Dopo un approfondimento non facile del cammino intrapreso da Angelo Calabria, in arte ACA, il giovane artista il cui sguardo si posa sull'ardente azzurro del mare di Sciacca, mi sono avventurata in una delle possibili interpretazioni del percorso comunicativo compiuto da questo ricercatore appassionato di nuove forme espressive.
Per intraprendere un lavoro di interpretazione dell'opera di ACA bisogna avere il coraggio di lanciarsi nella dimensione di un linguaggio sconosciuto, che però sta nascendo e si impone per la sua novità. Il rischio è che il messaggio dell'opera non sia compreso nel senso in cui il nostro artista lo ha vissuto e sofferto nel suo instancabile gesto di comunicazione creativa.
Consapevole di questa difficoltà preferisco avviare il discorso citando le parole dello stesso ACA:
«Per comprendere le opere "sequenzialiste" è indispensabile un atto liberatorio. Occorre che l'osservatore non si soffermi a cercare un senso, cioè un significato esteriore delle parti (messaggio figurativo), o che sprofondi nel risuonare interiore delle forme e dei colori (messaggio astratto); ma che acceda, guidato dallo stimolo percettivo primario e innato del "contare", alla pura "energia-informazione" espressiva dei mezzi pittorici contingenti, rivivendo con il percorso sequenziale spazio-temporale dello sguardo quello che l'artista ha voluto esprimere con il percorso sequenziale spazio-temporale del gesto.».
Da queste parole è nata la mia intuizione su come interpretrare le opere di ACA. L'artista infatti non soltanto ha studiato intimamente e in modo quasi ossessivo grandi Maestri dell'Arte astratta come Kandinskji e Klee, ma ha anche cercato di creare un legame organico tra il proprio linguaggio artistico e la ricerca scientifica contemporanea. Il senso di un'epoca nasce dalle varie espressioni dell'ingegno umano. In particolare Arte e Scienza sono rappresentative l'una della percettività visiva-tattile dell'uomo e delle sue connessioni con l'inconscio individuale e collettivo, l'altra dello sforzo di raggiungere con la ragione la struttura della realtà e le leggi che la governano: muovendosi tra queste due grandi polarità culturali, che ad un primo approccio sembrano così distanti, ACA ha scoperto un campo d'indagine di grande interesse e l'ha esplorato con metodi adeguati alla novità degli argomenti.
Studiando "in sinergia" il lavoro preliminare che l'artista ha compiuto per preparare il terreno alla "messa in opera" del linguaggio sequenzialista, ci accorgiamo che le due dimensioni di ricerca da lui affrontate non sono lontane come sembrerebbero, ma tra loro interattive al punto di non potersi distinguere l'una dall'altra.
In un mio articolo precedente sull'argomento ho parlato di "icone guerriere", riferendomi alle elaborazioni che si possono osservare, in apertura della sezione "lavori in corso" nel sito <sequenzialismo.com> (fig 1): mi aveva colpito, nella raffigurazione - sempre molto elegante - dei numeri e delle direzioni o frecce spaziotemporali, il possibile riferimento alle armi di mitici guerrieri arcaici.
Ebbene: nelle parole dell'artista sopra citate troviamo da una parte la dominante sottolineatura del potenziale di informazione di cui è dotata l'energia, dall'altra il riferimento all'istinto primitivo del contare, alla gestualità dell'artista e alla dimensione visiva di chi guarda l'opera, cioè le immagini, i segni creati dall'artista.
Ad un esame attento di queste componenti emerge un elemento imprevisto:
l'attualità sconcertante dell'elemento magico capace di sottolineare, o meglio di evocare non solo le informazioni contenute nell'energia che ACA rincorre, ma anche i due aspetti "visione dell'immagine" e "gesto". Ci accorgiamo così che il percorso visivo compiuto da chi guarda rimanda al percorso gestuale, all'azione vitale e vivificante compiuta dall'artista nell'elaborare la materia della sua opera.
Mi sembra che questi tre elementi (i numeri, l'immagine ricostruita dallo sguardo, la materia vivificata dal gesto) ci riconducano immediatamente al rapporto tra linguaggio primitivo dell'arte e magia: anche l'arte dei graffiti nelle grotte di Altamura è compiuta da gesti rituali volti a rendere presente ciò che viene raffigurato che, in quel caso come negli altri graffiti arcaici o preistorici, è l'animale da catturare e di cui cibarsi per sopravvivere.
ACA tenta di realizzare così un doppio innesto: collegando alle scoperte più avanzate della tecnologia ciò che è anticamente segnato nella profondità dell'inconscio collettivo egli lo rende attuale e nuovissimo, mentre dà uno spessore e radici antiche all'arida tecnica dei computer.
L'analogia tra la natura gestuale e magica dei graffiti preistorici e quella del linguaggio grafico di ACA orienta la nostra ricerca ad interrogarci sul potenziale evocativo dei segni di cui si compone il linguaggio dell'artista. ACA vuole, con i suoi misteriosi segni-segnali, far percorrere allo sguardo l'itinerario creativo nato nella sua mente e nella sua psiche in situazioni emotive differenti, cioè nella gioia, nella malinconia, nella tensione verso il futuro, nel ripiegamento verso il passato e così via. Potrà sembrare un'affermazione paradossale: l'artista conosce perfettamente le tecniche più avanzate dell'informazione, ma nell'elaborare il suo nuovo linguaggio compie un gesto strutturalmente analogo a quello dell'uomo primitivo che intende richiamare, con l'immagine graffita sulla pietra, l'"oggetto del desiderio" legato alla propria sopravvivenza.
Che cosa vuol fare invece l'artista con le sue "elaborazioni" ?
Guidandoci a comprenderle attraverso pagine didattiche e appunti -una sorta di "istruzioni per l'uso"- egli richiama l'attenzione su se stesso, come icona dell'uomo che crea, sente, sogna, pensa, che si abbandona alla tristezza o alla gioia: spesso nascosto dietro l'arido linguaggio tecnologico, egli dimostra di non volerci stupire con i colori e le forme delle sue composizioni e che è sua precisa intenzione invece aiutarci a scoprire l'anima da cui nascono i suoi gesti creativi, le emozioni che ha sentito o sofferto mentre tracciava quella linea o configurava quel numero, lasciando a chi guarda la libertà di immaginare le proprie emozioni dopo averle ritrovate grazie al percorso compiuto esaminando l'opera d'arte.
Il messaggio di ACA potrebbe essere: bisogna andare avanti con il progresso della scienza, ma compiere anche il gesto magico che ci fa riscoprire, con sguardo attento e partecipe, l'"homo creans" che è nell'artista, espressione e simbolo dell'uomo che è in ognuno di noi. Qui il cibo per la sopravvivenza, invece che l'animale da catturare, siamo noi stessi, la nostra capacità di pensare, sentire, amare, soffrire, che troppi di noi hanno smarrito. L'artista si offre quindi come cibo per la sopravvivenza di un'umanità che rischia la disumanizzazione.
Senza il recupero di questa capacità il progresso scientifico ci porta verso un futuro in cui non potremo riconoscerci. E il pericolo è che, nel futuro che ci stiamo preparando, i robots siano più intelligenti, più utili e perfino più umani di noi di noi umani.
Ma il discorso non finisce qui: in particolare nelle sue ultime "elaborazioni" ACA sembra aver raggiunto la consapevolezza che l'artista, oltre a testimoniare in se stesso una tensione conoscitiva ed espressiva da trasmettere a chi guarda la sua opera, ha bisogno anche di trasgredire le regole e inseguire gli input dell'immaginazione, di esprimersi liberamente, con l'elegante movimento delle forme senza i colori, ma non abbandonando le proprie scelte di fondo: il contare, lo spazio-tempo e le emozioni. Stupisce come la sinergia con il linguaggio del computer, presente sempre, acquisti una leggerezza quasi trasognata, per la contrapposizione di due colori assoluti, il bianco e il nero, che però si estinguono spesso l'uno nell'altro, catturando lo sguardo in una dimensione onirica che ripropone Klee e i grandi Maestri dell'astrattismo, non senza delicati accenni tecnologici ( fig. 2, 3, 4 ).
In questo suggestivo bianco e nero ACA mantiene le sue promesse e si rinnova senza dimenticare le radici dell'albero della vita. Lo aspettiamo al vaglio del colore, anche se già in questa fase della sua produzione c'è qualche presentimento cromatico. Un tentativo di creare un ponte tra tecnologia e sogno ? Ancora non lo sappiamo, è meglio ascoltare di nuovo quello che dice l'artista (fig.5):
«Mentre creo sono in una specie di trance dove la mente conta
schematicamente e il cuore improvvisa istintivamente. Forse è difficile da
spiegare senza vederlo dal vivo».
È quello che speriamo: veder ACA mentre opera dal vivo, magari durante una delle sue mostre.
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