Da
domenica 7 giugno a domenica 22 novembre 2009, ai Giardini (50mila mq.), all’Arsenale (38mila
mq.) e in vari luoghi di Venezia, apre al pubblico la 53. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo Fare Mondi // Making Worlds, diretta da Daniel Birnbaum e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta.
Tante le novità ed i cambiamenti nella 53 EDIZIONE della Biennale; importantissimi eventi al
di fuori dei luoghi storici della Biennale stessa (Giardini-Arsenale), una
città: Venezia, in pieno fermento culturale e apertura/slancio verso il
contemporaneo…
“Una tradizionale ricchezza culturale della Biennale è
costituita dalle Partecipazioni nazionali. Soprattutto a
partire dall’apertura dell’Arsenale, un numero crescente di Paesi chiedono di
essere presenti; quest’anno sono 77, numero che costituisce la
più vasta partecipazione nella storia della Biennale.
Accanto alle Partecipazioni nazionali, anche 44 Eventi collaterali
(anche questo numero è senza precedenti) proposti da enti e
istituzioni internazionali. Queste mostre, allestite in tutto il territorio
veneziano, ci fanno constatare l’esistenza di fatto, oltre i Giardini e
l’Arsenale, di una terza sede della Biennale: la città di Venezia.”
Paolo Baratta (Presidente della Biennale di Venezia)
e forse è
proprio da Venezia che dobbiamo cominciare….:
·
Il ritorno della Biennale nella sua sede storica di Ca’
Giustinian restaurata.
La
Biennale torna ad avere da questa edizione in poi una importante sede
istituzionale che sarà luogo di relazione con la città e di attrazione per
incontri e manifestazioni; al suo interno e all’esterno si apriranno spazi
per un interscambio continuo tra la Biennale e la città.
Inoltre la rinnovata sede
della Biennale di Venezia, Ca’ Giustinian, ospiterà fino a novembre la mostra
Macchina di visione: futuristi in
Biennale sulla storia della partecipazione di artisti, idee e opere
futuriste alla Biennale, curata dallo IUAV, Laboratorio Internazionale di
Semiotica di Venezia, frutto di una ricerca svolta presso l’Archivio Storico
delle Arti Contemporanee (ASAC).
·
Apertura dello spazio Punta della
Dogana
Con
un progetto dell’architetto Tadao Ando la Punta della Dogana de Mar, antica
sede della Dogana ai tempi della Serenissima, diviene un nuovo importante
Centro d’Arte Contemporanea, soprattutto grazie alla disponibilità e
lungimiranza del Comune di Venezia e all’investimento del committente Pinault
(già proprietario di palazzo Grassi) grande mecenate di artisti contemporanei.
L’architetto
Ando “ha colto tutte le indicazioni, anche limitanti, come occasioni per
entrare con attenzione nella storia del luogo. Mentre l’esterno si presenta
monumentale nel suo impianto, all’interno il restauro e il progetto hanno
reso possibile la percezione di uno spazio unico, luminoso capace di
dialogare col presente. l’affaccio doppio, con finestre che si aprono sulla
città, sul fronte nord della giudecca e sul fronte sud del bacino di san
marco, crea per il visitatore un’eccezionale dimensione di incanto.” Renata
Cordello (soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici di
Venezia)
All’interno
si sviluppa la mostra “Mapping the Studio: Artists from the Francois Pinault
Collection” titolo tratto da una videoinstallazione di Bruce Nauman, curata
da Francesco Bonami e Alison Gingeras che conta sui 300 artisti e che riesce
(forse più della Biennale stessa.ndr) a coniugare passato e presente, artisti
consolidati ed emergenti….
“questo
palazzo che galleggia sull’acqua fin dal XV secolo, è mia intenzione farlo
galleggiare sull’acqua verso il futuro” Tadao Ando
Mapping
the Studio: Artists from the Francois Pinault Collection
Fino
al 30 settembre
Punta
della Dogana – F. Pinault Collection e Palazzo Grassi
http://www.palazzograssi.it
·
Magazzini del Sale - Emilio Vedova
Un’altra
importante e innovativa realtà ha aperto le sue porte a Venezia segnando una
grande svolta nell’allestimento di mostre d’arte contemporanea: concepire lo
spazio espositivo interattivo.
Si
tratta del “Museo” Emilio Vedova, progettato da Renzo Piano (fig. 1) all’interno degli antichi Magazzini del Sale alle
Zattere (fig. 2) e studiato con Germano Celant
(curatore artistico e scientifico della Fondazione Emilio e Annabianca
Vedova).
A
tre anni dalla morte dell’artista prende vita, dunque, un progetto di cui più
volte Vedova aveva parlato con l’amico Piano: l’idea di esporre ai suoi tanto
amati Magazzini del Sale presso la zona delle Zattere dove aveva amato
lavorare e vivere.
“in
questi luoghi mi auguro trovi spazio la parte museale della Fondazione. Ne ho
parlato all’amico Renzo Piano, che spero disposto a collaborare” (Emilio
Vedova)
Rispettando
e conservando il fascino dell’edificio in mattoncini con il tetto a travi in
legno (lungo più di 60 metri e largo 9), Piano rende vive e dinamiche le
opere tramite l’uso di braccia meccaniche che a determinati orari e in modo
apparentemente casuale prelevano le opere stesse (depositate in una gabbia
alla fine del magazzino) e le fanno scorrere lungo binari posti sul soffitto,
fino a posizionarle come pannelli sospesi, non appoggiati alle pareti, opere
fruibili nella loro totalità. Non è lo spettatore ad andare verso l’opera, ma
viceversa è l’opera che si muove, che si posiziona, che occupa un suo spazio,
proprio come Vedova amava immaginare la sua opera d’arte.
Magazzini
del Sale - Zattere
http://www.fondazionevedova.org
·
Fondazione Giorgio Cini. Isola di San Giorgio
Maggiore
E’ dedicata alla
versione delle “Nozze di Cana” di Paolo Veronese (opera trafugata durante il
periodo napoleonico e oggi al Louvre) l’ultima opera di Peter Greenaway che
con questa installazione continua il suo progetto di rivisitazione
multimediale di 9 capolavori del passato. Infatti, dopo aver avviato il
progetto con una visione della Ronda di
Notte di Rembrandt al Rijksmuseum di Amsterdam (2006) e poi dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci a
Milano (2008), Greenaway si appresta ora a “visitare” le Nozze di Cana di Paolo
Veronese nel Cenacolo Palladiano dell’Isola di San Giorgio Maggiore.
Il
facsimile delle Nozze di Cana, collocato
nel contesto architettonico originario per il quale era stato concepito: il
Cenacolo Palladiano, offre a
Greenaway la possibilità di una nuova e originale lettura, così attraverso un
sofisticato gioco di immagini, di luci e suoni che sembrano provenire dai
personaggi della proiezione e dall’opera stessa, Greenaway cattura lo
spettatore proiettandolo “dentro” l’evento e facendo rivivere l’episodio del
banchetto nuziale fino alla trasformazione dell’acqua in vino.
Un
vero e proprio show di 50 minuti del cineasta inglese che vi consigliamo di
non perdere anche per avere l’occasione di entrare nel complesso monumentale
dell’isola di San Giorgio Maggiore il cui ex monastero benedettino è oggi un
centro internazionale di attività culturali (Fondazione Giorgio Cini).
Inoltre
“nella suggestiva sede dell’ex piscina ristrutturata per l’occasione, è
allestita la mostra fotografica di Matthias Schaller “Purple Desk” che
presenta ritratti indiretti dei vari cardinali della curia romana, attraverso
le foto delle loro scrivanie e degli uffici che rivelano l’identità di ogni
porporato , protagonisti però assenti dalla scena…. Mostrando identità
diverse e modi diversi dell’esercizio del potere”. (Pasquale Gagliardi, segretario
generale Fondazione Cini).
Le Nozze di Cana. Una visione di Peter Greenaway
Fondazione
Giorgio Cini
6
giugno – 2 ago. E 24 ago.-16 settembre;
orario
11-19 sab-mer e 11-21 giov e ven Isola di San Giorgio Maggiore (ad ogni
inizio per 50 minuti)
·
Fondazione
Bevilacqua La Masa
Onore
della Fondazione è ospitare il “Leone alla Carriera 2009” Yoko Ono con Anton’s Memory, mostra che come spiega
la stessa artista “rimanda alla vita di una donna vista attraverso gli occhi
del figlio, e della sua debole memoria”…
Presso
la Galleria di Piazza San Marco (sempre della Fondazione Bevilacqua La Masa)
invece l’artista Rebecca Horn propone un interessante percorso che attraverso
suoni e piccoli rumori (il suono dell’acqua, il rumore della macchina da
scrivere) ci introduce in mondo poetico e intenso e ci parla dell’amore…
28
maggio – 30 settembre
Yoko
Ono - Anton’s Memory
Palazzetto
Tito,Fondazione Bevilacqua La Masa
1
giugno – 20 settembre
Rebecca
Horn – Fata Morgana
Galleria
di Piazza San Marco, Fondazione Bevilacqua La Masa
·
Fondazione Querini Stampalia
Curata da Chiara Bertola ideatrice e
curatrice del “premio Furla per l’arte” (alla sua settima edizione sempre
presso la Fondazione) l’esposizione segna la prima tappa di Conservare il
Futuro, ciclo di progetti dedicati al rapporto tra antico e moderno, tra
un passato da tutelare e un futuro da progettare. Così, in partnership con la
Fondazione Furla di Bologna è promossa la mostra: Interior
Landscape, progetto dell’artista libanese Mona Hatoum che si snoda all’interno
dello storico palazzo con 25 opere molte delle quali in prima esposizione
europea.
Interior Landscape di Mona Hatoum
Fondazione
Querini Stampalia
4
giugno-20 settembre
Mar-sab
10-20; dom. 10-19
Aver parlato prima di tutto degli importanti
eventi al di fuori degli spazi storici della Biennale ha varie ragioni…:
innanzi tutto è qui che quest’anno si “consuma” il grande fermento
cultural/innovativo dell’arte contemporanea… ma è soprattutto a partire da
qui che prende vita l’idea del “CHILOMETRO DELL’ARTE”.
Un chilometro (o più) che attraversa una Venezia
fuori dai percorsi più turistici, ed incredibilmente viva…: partendo dal Museo della Galleria dell’Accademia
il cui ampliamento al piano terra è realizzato da Tobia Scarpa in
confronto/dialettica col piano superiore progettato dal padre Carlo Scarpa,
proseguendo poi idealmente e fisicamente verso la Fondazione Peggy Guggenheim a Palazzo Vernier dei Leoni (con una
bellissima mostra su ROBERT RAUSCHENBERG:
GLUTS fino al 20 settembre) . E verso i due nuovi
spazi già citati: il Museo Vedova
progettato da Renzo Piano alle zattere
e la vicina Accademia di Belle Arti
(che prima era al piano terra dell’Accademia e che ora è trasferita nel
complesso degli Incurabili alle Zattere).
E ancora proseguendo nel cammino verso i nuovi e
vecchi luoghi del contemporaneo: la Punta
della Dogana (collezione Pinault) progettata da Tadao Ando e la
Fondazione Giorgio Cini sull’isola di San Giorgio con l’installazione di Peter Greenaway.
Per arrivare infine e finalmente ai Giardini e
all’Arsenale…
Gli spazi storici della Biennale (giardini
e Arsenale) da questa edizione hanno subito modifiche strutturali e
sostanziali:
L’ex Padiglione Italiano
all’Arsenale diventa “Padiglione Italia” e
il Padiglione Italia ai Giardini diventa “Palazzo delle Esposizioni
della Biennale”
Ma proseguiamo per gradi…:
“Qualche
anno fa, con l’acquisizione in concessione dell’Arsenale monumentale e il
restauro da parte nostra di 14.000 mq, si ottenne una grande espansione con
un arricchimento degli spazi espositivi, primo passo essenziale per
riaffermare il primato mondiale della nostra Mostra internazionale.
Area dei Giardini:
il nuovo Palazzo delle Esposizioni.
Fino a pochi mesi fa, l’edificio chiamato Padiglione Italia altro non era che
un grande contenitore che la Biennale restituiva vuoto al termine di ogni
mostra.
Grazie a un’importante accordo stipulato in autunno con il Comune di Venezia,
la Biennale ha acquisito in concessione l‘edificio con parte dei Giardini e
ne potrà cosi disporre in via continuativa.
La Biennale, per la prima volta nella sua storia, ha finalmente una sede dove
poter sviluppare con sistematicità le tanto auspicate attività permanenti in tutti i
suoi campi, a fianco dei festival e delle grandi mostre. In un’ala restaurata
di questo edificio, cui si accede attraverso il noto giardino di Carlo Scarpa
sarà riaperta al pubblico
dopo 10 anni la biblioteca
dell’ASAC. Nel Palazzo delle Esposizioni spazi dedicati ai
visitatori, un nuovo bookshop di dimensioni adeguate, un bar-ristorante e
spazi per le attività “educational”. All’Arsenale, il cosiddetto Padiglione Italiano
ingrandito da 800 a 1800 mq assume la denominazione di Padiglione Italia. Esso si
affaccia da un lato sulle cosiddette Gaggiandre e sul Teatro alle Tese,
dall’altro sul Giardino delle Vergini; qui si terrà, in una struttura
notevolmente accresciuta in termini di qualità e di superficie espositiva, la
partecipazione italiana
organizzata dalla PARC - Ministero per i Beni e le Attività Culturali, curata
da Beatrice Buscaroli e Luca Beatrice.” Paolo Baratta
(presidente
della Biennale di Venezia)
Dunque all’interno dell’Arsenale (il complesso di cantieri, officine e depositi da
cui uscivano le flotte della Serenissima) e precisamente alle Tese
delle Vergini si trova il nuovo “Padiglione Italia”, che ha raggiunto la
superficie di ben 1800 mq. E simbolicamente la scritta ITALIA che era sul
Padiglione Italia ai Giardini (ora Palazzo delle Esposizioni) è stata posta
all’ingresso del nuovo spazio italiano all’Arsenale (fig. 4)
Qui è allestita la mostra Collaudi,
curata da Beatrice Buscaroli e Luca Beatrice
e per la quale sono stati chiamati a partecipare artisti con opere
appositamente realizzate per rendere omaggio
a Filippo Tommaso Marinetti.
Matteo Basilé (figg. 5 e 6 -Matteo
Basilé-Thisoriented People Series), Manfredi Beninati, Valerio
Berruti, Bertozzi&Casoni, Nicola Bolla (fig. 7 - Nicola Bolla-Orpheus
Dream), Sandro Chia, Marco Cingolani, Giacomo Costa, Aron Demetz,
Roberto Floreani, Daniele Galliano, Marco Lodola (figg. 9 e 10 - Lodola - Lodolandia), MASBEDO,
Gian Marco Montesano, Davide Nido, Luca Pignatelli (fig. 8 - Luca Pignatelli - Italia), Elisa
Sighicelli, Sissi, Nicola Verlato e Silvio Wolf.
“Collaudi”, titolo di un testo letterario
fondamentale all’interno della meditazione estetica di Filippo Tommaso
Marinetti, ed è dunque l’idea da cui parte, a cent’anni dalla nascita del
Movimento, la mostra qui al Padiglione Italia.
L’idea di fondo è restituire al Futurismo il ruolo centrale nella storia
dell’arte contemporanea italiana, e rendere omaggio sia al fondatore che ai
suoi maggiori protagonisti.
“È la vitalità nel presente che ci interessa del Futurismo, prima e unica
avanguardia italiana del ’900. Un movimento aperto alla coesistenza di tutti
i linguaggi, da quelli classici come la pittura e la scultura, alle
sperimentazioni avanguardiste del cinema d'artista, della fotografia, della
performance, dei materiali anomali. Questa visione senza barriere
precostituite è esattamente quella che abbiamo voluto adottare, prestando
molta attenzione alle opere, progettate e realizzate per l'occasione, non al
simulacro dell'opera o al nome dell'artista”. Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli (curatori della mostra Collaudi)
La mostra, però, tanto attesa e tanto
pubblicizzata, è abbastanza deludente, a tratti quasi “imbarazzante” per le
opere esposte che forse con l’idea iniziale di Martinetti e della genialità e
novità del futurismo hanno poco a che fare … ovviamente al pubblico l’ardua sentenza, quello che in questa sede si
suggerisce è di scorrere molto velocemente le opere e gli spazi del
padiglione Italia…. Certo con dovute
eccezioni come il lavoro presentato da Matteo
Basilé con delle bellissime ed intense immagini fotografiche (figg. 5 e 6 - Matteo Basilé - Thisoriented People Series) o la luminosa installazione di Marco Lodola (figg. 9 e 10 - Marco Lodola - Lodolandia) e infine l’intimo e
globale -Private Garden di Giacomo Costa
(fig. 11 - Giacomo Costa - Private garden) in cui la naturale architettura si
riappropria di se stessa e dei propri spazi sulla decadente architettura
umana….
Certo trovandosi ad
accelerare il passo all’interno del Padiglione Italia forse lo spettatore
inizierà a correre per uscire il prima possibile anche dallo spazio
dell’Arsenale… come per Collaudi anche in questo caso l’idea del
curatore Daniel Birnbaum (dal 2001 Rettore della Staedelschule di
Francoforte sul Meno e del suo spazio espositivo Portikus) supera la
realizzazione.
Fare Mondi // Making Worlds collega in un’unica mostra le sedi espositive del
rinnovato Palazzo delle Esposizioni della Biennale (Giardini) e
dell’Arsenale, e riunisce – inclusi i collettivi – più di 90 artisti da tutto il mondo.
“Il titolo stesso della 53. Esposizione Fare Mondi // Making Worlds – esprime il mio
desiderio di sottolineare il processo creativo. Un’opera d’arte è una visione
del mondo e, se presa seriamente, può essere vista come un modo di ‘fare
mondi’. Prendendo il ‘fare mondi’ come punto di partenza, esso ci permette
anche di evidenziare la fondamentale importanza di alcuni artisti chiave per
la creatività delle generazioni successive. Un’opera d’arte è più di un oggetto, più di
una merce. Rappresenta una visione del mondo, e, se presa seriamente, deve
essere vista come un modo di “costruire un mondo”. Pochi segni tracciati su
un foglio, una tela appena dipinta, una complessa installazione, possono
essere paragonati a diversi modi di fare mondi. La forza della visione non
dipende dal tipo o dalla complessità degli strumenti messi in gioco. Fare Mondi //
Making Worlds è una mostra guidata
dall’aspirazione a esplorare i mondi intorno e davanti a noi. Riguarda possibili nuovi inizi:
questo è ciò che vorrei condividere con i visitatori della Biennale”. Daniel Birnbaum
Ecco che l’interessante idea di Birnbaum di un’arte
come di un modo per “FARE MONDI” si scontra con una scelta di opere e artisti
che forse non riescono ad uscire dall’idea dell’arte invece fine a sé stessa,
dal proprio legame col passato, dal piacere degli artisti di citare e
citarsi… anche qui però (come per il Padiglione Italia) con dovute e rigorose
eccezioni, di cui si citano intanto:
la luminosa installazione di Spencer Finch (foto Moonlight 12 e 13) e quella di Lygia Pape
(foto 14 Lygia Pape TTÉIA 1, C) che
un’istallazione di fili di rame e oro accuratamente illuminati e il suo studio sulla
tridimensionalità il 6 giugno (giorno della premiazione) ha ricevuto la Menzione
speciale per Rifare Mondi.
La Biennale presso i Giardini - sede tradizionale della
Biennale fin dalla prima edizione del 1895, è il luogo in cui si sviluppano
le mostre nazionali, organizzate e gestite dalle nazioni stesse dei 29
padiglioni storici.
Qui
l’antico Padiglione Italia ha assunto la denominazione di Palazzo
delle Esposizioni della Biennale che con l’opera di Baldassarri (foto 15 e 16 John
Baldessari Ocean and Skywith Two Palm
Trees) acquista uno spettacolare
rivestimento (sarebbe bello immaginarlo così per sempre!).
Il Palazzo delle Eposizioni diviene dunque una struttura al servizio tutto
l’anno di grandi mostre e del pubblico con aree destinate a bookstore,
all’attività educational.
Una
struttura polifunzionale e versatile, destinata
a essere fulcro di attività permanenti e punto di riferimento per gli altri
Padiglioni ai Giardini. E degno di lode e con un sorprendente risultato è
stata l’idea di affidare a tre artisti, protagonisti della ricerca che
esplora le zone di confine tra arte, design e architettura, la cura ed
allestimento dei tre spazi su citati:
Massimo Bartolini per lo spazio educational,
Rirkrit Tiravanija per il bookshop e Tobias
Rehberger che per il bar caffetteria ha giustamente ricevuto il Leone
d’Oro per il miglior artista della Mostra Fare Mondi // Making Worlds
(figg. da 17 a 20 Tobias Rehberger Was du liebst, bringt dich auch zum
Weinen)
Presso il Palazzo delle Esposizioni è stata
inoltre riaperta al pubblico la Biblioteca dell’Archivio Storico
delle Arti Contemporanee (ASAC), una location polifunzionale
dotata di archivio documentale, sale di lettura per i ricercatori e per i
visitatori delle mostre, pensata per essere il perno attorno al quale
ruoteranno attività permanenti degli altri Padiglioni e Giardini.
Al
Palazzo delle Esposizioni finalmente si possono vivere ad attraversare opere che forse meglio
rispecchiano l’idea del curatore Daniel Birnbaum :Fare Mondi //
Making Worlds
Come
per esempio la Ragnatela di Tomas Saraceno (figg. da 21 a 23, Galaxy forming
along filaments, like droplets along the strands of a spider´s web) che mostra l’interesse dell’artista per
i progetti architettonici di carattere innovativo e per le teorie utopistiche e le
costellazioni astronomiche. La nuova installazione analizza le capacità dei
filamenti della ragnatela tessuta nella sua incredibile e complessa geometria.
Dedicata
al “vetro artistico veneziano” la
mostra presso Padiglione Venezia,
organizzata dalla Regione del Veneto,
intitolata ... “fa come natura face” in foco e curata da Ferruccio Franzoia.
Belle e artistiche le opere di questi giovani (e non) artisti che si
confrontano con l’incredibile tradizione veneziana del vetro come l’opera di
Alessandro Diaz de Santillana, Lino Tagliapietre e Dale Chihuly (foto da
24 a 27 Padiglione Venezia).
Un
veloce accenno ai Padiglioni Nazionali.
Ai
Giardini lo spettatore avrà modo di perdersi e gustare varie ed interessanti
esposizioni, quest’anno molto più audaci (negli allestimenti e scelta di
artisti) che non nelle precedenti ultime edizioni… qui si raccomanda il
Padiglione Stati
Uniti d’America che con Bruce Nauman: Topological
Gardens vince
il Leone d’Oro per la migliore Partecipazione Nazionale (fig.28 - Bruce Nauman The True Artist Helps the World by
Revealing Mystic Truths). Nel Padiglione Polonia (fig. 29 -
PADIGLIONE POLONIA; Krzysztof
Wodiczko, Visitors) i protagonisti della proiezione sono immigrati,
persone che non essendo nella loro terra vivono un’esistenza di eterni ospiti. Il progetto del padiglione
Polonia affronta la problematicità multiculturale della diversità, un tema di
scottante attualità nel mondo contemporaneo….
La proiezione nata per la
Biennale, crea un’atmosfera incredibilmente suggestiva, trasformando lo
spazio del padiglione Polonia in un luogo dal quale, attraverso l’illusione
di finestre proiettate sulle pareti, si osserva cosa succede all’esterno.
Mettendo alle orecchie le
cuffie che sono sulla parete opposta delle finestre è possibile ascoltare e
osservare, quasi segretamente, le altrui vite, i discorsi carichi di problemi
e difficoltà un’umanità emarginata: la disoccupazione, i permessi di
soggiorno, il razzismo…
Le scene e i personaggi
sono resi appannati, osservati da vetri opachi. Wodiczko “gioca con la
visibilità degli immigrati, così vicini ma al tempo stesso dall’altra parte,
rimanda allo status ambivalente degli immigrati e alla loro invisibilità
sociale”. (Bozena Czubak)
La
cerimonia di inaugurazione e di premiazione della 53. Esposizione ha avuto
luogo sabato 6 giugno ai Giardini, con la consegna dei premi ufficiali
assegnati dalla giuria internazionale.
Consegnati
anche due Leoni d’oro alla carriera agli artisti Yoko Ono e John Baldessari.
La Giuria internazionale, presieduta da Angela
Vettese (Italia), è composta inoltre da Jack Bankowsky (USA), Homi K. Bhabha
(India), Sarat Maharaj (Sudafrica) e Julia Voss (Germania), ha assegnato i
seguenti premi (oltre quelli già citati nell’articolo):
Leone d’Argento per il più promettente giovane
artista della Mostra Fare Mondi // Making Worlds
a Nathalie Djurberg
(Svezia, espone al Palazzo delle Esposizioni ai
Giardini)
Experimentet
Curare Mondi:
Menzione speciale al duo Michael Elmgreen &
Ingar Dragset
Curatori del Padiglione della Danimarca e Paesi
Nordici (Finlandia, Norvegia, Svezia)
(Padiglioni ai Giardini)
The
Collectors
Mondi
Emergenti:
Menzione speciale all’artista Ming Wong
Espone al Padiglione del Singapore (Padiglione
in città)
Tradurre Mondi:
Menzione speciale assegnata a Roberto Cuoghi
(Italia, espone al Palazzo delle Esposizioni ai Giardini,
giardino Scarpa)
Mei Gui
Quello
che, concludendo, emerge quest’anno è sicuramente il disegno di una Venezia
capace di combinare in sé memoria ed innovazione, una città che fa suo il
motto di Gustav Mahler “la tradizione
è custodia del fuoco non adorazione della cenere”. La Biennale rimane
comunque un evento da non perdere, e con
i suoi storici spazi (Giardini e Arsenale), la sua “invasione” nella città, con i nuovi
luoghi aperti per l’arte contemporanea Venezia e la Biennale riescono a FARE
MONDI proprio come il curatore Birnbaum vorrebbe.
Perché: “Verrà un tempo in cui il quadro non basterà più. (…)
Altri valori sorgeranno, altre valutazioni, altre sensibilità di cui noi non
concepiamo l’audacia… L’occhio umano percepirà il colore come emozione in sé.
I colori moltiplicati non avranno bisogno di forme per essere compresi e le
forme vivranno per se stesse al di fuori degli oggetti che esprimono. Le
opere pittoriche saranno forse vorticose architetture sonore e odorose di
enormi gas colorati, che sulla scena di un libero orizzonte elettrizzeranno
l’anima complessa di esseri nuovi che non possiamo oggi concepire”. Umberto Boccioni.
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