C’è chi si ostina a definirlo ancora il “Rodin
italiano”. Un paragone che certo non giova, anzi, finisce quasi con il limitare
il talento di Medardo Rosso (Torino 1858 - Milano 1928). E questo nonostante lo
scultore, sin dagli inizi della sua carriera, si sia trovato a “fare i conti” con
il collega francese. Eppure, capita ancora di leggere certi titoli, sbirciando
le recensioni dell’ultima mostra alla galleria Porro di Milano intitolata Rosso. Opere scelte. Fortunatamente oggi
la critica ha ampiamente rivalutato il suo lavoro, ponendolo sullo stesso piano
del più anziano rivale. Fino al 29 luglio, nella galleria di corso Monforte, si
può ammirare una raffinata selezione – molti gli inediti – di sculture in cera,
bronzo e gesso, più fotografie, lettere e disegni. La rassegna è a cura di
Paola Mola, tra i principali studiosi dell’artista del quale due anni fa ha
pubblicato il catalogo ragionato, analizzando il suo lavoro sotto una nuova
luce.
Originario di Torino, sempre in viaggio tra
Parigi e Milano, Rosso è stato un artista “sperimentale”, vissuto sul finire di
un secolo come l’800 percorso da mille inquietudini che si rifletterono in
varie tendenze artistiche come la Scapigliatura, da cui Medardo prese le mosse,
fino alle “esplosioni” delle avanguardie del primo ’900.
Fiore
all’occhiello dell’esposizione è la Femme
à la voilette (1895) modellata in cera, di cui si conoscono altri sei
esemplari: l’opera, di una modernità sorprendente (il volto è come scavato
all’interno di una grotta, «progenitrice oscura della scultura astratta»,
scrive Mola) ritrae una donna velata mentre scende la scalinata di una chiesa
di sera, sotto la pioggia. Importante anche il ritrovamento dell’unico
esemplare in bronzo della Petite Rieuse:
quest’altra scultura fu esposta una sola volta nel 1902 a Lipsia, dopodiché non
fece ritorno a Parigi, dove si trovava lo studio di Rosso, e se ne persero le
tracce fino ad oggi. Sono esposti poi tre gessi provenienti dalla collezione di
Mario Vianello-Chiodo, amico veneziano dello scultore dal tempo del suo rientro
in Italia nel 1920. Nell’autunno del 1927, un anno prima della morte, Rosso gli
donò alcune casse con un gruppo di opere in gesso. Proprio le tre qui esposte
(l’Enfant a la Bouchèe de pain, la Portinaia e il Sagrestano) fanno parte di quel nucleo; non solo, ma sono esposte
cinque lettere finora inedite – quattro
di Medardo ed una di suo figlio – al suo vecchio amico. Completa il percorso
un bronzo giovanile raffigurante una Ruffiana
(1889), fuso da un gesso firmato. Tutte opere “scelte”, come riporta il titolo
della mostra, per via della tecnica. «Esemplari per qualità e provenienza, ed
esemplari come esempi – scrive la
curatrice – una per tipo, di ciascun
modo e fase in cui si articola la poetica di Rosso». Lo scultore lavorava
infatti in cera, gesso o bronzo, fondendo sia le cere come i bronzi da modelli
in gesso: ci sono quindi gessi-opere che venivano poi patinati o dipinti, e
gessi-modelli che erano strumenti di lavoro in funzione dell’opera finita. Ciascuna
opera esposta è un esempio, quindi, delle varie lavorazioni: l’Enfant
è un gesso patinato, forse il
primo a sé stante come opera conclusa, firmato, con tanto di inclusioni e
aggiunte. La Portinaia rappresenta,
al contrario, un gesso nato come opera finita e patinata, e divenuto poi
modello con l’aggiunta del piano di portata. Il Sagrestano, infine, è semplicemente un modello, uno strumento da
riutilizzare per nuove ideazioni.
Basta rileggere queste parole dello stesso artista per capire quale fosse il suo obiettivo, sia che fossero modelli che opere finite: «Come la pittura, anche la scultura ha la possibilità di vibrare in mille spezzettature di linee, di animarsi per via di sbattimenti d'ombre e di luci, più o meno violenti, d'imprigionarsi misteriosamente in colori caldi e freddi - quantunque la materia ne sia monocroma - ogniqualvolta l'artista sappia calcolare bene il chiaroscuro che è a sua disposizione; di riprodurre, in una parola, gli esseri con tutto il loro ambiente proprio e di farceli rivivere».
Oltre
alle sculture ci sono tre disegni inediti intitolati Figure di spalle che provengono dalla collezione di Angelo Sommaruga, il celebre editore milanese di
fine ’800 che collezionò opere degli Impressionisti. Interessanti le due fotografie
e l’assemblaggio di foto: sin dagli esordi, Rosso realizzò infatti innumerevoli
scatti alle sue sculture, per poi ritagliarli e rielaborarli in fase di stampa
e rifotografarli ancora per ottenere nuovi effetti formali e cromatici.
Quello
che emerge da questa piccola mostra è senza dubbio un artista completo, che non
si limitò solo ad una disciplina come la scultura, ma intraprese anche nuove
strade. Una figura che non smette di stupire per le sue invenzioni, tanto che
si esce con la voglia di ammirare presto una nuova, grande mostra che lo
valorizzi definivamente.
LA MOSTRA
Rosso. Opere scelte
Amedeo
Porro arte moderna e contemporanea
Corso
Monforte 23, Milano
Fino al 29
luglio 2011
Ingresso
libero
http://www.amedeoporroart.it
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