Al Centro Culturale di Roma la Camera
verde, un'atmosfera sacra: il Jeu d'Oeuf,
Pour violer les solutions régulières il faudrait bien naitre, di Giovanni
Andrea Semerano.
Le prime cento locandine d'artista
in onore dei dieci anni di esistenza della Camera verde richiedevano un
compagno di lettura che avesse il proprio tempo: la sincronicità del gusto. Giovanni
Andrea Semerano ci ha messi di fronte a un altare arredato con ceri
ecclesiastici in un'atmosfera, come l'omonimo film di François
Truffaut lascia
presagire, da incenso. Così le piccole panche allineate nella piccola Camera verde,
permettevano alle persone di attendere in ossequioso silenzio che gli
scopritori scoprissero. Un tavolo a mò di altare e rosse plastiche a lambire i
grossi ceri e due umili sedili in legno pronti ad accogliere i curiosi che, dando
le spalle al passato, come i fedeli si accingono all'ostia, come i due sposi al
futuro status, loro all'opera. Hanno violato il sacro sposandosi col profano. Il
cibarsi reciproco dell'anima, mente e corpo riuniti per effetto dei sensi risvegliati;
un atto di rinascita. E' dell'opera d'arte un tale scopo ripulendo colui il quale
la compie e colui che la riceve, dalle impurità, consentendogli di abbandonare
per ritrovare il senso del violato sottaciuto nel vivere quotidiano. Nel
sedersi, chi non era già in coppia, andava a lanciarsi in una scoperta
multipla: le locandine d'artista, sfogliate da uno dei due per primo e poi
passate all'altro, e il tempo di quell'altro che si doveva attendere compisse
la sua opera di lettura.
Molti gli artisti chiamati ad
esprimersi in opere di vario genere. Dalla pittura alla fotografia alla poesia.
Molteplici modalità del sentire accomunate per lo più da un senso di curiosa
indagine sulle diverse forme di essere il nostro tempo.
La poesia di Marco Giovenale,
insediata e morsa dall'immagine, sfaldata non definibile, di forte presa in noi
l'impatto del suo cedimento lascia il segno del nero.
La foto incisiva e coraggiosa,
per chi l'ha scattata e per il gesto di chi si è lasciato guardare, di Grazia
Menna, Sacrifice dedicata ad un rito compiuto da un essere straniero di lontane
terre il figlio. La serie delle splendide tele di Giovanni Cozzani sul Don
Chisciotte ritratto nelle differenti tonalità. Il tempo di lettura del compagno
momentaneamente al mio fianco per assaporare la visione, era ahimé, quello di
un artista compreso fra gli autori. L'incensato momento ha perduto dunque la
sua fatale dimora. Al suo posto, esplicita e snervata attesa che io leggessi la
poesia fino alla fine, godessi dell'opera per il tempo necessario a scoprirla,
a cercare di sprofondarne il senso ovvero il non senso. Ebbene, ho dovuto mio malgrado
rinunciare e assecondare le ansie di chi, giunti alla 26' locandina, non
riusciva ancora ad ammirare la propria. Una smania tale da portarlo a sfogliare
di sottecchi tutte le altre, sbirciandole, frugando per assicurarsi che ci
fosse, dopo deludenti scoperte ogni volta dell'opera di qualcun altro. Questo
atteggiamento privandomi al momento del piacere della scoperta mi induce a
sottolineare che Giovanni Andrea Semerano abbia avuto un'intuizione davvero
fortunosa dotando il fruitore di un ruolo attivo, non facendogli subire
passivamente la visione. Come in un tandem dove si è in due e se uno non pedala,
l'altro fatica di più e se viceversa pedala troppo in fretta, l'altro perde i
colpi iniziando il pedale a turbare il suo ginocchio, infastidendolo e così
proibendogli di godere della passeggiata e pure di scoprire cosa c'è intorno.
Quando uno dei due non vede, cosa accade? E quando nessuno o la maggior parte
non vede, da chi si è visti e come? Torna alla mente Milan Kundera che ne La lentezza affermava il tempo del
ricordo essere proporzionato alla velocità. Più si va veloci e più si dimentica
e viceversa. Emblematico l'altare, emblematiche le opere, sfuggevoli
impermanenti certe persone e le opere di quelle persone? Ahimè destinate a
restare ma può un fotografo non saper guardare un poeta non saper scrutare un
pittore non ammirare un'opera dalle più diverse angolature ?
Possiamo continuare a gridare
evviva ciascuno del proprio lavoro congratularcene auto incensandoci e così
perdere il punto di vista di un nostro collega ? Ma più che altro perdere il
gusto di assaporare ?
LINK
http://www.lacameraverde.com
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