Solo partendo dal titolo della mostra: Il mito, l’inganno, il gioco, si capisce
quanto sia difficile rinchiudere o voler “collocare” Piero
Brombin in una corrente o in un movimento artistico.
È impossibile perché per un uomo
libero, ribelle e fantasioso non ci sono
etichette.
Forse l’unica definizione più consona è quella di “disegnatore di sogni sociali” perché
Brombin, nei suoi cinquanta anni di arte, non ha mai perduto la visione del
mondo. Il suo è un mondo a 360° che gli fa progettare la Grande Casa, alta 1
miglio, per accogliere e dare rifugio ai 5.000 homeless newyorkesi o il riuso a parco
pubblico del Campo di deportazione di
Fossoli (Carpi), o un progetto colorato per il recupero dell’ex Foro Boario di Padova,
o nella sua sotterranea labirintica Frankenstein
Città, perché per dirla con le parole di Brombin “quando la vita sociale sparisce,
l’uomo torna alla caverna”. Pochi
questi esempi, ma molti sono i suoi progetti, progetti, alcuni, mai realizzati
e proprio per questo Barbara Codogno definisce, la Sua, un’architettura utopica, dove il politico e il sociale collimano.
Ma Brombin lavora anche molto e viene coivolto da Carlo
Scarpa nel ’61 a Torino per la realizzazione del Padiglione del Veneto per i 100 anni dell’Unità
d’Italia; poi, insieme a De Lucchi, Bortolami, Tridenti ed altri, verso la fine degli anni '60, fa parte del movimento
dell’Architettura Radicale, gruppo Cavart, un gruppo di designer che aborrisce la globalizzazione e vuol riportare lo
sguardo verso la tutela del patrimonio artistico e architettonico del nostro paese. Un esempio: andare sul posto, verificare,
constatare e proporre soluzioni nuove, un’esperienza davvero unica ed
interessante come quella del progetto di riuso delle cave dei Colli Euganei;
una settimana vissuta in cava, lì dentro, integrandosi, ascoltando la terra e
poi progettare … una città impossibile.
Tornando alla mostra: appena si entra, nel Centro
Culturale Altinate, ex Palazzo di
Giustizia, ci si incammina verso l’Agorà e subito si viene accolti da una
distesa di teli trasparenti-bianchi; un vero effetto «Cascata», un “Niagara falls” purificatore; sulla destra
si scorge invece un vero modello di cascata. L’occhio guarda e viene invitato
ad entrare, a passare oltre, attraverso la fessura tra i teli e ci si trova
nell’Agorà vera e propria. Istintivamente viene voglia di guardare indietro, di
guardare cosa si è lasciato alle spalle; il paesaggio cambia: dove prima c’era il
“bianco-cascata” ora c’è un “nero-minotauro”, con due occhi enormi-schermi che
proiettano immagini e dove dal drappo nero spunta, a sinistra, la spada rosso-fuoco a
significare l’uccisione del minotauro stesso.
Il tema dell'acqua, molto caro all’artista, continua
troviamo un progetto rivolto ai clandestini: immagini più volte viste e
tristemente note, ma Brombin stravolge tutto ciò perché, oltre a ricordarci i
desideri e le speranze di tutta quella gente che prende la via del mare per
fuggire dal proprio inferno, crea una sorta di piattaforma galleggiante carica
di generi di prima necessità, una sorta di «mare-grill», dove loro possano
trovare un punto di ristoro, tra le onde del mare.
Si
continua e si entra in una struttura esagonale; si viene accolti come in un
“abbraccio”. Sono rappresentati i sei grandi personaggi della padovanità:
Donatello, Palladio, Petrarca, Giotto, Mantegna e Galileo. Ognuno visto e
rappresentato da Brombin in modo originale e fantasioso; per Donatello lo
sfondo è rappresentato da due teste di cavallo e la scritta a sinistra: nessuna materia mi è estranea a seconda della necessità dell’invenzione, con il
profilo, in primo piano, di Donatello stesso, mentre preferisce mettere in
risalto il grande profilo del Palladio,
che campeggia rispetto ad una piccola e semplice squadra di legno poggiata in
alto (e che si specchia), a significare la perfezione, l’uso delle misure perfette
e precise nel loro comporsi. I
due grandi della perfezione pittorica-spaziale Giotto e Mantegna,
sono posti bifrontalmente, anche se distanti nei secoli, appaiono vicini nell’intendersi
quasi volessero colloquiare sui modi di dire e vedere le cose, una sorta di
discussione sui massimi sistemi.
Brombin
quindi coglie e ci traduce lo spirito di ognuno di questi grandi. Per Galileo invece, pur essendo questi di profilo,
la sua testa è distesa, sembra quasi che sia “a rimirar le stelle”, fonte di
osservazioni e scoperte. Perciò Brombin mette in risalto il suo occhio formato
da una grande lente, capace quindi di vedere lontano e vicino, ma la sua bocca
è chiusa da un tappo, mentre una bellissima luna in alto lo guarda ammirata.
Nella
mostra troveremo, tra le tante cose, «Blob»: esempio di architettura rifugio,
abitazione di fortuna pensata per i terremotati, il progetto per il recupero
delle cave dei monti Lessini a Verona, l’”edificio balena” per ribadire il suo
no alla biennale del ’76 e molti altri quadri e progetti.
Brombin non dimentica i giovani d’oggi, il suo sguardo
è rivolto a loro, a cui passa il testimone, consapevole che solo dai giovani
può ripartire il gusto, la voglia, la gioia di un’arte che sappia comunicare
quello che ci circonda partendo da una natura che l’uomo deve sempre rispettare
e non stravolgere. Quindi per loro c’è uno spazio aperto, due pneumatici, che
formano una sorta di poltrona, su tavole di legno, dove ogni ragazzo può
presentare e parlare del proprio progetto perché solo dallo scambio e dalla
condivisione c’è una crescita collettiva.
Ci
piace concludere con quello che ha scritto di lui Ernesto Luciano Francalanci,
“ha fatto di se stesso la sua opera più significativa un “Minotauro, un labirinto
infinito di idee, azioni, performance,
opere, affetti, amicizie che ha retto attorno a sé come un’unica gigantesca
opera senza soluzioni di uscita” ed anche Bruno Zevi diceva che tutta l’opera di Piero
Brambin “è un atto di poesia” di
grande intensità e delicatezza. Anche “evocando
silenziosamente immani tragedie, ha raggiunto la “leggerezza” di cui parla
Calvino come prima qualità della poesia”.
Ricordiamo
che a latere della mostra di Piero Brombin sono previsti
appuntamenti con personalità artistiche che sono state compagne di viaggio di
Brombin quali Gaetano Pesce, Tobia Scarpa, Michele De Lucchi, Alessandro
Mendini, Franco Raggi ed altri.
E
che questa mostra si inserisce nella prima edizione di RAM e dintorni.
Nel segno della creatività. E’ un progetto culturale dove, da ottobre
a dicembre, vede coivolta tutta la città di Padova perché eventi e manifestazioni
culturali si svolgono in diverse sedi e spazi pubblici. L’acronimo di Ricerche
Artistiche Metropolitane, RAM evoca la memoria ad
accesso casuale del computer, dove i dati possono perdersi, accrescere o essere
cambiati.
I
filoni tematici sono stati: Lo spazio, la luce, la forma; La superficie e
oltre; Visioni: videoart, cinema, fotografia; Arte e industria; La Musica, il
Gesto, la Parola; L’arte in
galleria; L’arte scende in strada.
Tutte queste iniziative hanno
cercato di dare una visione allargata delle varie espressioni artistiche: dall’arte
alla musica, dalla fotografia al cinema, dal design alla danza, al teatro e alla poesia, cercando di coinvolgere
ed indurre il cittadino disattento a quello che lo circonda, facendogli
comprendere come la cultura,
sotto i suoi molteplici aspetti, faccia parte integrante della vita, perché
senza cultura non c’è vita, non c’è apertura mentale, non c’è scambio, non c’è osmosi,
non c’è comprensione e non è vero che la cultura non produce ricchezza e il nostro
ministro dell’economia poteva proprio risparmiarsi la purtroppo famosa frase “Fatevi
un panino con Dante Alighieri”.
INFO
Piero Brombin
Il mito, l’inganno, il gioco
50 YEARS ON THE ROAD
OF ART
Exhibition & artistic events
Centro Culturale Altinate / San Gaetano - Padova
18 dicembre 2010 - 30 gennaio 2011
Comune di Padova Settore Attività Culturali – Servizio Mostre. Tel. 049 8204546
e-mail: caporellop@comune.padova.it
- sito web: http://padovacultura.padovanet.it
– www.rampadova.it
Orario mostra:
10.00 - 19.00
Chiusura:
lunedì non festivi, Natale, Santo Stefano, Capodanno. Ingresso: gratuito
BREVE INTERVISTA A PIERO BROMBIN:
Secondo Lei è meglio lavorare in gruppo
o da soli ?
Lavorare in gruppo è più stimolante, anche
se poi, per una serie di circostanze logistiche e lavorative, si finisce sempre
per prendere strade diverse.
Quale delle sue diverse
“sperimentazioni” predilige e perché ?
Prediligo
esprimermi attraverso l'architettura perché ricomprende tutte le forme
artistiche, tuttavia amo moltissimo il colore e lo utilizzo anche
nell'esecuzione dei progetti.
Lei pensa che gli artisti contemporanei
ci aiutano a capire il nostro oggi ?
No ! purtroppo no e poi che significa
capire ? si intende accettare, condividere, sopportare.....
E quali tra questi reputa il più autorevole
?
Potrei dire il mio amico Gaetano Pesce.
BREVE INTERVISTA ALL'ASSESSORE ALLA CULTURA DI PADOVA,
ANDREA COLASIO
Mi può dire come Le è venuto in mente l’ambizioso
progetto del RAM ?
Partendo dal
fatto che Padova è conosciuta come
la grande capitale del ‘300, questo non poteva bastare perché è anche una città
piena di giovani, grazie ai vari corsi universitari presenti; giovani che trovano difficoltà a dialogare con
la città trecentesca. Abbiamo scelto di dialogare con i loro linguaggi e far sì
che Padova potesse, come le altre
città europee, offrire una vera immersione nel contemporaneo.
Quali erano le finalità che si era
proposto ?
L’obiettivo è
stato quello di far diventare Padova
città del contemporaneo creando una rete, sollecitando artisi, eventi,
incontri, manifestazioni per il RAM, è ovvio che stiamo già pensando al
prossimo anno, dove i format già sperimentati potranno essere
consolidati e si potrà anche qualificare di più l’offerta, ma tutto dipende dai
finanziamenti.
Secondo Lei, la città ha risposto in
modo positivo ?
Le dò
un’anticipazione, un’anteprima dei dati raccolti fino ad oggi. Ci sono state
66.642 presenze nei vari eventi e la cosa più sorprendente, oltre alle code per
entrare, è stata quella di avere il tutto esaurito alle serate dedicate alla poesia
con tanto di gente fuori: si parla di 50 persone per sera, perché nel Centro S.
Gaetano, per problemi legati alla sicurezza, non potevano entrare più di 240
persone.
I giovani stanno “usando” gli spazi ?
Hanno aderito al RAM e dintorni ? Nella mostra di Brombin c’è uno spazio voluto
espressamente per i giovani. Come, secondo Lei, li si può aiutare a guardare
“oltre”, per distoglierli dalla massificazione che li vuole tutti fruitori solo
di programmi come il Grande Fratello o di Amici ?
I ragazzi, più di 2.000,
non sono stati soggetti passivi anzi, hanno avuto, specie nel primo evento
autogestito ai Bastioni, spazi ove sperimentare e proprorre per lanciare un
loro”brand”. Sono stati proposti dei laboratori di arte contemporanea
“IN/EX”dove, in prima persona, potessero sperimentare tecniche e stili proprie
dell’arte contemporanea
ed anche nella mostra di Brombin c’è uno spazio appositamente
creato per loro.
Quando potremo dire che il progetto RAM si trasformerà
nell’acronimo REM (Rapid eye movement: il
tempo del sonno dedicato al sogno) e sarà capace quindi di far realizzare i
sogni ? Specie uno molto importante, ma che deve essere più un progetto che un
sogno, quello di ricordare che senza cultura (quella con la C maiuscola) un
paese è destinato a morire. Lei cosa ne
pensa ?
Ci vorrebbe una grande riforma di
sistema, bisognerebbe lavorare sulla produzione culturale. Quando facevo parte
della commissione cultura alla Camera, nel precedente governo Prodi, ho lavorato a circa 7-8 grandi leggi di
sistema che riguardavano il
teatro, la musica leggera, le arti, dove si prevedeva una tax credit per
il finanziamento al cinema, dove il privato poteva quindi defiscalizzare il
40%, ma, purtroppo, caduto il governo, è finito tutto.
Un’ultima domanda: Lei ha ancora qualche sogno nel
cassetto ? È forse quello di far diventare Padova
nuovo polo dell’arte contemporanea
in Italia ? O ne ha altri ?
Sono 8 anni che sto lavorando per
portare a termine un progetto che mi sta
molto a cuore. E’ il Castello dei
Carraresi, l’icona padovana trecentesca per eccellenza e mi piacerebbe che
questo immenso spazio di 20mila metri quadrati, potesse definitivamente diventare
“fabbrica della creatività di Padova”.
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