E’ molto difficile parlare e definire
il Simbolismo puro e semplice perché la commistione con il Divisionismo, il
Decadentismo e l’Estetismo è innegabile; non ci sono confini netti e distinti,
cosa molto frequente in campo artistico. L’unica cosa certa è che al Simbolismo
viene ricondotta quella corrente di pensiero contrapposta al Realismo e all’
Impressionismo, al Naturalismo e al Positivismo.
La nascita del Simbolismo è legata alla Francia nel momento in cui lo scrittore G. Moréas, nel 1886, su Le Figaro,
pubblica il primo manifesto simbolista, dove afferma che l’arte era “concepita
come espressione concreta e analogica dell’Idea, momento d’incontro e di
fusione tra elementi della percezione sensoriale ed elementi spirituali…”.
L’affermazione di Moréas stravolge il passato e afferma il nuovo concetto di
“poesia pura”, libera da qualunque finalità o da qualsivoglia contenuto
socio-politico-morale. La poesia viene considerata come unico strumento in
grado di capire e cogliere tutto il mistero della realtà; ed è proprio nella
poesia che le suggestioni di parole e simboli sono oggetto di una ispirazione
completamente spontanea e libera di agire, capace di venir fuori dal più
profondo dell’animo.
Parole riconducibili al decadentismo
come filosofia di vita dove sogno, fantasia, immaginazione sono il motore per
le nuove espressioni d’arte simboliste, dove si annida la completa sfiducia
nelle forze della ragione.
Letteratura, musica (ricordiamo Richard Wagner 1813-1883),
arte, tutto viene pervaso dal Simbolismo che viene inteso come una perfetta
sintesi tra spirito e sensi, dove il visibile e l’invisibile si fondono
insieme, dove sogno e vita sono la stessa cosa, dove metafore, sinestesie,
allegorie, analogie, silenzi, sospensioni e spazi bianchi hanno vita e
significato, dove può esistere un uomo diverso dal presente ed estraneo alla realtà,
un uomo al di fuori della “norma”.
Così l’artista simbolista si affida e
si abbandona all’istinto, dove follia, estasi, nevrosi sono le sue dirette
espressioni.
Ricordiamo alcuni artisti francesi, da
Verlaine, Baudelaire, Rimbaud (il poeta maledetto, colui che teorizza “il poeta
veggente”), a Mallarmé e Joris Karl Huysmans, che con il suo À rebours
(Controcorrente) apre all’estetismo, che Oscar Wilde
con Il ritratto di Dorian Gray
farà suo.
In Italia ricordiamo per la
letteratura, Pascoli e D’Annunzio.
Per quanto riguarda l’arte, la mostra
di Padova a Palazzo Zabarella, aperta fino al 12 febbraio 2012, offre una
panoramica del movimento in Italia capace di abbracciare un arco di tempo che
va dagli anni ottanta del XIX secolo fino alla vigilia della prima guerra
mondiale.
Sono state scelte dai curatori otto
sezioni tematiche che, come ricorda Carlo Sisi, curatore insieme a Fernando Mazzocca e a Maria Vittoria Marini
Clarelli, ci aiutano a capire meglio il Simbolismo “…Opere che, nel loro insieme, ricostruiscono l’acceso dibattito sulla
missione dell’arte in anni di decisive mutazioni sociali; ed evocano, nello
stesso tempo, la temperatura sentimentale che aleggiava intorno ai circoli
letterari e filosofici governati da personalità del calibro di Gabriele
D’Annunzio e di Angelo Conti, ai cenacoli musicali devoti a Wagner e impegnati
in esperimenti sonori d’avanguardia, al grande laboratorio delle Esposizioni finalmente
aperto ai movimenti europei e agli artisti, come Klimt e Böcklin, che
diverranno esempi di vita artistica non convenzionale.”
Ricordiamo le otto sezioni:
- Il mistero della maternità: Segantini e Previati all'esposizione di
Milano, 1891
- I protagonisti
- Il paesaggio: il sentimento panico della natura
- Il mistero della vita
- L’abisso (la rappresentazione del mito)
- L’allegoria: eros e thanatos
- La sala del sogno: la Biennale del 1907
- L’immaginario in bianco e nero
La Triennale di Brera del 1891 apre l'itinerario della
mostra che presenta Il mistero della maternità con Le due madri
di Giovanni Segantini e Maternità di Gaetano Previati, due forme
pittoriche che coniugano Divisionismo e Simbolismo. La visione dei due quadri
pone l’accento sulla figura materna e di riflesso sulla donna, vista come madre
accogliente e accudente; sono madri diverse ma uguali nello spirito e nella
missione. Quella di Segantini più legata a un mondo rurale, dove una giovane
madre addormentata col piccolo in braccio viene ritratta accanto alla mucca e
al suo vitellino appena nato, mentre quella di Previati è una Maria che allatta
il piccolo in uno scenario campestre, circondata da angeli dormienti in
un’atmosfera rarefatta.
Ma, come si vedrà più avanti, la figura femminile
viene vista, da alcuni artisti simbolisti, anche come la donna tentatrice e
portatrice di peccato, vampira, arcigna, capace di sottomettere gli uomini, di
poterli dominare con le sue arti ammaliatrici. Ritroviamo un po’ tutto questo
nella sezione L’allegoria: eros e
thanatos. Nel quadro Giuditta-Salomè
di Gustav Klimt appare una donna dallo sguardo felino, con una grande massa di
capelli corvini, che ha seni scoperti e mani adunche, mentre ne Il Peccato di Franz von Stuck i colori
funerei simboleggiano una donna mortifera e crudele associata all’immagine di
un serpente. Nella Cleopatra di
Gaetano Previati la donna nuda, rappresentata in posa lasciva e svenevole, la
testa reclinata all’indietro, con l’aspide accanto al seno, sembra godere prima
di dover morire. Due immagini della donna: santa o tentatrice diabolica.
La sezione de I protagonisti è ricca di una serie di ritratti o autoritratti da
quelli di Gaetano Previati, Alberto Martini, a quelli di von Stuck, Giuseppe
Pellizza da Volpedo, Giulio Aristide Sartorio, Luigi De Servi, Galileo Chini.
Si passa poi alla terza sezione, dove
la famosa frase di Henry-Frédéric Amiel: "Un paesaggio è uno stato
dell'anima" ci introduce al sentimento panico della natura. Qui troviamo
soprattutto Il paesaggio nei suoi
diversi aspetti: la nebbia, i bagliori notturni, la variabilità atmosferica,
tutti pervasi da luce rarefatta e colori tenui o macchie intense, forti. Quindi
il paesaggio, nel simbolismo, viene inteso come quel misterioso legame che fa
leva sull’animo umano e lo porta a più alte vette o alla conoscenza dei più
intimi turbamenti psicologici. Ricordiamo Luna
di Mario de Maria, S’avanza di Angelo Morbelli, Il laghetto dei salici di Guido Marussig, l'Isola dei morti
di Otto Vermehren, il Mare di nebbia
di Vittore Grubicy, La neve di
Pellizza da Volpedo e il Notturno di
Plinio Nomellini.
Mentre Il mistero della vita è il soggetto della successiva sezione. Sono state
scelte le rappresentazioni di azioni quotidiane: La processione di Giuseppe Pellizza da Volpedo, Le gioie materne di Giovanni
Sottocornola: davanti ad una finestra bianca, quasi accecante, madre e figlia
in controluce si danno un bacio: la madre l’ha presa in braccio e la solleva da
terra. Una scena dove la figura femminile viene riproposta di nuovo come fonte
di vita e amore eterno. Il tema della vecchiaia viene proposto da Felice
Casorati con Le vecchie, dove un
gruppetto di donne anziane con il viso scavato, capelli bianchi, alcune col
bastone, sono dipinte sullo sfondo di una paesaggio, forse al ritorno da una
passeggiata per i campi. Il tema della malattia, del dolore, della morte, in
attesa di un aldilà dove ci sarà una ripresa vitale, è splendidamente racchiuso
nel ritratto Petalo di rosa dove
Giuseppe Segantini ritrae la sua compagna Bice Bugatti, malata di tisi. Il
contrasto tra i guanciali bianchi dove poggia la sua testa, dallo sguardo fisso
e malinconico e le guance infiammate, rosse dalla febbre alta, ci lascia la
speranza di una possibile guarigione, come se il mistero della vita fosse
ancora aperto. Un’azione più rilassante, data dal cucire è presente con Umberto
Boccioni La sorella che lavora,
mentre la Partenza mattutina di Luigi
Selvatico, un bellissimo quadro, di un blu notte scuro ma lucido, dove in una
stazione ferroviaria due figure stanche, ancora assonnate, sono riprese
nell’attesa del convoglio.
Angelo Conti (1860-1930), critico
d'arte e studioso di storia delle religioni e di misticismo, affermava che la natura, anche nelle sue calme
apparenze, era " tutta uno spasimo, e l’occhio dell’artista è l’occhio
limpido in cui le cose si riflettono senza velo”. Da qui parte da sezione
dedicata a L’abisso, la rappresentazione
del mito che, partendo dalla estraneità del reale, si avvicina al mito
attraverso la sua visitazione con quadri carichi di sensualità come Il sogno di Umberto Boccioni e Il sogno
di Gaetano Previati. Ricordiamo anche il quadro di Giulio Aristide Sartorio La Sirena di ispirazione preraffaellita.
Il percorso prosegue con la Sala del Sogno, un’”oasi di purezza” dove alla Biennale di Venezia
del 1907, trovarono posto le tele Gl’insorti
di Plinio Nomellini, Nel sonno di
Alberto Martini e Salice piangente di
Guido Marussig. Realizzazioni diverse, ma tutte riconducibili alla produzione
della generazione simbolista, che crea una sorta di atmosfera scenografica,
dove spiritualità, sogno, stati d’animo e fantasia si coniugano perfettamente.
E' nella sezione dedicata a L’immaginario in bianco e nero che troviamo invece una produzione
soprattutto grafica, comprendente figure ideali, fantasie macabre, l’orrido ai
confini con l’esoterico e il mistero, come lo sono i fogli di Alberto Martini,
di Romolo Romani, di Giovanni Costetti. Segnaliamo del giovane Ottone Rosai La cattedrale, un’acquaforte e
acquatinta e di Gino Barbieri Le Buone e
le cattive idee (Lussuria) che confermano l'idea che solo attraverso il
disegno si riesca a proteggere, a salvare la spiritualità della visione dalla
parte peggiore della nostra quotidiana esperienza.
Molti altri artisti sono presenti in mostra tra cui
Luigi Rossi, Nino Costa, Luigi Selvatico, Ettore Tito, Adolfo De Carolis ed
altri ancora.
L’impressione avuta è stata quella di una mostra che
ha cercato di portare il visitatore ad avere un’ampia conoscenza del Simbolismo
in Italia e di raccordare quel lungo periodo che va da L’isola dei morti di Otto Vermehren Gustrow del 1861 fino al 1918
con Madonna con Bambino di Pietro
Canonica, un periodo, a cavallo tra l’ Ottocento e il Novecento, ricco di
fermenti che avrebbe portato molti cambiamenti negli anni a seguire.
LA MOSTRA
Il Simbolismo in Italia
Padova, Palazzo Zabarella, Via degli Zabarella, 14 -
Padova
1 ottobre 2011 - 12 febbraio 2012
Mostra promossa
da: Fondazione Bano, Fondazione
Antonveneta
In collaborazione
con: Galleria Nazionale d'Arte
Moderna, Roma
Galleria d'Arte Moderna, Milano
Informazioni e
prenotazioni: tel.
049.8753100, info@palazzozabarella.it
www.palazzozabarella.it
Orario mostra: Tutti i giorni 9.30 - 19.00 (la biglietteria chiude 45
minuti prima).
Chiuso il lunedì non festivo
Biglietti: intero euro 10.00; ridotto speciale euro 8.00; ridotto
di legge euro 5.00; gratuito per bambini sotto i 6 anni, giornalisti con
tesserino e visitatori diversamente abili (con più del 50% di invalidità)
Prenotazione: euro 1.00 a persona (obbligatoria per gruppi e
scolaresche)
Visite guidate: gruppi euro 110.00; scolaresche euro 50.00
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