Un'insolita e originale mostra a Parigi.
Artisti a confronto in una casa-galleria, un diverso modo di accostarsi all'arte.
Laura Gabbiano, giornalista-ideatrice
Qual è il motivo che L'ha spinta a proporre questa particolare esposizione ?
Quattro anni fa ho imposto l'arte contemporanea alla radio italiana che prima di allora non esisteva e quindi ho incominciato a lavorare con gli artisti, con i musei e le gallerie d'arte. Ora non è più un lavoro. Il mondo dell'arte è diventato per me una grande famiglia. Ho pensato così di fare una serata nella mia casa di Parigi con alcuni artisti, una specie di happening come si usava fare a New York negli anni '70.
La scelta degli artisti come è avvenuta ?
Quando sono arrivata a Roma i miei amici, che erano più grandi di me, erano i maestri di oggi dell'Arte Povera: Paolini, Pistoletto, Piacentino, ecc...A Roma ho trovato la "Nuova Scuola Romana" di Tirelli, Pizzi Cannella, Beppe Gallo, Nunzio che Bonito Oliva ha inserito nella "Transavanguardia". Pinelli veniva prima come generazione, Notargiacomo e Asdrubali erano paralleli alla Transavanguardia, ma autonomi: vendevano in Germania e in Svizzera, esponevano alla grandi fiere internazionali di Colonia e Basilea, ma a Roma, che è provinciale e figlia della politica, Asdrubali e Notargiacomo non sono entrati a far parte dei "salotti".
La scelta è stata assolutamente casuale perché sono andata ad una mostra di Asdrubali a Spoleto e mi era piaciuto subito moltissimo. Pinelli l'ho conosciuto alla fiera di Colonia di tre anni fa sull'arte italiana contemporanea e mi piacque molto, lui è un maestro, nasce negli anni '70, ha fondato la pittura-pittura, la pittura analitica. Notargiacomo è stata una conoscenza romana: a casa di amici ho visto un suo quadro che mi era piaciuto molto e poi ho preso contatti, sono andata nel suo studio ... Sono andata poi a cercare la storia di questi artisti; li conoscevo già attraverso libri e mostre, ma li ho conosciuti attraverso la mia anima; sono poi tornata indietro e sono andata a vedere cosa avevano fatto, è stata una cosa istintiva. Premetto che nessuno di questi tre artisti avrebbe mai preso le sue tele per portarle a Parigi se non per un fatto goliardico e soprattutto se non fosse nato un rapporto "d'amore" tra tutti e quattro. È stato fatto questo gioco, questa festa perché normalmente loro espongono con galleristi a Roma e a Milano, sotto contratto; gli stessi galleristi erano contenti che portassero le loro opere con me a Parigi, perché era una festa per l'arte.
Questo è solo l'inizio ? Ha qualche altro progetto per il futuro ?
Questa non è né l'inizio né la fine, questa è una casualità nata dall'entusiasmo e dall'amicizia, anche la scelta del titolo "Une soireé sur le quai" è stata casuale: eravamo tutti e quattro in una trattoria romana e sembrava quasi che stessimo siglando il manifesto azzurro perciò lo considero un evento a sè stante. Ho avuto una proposta: uno spazio al "Marais", che è un quartiere di Parigi dove ci sono tutte le Gallerie d'avanguardia, dove portare questi tre artisti, vedremo ...
È difficile parlare e far capire l'arte contemporanea ?
Penso che l'arte è sempre stata difficile da capire quando era contemporanea, basti pensare agli Impressionisti e ad altri periodi, tranne ai tempi del Rinascimento quando c'erano i Papi e i Principi che commissionavano. Da lì in poi la contemporaneità è stata sempre un problema, soprattutto nell'essere riconosciuta eppoi ad entrare nel mercato. Le eccezioni ci sono: Picasso, Dalì, De Chirico, Fontana che in vita sono stati riconosciuti e apprezzati; in generale per quanto riguarda l'arte contemporanea, occorre del tempo. Per esempio Asdrubali portato a New York sarebbe considerato già vecchio, mentre in Europa è troppo avanti, Notargiacomo è stato un maestro dell'astrazione, ma quando ha esposto alla Scala nel '70 con Liverani c'erano soltanto lui e Chia, poi è arrivata tutta la "spazzatura" degli anni '80 e l'arte contemporanea ha vissuto la grossa crisi che conosciamo tutti. Da New York, però, l'anno scorso è partito l'o.k. affinché l'arte contemporanea salisse di nuovo. Un esempio: Kounellis è stato venduto all'ultima asta a New York a 1 miliardo e 430 milioni e tutto questo depone a favore dell'arte contemporanea.
Lei che si occupa di arte in Italia trova differenze sostanziali tra queste due nazioni, riguardo all'arte contemporanea ?
C'è una differenza sostanziale per quanto riguarda non soltanto il mondo dell'arte ma tutte le arti in generale, i parigini sono conservatori ma sono curiosi, i parigini stimano qualunque persona decida di fare qualcosa che li incuriosisce. In Italia devi avere bisogno di una struttura istituzionale e politica alle spalle per essere considerato. Un individuo che decide di ideare, come ho fatto io, qualche cosa di nuovo in qualunque campo che riguardi le arti non incuriosisce come può incuriosire Parigi pur essendo una città molto conservatrice, forse perché loro hanno avuto la Rivoluzione nel 1789 e noi non l'abbiamo avuta mai.
Giorgio Bonomi, critico
Premesso che ogni artista ha un suo modo di esprimersi, Lei pensa che ci siano dei punti di contatto tra i qui presenti ?
Trovare dei punti di contatto da un punto di vista stilistico forse è molto difficile perché sono quattro artisti che hanno seguito e seguono un percorso personale. Però, come spesso succede, anche le differenze stanno bene assieme e questo allestimento dimostra che, pur nella differenza, la mostra ha una sua autonomia, proprio perché l'accostamento di questi artisti non è contrastante o contraddittorio ma al contrario organico.
Secondo Lei, in generale, gli artisti italiani possono inserirsi, hanno più possibilità in un contesto parigino ?
Secondo me la Francia vive, dal punto di vista artistico, specie per l'arte contemporanea, una chiusura superiore a quella italiana. Dà invece grande spazio a mostre straordinarie di artisti "storici"del '900, è quindi difficile dire quale genere o stile: astratto, figurativo... possa interessare. Sicuramente alcuni artisti italiani contemporanei più improntati al genere figurativo hanno avuto successo: pensiamo ad Adami, che ormai vive in Francia ed è un artista che rientra nella "pop-art"; ma anche altri artisti giovani hanno galleristi francesi o parigini. Questa mostra, a casa di Laura Gabbiano, sta a dimostrare il tentativo coraggioso di portare tre artisti italiani insieme a una giovane scultrice francese all'attenzione del pubblico. Sono artisti di tre generazioni diverse che prediligono una pittura aniconica che però non è informale, c'è uno studio degli strumenti del dipingere, è quindi una grande scommessa.
Pino Pinelli, artista
Quando ha esposto per la prima volta a Parigi ?
Ho avuto una sala in occasione della mostra di B. Lamarche Vadel che si chiamava Fractures du Monochrome, Musée d'Art Moderne, Parigi 1978, una personale da Chantal Crousel, una delle più famose gallerie parigine, poi due mostre personali alla Galleria Lil'Orsay. Ho esposto anche a Marsiglia, Nizza, Besançon, ho girato un po' tutta la Francia.
Data allora la Sua esperienza, ha trovato una differenza di interesse o ricettività tra l'Italia e la Francia ?
Non riesco a fare una differenza sostanziale: in genere si afferma che in Francia c'è una tenuta, vale a dire una sorta di distanza verso autori che provengono da altri paesi. Per quanto mi riguarda, nel rapporto con i colleghi della mia generazione (parlo degli anni di Support/Surfaces, di Viallat, Dolla, dove abbiamo esposto insieme), non ci sono stati problemi: anzi anche il livello di relazione è stato molto intenso, tanto che abbiamo fatto anche un cambio di lavoro, e questo è stato, per me, segnale di un rapporto di stima.
Cosa ne dice di questa particolare esposizione ?
Tutto questo nasce da un omaggio che facciamo alla signora Laura Gabbiano, che è una famosa giornalista italiana che si occupa di arte in modo specifico. E' una serata e proprio per questo è bello, perché è un momento privato e quindi passa, prima di tutto, la linea dell'affetto, dell'amicizia e dei rapporti umani.
Lei conosceva già gli altri artisti presenti ?
Certamente, tranne la scultrice francese. Notargiacomo è molto famoso in Italia dagli anni '80, è stato uno dei primi autori importati da Flavio Caroli, come del resto anche Gianni Asdrubali.
Gianni Asdrubali, artista
È la Sua prima esposizione a Parigi ?
Ho già esposto nel '92 al Grand Palais: una mostra sull'arte contemporanea e sul design; avevano invitato artisti, pittori e designer italiani.
È difficile per un artista italiano affermarsi nel proprio paese e quali sono, secondo Lei, le differenze tra l'Italia e il resto dell'Europa ?
In Italia non ci sono molte strutture, scarseggiano i musei d'arte contemporanea mentre funzionano bene i privati, i collezionisti e i galleristi. In Germania invece ogni città ha il suo museo e lo stesso vale per la Francia, quindi è più facile per un artista farsi conoscere.
Nella ricerca personale di ogni artista si può rilevare, nel tempo, un punto di stabilizzazione, l'inizio di un approfondimento. Lei sente di aver raggiunto questo punto ?
Ho raggiunto dei risultati ormai da dieci-quindici anni, ho cominciato nel '78 con un lavoro significativo: l'organizzazione, l'immagine del vuoto, dello spazio e questo lo realizzo con il segno. Uso il segno come strumento e non fine a se stesso; il segno non è protagonista in sé ma in funzione dell'immagine e quindi del risultato dell'opera. Tutto ciò dipende dalla tensione dello spazio, inteso come campo potenziale di energia. Tendo a dare un'immagine dell'energia, del movimento, dello spazio dinamico. Questa tensione dipende dal vuoto: è il vuoto che crea l'immagine ed è per questo motivo che mi differenzio dagli altri artisti che usano lo spazio come un campo dove collocare delle cose; per me lo spazio è già di per sé portatore di energia. Il segno non è quindi protagonista, è in funzione di qualcos'altro: del vuoto che origina l'immagine. La mia è una pittura che crea un'immagine di movimento, di energia ed è un'immagine che si muove ma allo stesso tempo è ferma. Stasi e moto devono essere coincidenti in un unicum e questo unicum è proprio il corpo dell'opera, corpo come sostanza di energia.
Come si pone davanti alla tela, ha già un'idea, un'immagine di quello che dovrà eseguire ?
L'idea è all'origine del lavoro e questa si concretizza nella creazione di una forma che si dà e si nega, che appare e scompare, che si apre e si chiude contemporaneamente. Non è una pittura astratta, non astrae, non supera la realtà, ma è qualcosa di concreto, di reale e questa concretezza è proprio data dal vuoto, nucleo originario dell'opera.
Per raggiungere tutto ciò o meglio per captare questa energia si ha però bisogno di una continua tensione ...
Certamente ma questo fa parte della natura, il pensiero stesso è natura, particelle di sodio e di potassio. L'azione che io faccio dipende da questa superficie dove non c'è apparentemente nulla, ma questa situazione mi dà lo stimolo all'azione: devo dare un corpo a questo nulla che in realtà è un pieno. L'immagine è un risultato che non ha più niente a che vedere con il vuoto, ma da cui ne prescinde. Non c'è più la distanza tra spazio e pensiero poiché queste due entità si unificano come natura.
Gianfranco Notargiacomo, artista
Lei che è ormai un artista famoso e affermato, come vede le sue opere in questo particolare ambiente ?
È una cosa talmente divertente, mai fatta. In fondo la casa è il punto finale della destinazione dell'opera, a parte il museo, vedere quindi delle opere esposte in casa, cosa che non mi era mai successa prima, lo trovo divertente, poi è sempre piacevole tornare a Parigi dove ho esposto diverse volte.
Ho visto esposte le mie opere in museo, in case o in collezioni, ma mi è del tutto nuova un'inaugurazione con una mostra fatta come se fosse una collezione aperta. Devo dire che è molto piacevole, tutto ciò grazie a Laura che è sempre piena di vitalità. E' stata lei a portarci a questo, all'inizio non ero molto convinto, poi invece...Vedere tutta questa gente interessata, partecipe...In giro, per Parigi, ci sono altre inaugurazioni nelle molte gallerie; ho notato una partecipazione quasi distratta delle persone: qui no, tutti sono attenti, curiosi.
Un artista non finisce mai di evolversi nel corso della sua vita, ma c'è un punto in cui pensa di aver detto qualcosa di preciso ed importante: lei pensa di esserci arrivato ?
No, no, ci mancherebbe altro! Aspetto che arrivi quello che qualcuno ha definito "l'età dei capolavori". In un libro un famoso gerontologo analizza e afferma che stranamente gli scrittori, coloro che lavorano sulla scrittura, arrivati ad un'età molto avanzata non riescono più ad esprimersi bene, a livelli alti, mentre invece per la pittura la cosa cambia: i grandi vecchi realizzano in tarda età, oltre gli 80 anni, dei veri e propri capolavori. Evidentemente c'è qualcosa: forse la debolezza del codice della pittura diverso dal codice forte della scrittura dovuto alla lingua, ma che, a una certa età, forse non si riesce più a padroneggiare; invece, l'indeterminatezza della pittura lo permette e sta di fatto che il pittore ha la possibilità di arrivare tardissimo a fare dei capolavori. E io aspetto quell'età e ci voglio arrivare con calma! Penso comunque di aver determinato, insieme ad altri, certi mutamenti.
La scelta dei materiali che ha usato da che cosa è determinata ?
La scelta del materiale, in questo caso, è molto speciale perché si tratta di una mostra che si vive in una serata; c'era poi il problema della lontananza, dei trasporti. Invece di mandare tele pesanti ho usato materiali leggeri per le due grandi opere: per una, la carta e l'inchiostro e per l'altra meno tipico, smalto su carta e l'effetto, il risultato è quello di un quadro a tela. La scelta del materiale quindi è stata data unicamente dalla trasportabilità.
Annie Laure Banon, artista
È la sua prima esposizione ?
No, ho molto lavorato, ma questa è una particolare esposizione molto simpatica, umana. Presentare delle opere in un ambiente familiare è stata un'idea di Laura e il risultato è molto piacevole.
Conosceva gli altri artisti ?
No, conoscevo le loro opere ma solo oggi li ho potuti conoscere personalmente.
Come è arrivata alla scelta del materiale per le sue sculture ?
Prediligo il ferro perché, per me, rappresenta molto la vita. Tutto ciò che richiede il fuoco mi dà l'idea di un qualcosa di vitale, che attira la mia anima, c'è l'immortalità che arriva...è l'uomo che crea il fuoco ed è per questo che lo uso.
Lavora solo con il ferro ?
No, anche il bronzo, l'incisione e in particolare l'acciaio e il rame.
L'originalità dell'esposizione, la generosità dell'ideatrice, la disponibilità e cortesia degli artisti, dettata dal piacere di spiegare ed esplicitare il senso del proprio lavoro, ha fatto sì che in questa casa-galleria si sia svolta proprio una piacevole, interessante e godibilissima serata..."Sur le Quai".
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