Aboca museum, in collaborazione
con la Bibioteca Nazionale
Centrale di Roma, ha presentato la riproduzione facsimilare dello splendido
florilegio Hortus amoenissimus del
celebre pittore olandese del Seicento barocco: Franciscus De Geest (1638-1699).
L’Hortus amoenissimus edito
da Aboca è una raccolta di 201 disegni originali, splendidamente colorati con
tecnica mista, testimonianza della varietà di piante da fiore coltivate nei
giardini botanici dell’epoca e delle ricche collezioni dei tanto ricercati
tulipani d’Oriente.
L’opera è inoltre accompagnata da
un Commentario di 96 pagine.
La riproduzione è fedele nei
colori e riesce a riportare sulla pagina la freschezza dei disegni e la
vivacità delle tinte.
L’originale è conservato presso la Biblioteca Nazionale
Centrale di Roma (manoscritto Varia 291) ed è datato Leeuwarden 1668 ed è
introdotto da una suggestiva tavola di presentazione.
Come ci spiega il Dott. Duilio
Contin, specialista nella valorizzazione di Beni Culturali Artistici e Librari,
Storico del libro nonché Direttore della Biblioteca Antiqua di Aboca Museum, si
hanno poche informazioni biografiche sul del De Geest. L’artista, figlio di un più
noto pittore ritrattista Wybrand De Geest (1592- 1661) compare talvolta in
merito a qualche suo quadro o ritratto, ma ciò per cui è maggiormente noto sono
i suoi due erbari, due florilegi: uno conservato negli Stati Uniti e uno nella
Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.
Sono opere della stessa mano con
i medesimi fiori e colori; entrambe autografe a testimonianza del culto del fiore nel
Seicento.
La differenza tra i due
manoscritti risiede nel numero delle tavole rappresentate e nel tipo di
supporto utilizzato per dipingere: 200 tavole in quello di Roma, realizzato su
carta, e 100 tavole su pergamena per l’opera in America, che presenta dei
coloro leggermente più intensi.
Durante gli anni solo la
copertina ha subito un intervento di restauro, mentre per quanto riguarda la
parte testuale e le tavole si nota che i colori hanno tenuto benissimo:
scorrendo le 200 pagine ogni pagina sembra
essere un quadro.
Le osservazione sulla tecnica
esecutiva dell’artista derivano da questo manoscritto: amante delle piante
(cura molto la fitografia) e della riproduzione dal vero, egli disegna
tratteggi a matita in bianco e in nero per rendere la tridimensionalità,
utilizzando una matita scura poco visibile,
che si confonde con i rami, con le parti forti della pianta.
A questo si aggiunge il colore,
che è ciò che emoziona. Il colore è superiore al tratto e il pittore viene
fuori per questo.
Dagli studi del florilegio,
infatti, emerge che la tecnica pittorica è mista: tempera ed olio.
I colori sono naturali: pigmenti
vegetali e minerali, molte miscele e un lavoro attento sui verdi e sulle
sfumature per rendere il tratto (specialmente sulle foglie) molto
tridimensionale.
Sfortunatamente poco altro è
stato possibile riferire in merito alla tecnica, in quanto sarebbe necessaria,
ma troppo rischiosa, un’indagine invasiva sul manoscritto per evidenziarne
meglio le peculiarità.
Ciò che appare certo è che
Franciscus De Geest si inserisce nella tradizione dei maestri fiamminghi tardo
medioevali e del Rinascimento, rifacendosi allo stile di Margareta De Heer
(1600-1665), sua possibile maestra, e Abraham De Lust (pittore attivo tra il
1650-1659).
Ciò che distingue questo
manoscritto dagli altri florilegi è la presenza di 2 frontespizȋ: uno testuale
che recita «questo bel florilegio è stato
eseguito da Franciscus De Geest che si è dato molto da fare …» e che ci
lascia intuire che è stato redatto da un suo contemporaneo, forse un collaboratore,
e un secondo frontespizio: una tavola dipinta ad olio che è una dedica a Flora.
Sopra alla figura di Flora aleggia la dea Fama con la tromba della diffusione
che enuncia ai 4 venti che il pittore Franciscus de Geest ha eseguito questo
florilegio. In basso vediamo la figura del pittore che offre alla dea flora il
manoscritto aperto alla pagina del tulipano “Semper Augustus” il più bello e tanto ricercato a tal punto che tre
dei suoi bulbi potevano valere 30.000 fiorini, quasi il prezzo di una casa
sulla riva di un canale ad Amsterdam.
Questa particolare attenzione
verso i tulipani e la scelta di inserirli nel frontespizio a rappresentanza di
tutti gli altri fiori, ci fa intuire che i tulipani siano la parte principale
di questo libro, nonostante poi vi inserisca molte altre specie di piante.
Nel florilegio, infatti, compare
un’altissima percentuale di tulipani rappresentati: 70 diverse tipologie su un
totale di 700 piante.
Probabilmente l’interesse per
questo fiore deriva dai retaggi della Tulipo-mania scoppiata nel 1637 e ancora
presente nell’Olanda del 1668.
I pittori del tempo venivano
assoldati da ”vivaisti” coltivatori di tulipani che in questa maniera
preparavano dei cataloghi (4 o 5) di 20, 30 pagine, preparando sulla pagina 6
specie diverse di tulipani recisi (veniva presentata solo la parte superiore) con
colori differenti per pagina. Testimonianze, queste, nel tempo perse, distrutte
o vendute.
Tuttavia è certo che in questo
periodo i fiamminghi dipingono piante e c’è il culto del fiore. Tulipani e
altre piante però non si fermano al territorio olandese, sono anche d’importazione:
dall’Arabia, Medio Oriente in particolare, e dall’America.
Storia del manoscritto.
Il manoscritto ha una storia
molto interessante per quanto riguarda la sua provenienza.
Esso, infatti, viene dalla
collezione Valenti Gonzaga ed è confluito alla Casa Professa del Gesù e, nel 1873 a seguito della legge
sulla soppressione delle corporazioni religiose, è passato alla Biblioteca
Nazionale di Roma.
Lo studio sul florilegio condotto
dalla Dott.ssa Margherita Breccia Fratadocchi, responsabile della sala
manoscritti e rari della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ha potuto confermarne la provenienza dalla
biblioteca Valenti Gonzaga sulla base del rinvenimento di un catalogo ancora
sconosciuto della stessa che elenca tra le sue opere proprio il manoscritto di
Franciscus De Geest.
Un’ulteriore conferma della sua
provenienza Valenti Gonzaga è data da un catalogo che si trova alla Curia
Generalizia dei Gesuiti, che è il catalogo di Luigi Valenti Gonzaga (Nipote di
Silvio Valenti Gonzaga e nunzio apostolico nelle Fiandre) che probabilmente è
stato colui che in Olanda è venuto in
possesso di questo manoscritto volendolo acquisire.
Va segnalato inoltre che Silvio Valenti
Gonzaga è stato un grande bibliofilo, amante della cultura e dell’arte.
A dimostrazione della sua indole
da mecenate, si può vedere in un grande quadro di Giovanni Paolo Pannini (1691-
1765) la sua galleria d’arte con libri, stampe e manoscritti che lui amava
raccogliere.
Per questo motivo Silvio Valenti
Gonzaga fece edificare una Villa vicino all’attuale Biblioteca Nazionale: La Villa Valenti Gonzaga per
raccogliere questa grandissima collezione che volle poi che confluisse alla
Casa Professa del Gesù.
Ricostruita la storia degli
spostamenti del manoscritto possiamo sostenere che i manoscritti siano essi
stessi dei grandi viaggiatori, e infatti anche l’hortus amoenissimus ha viaggiato dall’Olanda a Roma, passando da
una collezione all’altra fino ad arrivare alla Biblioteca Nazionale Centrale di
Roma.
Attualmente l’originale è
consultabile con determinate regole come tutti i manoscritti antichi perché è
materiale prezioso e si trova nel Fondo Varia 291 della Biblioteca.
Disponendo ora del facsimile del
florilegio, la Biblioteca
concederà maggiormente in consultazione questa copia per preservare la tutela
del manoscritto stesso.
La sinergia tra Aboca Museum e la Biblioteca Nazionale
Centrale di Roma.
La riproduzione facsimilare nasce
da una collaborazione con Aboca iniziata nel 2007 quando la Biblioteca Nazionale
Centrale di Roma ha organizzato la mostra Erbe
speziali: laboratori della salute e Aboca, in quell’occasione, ne ha curato
il catalogo.
A seguito di quest’incontro Aboca
è venuta a conoscenza di questo florilegio perché era esposto in mostra e si è
appassionata.
La realizzazione del facsimilare
è stata possibile grazie al lavoro di tanti specialisti: fotografi
specializzati in macro e micro fotografia a seconda dei casi; tecnici del
colore che sanno dosare il colore confrontandolo dal vero, perché non sempre la
foto propone la stessa cromia, un’accurata scelta della carta per renderla il
più fedele possibile all’originale che sostenga quei colori, e il mantenimento
dell’equilibrio tra i vari artigiani per riuscire a tirar fuori un prodotto al 95% comune all’originale.
Inoltre è stato eseguito
commentario scientifico storico con esperti che hanno parlato del libro. Questo
ha rappresentato una novità perché mai era stato condotto un lavoro del genere.
Solamente nel 1950 – 90 erano apparsi degli articoli che avevano parlato del
florilegio, mentre adesso è stato esaminato interamente.
Gli obbiettivi che hanno spinto
Aboca a collaborare con la Biblioteca
Centrale per questa realizzazione sono stati essenzialmente
due: rendere fruibile l’opera al pubblico, che oggi può consultare il
facsimilare nella Biblioteca permettendone, con un numero di 500-600 copie, la
distribuzione, laddove finora è stata un’opera intoccabile perché troppo
delicata; e consentire ad Aboca di avere un erbario artistico in più nella sua
collezione botanica.
Come spiega Osvaldo Avallone,
direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, la realizzazione di
questo manoscritto facsimilare è una prova di coraggio, nella speranza di poter
dare dimostrazione di cosa il nostro paese può affermare in Europa: la
possibilità di mostrare a tutti qualcosa che fin’ora solo in pochi hanno potuto
ammirare.
Come il gatto è stato creato per
procurare all'uomo la gioia di accarezzare la tigre (Joseph Mery), il
facsimilare del florilegio di Franciscus De Geest dona a tutti la possibilità
di vederne l’originale splendore.
|