Non comprendiamo il perché gli organizzatori non abbiano avuto fiducia in una così bella mostra ed abbiano
voluto co-titolare la preziosa rassegna, che si è recentemente aperta alle Scuderie del Quirinale, anche al più famoso pittore, maestro, amico e rivale, Sandro Botticelli ! Ci domandiamo se
questo tentativo di “risarcimento”, dopo anni di oblio, di un così valevole artista
del Rinascimento, Filippino Lippi, non cominci con un ingiusto torto.
Tanto precisato, l’esposizione
si preannuncia come una delle più belle dell’autunno romano: si rende omaggio
ad un maestro che è stato molto ammirato dai suoi contemporanei fino a tutto il
‘700. Artista prediletto da Lorenzo il Magnifico, è raccomandato al potente
cardinale Oliviero Carafa per affrescare la sua cappella in Santa Maria sopra Minerva a Roma (della quale caldeggiamo la visita); di lui il
Vasari dice: “Pittore di bellissimo ingegno e di vaghissima invenzione [……..].
Onde fu meravigliosa cosa a vedere gli strani capricci che egli espresse nella
pittura…..”. Con il XIX secolo e
l’affermarsi del gusto preraffaellita, l’apprezzamento viene meno e il Lippi è
relegato nel “cassetto dei reietti”, di coloro, cioè, che non rappresentano il
gusto classico dei primitivi, come il suo maestro Botticelli. A lungo ignorato
e dimenticato, inizialmente tacciato di bizzarria dal Berenson, alla
metà degli anni Trenta del Novecento, con un’opera fondamentale (Fra Angelico, Fra Filippo e la cronologia,
1932-33), è lo stesso storico a guidare la riscoperta critica del Lippi,
riconoscendo il valore dei suoi interventi all’interno della Cappella Brancacci a Firenze.
La mostra, curata da Alessandro
Cecchi, direttore della Galleria Palatina
di Firenze, presenta l’artista in sei sezioni, organizzate cronologicamente. Non
si tratta di una mera antologica del pittore, piuttosto si assiste al felice
tentativo di ricomporre l’originalissima personalità del Lippi e, contestualmente,
determinare la humus culturale, che
caratterizzava la città di Firenze nella seconda metà del XV secolo, entro cui
il pittore si muoveva. Ogni sezione è corredata da pochi, ma decisivi,
documenti, densi di significato, che calano il visitatore nella temperie
culturale della stessa, confronti inediti si articolano lungo le pareti delle Scuderie e disegni preziosissimi arricchiscono e aiutano la comprensione della figura dell’artista.
La prima sezione si apre con un’opera
raffinatissima, Madonna con bambino e
storie di S. Anna (fig. 1, 1452-53, Galleria Palatina, Firenze), realizzata
dal padre, Filippo Lippi, monaco carmelitano, e pittore di talento. Un tondo,
di destinazione domestica, che mostra in maniera indiscussa le doti migliori di
Filippo Lippi; nel quadro si ravvede invenzione d’impostazione e sintesi
narrativa autonoma associate ad una scioltezza del disegno, accompagnata, però,
da concretezza della forma. Su tutte queste qualità medita il figlio,
Filippino, che saprà farle proprie arricchendole di un inedito dinamismo reso
da una linea vibrante, all’interno di un contesto di profonda conoscenza
umanistica d’ispirazione classica. Si noti, inoltre, che il dipinto è esposto
per la prima volta in modo da poter osservare anche il disegno del verso ! Nella medesima sala si espone la
denuncia anonima di un frate che ha avuto un figlio con una monaca.
Filippino, dunque, unico caso
nella storia di figlio d’arte che abbia saputo eguagliare e sotto certi punti
di vista anche superare un padre talentuoso e famoso, apprende i primi
rudimenti con il papà, purtroppo, però, rimane orfano a soli 12 anni e va a
bottega dal Botticelli.
La seconda sezione racconta
proprio l’esperienza vissuta dal Lippi, tra il 1472 e il 1478, presso il maestro
fiorentino. È delineato l’iter percorso da Filippino da garzone a
collega in partnership del più
anziano. Lo stile assunto è molto vicino
a quello del Botticelli, tanto che, per un certo periodo, si è scritto di un
fantomatico “amico di Sandro”, successivamente identificato dal Berenson con il
nostro. Segnaliamo la Madonna adorante il
bambino (fig. 2, 1478, Galleria degli Uffizi, Firenze), che è anche
l’emblema della mostra. Il dipinto è di una tale e semplice bellezza da non richiedere
altre parole. Suggeriamo di soffermarsi
su un quadro, poco noto, del Botticelli, La
Derelitta o Mardocheo piange davanti alla porta del palazzo reale
(Collezione Pallavicini, Roma), la cui
collocazione non lascia troppe possibilità di visione. Si tratta di una
tavola decorante un cassone, di straordinaria potenza evocativa e semplicità.
Un’opera quasi novecentesca che ricorda le atmosfere metafisiche di de Chirico.
Infine, consigliamo di osservare le due Adorazione
dei Magi, e le sottili differenze interpretative e tecniche che i due
artisti hanno dato. Il confronto è necessario per rendere giustizia all’allievo,
vero alter ego del maestro, affinchè
nessuno dubiti più della sua grandezza e totale indipendenza artistica.
La terza sezione riguarda la
prima attività indipendente del Lippi, svolta sotto la protezione di Lorenzo il
Magnifico. Filippino si muove a fatica a Firenze, dove vive il suo momento
d’oro Botticelli, per lui non c’è spazio e ricovera prima a Prato, poi a San
Giminiano, quindi a Lucca.
L’Apparizione della Vergine a San Bernardo (fig. 3, 1484-85, Badia
Fiorentina, Firenze) è un capolavoro pittorico dall’inedita costruzione iconografica,
si noti l’immediatezza del segno capace di rendere affetti ed emozioni nonchè
il turbamento per l’apparizione di Maria al Santo.
La quarta sezione espone il
periodo sotto la protezione di Filippo Strozzi (1483/1502). Grande committente che
ha avuto un peso importantissimo su Filippino, per lo Strozzi, infatti,
affresca l’omonima Cappella in Santa Maria Novella a Firenze. Purtroppo
la vicenda politica del mecenate (è esiliato nel 1502 e al suo ritorno adotta,
per dirlo in termini moderni, un low
profile) condiziona anche la vita dell’artista. A questo periodo appartine
l’eccezionale prestito, restaurato per l’occasione grazie all’organizzazione Friends of Florence,
della Madonna Strozzi (fig. 4, 1483-84,
Metropolitan Museum of Art, New
York), bellissimo dipinto la cui vicenda ancora non è stata pienamente
ricostruita.
La quinta sezione riguarda il
periodo romano (1488-1493), forse il più importante della parabola artistica
del maestro, segnato dall’importantissima commissione per il cardinale
protettore dei domenicani Oliviero Carafa. L’esperienza nell’Urbe rimane fondamentale per Filippino
che ha portato il suo modo di dipingere ad una svolta fondamentale. La
decorazione pittorica della Cappella,
infatti, è da mettere in relazione alle contemporanee vicende artistiche romane,
tra le quali, mi sento di dire, va almeno ricordata la presenza di Andrea
Mantegna. Il Lippi studia e medita sulla classicità, disegna, quasi
ossessivamente motivi tratti dal repertorio antico in via di riscoperta, e la
propone, con un’interpretazione assolutamente autonoma, nelle sue opere. Si
veda la tavola raffigurante Madonna con
Bambino e Santi (1493-95, Chiesa S. Spirito, Firenze), l’unica opera
dell’artista ancora nella sua sede originaria, caratterizzata da una qualità
altissima sia dal punto di vista della costruzione disegnativa che nel colorito.
L’ultima sezione illustra la
tarda attività del maestro: pitture di devozione e fantasie mitologiche
testimoniano il momento in cui Filippino, approfittando della crisi di
Botticelli che, colpito dalla predicazione savonaroliana, si chiude in se
stesso, raggiunge il suo momento di massima popolarità. La versatilità che
dimostra, accontentando le più varie committenze, giustificano ampiamente la
fama raggiunta. Lavora con passione alle pitture mitologiche per il Magnifico e
la cerchia neoplatonica, quindi passa con autentica disinvoltura ai soggetti
religiosi e pietistici della nuova committenza “piagnona”.
Infine, segnaliamo il corposo e
raffinato corpus di disegni su carte
preparate e colorate, veri e propri capolavori a se stanti, che affiancano
molte delle opere in mostra.
L’esposizione, dunque, testimonia
i 34 anni di proficua e indefessa attività del maestro che seppe mantenere
costantemente, come pochi altri hanno saputo fare, l’altissima qualità
pittorica che si osserva nelle tutte le sue opere.
Il catalogo
A cura di Alessandro Cecchi ed
edito da 24 Ore Cultura, con
copertina rigida il catalogo si configura come un necessario aggiornamento alla
non più recente monografia, realizzata dai due studiosi Patrizia Zambrano e
Jonathan K. Nelson.
La corposa parte iniziale, le
prime 67 pagine, si compone di interessanti e pregevoli saggi di studiosi del
maestro: il Cecchi, i due autori della monografia appena citata, e Cristina
Acidini. Attraverso i cinque fondamentali scritti di approfondimento si
ricostruiscono i 34 anni di attività pittorica, con particolare riferimento ai
tre cicli pittorici di cui si è occupato nell’arco della sua vita il Lippi: la Cappella Brancacci al Carmine, lasciata
incompiuta da Masaccio e Masolino; la Cappella
Carafa alla Minerva; la Cappella Strozzi in Santa Maria Novella.
Nelle successive 150 pagine si
svolge il catalogo delle opere vero e proprio; si ricalcano pedissequamente le
sei sezioni della mostra. Schede di catalogo redatte con dovizia commentano i
lavori che costituiscono la rassegna. L’impostazione delle cartelle del catalogo
è quella classica (autore, titolo, datazione, supporto, dimensioni, luogo di
conservazione, scritte o firme, restauri (se ci sono stati), bibliografia e
analisi storica, iconografica, attributiva dell’opera), la rilevanza consta nel
nutrito e aggiornato esame dei dipinti, svolto in parte direttamente dagli
storici autori dei saggi e in parte da ricercatori e/o assistenti.
Un ricchissimo corredo
fotografico, costituito da immagini delle opere e dei relativi particolari,
svolti, nella maggior parte dei casi, a piena pagina e a colori, affianca le note di catalogo
Infine, alcuni apparati di studio
completano l’opera: un’appendice documentaria, un’aggiornatissima bibliografia
e le fondamentali, per gli addetti ai lavori, referenze fotografiche.
NOTE
LA MOSTRA
Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del '400
Scuderie del Quirinale,
Roma
Dal 5 ottobre 2011 al 15 gennaio
2012
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