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DE-FORME  
Carmela Infarinato
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 22 Aprile 2011, n. 602
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Area Artisti

Come le gocce polverizzate della scrosciante cascata cambiano con la rapidità del lampo mentre l'arcobaleno da esse portato sta in immobile quiete, del tutto immune da quell'incessante mutare: così l'idea, cioè ogni specie di esseri viventi, rimane del tutto immune dal continuo mutare dei suoi individui. 1

Ho sempre pensato che si possiede la realtà nella misura in cui si possiedono le parole per esprimerla. Se il termine definisce scientificamente gli oggetti, la parola evoca, possiede una molteplice gamma di significati e consente al discorso di procedere in modo libero, figurato e imprevedibile. Consente l'espressione dell'immaginazione e del pensiero,

l'espressione di uno stato d'animo e della soggettività, consente la poesia. Ammette l'arte.

Ora, cos'è la realtà se non il continuo fluire di accadimenti condizionati dal tempo, dallo spazio e dalla casualità ? Può questa realtà sostanziarsi di parole ?


Da millenni l'essere umano pone l'istinto all'agire, continuo nella ricerca, a colmare il suo bisogno. L'obiettivo è sempre parziale e lacerante nella constatazione che non basta; eppure è nonostante l'altro, nonostante il dolore e la morte e la solitudine, nonostante la consapevolezza che la pena è senza fine. Non basta la coscienza, che fa dire a Prometeo : - Eppure, ho voluto il mio dolore ... 2, a evitare la dissociazione e la sofferenza.

Quale via di liberazione può offrirsi ad un uomo continuamente soggiogato dall'atto realizzativo di un io alla ricerca di affermazione ? Forse l'arte.

Per l'uomo, preda della finitudine, la liberazione è momentanea, ma il godimento offre una fuggevole deità.


Di fronte alle DE-FORME di Papotto, di nuovo, dopo dodici anni, le concrezioni di materia, che si assottigliano, a tratti, quasi alla ricerca di nuova energia, si fermano nello spazio, come a fissare una intuizione dell'intelletto che si libera, e mi irretiscono.

E considero che non si tratta di una possibile estetica del casuale, ma di una rappresentazione che, già nella parola, assume un valore reversativo ad indicare che l'apparente forma della casualità coincide con la libertà dell'intelletto e ogni oggetto fissa un carattere ideale al di là di ogni divenire. Il piacere estetico è una relativa ricompensa dello sforzo che ha tirato fuori dal continuo fluire delle cose l'oggetto ponendolo nella dimensione di un assoluto.

Il linguaggio di Papotto ha le sue radici nelle esperienze artistiche del secolo scorso; Moore, Calder, Tapies, Arp hanno sicuramente accompagnato la sua crescita. Ma la frequentazione visiva e di studio non fa di questi artisti modelli formali ad indicare un'appartenenza.

Queste esperienze hanno alimentato, invece, un orientamento intellettivo, maturato negli anni Ottanta, quando Papotto, allora trentenne (in una relazione umana e intellettuale con Carlos Franqui), si confrontava e si interrogava sul suo operato artistico, mentre Pop art e arte concettuale ponevano il problema della trasformazione del senso dell'arte. Lontano dal concettuale in quanto operazione tesa a privilegiare il concetto sull'oggetto, consapevole, nello stesso tempo, della riduttività dell'arte - oggetto materiale sensibile, Papotto tende ad un' equazione arte - pensiero. Non concettualismo né arte che dipende esclusivamente dall'interpretazione (Arthur Danto, nello stesso periodo, elabora la sua Destituzione filosofica dell'arte, un saggio in cui afferma che qualcosa può diventare arte solo in rapporto a un'interpretazione, spingendo verso un'arte consapevolmente filosofica; da una parte, questo giustifica la trasfigurazione della banalità dell'oggetto quotidiano, dall'altra finisce per far dipendere sempre più l'arte da una teoria che la giustifica, destituendo l'arte alla filosofia), perché se certamente non si può negare la dimensione riflessiva dell'arte e il fatto che questa continuamente si interroghi sulla propria natura e sulle proprie possibilità, delegare all'interpretazione il valore artistico dell'opera, attribuirle l'elevazione dell'oggetto allo status di opera d'arte, segna sicuramente il prevalere della dimensione concettuale sulla dimensione materiale e sensibile, della filosofia sull'arte.

E' possibile consentire all'arte il recupero di una propria autonomia, può questa permettersi di dimenticare i caratteri antichi del proprio linguaggio per una nuova estetica di senso ?

La strada scelta da Papotto sta nella creazione di un rapporto comparativo, e costante, che considera a tutti i livelli l'antico e il moderno, l'estetica e il pensiero, la materia e la creatività, il materiale e il significato, nel tentativo di uscire dalla sottomissione o dalla parzialità per ridare unità all'uomo-artista.



In linea con le istanze della contemporaneità sociale, l'impeto di una ricerca che continuamente riflette su se stessa , la proposizione di materiali e soluzioni formali, la tensione ad una espressione altra, queste DE-FORME si pongono come la proposizione di una concretezza, trasfigurata e trasfigurante, che si eleva a cogliere l'essenza della realtà.

Spiegare la realtà con la realtà stessa, rintracciando in essa i principi della propria fondazione e del proprio sviluppo ?

La Natura è un tutto organico, pienezza dell'essere, identità complessa all'interno della quale ogni elemento si pone in relazione con l'altro, secondo rapporti di scissione e connessione; una continua perenne meiosi che concepisce la varietà del mondo, delle sue forme e degli esseri come sviluppo di uno stesso elemento, così come un seme, che identico a se stesso, dà vita ad un grande albero e genera molteplicità e trasformazione.

Ma un'altra cosa ti dirò: non vi è nascita di nessuna delle cose mortali, né fine alcuna di morte funesta, ma solo c'è mescolanza e separazione di cose mescolate ... 3

Il ciclo continuo fa sì che l'unità si consumi nell'alterità e vi si accresca nello stesso momento.

Il molteplice è mutevole per antonomasia, si pone come vita e come morte, energia vitale che consuma sé stessa nella disgregazione per recuperarsi, ed entrare così nell'alterna vicenda dell'essere e del tempo.

Adesso, queste De-Forme, come un luogo della mente, fuori dallo spazio e dal tempo, ma tale da identificarsi con tutti i tempi e i luoghi di ogni molteplicità, raccontano l'impossibilità di staccarsi, anche solo per un attimo, dalla vastità del cosmo per cogliere la rappresentazione minuziosa di ogni singola storia. E' l'indicazione di una rete di connessioni, quasi un modo di conoscere le cose, attraverso un segmento isolato di accadimenti, estratto dalla continuità del raccontabile. Dove porta la narrazione ? Non c'è un elemento che possa indurci a considerarla finita, c' è un altrove che conta, un siando che coglie il presente e un premonire che giustifica ciò che è a venire.








NOTE

I testi critici De-Forme di Carmela Infarinato, insieme a Cinerea res di Giuseppe Carrubba, sono pubblicati nel catalogo del progetto Papotto segue Papotto, Pistoia, Settegiorni Editore, 2011.

1 A. SCHOPENHAUER, Il mondo come volontà e rappresentazione (Traduzione di Savj Lopez P. e G. De Lorenzo), Bari Laterza, 2009.

2 ESCHILO, Prometeo incatenato, a cura di E. MANDRUZZATO, Milano, Rizzoli, 2004.

3 Empedocle, Frammenti e testimonianze, a cura di A. TONINELLI, Milano, Bompiani, 2002.




LINKS

Luigi Russo Papotto
http://www.papotto.it/

Papotto segue Papotto, in "Exibart.com" - Comunicato stampa
http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=103016

Giuseppe Carrubba, Luigi Russo Papotto. Bitumi - Ossimori, in "Bollettino Telematico dell'Arte", n. 537, 28 Settembre 2009
http://www.bta.it/txt/a0/05/bta00537.html

Settegiorni Editore
http://www.settegiornieditore.it/

Aoristò
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Fig. 1
LUIGI RUSSO PAPOTTO, De-Forme, 2011
installazione
Aoristò, Pistoia
Foto di Andrea Bazzechi

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Fig. 2
LUIGI RUSSO PAPOTTO, De-Forme, 2011
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LUIGI RUSSO PAPOTTO, De-Forme, 2011
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LUIGI RUSSO PAPOTTO, De-Forme, 2011
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Aoristò, Pistoia
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Foto cortesia di Carmela Infarinato

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