Come le gocce
polverizzate della scrosciante cascata cambiano con la rapidità del
lampo mentre l'arcobaleno da esse portato sta in immobile quiete, del
tutto immune da quell'incessante mutare: così l'idea, cioè ogni
specie di esseri viventi, rimane del tutto immune dal continuo mutare
dei suoi individui. 1
Ho sempre pensato che si
possiede la realtà nella misura in cui si possiedono le parole per
esprimerla. Se il termine definisce scientificamente gli
oggetti, la parola evoca, possiede una molteplice
gamma di significati e consente al discorso di procedere in modo
libero, figurato e imprevedibile. Consente l'espressione
dell'immaginazione e del pensiero,
l'espressione di uno
stato d'animo e della soggettività, consente la poesia. Ammette
l'arte.
Ora, cos'è la realtà se
non il continuo fluire di accadimenti condizionati dal tempo, dallo
spazio e dalla casualità ? Può questa realtà sostanziarsi di
parole ?
Da millenni l'essere
umano pone l'istinto all'agire, continuo nella ricerca, a colmare il
suo bisogno. L'obiettivo è sempre parziale e lacerante nella
constatazione che non basta; eppure è nonostante l'altro,
nonostante il dolore e la morte e la solitudine, nonostante la
consapevolezza che la pena è senza fine. Non basta la coscienza,
che fa dire a Prometeo : - Eppure, ho voluto il mio dolore ... 2, a
evitare la dissociazione e la sofferenza.
Quale via di liberazione
può offrirsi ad un uomo continuamente soggiogato dall'atto
realizzativo di un io alla ricerca di affermazione ? Forse l'arte.
Per l'uomo, preda della
finitudine, la liberazione è momentanea, ma il godimento offre una
fuggevole deità.
Di fronte alle DE-FORME
di Papotto, di nuovo, dopo dodici anni, le concrezioni di
materia, che si assottigliano, a tratti, quasi alla ricerca di nuova
energia, si fermano nello spazio, come a fissare una intuizione
dell'intelletto che si libera, e mi irretiscono.
E considero che non si
tratta di una possibile estetica del casuale, ma di una
rappresentazione che, già nella parola, assume un valore reversativo
ad indicare che l'apparente forma della casualità coincide con la
libertà dell'intelletto e ogni oggetto fissa un carattere ideale al
di là di ogni divenire. Il piacere estetico è una relativa
ricompensa dello sforzo che ha tirato fuori dal continuo fluire delle
cose l'oggetto ponendolo nella dimensione di un assoluto.
Il linguaggio di Papotto
ha le sue radici nelle esperienze artistiche del secolo scorso;
Moore, Calder, Tapies, Arp hanno sicuramente accompagnato la sua
crescita. Ma la frequentazione visiva e di studio non fa di questi
artisti modelli formali ad indicare un'appartenenza.
Queste esperienze hanno alimentato, invece, un orientamento intellettivo, maturato negli anni Ottanta, quando Papotto, allora trentenne (in una relazione umana e intellettuale con Carlos Franqui), si confrontava e si interrogava sul suo operato artistico, mentre Pop art e arte concettuale ponevano il problema della trasformazione del senso dell'arte. Lontano dal concettuale in quanto operazione tesa a privilegiare il concetto sull'oggetto, consapevole, nello stesso tempo, della riduttività dell'arte - oggetto materiale sensibile, Papotto tende ad un' equazione arte - pensiero. Non concettualismo né arte che dipende esclusivamente dall'interpretazione (Arthur Danto, nello stesso periodo, elabora la sua Destituzione filosofica dell'arte, un saggio in cui afferma che qualcosa può diventare arte solo in rapporto a un'interpretazione, spingendo verso un'arte consapevolmente filosofica; da una parte, questo giustifica la trasfigurazione della banalità dell'oggetto quotidiano, dall'altra finisce per far dipendere sempre più l'arte da una teoria che la giustifica, destituendo l'arte alla filosofia), perché se certamente non si può negare la dimensione riflessiva dell'arte e il fatto che questa continuamente si interroghi sulla propria natura e sulle proprie possibilità, delegare all'interpretazione il valore artistico dell'opera, attribuirle l'elevazione dell'oggetto allo status di opera d'arte, segna sicuramente il prevalere della dimensione concettuale sulla dimensione materiale e sensibile, della filosofia sull'arte.
E' possibile consentire
all'arte il recupero di una propria autonomia, può questa
permettersi di dimenticare i caratteri antichi del proprio linguaggio
per una nuova estetica di senso ?
La strada scelta da
Papotto sta nella creazione di un rapporto comparativo, e costante,
che considera a tutti i livelli l'antico e il moderno, l'estetica e
il pensiero, la materia e la creatività, il materiale e il
significato, nel tentativo di uscire dalla sottomissione o dalla
parzialità per ridare unità all'uomo-artista.
In linea con le istanze
della contemporaneità sociale, l'impeto di una ricerca che
continuamente riflette su se stessa , la proposizione di materiali e
soluzioni formali, la tensione ad una espressione altra, queste
DE-FORME si
pongono come la proposizione di una concretezza, trasfigurata e
trasfigurante, che si eleva a cogliere l'essenza della realtà.
Spiegare la realtà con
la realtà stessa, rintracciando in essa i principi della propria
fondazione e del proprio sviluppo ?
La Natura è un tutto
organico, pienezza dell'essere, identità complessa all'interno della
quale ogni elemento si pone in relazione con l'altro, secondo
rapporti di scissione e connessione; una continua perenne meiosi
che concepisce la varietà del mondo, delle sue forme e
degli esseri come sviluppo di uno stesso elemento, così come un
seme, che identico a se stesso, dà vita ad un grande albero
e genera molteplicità e trasformazione.
Ma un'altra cosa ti
dirò: non vi è nascita di nessuna delle cose mortali, né fine
alcuna di morte funesta, ma solo c'è mescolanza e separazione di
cose mescolate ... 3
Il ciclo continuo fa sì
che l'unità si consumi nell'alterità e vi si accresca nello stesso
momento.
Il molteplice è
mutevole per antonomasia, si pone come vita e come morte, energia
vitale che consuma sé stessa nella disgregazione per recuperarsi, ed
entrare così nell'alterna vicenda dell'essere e del tempo.
Adesso, queste De-Forme,
come un luogo della mente, fuori dallo spazio e dal tempo, ma tale da
identificarsi con tutti i tempi e i luoghi di ogni molteplicità,
raccontano l'impossibilità di staccarsi, anche solo per un attimo,
dalla vastità del cosmo per cogliere la rappresentazione minuziosa
di ogni singola storia. E' l'indicazione di una rete di connessioni,
quasi un modo di conoscere le cose, attraverso un segmento isolato di
accadimenti, estratto dalla continuità del raccontabile. Dove porta
la narrazione ? Non c'è un elemento che possa indurci a considerarla
finita, c' è un altrove che conta, un siando che
coglie il presente e un premonire che giustifica ciò che è a
venire.
NOTE
I testi critici De-Forme di Carmela Infarinato, insieme a Cinerea res di Giuseppe Carrubba, sono pubblicati nel catalogo del progetto Papotto segue Papotto, Pistoia, Settegiorni Editore, 2011.
1
A. SCHOPENHAUER, Il mondo come volontà e rappresentazione (Traduzione di Savj
Lopez P. e G. De Lorenzo), Bari Laterza, 2009.
2
ESCHILO, Prometeo incatenato, a cura di E. MANDRUZZATO, Milano, Rizzoli, 2004.
3
Empedocle, Frammenti e testimonianze, a cura di A. TONINELLI, Milano, Bompiani, 2002.
LINKS
Luigi Russo Papotto
http://www.papotto.it/
Papotto segue Papotto, in "Exibart.com" - Comunicato stampa
http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=103016
Giuseppe Carrubba, Luigi Russo Papotto. Bitumi - Ossimori, in "Bollettino Telematico dell'Arte", n. 537, 28 Settembre 2009
http://www.bta.it/txt/a0/05/bta00537.html
Settegiorni Editore
http://www.settegiornieditore.it/
Aoristò
http://www.aoristo.it/
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