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Marco Casiraghi Paris trompe-l'oeil. L'arte della fotografia: una recensione e due interviste  
Roberta Balmas
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 19 Novembre 2008, n. 510
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Area Mostre

Normalmente quando si parla di fotografia ci si riferisce a quella tecnica che permette di creare immagini su un supporto sensibile alla luce, ma un'immagine così ottenuta non è solo tecnica: si trasforma in una forma d'arte perché, come tutte le altre forme d'arte, comunica, invia un messaggio diretto, immediato, è espressione di idee, è un modo nuovo che ci porta a conoscere e a comprendere meglio il mondo che ci circonda, ma è anche ipotesi, diletto, fantasia, testimonianza, un modo di raccontare il tempo in cui si vive con l'attenzione, l'amore e la passione che ogni artista mostra di avere.

Inizialmente la fotografia è stata avversata e considerata il rifugio dei pittori mancati anche a causa delle dure critiche del poeta francese Charles Baudelaire. Infatti alla fotografia era inizialmente associata un'idea di mediocrità, che la considerava come una sorta di "arte applicata", una specie di arte a metà, di livello inferiore rispetto a quell'arte maggiore, quella con la A maiuscola. Ma per fortuna dagli inizi del XX secolo in poi viene definitivamente riconosciuta come una nuova forma di linguaggio espressivo.

Ci piace ricordare una delle più belle e affascinanti definizioni della fotografia, data da Marta Sandweiss, per cui le fotografie raccontano le storie dei fotografi che possono anche «non avere niente a che fare con l'originale contesto narrativo della fotografia, con l'intento del suo creatore o con la modalità di fruizione del suo pubblico in prima battuta». Quindi è come se la fotografia vivesse di vita propria, tutta racchiusa nella semplicità dell'osservazione, dell'occhio magico di chi ritrae e di colui che osserva e vede.

La fotografia viene considerata come mezzo artistico capace di supportare ed affiancare le altre arti visuali anche grazie a una serie di considerazioni, prima fra tutte quella di Rudolf Arnheim in Arte e percezione visiva: «... il materiale visivo ricevuto dall'occhio, si organizza per farsi comprendere dalla mente, ... come rappresentazione di qualche cosa, e quindi come forma di un contenuto ... la creazione di immagini non consiste semplicemente nella proiezione ottica dell'oggetto, ma è un equivalente ... di quanto si vede nell'oggetto ...»; l'artista può «migliorare la realtà o arricchirla mediante l'intervento della fantasia» ed è proprio questo, secondo noi, che fa Marco Casiraghi nel mostrarci la sua Parigi trompe-l'œil, rigorosamente in bianco e nero.

Ma in questa mostra di Marco Casiraghi, come scrive nel catalogo Enrico Gusella, fondatore e direttore del Centro Nazionale di Fotografia: «... in Paris trompe-l'oeil è racchiusa tutta l'espressività e il carattere di un'impronta, meglio ancora di una forma, nella quale illusione, falsa apparenza, e rivelazione si affermano come codice linguistico, prima ancora che formale, della rappresentazione fotografica». Non è la Parigi vista, colta e fotografata che ricordiamo in altri stili come quelli, forse più noti, di un Brassaï, Cartier-Bresson o Doisneau, ma una Parigi che ti sorprende e che pensi di non aver mai visto, fatta di oggetti, monumenti, vetrine, che hanno dell'ingannevole, dove finzione e realtà si fondono assieme. Marco Casiraghi ci conduce, con il suo obbiettivo, a conoscere questa nuova Parigi fatta di scene decisamente originali e per riprendere il testo di Enrico Gusella: «... una ricerca tesa a confondere i vari piani della rappresentazione con le relazioni proprie del vedere e della più diretta percezione visiva ... con ... grande abilità percettiva scandaglia spazi, forme e luoghi di una città, mutuandole in trompe-l'oeil».

Ci hanno colpito molto i doppi, le immagini speculari come Bristot o l'interno di un palazzo Ile de la Grande Jatte, o Palais Royal con le sfere d'acciaio di Paul Bury, o Senza titolo: questi occhi sferici alquanto inquietanti che ti avvolgono come un solo grande occhio che si impone in modo massiccio sulla scena e che neppure lo sfondo degli alberi riesce ad attenuare e far distogliere lo sguardo. Invece Place Châtelet le due fontane speculari, con ai lati un basamento dove due sfingi buttano acqua, lo sfondo di un castello, il cielo nuvoloso che chiude la scena, ci fanno vivere un'esperienza magica, che potrebbe essere uscita da una favola di altri tempi.
Ma, come dice Gusella: «... è nel dialogo tra classico e moderno, tra passato e presente, che si "consuma" la scultura di Mitoraj a La Défense, luogo, questo, preso di mira in tutti i sensi da Casiraghi. Sembra fargli da contrappunto Pouce, la scultura in bronzo realizzata da César che rappresenta in scala gigante il calco del pollice dell'artista secondo un connubio estetico-stilistico-filosofico proprio del Nouveau Réalisme, come espressione di un rapporto oggettuale nella quotidianità».

E per concludere citiamo ancora Arnheim quando dice che l'artista, sia esso scultore, pittore, fotografo, riesce, in quanto tale, a sintetizzare l'azione, che viene rappresentata come un tutto, la sequenza temporale è una «posa senza tempo, l'immagine è fuori dalla dimensione temporale, può far convergere nella stessa immagine fasi differenti di un avvenimento senza per questo essere assurda».
Il trompe l'œil, l'ingannevole l'occhio, fascinoso ed ambiguo, reale e fantasioso di Marco Casiraghi è proprio tutto questo.







Breve intervista all'artista Marco Casiraghi:



Come nasce o meglio come riesce a cogliere, fotografandolo, l'ingannevole occhio; è mestiere, è l'occasione del momento, è intenzionale o c'è dell'altro ?

All'origine c'è l'occasione del momento, il colpo d'occhio oltre quella realtà che ci obbliga a percepire il mondo in senso newtoniano e puramente tridimensionale. Lo scatto è già intenzionalità, quindi c'è l'elaborazione concettuale dell'immagine, la sua interpretazione, ovvero la sua trasformazione in inganno. Ma l'inganno non è il fine ultimo dello scatto, è semplicemente il divertimento creativo, l'attimo di stupore, il carpe diem tradotto in pixel.


Che differenza c'è, secondo Lei, tra il gioco di percezione che i nostri ingannevoli occhi hanno e il trompe-l'oeil che Lei usa ?

Tutte e due mostrano che la realtà, o meglio la verità, o il soggetto che la interpreta, franano su tutti i fronti e che il punto d'osservazione, in termini fotografici e filosofici (il logos), può essere messo a fuoco su diversi piani differenti simultaneamente, creando una perdita d'identità percettiva. Lo zoom in questo caso è l'arma più facile per la decontestualizzazione dell'immagine e della sua radice logica.


Ci può spiegare come sono nate almeno 2 delle 50 fotografie in mostra, se è d'accordo sceglierei: A Haussmann con l'ondeggiare caledoscopico della facciata e César o se preferisce anche altre a cui è più legato ...

La facciata haussmanniana è una semplice fotografia di una realtà già distorta e interpretata dall'architetto che ha ricoperto la facciata con dei teloni rappresentanti l'edificio per nascondere i lavori di restauro. In pratica è un inganno primario elementare, sul quale interviene un secondo trompe-l'oeil, lo scatto, che lo ritaglia e lo decontestualizza. Il secondo esempio, rue Franklin, il cielo parigino, le case, la pubblicità invasiva di Armani, che si riflettono sul parabrezza di una macchina parcheggiata, è l'inganno interpretativo più complesso ed enigmatico. Camminando lungo il marciapiede, ho percepito il riflesso per una frazione di secondo. Un leggero passo più avanti o più indietro e quell'immagine non sarebbe mai nata. Nessun artificio, solo l'attimo fuggente.


Prima di arrivare alla foto definitiva quella, per intenderci, in mostra, quante foto fa prima e in base a che cosa la preferisce alle altre ?

La preferenza è solo la coerenza con la chiave di lettura tematica della mostra. Su Parigi ho migliaia di foto nate da una quindicina di reportage effettuati per varie testate negli ultimi 4/5 anni.


Dato che i suoi temi preferiti sono generalmente quelli legati al mare, come mai ha deciso di scegliere Parigi ? e perché proprio Parigi e non Milano, la sua città ?

Parigi è l'icona esemplare del già detto, del tutto fotografato, in pratica nell'immaginario collettivo fotografico la ridondanza della banalità. Quale migliore palcoscenico allora, per cercare ancora frammenti di stupore ?











Breve intervista a Enrico Gusella, fondatore e responsabile del Centro Nazionale di Fotografia



Come è nata l'idea di un centro nazionale di fotografia ?

Ho pensato alla costituzione di un centro nazionale di fotografia verso la fine degli anni Novanta a seguito di una serie significativa di mostre e manifestazioni fotografiche che organizzai, attraverso l'Assessorato alla Cultura, a partire dal 1994. Mostre come quelle dedicate a Mimmo Jodice, Vittorio Storaro, Tina Modotti, Leo Matiz, e la serie di incontri dal titolo La camera oscura. Storia ed estetica della fotografia collocarono ben presto Padova come uno degli epicentri della fotografia su scala nazionale. Da qui la necessità a strutturare una progettualità fotografica in un centro in grado di produrre e far fruire la fotografia.


Quante mostre sono state fatte finora ?

Sono oramai più di 150, ciò è stato reso possibile, non solo dalla grande attività del Centro, ma anche dal fatto che la città può contare su più spazi dedicati alla fotografia (Museo Civico di Piazza del Santo, Galleria sottopasso della Stua, ex Fornace Carotta) accanto ad altri che sistematicamente ospitano mostre fotografiche (Scuderie di Palazzo Moroni, Liceo Classico Tito Livio, Cortile Pensile di Palazzo Moroni). In questo senso è sembrato opportuno cercare di tematizzare i vari luoghi affrontando i vari generi della fotografia: reportage, paesaggio, astrattismo, ritratto, fotografia sociale, moda, e poter presentare un quadro il più completo possibile dell'arcipelago fotografico.


Perché la mostra di Marco Casiraghi ?

Ovviamente, la mostra ultima dedicata a Marco Casiraghi si colloca su di uno dei filoni di ricerca da noi perseguiti, che trovano nel lavoro del fotografo milanese una delle espressioni più originali ed efficaci della realtà fotografica contemporanea.










LA MOSTRA

Marco Casiraghi. Paris, trompe-l'oeil
Mostra promossa dall' Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo - Centro Nazionale di Fotografia
Mostra a cura di Enrico Gusella
Direzione della mostra: Alessandra De Lucis

Padova Galleria Sottopasso della Stua (Largo Europa)
aperta fino al 13 dicembre 2008
orari: dal lunedì al sabato 11.00-13.00/15.00-19.00
Chiuso la domenica
Ingresso libero

Centro Nazionale di Fotografia-Palazzo Zuckermann
Corso Garibaldi 29- 35122 Padova
Tel. 049.820.4518/4530
Fax. 049.820.4532
e-mail: cnf@comune.padova.it
http://cnf.padovanet.it










Alcune notizie

La fotografia è uno straordinario strumento capace di registrare il mondo circostante, ma ha bisogno della luce. Si dice che Aristotele fu il primo che notò come la luce, attraversando un piccolo foro, proiettava un'immagine circolare. Ricordiamo anche che Aristotele affermava che la vista è il senso più importante di tutti e l'occhio è il principale mezzo di conoscenza del mondo esterno. Ora noi sappiamo che ciascuna parte dell'occhio ha una sua caratteristica fisiologica e svolge una funzione precisa e che l'occhio si comporta come la camera di una macchina fotografica (originando la formazione dell'immagine posteriormente, a livello della retina, eccitando la sensibilità delle cellule presenti che, attraverso il nervo ottico, raggiungono i centri a livello corticale).
Fu Leonardo da Vinci che nel '500 utilizzò la camera oscura per dimostrare che le immagini hanno una natura puntiforme, si propagano in modo rettilineo e vengono invertite nell'ingresso della camera oscura dal foro stenopeico (camera oscura leonardiana).
Ma il catturare la luce necessita di materiali fotosensibili, che, anche se conosciuti fin dal Medioevo, vennero studiati a fondo nel 1700, quindi solo agli inizi dell''800 la fotografia si concretizzò e gli odierni supporti digitali sono apparsi solo nella metà del '900.
La fotografia inizialmente fu usata per raffigurare paesaggi o per dei veri e propri ritratti, poi nel giornalismo di reportage e per i servizi fotografici legati a luoghi particolari, ma la sua grande diffusione la portò a quel livello di sviluppo tale da considerarla arte, sia da un punto di vista estetico che artistico, consentendole il giusto riconoscimento e quindi l'accesso nelle mostre e nei musei.
Le prime fotografie destarono subito un grande l'interesse perché riproducevano fedelmente l'immagine reale in ogni suo piccolo particolare. Alcuni pensarono che avrebbe soppiantato la pittura come quando arrivò la Tv e fu predetta la fine della cinematografia. Invece si può dire, a posteriori, che la nascita della fotografia favorì e influenzò alcuni movimenti pittorici, tra cui l'Impressionismo, il Cubismo e il Dadaismo. Da qui in poi si può dire che si differenziò una fotografia d'autore da un'altra, considerata lo strumento principe e fondamentale per i ricercatori e i viaggiatori.





A mitoraj

Fig. 1
MARCO CASIRAGHI, A mitoraj

Bistrot

Fig. 2
MARCO CASIRAGHI, Bistrot

Haussmann

Fig. 3
MARCO CASIRAGHI, Haussmann

Ile de la grande jatte

Fig. 4
MARCO CASIRAGHI, Ile de la grande jatte

Palais royal

Fig. 5
MARCO CASIRAGHI, Palais royal

Place chatelet

Fig. 6
MARCO CASIRAGHI, Place chatelet

Pouce

Fig. 7
MARCO CASIRAGHI, Pouce

Senza titolo 2

Fig. 8
MARCO CASIRAGHI, Senza titolo 2



	

Foto cortesia del Centro Nazionale di Fotografia

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