Mentre Venezia analizza i preoccupanti dati emersi
dall'indagine svolta dal comitato privato britannico per amministrare in
maniera più sostenibile i flussi turistici concentrati solo in alcuni centri
simbolo della città, si tengono in questi giorni proprio nella Regione Veneto
alcuni eventi sintomatici di interrogativi diffusi. Parte dal neoinsediato
Presidente della Fondazione Mazzotti di Treviso, l'imprenditore Giorgio Palesa,
l'invito ai privati, imprenditori e collezionisti, a investire in tempo di
crisi in un bene che non tramonta: la cultura. L'innovazione e la creatività
dell'arte possono portare benefici, occupazione, una società e un'economia
basate sulla conoscenza. Come fece, giusto a Venezia, la pioniera Peggy
Guggenheim, come sta facendo a Vicenza Carlo Bonetti con Villa Pisani, come ha
fatto François Pinault raddoppiando le sedi espositive della sua collezione nel
capoluogo, come farà la Biennale rendendo permanenti alcuni spazi (Palazzo
delle Esposizioni, ormai ex Padiglione Italia, per ospitare mostre temporanee,
insieme a bookshop, caffetteria e, finalmente, una biblioteca consultabile che
contenga l'ampio archivio storico).
Al convegno Fare spazio. Le relazioni educative nell'arte contemporanea tenutosi alla Fondazione Querini Stampalia, interviene
anche il sud, a sottolineare l'importanza di un necessario scambio tra le
realtà più dinamiche in materia (Castello di Rivoli, Torino; Mart di Rovereto,
Trento; Mambo di Bologna) e a creare un ponte tra la Sicilia e il resto del
continente, l'unico ponte di cui i difensori dei beni culturali e dell'ambiente
vorrebbero sentire parlare, uno che avvicini le idee creative, l'amore per
l'arte, l'affezione di ogni genere di pubblico (quello che c'è e quello che
verrà) al proprio patrimonio.
Gli esperti della didattica, come i direttori e
curatori di eventi e mostre, s'interrogano sulle capacità dell'arte dei nostri
giorni di essere specchio di un'epoca e sulla necessità di esserne insieme
promotori e attenti osservatori. Così al Museo Cantonale di Lugano,
un'esposizione sul volto nell'arte contemporanea, in mostra fino a febbraio
2010, si domanda quale faccia abbia il presente, come i fenomeni della
massificazione e della perdità d'identità siano interpretate dagli artisti, sensibili sensori
di grandi trasformazioni.
Un bar camp sui linguaggi della contemporaneità sarà
uno degli eventi principali che muoveranno il Festival della creatività a
Firenze tra il 15 e il 18 ottobre.
Tradurre i linguaggi dell'arte che sta accadendo
insieme a noi è anche uno dei sommi insegnamenti che arrivano dalla mostra Il
museo come avanguardia, dedicata a Palma Bucarelli, in corso alla Galleria
d'Arte moderna di Roma fino all'1 novembre. Quando espose nel 1959 un Sacco
di Alberto Burri, il senatore Terracini si auspicò che «l'emerita direttrice
della Gnam si affrettasse a nascondere ben lontano dagli occhi del pubblico
l'indegna sozzura raccattata dalla gerla di uno spazzaturaio...» Così capita
ancora, meno di un anno fa, al segretario generale della Cei, Giuseppe Betori,
seguito dal ministro Bondi, che aveva parlato della rana crocifissa di Martin
Kippenberger al Museion di Bolzano, come di un'opera che «offende il sentimento
religioso del popolo italiano». E, più recentemente, il consigliere Pietro
Bortoluzzi, che considera la rana tenuta dal ragazzo di Charles Ray sulla Punta
della Dogana a Venezia, «esteticamente discutibile» e chiede che sia portata
via perché torni al proprio posto il vecchio lampione. Così le batracomiomachie,
le guerre tra rane e topi, sembrano ripetersi senza tempo e l'arte è ancora una
volta specchio, visione e pre-visione, di un'epoca tutta da interrogare.
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