiasi fotografia può essere un'opera d'arte allora. E' proprio questa la denuncia e la dimostrazione di questo genere di artisti che usano la fotografia.
In fondo, l'arte è morta, no ?
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