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  domenica 7 giugno a domenica 22 novembre 2009, ai Giardini (50mila mq.), all’Arsenale (38mila
  mq.) e in vari luoghi di Venezia, apre al pubblico la 53. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo Fare Mondi // Making Worlds, diretta da Daniel Birnbaum e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta.     Tante le novità ed i cambiamenti nella 53 EDIZIONE della Biennale; importantissimi eventi al
  di fuori dei luoghi storici della Biennale stessa (Giardini-Arsenale), una
  città: Venezia, in pieno fermento culturale e apertura/slancio verso il
  contemporaneo… “Una tradizionale ricchezza culturale della Biennale è
  costituita dalle Partecipazioni nazionali. Soprattutto a
  partire dall’apertura dell’Arsenale, un numero crescente di Paesi chiedono di
  essere presenti; quest’anno sono 77, numero che costituisce la
  più vasta partecipazione nella storia della Biennale.Accanto alle Partecipazioni nazionali, anche 44 Eventi collaterali
  (anche questo numero è senza precedenti) proposti da enti e
  istituzioni internazionali. Queste mostre, allestite in tutto il territorio
  veneziano, ci fanno constatare l’esistenza di fatto, oltre i Giardini e
  l’Arsenale, di una terza sede della Biennale: la città di Venezia.”
  Paolo Baratta (Presidente della Biennale di Venezia)
 e forse è
  proprio da Venezia che dobbiamo cominciare….: ·        
  Il ritorno della Biennale nella sua sede storica di Ca’
  Giustinian restaurata.   La
  Biennale torna ad avere da questa edizione in poi una importante sede
  istituzionale che sarà luogo di relazione con la città e di attrazione per
  incontri e manifestazioni; al suo interno e all’esterno si apriranno spazi
  per un interscambio continuo tra la Biennale e la città. Inoltre la rinnovata sede
  della Biennale di Venezia, Ca’ Giustinian, ospiterà fino a novembre la mostra
  Macchina di visione: futuristi in
  Biennale sulla storia della partecipazione di artisti, idee e opere
  futuriste alla Biennale, curata dallo IUAV, Laboratorio Internazionale di
  Semiotica di Venezia, frutto di una ricerca svolta presso l’Archivio Storico
  delle Arti Contemporanee (ASAC). ·        
  Apertura dello spazio Punta della
  Dogana Con
  un progetto dell’architetto Tadao Ando la Punta della Dogana de Mar, antica
  sede della Dogana ai tempi della Serenissima, diviene un nuovo importante
  Centro d’Arte Contemporanea, soprattutto grazie alla disponibilità e
  lungimiranza del Comune di Venezia e all’investimento del committente Pinault
  (già proprietario di palazzo Grassi) grande mecenate di artisti contemporanei. L’architetto
  Ando “ha colto tutte le indicazioni, anche limitanti, come occasioni per
  entrare con attenzione nella storia del luogo. Mentre l’esterno si presenta
  monumentale nel suo impianto, all’interno il restauro e il progetto hanno
  reso possibile la percezione di uno spazio unico, luminoso capace di
  dialogare col presente. l’affaccio doppio, con finestre che si aprono sulla
  città, sul fronte nord della giudecca e sul fronte sud del bacino di san
  marco, crea per il visitatore un’eccezionale dimensione di incanto.” Renata
  Cordello (soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici di
  Venezia) All’interno
  si sviluppa la mostra “Mapping the Studio: Artists from the Francois Pinault
  Collection” titolo tratto da una videoinstallazione di Bruce Nauman, curata
  da Francesco Bonami e Alison Gingeras che conta sui 300 artisti e che riesce
  (forse più della Biennale stessa.ndr) a coniugare passato e presente, artisti
  consolidati ed emergenti…. “questo
  palazzo che galleggia sull’acqua fin dal XV secolo, è mia intenzione farlo
  galleggiare sull’acqua verso il futuro” Tadao Ando   Mapping
  the Studio: Artists from the Francois Pinault Collection Fino
  al 30 settembre Punta
  della Dogana – F. Pinault Collection e Palazzo Grassi http://www.palazzograssi.it     ·        
  Magazzini del Sale - Emilio Vedova   Un’altra
  importante e innovativa realtà ha aperto le sue porte a Venezia segnando una
  grande svolta nell’allestimento di mostre d’arte contemporanea: concepire lo
  spazio espositivo interattivo. Si
  tratta del “Museo” Emilio Vedova, progettato da Renzo Piano (fig. 1) all’interno degli antichi Magazzini del Sale alle
  Zattere (fig. 2) e studiato con Germano Celant
  (curatore artistico e scientifico della Fondazione Emilio e Annabianca
  Vedova).  A
  tre anni dalla morte dell’artista prende vita, dunque, un progetto di cui più
  volte Vedova aveva parlato con l’amico Piano: l’idea di esporre ai suoi tanto
  amati Magazzini del Sale presso la zona delle Zattere dove aveva amato
  lavorare e vivere.  “in
  questi luoghi mi auguro trovi spazio la parte museale della Fondazione. Ne ho
  parlato all’amico Renzo Piano, che spero disposto a collaborare” (Emilio
  Vedova) Rispettando
  e conservando il fascino dell’edificio in mattoncini con il tetto a travi in
  legno (lungo più di 60 metri e largo 9), Piano rende vive e dinamiche le
  opere tramite l’uso di braccia meccaniche che a determinati orari e in modo
  apparentemente casuale prelevano le opere stesse (depositate in una gabbia
  alla fine del magazzino) e le fanno scorrere lungo binari posti sul soffitto,
  fino a posizionarle come pannelli sospesi, non appoggiati alle pareti, opere
  fruibili nella loro totalità. Non è lo spettatore ad andare verso l’opera, ma
  viceversa è l’opera che si muove, che si posiziona, che occupa un suo spazio,
  proprio come Vedova amava immaginare la sua opera d’arte.    Magazzini
  del Sale - Zattere  http://www.fondazionevedova.org   ·        
  Fondazione Giorgio Cini. Isola di San Giorgio
  Maggiore  E’ dedicata alla
  versione delle “Nozze di Cana” di Paolo Veronese (opera trafugata durante il
  periodo napoleonico e oggi al Louvre) l’ultima opera di Peter Greenaway che
  con questa installazione continua il suo progetto di rivisitazione
  multimediale di 9 capolavori del passato. Infatti, dopo aver avviato il
  progetto con una visione della Ronda di
  Notte di Rembrandt al Rijksmuseum di Amsterdam (2006) e poi dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci a
  Milano (2008), Greenaway si appresta ora a “visitare” le Nozze di Cana di Paolo
  Veronese nel Cenacolo Palladiano dell’Isola di San Giorgio Maggiore.  Il
  facsimile delle Nozze di Cana, collocato
  nel contesto architettonico originario per il quale era stato concepito: il
  Cenacolo Palladiano, offre a
  Greenaway la possibilità di una nuova e originale lettura, così attraverso un
  sofisticato gioco di immagini, di luci e suoni che sembrano provenire dai
  personaggi della proiezione e dall’opera stessa, Greenaway cattura lo
  spettatore proiettandolo “dentro” l’evento e facendo rivivere l’episodio del
  banchetto nuziale fino alla trasformazione dell’acqua in vino.  Un
  vero e proprio show di 50 minuti del cineasta inglese che vi consigliamo di
  non perdere anche per avere l’occasione di entrare nel complesso monumentale
  dell’isola di San Giorgio Maggiore il cui ex monastero benedettino è oggi un
  centro internazionale di attività culturali (Fondazione Giorgio Cini). Inoltre
  “nella suggestiva sede dell’ex piscina ristrutturata per l’occasione, è
  allestita la mostra fotografica di Matthias Schaller “Purple Desk” che
  presenta ritratti indiretti dei vari cardinali della curia romana, attraverso
  le foto delle loro scrivanie e degli uffici che rivelano l’identità di ogni
  porporato , protagonisti però assenti dalla scena…. Mostrando identità
  diverse e modi diversi dell’esercizio del potere”. (Pasquale Gagliardi, segretario
  generale Fondazione Cini).   Le Nozze di Cana. Una visione di Peter Greenaway Fondazione
  Giorgio Cini 6
  giugno – 2 ago. E 24 ago.-16 settembre;  orario
  11-19 sab-mer e 11-21 giov e ven Isola di San Giorgio Maggiore (ad ogni
  inizio per 50 minuti)     ·        
  Fondazione
  Bevilacqua La Masa   Onore
  della Fondazione è ospitare il “Leone alla Carriera 2009” Yoko Ono con Anton’s Memory, mostra che come spiega
  la stessa artista “rimanda alla vita di una donna vista attraverso gli occhi
  del figlio, e della sua debole memoria”… Presso
  la Galleria di Piazza San Marco (sempre della Fondazione Bevilacqua La Masa)
  invece l’artista Rebecca Horn propone un interessante percorso che attraverso
  suoni e piccoli rumori (il suono dell’acqua, il rumore della macchina da
  scrivere) ci introduce in mondo poetico e intenso e ci parla dell’amore…   28
  maggio – 30 settembre Yoko
  Ono - Anton’s Memory Palazzetto
  Tito,Fondazione Bevilacqua La Masa 1
  giugno – 20 settembre Rebecca
  Horn – Fata Morgana Galleria
  di Piazza San Marco, Fondazione Bevilacqua La Masa   ·        
  Fondazione Querini Stampalia  Curata da Chiara Bertola ideatrice e
  curatrice del “premio Furla per l’arte” (alla sua settima edizione sempre
  presso la Fondazione) l’esposizione segna la prima tappa di Conservare il
  Futuro, ciclo di progetti dedicati al rapporto tra antico e moderno, tra
  un passato da tutelare e un futuro da progettare. Così, in partnership con la
  Fondazione Furla di Bologna è promossa la mostra:  Interior
  Landscape, progetto dell’artista libanese Mona Hatoum che si snoda all’interno
  dello storico palazzo con 25 opere molte delle quali in prima esposizione
  europea.  Interior Landscape di Mona Hatoum Fondazione
  Querini Stampalia 4
  giugno-20 settembre  Mar-sab
  10-20; dom. 10-19   Aver parlato prima di tutto degli importanti
  eventi al di fuori degli spazi storici della Biennale ha varie ragioni…:
  innanzi tutto è qui che quest’anno si “consuma” il grande fermento
  cultural/innovativo dell’arte contemporanea… ma è soprattutto a partire da
  qui che prende vita l’idea del “CHILOMETRO DELL’ARTE”.  Un chilometro (o più) che attraversa una Venezia
  fuori dai percorsi più turistici, ed incredibilmente viva…: partendo dal Museo della Galleria dell’Accademia
  il cui ampliamento al piano terra è realizzato da Tobia Scarpa in
  confronto/dialettica col piano superiore progettato dal padre Carlo Scarpa,
  proseguendo poi idealmente e fisicamente verso la Fondazione Peggy Guggenheim a Palazzo Vernier dei Leoni (con una
  bellissima mostra su ROBERT RAUSCHENBERG:
  GLUTS fino al 20 settembre) . E verso i due nuovi
  spazi già citati: il Museo Vedova
  progettato da Renzo Piano  alle zattere
  e la vicina Accademia di Belle Arti
  (che prima era al piano terra dell’Accademia e che ora è trasferita nel
  complesso degli Incurabili alle Zattere).  E ancora proseguendo nel cammino verso i nuovi e
  vecchi luoghi del contemporaneo: la Punta
  della Dogana (collezione Pinault) progettata da Tadao Ando e la
  Fondazione Giorgio Cini sull’isola di San Giorgio con l’installazione di Peter Greenaway.   Per arrivare infine e finalmente ai Giardini e
  all’Arsenale… Gli spazi storici della Biennale (giardini
  e Arsenale) da questa edizione hanno subito modifiche strutturali e
  sostanziali:          L’ex Padiglione Italiano
  all’Arsenale diventa “Padiglione Italia” e 
  il Padiglione Italia ai Giardini diventa “Palazzo delle Esposizioni
  della Biennale” Ma proseguiamo per gradi…: “Qualche
  anno fa, con l’acquisizione in concessione dell’Arsenale monumentale e il
  restauro da parte nostra di 14.000 mq, si ottenne una grande espansione con
  un arricchimento degli spazi espositivi, primo passo essenziale per
  riaffermare il primato mondiale della nostra Mostra internazionale. Area dei Giardini:
  il nuovo Palazzo delle Esposizioni.
  Fino a pochi mesi fa, l’edificio chiamato Padiglione Italia altro non era che
  un grande contenitore che la Biennale restituiva vuoto al termine di ogni
  mostra.
 Grazie a un’importante accordo stipulato in autunno con il Comune di Venezia,
  la Biennale ha acquisito in concessione l‘edificio con parte dei Giardini e
  ne potrà cosi disporre in via continuativa.
 La Biennale, per la prima volta nella sua storia, ha finalmente una sede dove
  poter sviluppare con sistematicità le tanto auspicate attività permanenti in tutti i
  suoi campi, a fianco dei festival e delle grandi mostre. In un’ala restaurata
  di questo edificio, cui si accede attraverso il noto giardino di Carlo Scarpa
  sarà riaperta al pubblico
  dopo 10 anni la biblioteca
  dell’ASAC. Nel Palazzo delle Esposizioni spazi dedicati ai
  visitatori, un nuovo bookshop di dimensioni adeguate, un bar-ristorante e
  spazi per le attività “educational”. All’Arsenale, il cosiddetto Padiglione Italiano
  ingrandito da 800 a 1800 mq assume la denominazione di Padiglione Italia. Esso si
  affaccia da un lato sulle cosiddette Gaggiandre e sul Teatro alle Tese,
  dall’altro sul Giardino delle Vergini; qui si terrà, in una struttura
  notevolmente accresciuta in termini di qualità e di superficie espositiva, la
  partecipazione italiana
  organizzata dalla PARC - Ministero per i Beni e le Attività Culturali, curata
  da Beatrice Buscaroli e Luca Beatrice.” Paolo Baratta
  (presidente
  della Biennale di Venezia)
 
 
 Dunque all’interno dell’Arsenale (il complesso di cantieri, officine e depositi da
  cui uscivano le flotte della Serenissima) e precisamente alle Tese
  delle Vergini si trova il nuovo “Padiglione Italia”, che ha raggiunto la
  superficie di ben 1800 mq. E simbolicamente la scritta ITALIA che era sul
  Padiglione Italia ai Giardini (ora Palazzo delle Esposizioni) è stata posta
  all’ingresso del nuovo spazio italiano all’Arsenale (fig. 4) Qui è allestita la mostra Collaudi,
  curata da Beatrice Buscaroli e Luca Beatrice
  e per la quale sono stati chiamati a partecipare artisti con opere
  appositamente realizzate per rendere omaggio
  a Filippo Tommaso Marinetti.  Matteo Basilé (figg. 5 e 6 -Matteo
  Basilé-Thisoriented People Series), Manfredi Beninati, Valerio
  Berruti, Bertozzi&Casoni, Nicola Bolla (fig. 7 - Nicola Bolla-Orpheus
  Dream), Sandro Chia, Marco Cingolani, Giacomo Costa, Aron Demetz,
  Roberto Floreani, Daniele Galliano, Marco Lodola (figg. 9 e 10 - Lodola - Lodolandia), MASBEDO,
  Gian Marco Montesano, Davide Nido, Luca Pignatelli (fig. 8 - Luca Pignatelli - Italia), Elisa
  Sighicelli, Sissi, Nicola Verlato e Silvio Wolf. “Collaudi”, titolo di un testo letterario
  fondamentale all’interno della meditazione estetica di Filippo Tommaso
  Marinetti, ed è dunque l’idea da cui parte, a cent’anni dalla nascita del
  Movimento, la mostra qui al Padiglione Italia.L’idea di fondo è restituire al Futurismo il ruolo centrale nella storia
  dell’arte contemporanea italiana, e rendere omaggio sia al fondatore che ai
  suoi maggiori protagonisti.
 “È la vitalità nel presente che ci interessa del Futurismo, prima e unica
  avanguardia italiana del ’900. Un movimento aperto alla coesistenza di tutti
  i linguaggi, da quelli classici come la pittura e la scultura, alle
  sperimentazioni avanguardiste del cinema d'artista, della fotografia, della
  performance, dei materiali anomali. Questa visione senza barriere
  precostituite è esattamente quella che abbiamo voluto adottare, prestando
  molta attenzione alle opere, progettate e realizzate per l'occasione, non al
  simulacro dell'opera o al nome dell'artista”. Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli (curatori della mostra Collaudi)
 
 
 La mostra, però, tanto attesa e tanto
  pubblicizzata, è abbastanza deludente, a tratti quasi “imbarazzante” per le
  opere esposte che forse con l’idea iniziale di Martinetti e della genialità e
  novità del futurismo hanno poco a che fare … ovviamente al pubblico l’ardua sentenza, quello che in questa sede si
  suggerisce è di scorrere molto velocemente le opere e gli spazi del
  padiglione Italia….  Certo con dovute
  eccezioni come il lavoro presentato da Matteo
  Basilé con delle bellissime ed intense immagini fotografiche (figg. 5 e 6 - Matteo Basilé - Thisoriented People Series) o la luminosa installazione di Marco Lodola (figg. 9 e 10 - Marco Lodola - Lodolandia) e infine l’intimo e
  globale -Private Garden di Giacomo Costa
  (fig. 11 - Giacomo Costa - Private garden) in cui la naturale architettura si
  riappropria di se stessa e dei propri spazi sulla decadente architettura
  umana…. Certo trovandosi ad
  accelerare il passo all’interno del Padiglione Italia forse lo spettatore
  inizierà a correre per uscire il prima possibile anche dallo spazio
  dell’Arsenale… come per Collaudi anche in questo caso l’idea del
  curatore Daniel Birnbaum (dal 2001 Rettore della Staedelschule di
  Francoforte sul Meno e del suo spazio espositivo Portikus) supera la
  realizzazione.  Fare Mondi // Making Worlds collega in un’unica mostra le sedi espositive del
  rinnovato Palazzo delle Esposizioni della Biennale (Giardini) e
  dell’Arsenale, e riunisce – inclusi i collettivi – più di 90 artisti da tutto il mondo.    “Il titolo stesso della 53. Esposizione Fare Mondi // Making Worlds – esprime il mio
  desiderio di sottolineare il processo creativo. Un’opera d’arte è una visione
  del mondo e, se presa seriamente, può essere vista come un modo di ‘fare
  mondi’. Prendendo il ‘fare mondi’ come punto di partenza, esso ci permette
  anche di evidenziare la fondamentale importanza di alcuni artisti chiave per
  la creatività delle generazioni successive. Un’opera d’arte è più di un oggetto, più di
  una merce. Rappresenta una visione del mondo, e, se presa seriamente, deve
  essere vista come un modo di “costruire un mondo”. Pochi segni tracciati su
  un foglio, una tela appena dipinta, una complessa installazione, possono
  essere paragonati a diversi modi di fare mondi. La forza della visione non
  dipende dal tipo o dalla complessità degli strumenti messi in gioco. Fare Mondi //
  Making Worlds è una mostra guidata
  dall’aspirazione a esplorare i mondi intorno e davanti a noi. Riguarda possibili nuovi inizi:
  questo è ciò che vorrei condividere con i visitatori della Biennale”. Daniel Birnbaum   Ecco che l’interessante idea di Birnbaum di un’arte
  come di un modo per “FARE MONDI” si scontra con una scelta di opere e artisti
  che forse non riescono ad uscire dall’idea dell’arte invece fine a sé stessa,
  dal proprio legame col passato, dal piacere degli artisti di citare e
  citarsi… anche qui però (come per il Padiglione Italia) con dovute e rigorose
  eccezioni, di cui si citano intanto:   la luminosa installazione di Spencer Finch (foto Moonlight 12 e 13) e quella di Lygia Pape
  (foto 14 Lygia Pape TTÉIA 1, C)  che
  un’istallazione di fili di rame e oro accuratamente illuminati e il suo studio sulla
  tridimensionalità il 6 giugno (giorno della premiazione) ha ricevuto la Menzione
  speciale per  Rifare Mondi.   La Biennale presso i Giardini - sede tradizionale della
  Biennale fin dalla prima edizione del 1895, è il luogo in cui si sviluppano
  le mostre nazionali, organizzate e gestite dalle nazioni stesse dei 29
  padiglioni storici.   Qui
  l’antico Padiglione Italia ha assunto la denominazione di Palazzo
  delle Esposizioni della Biennale che con l’opera di Baldassarri (foto 15 e 16 John
  Baldessari Ocean and Skywith Two Palm
  Trees) acquista uno spettacolare
  rivestimento (sarebbe bello immaginarlo così per sempre!).  Il Palazzo delle Eposizioni diviene dunque una struttura al servizio tutto
  l’anno di grandi mostre e del pubblico con aree destinate a bookstore,
  all’attività educational.  Una
  struttura polifunzionale e versatile, destinata
  a essere fulcro di attività permanenti e punto di riferimento per gli altri
  Padiglioni ai Giardini. E degno di lode e con un sorprendente risultato è
  stata l’idea di affidare a tre artisti, protagonisti della ricerca che
  esplora le zone di confine tra arte, design e architettura, la cura ed
  allestimento dei tre spazi su citati: Massimo Bartolini per lo spazio educational,
  Rirkrit Tiravanija per il bookshop  e Tobias
  Rehberger che per il bar caffetteria ha giustamente ricevuto il Leone
  d’Oro per il miglior artista della Mostra Fare Mondi // Making Worlds
  (figg. da 17 a 20 Tobias Rehberger Was du liebst, bringt dich auch zum
  Weinen) Presso il Palazzo delle Esposizioni è stata
  inoltre riaperta al pubblico la Biblioteca dell’Archivio Storico
  delle Arti Contemporanee (ASAC), una location polifunzionale
  dotata di archivio documentale, sale di lettura per i ricercatori e per i
  visitatori delle mostre, pensata per essere il perno attorno al quale
  ruoteranno attività permanenti degli altri Padiglioni e Giardini. Al
  Palazzo delle Esposizioni finalmente si possono vivere ad attraversare opere che forse meglio
  rispecchiano l’idea del curatore Daniel Birnbaum :Fare Mondi //
  Making Worlds Come
  per esempio la Ragnatela di Tomas Saraceno (figg. da 21 a 23, Galaxy forming
  along filaments, like droplets along the strands of a spider´s web) che mostra l’interesse dell’artista per
  i progetti architettonici di carattere innovativo  e per le teorie utopistiche e le
  costellazioni astronomiche. La nuova installazione analizza le capacità dei
  filamenti della ragnatela tessuta nella sua incredibile e  complessa geometria.   Dedicata
  al “vetro artistico veneziano” la
  mostra presso Padiglione Venezia,
  organizzata dalla Regione del Veneto,
  intitolata ... “fa come natura face”  in foco e curata da Ferruccio Franzoia.
  Belle e artistiche le opere di questi giovani (e non) artisti che si
  confrontano con l’incredibile tradizione veneziana del vetro come l’opera di
  Alessandro Diaz de Santillana, Lino Tagliapietre e Dale Chihuly (foto da
  24 a 27 Padiglione Venezia). Un
  veloce accenno ai Padiglioni Nazionali. Ai
  Giardini lo spettatore avrà modo di perdersi e gustare varie ed interessanti
  esposizioni, quest’anno molto più audaci (negli allestimenti e scelta di
  artisti) che non nelle precedenti ultime edizioni… qui si raccomanda il
  Padiglione Stati
  Uniti d’America che con  Bruce Nauman: Topological
  Gardens vince
  il Leone d’Oro per la migliore Partecipazione Nazionale (fig.28 - Bruce Nauman The True Artist Helps the World by
  Revealing Mystic Truths). Nel Padiglione Polonia (fig. 29 -
  PADIGLIONE POLONIA; Krzysztof
  Wodiczko, Visitors) i protagonisti della proiezione sono immigrati,
  persone che non essendo nella loro terra vivono un’esistenza di eterni ospiti. Il progetto del padiglione
  Polonia affronta la problematicità multiculturale della diversità, un tema di
  scottante attualità nel mondo contemporaneo…. La proiezione nata per la
  Biennale, crea un’atmosfera incredibilmente suggestiva, trasformando lo
  spazio del padiglione Polonia in un luogo dal quale, attraverso l’illusione
  di finestre proiettate sulle pareti, si osserva cosa succede all’esterno. Mettendo alle orecchie le
  cuffie che sono sulla parete opposta delle finestre è possibile ascoltare e
  osservare, quasi segretamente, le altrui vite, i discorsi carichi di problemi
  e difficoltà un’umanità emarginata: la disoccupazione, i permessi di
  soggiorno, il razzismo… Le scene e i personaggi
  sono resi appannati, osservati da vetri opachi. Wodiczko “gioca con la
  visibilità degli immigrati, così vicini ma al tempo stesso dall’altra parte,
  rimanda allo status ambivalente degli immigrati e alla loro invisibilità
  sociale”. (Bozena Czubak)   La
  cerimonia di inaugurazione e di premiazione della 53. Esposizione ha avuto
  luogo sabato 6 giugno ai Giardini, con la consegna dei premi ufficiali
  assegnati dalla giuria internazionale.  Consegnati
  anche due Leoni d’oro alla carriera agli artisti Yoko Ono e John Baldessari.    La Giuria internazionale, presieduta da Angela
  Vettese (Italia), è composta inoltre da Jack Bankowsky (USA), Homi K. Bhabha
  (India), Sarat Maharaj (Sudafrica) e Julia Voss (Germania), ha assegnato i
  seguenti premi (oltre quelli già citati nell’articolo):   Leone d’Argento per il più promettente giovane
  artista della Mostra Fare Mondi // Making Worlds  a Nathalie Djurberg  (Svezia, espone al Palazzo delle Esposizioni ai
  Giardini) Experimentet   Curare Mondi: Menzione speciale al duo Michael Elmgreen &
  Ingar Dragset Curatori del Padiglione della Danimarca e Paesi
  Nordici (Finlandia, Norvegia, Svezia) (Padiglioni ai Giardini) The
  Collectors   Mondi
  Emergenti: Menzione speciale all’artista Ming Wong Espone al Padiglione del Singapore (Padiglione
  in città)   Tradurre Mondi: Menzione speciale assegnata a Roberto Cuoghi (Italia, espone al Palazzo delle Esposizioni ai Giardini,
  giardino Scarpa) Mei Gui     Quello
  che, concludendo, emerge quest’anno è sicuramente il disegno di una Venezia
  capace di combinare in sé memoria ed innovazione, una città che fa suo il
  motto di Gustav Mahler  “la tradizione
  è custodia del fuoco non adorazione della cenere”. La Biennale rimane
  comunque un evento da non perdere, e con 
  i suoi storici spazi (Giardini e Arsenale),  la sua “invasione” nella città, con i nuovi
  luoghi aperti per l’arte contemporanea Venezia e la Biennale riescono a FARE
  MONDI proprio come il curatore Birnbaum vorrebbe.
  Perché: “Verrà un tempo in cui il quadro non basterà più. (…)
  Altri valori sorgeranno, altre valutazioni, altre sensibilità di cui noi non
  concepiamo l’audacia… L’occhio umano percepirà il colore come emozione in sé.
  I colori moltiplicati non avranno bisogno di forme per essere compresi e le
  forme vivranno per se stesse al di fuori degli oggetti che esprimono. Le
  opere pittoriche saranno forse vorticose architetture sonore e odorose di
  enormi gas colorati, che sulla scena di un libero orizzonte elettrizzeranno
  l’anima complessa di esseri nuovi che non possiamo oggi concepire”. Umberto Boccioni.
 
 
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