Mi entusiasma Santiago Calatrava
soprattutto quando è poeta e usa la materia per dare corpo alla luce: allora
numeri calcoli e tecnologie avanzate, pur essendo funzionali alle strutture
architettoniche, passano in seconda linea. Ma vediamo questi ponti famosi che
mi sono rimasti nel cuore.
Durante la visita all’Expò di Sevilla, nel 1993, ho avuto la fortuna di
attraversare il Guadalquivir su Puente Alamillo, il primo ponte - scultura di
Calatrava che evoca uno strumento musicale: si presenta infatti come un’arpa della lunghezza di 200 metri, retta da
tredici coppie di tiranti ancorate al pilone di sostegno, che si alza verso
l’alto come per offrirsi alle mani del vento.
Passando a piedi sul ponte, che visto di lato sembra occupare soltanto uno
spazio bidimensionale, si sperimenta la dimensione della sua profondità dentro
una sorta di foresta stilizzata, esaltata dal doppio effetto dinamismo –
contrasto luce-ombra tra la luce catturata dai bianchi tiranti e le ombre
asimmetriche proiettate sul ponte dagli stessi. (v. fig.1) Calatrava è architetto e ingegnere: e persone
esperte in calcoli matematici dicono che la tecnica con cui egli ha realizzato
il ponte ha qualcosa di miracoloso, per l’equilibrio perfetto tra estetica e
funzionalità che raggiunge a livello espressivo, e questa è una mia personale impressione,
l’effetto luce-musica e, in più, il pre-sentimento del volo.
La musica la luce e il volo sono ancora
protagonisti di un’elegantissima triade
musicale di ponti realizzata da Calatrava sul canale Hoofdvart, ad ovest
dell’aeroporto di Amsterdam Shiphol (1999-2004). Qui Calatrava ripete il motivo
dell’Arpa e introduce quello della Lira e del Liuto (i ponti si chiamano così):
raramente elementi costruiti dall’uomo si sono inseriti in modo così naturale
ed elegante nel paesaggio, sia visti insieme da lontano o dall’alto, sia
considerati singolarmente. Oltre che simboli musicali, nel territorio olandese
recuperato nei secoli al mare, i tre ponti potrebbero essere percepiti come
velieri spinti verso ignote destinazioni da un’ala di vento: questa presenza invisibile,
il vento, elemento dinamico evocato e sotteso al curvarsi delle forme nello spazio,
può diventare importante chiave di lettura di ulteriori potenzialità espressive
delle opere di Calatrava. E’ infatti il vento, nell’attimo della percezione visiva, a suggerire vele in movimento, onde che muovono il mare, nuvole che si rincorrono; e, viceversa,
vele, onde e nuvole che si rincorrono che siano naturali o create
dall’immaginazione dell’artista, evocano il vento: e forse è questo
avvicendarsi e intrecciarsi dinamico di elementi naturali e funzionali, a
connotare le opere architettoniche con cui Calatrava ha cercato di dare ali a
varie parti della terra, senza mai contraddire le caratteristiche naturali dei
luoghi. Dovrebbe lavorare più spesso in Italia questo genio del nostro tempo
che risveglia ed esprime con i suoi tentativi di volo, la dialettica tra l’
energia e la materia che convivono in noi.
Come tutti i figli di Spagna il
grande architetto dei ponti a volte è tentato dalla stessa grandezza, il
successo rischia di farlo essere Archistar (un neologismo divertente forgiato
per gli architetti contemporanei che “fanno tendenza”, come, per intenderci, il termine “egospia”
qui in Italia), e allora esagera cadendo proprio come una
stella e come una stella caduta rischia di scomparire, cioè di perdere tutto il suo fascino.
Comunque un Architetto scultore e
poeta come il migliore Calatrava mi fa sentire fiera di essere cittadina di
quell’Europa che, se ancora non è una realtà politica, è già viva e operante
nelle creazioni artistiche di alcuni dei suoi figli votati alla Bellezza, che,
speriamo e crediamo, prima o poi salverà il mondo.
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