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A Roma come a New York l'Avanguardia americana:capolavori dal Guggenheim (1945/1980)  
Giorgia Duò
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 13 Marzo 2012, n. 645
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Si sta svolgento in questi giorni a Roma una mostra importante, quanto, per certi versi, inedita: sessanta capolavori, dalla collezione permantente della Solomon R. Guggenheim Foundation (New York), rappresentano per Noi, che di arte si può dire “sappiamo”, un’occasione imperdibile per approfondire un momento storico-artistico ancora poco conosciuto al grande pubblico italiano, abituato ad espressioni artistiche affatto diverse rispetto a quelle che si possono visitare fino al 6 maggio prossimo presso il Palazzo delle Esposizioni.

Una bella opportunità, 50 artisti (Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Arshile Gorky, Alexander Calder, Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Richard Serra ......) ed altrettante opere presentano i fondamentali passaggi del “fare arte” statunitense a partire dal secondo dopoguerra fino agli anni Ottanta del secolo passato. Parallelamente il percorso espositivo illustra il ruolo catalizzatore e propulsivo avuto dalla Fondazione Guggenheim, fondata nel 1937, nell’ambito dello sviluppo e dell’evoluzione dell’arte contemporanea americana. Un unico viaggio due declinazioni: storia artistica statunitense, ovvero storia dell’istituzione culturale, che, nel panorama mondiale, rappresenta un primato.

La rassegna, a cura di Lauren Hinkson, si apre con il “racconto” dell’affermarsi dell’Espressionismo Astratto, come superamento della pittura degli anni Trenta improntanta al Realismo Sociale. Nelle prime due sale si dispiegano esperienze artistiche, assolutamente diverse tra loro, che hanno fatto di New York la capitale dell’avanguardia artistica. Si delinea altresì il compito svolto dal Guggenheim, al contempo vetrina statunitense della pittura astratta europea e centro internazionale di riferimento per l’arte contemporanea. La Galleria-Museo  “Art of this Century”, fondata nel 1942, dalla nipote di Solomon Guggenheim, Peggy, è uno dei pochi centri ad esporre arte contemporanea in quel periodo, attorno ad essa si sviluppa un vivace cenacolo di artisti, costituito da fuoriusciti eurropei, sfuggiti al nazismo, e giovani americani entusiasti di fare nuove esperienze, che prende il nome di New York School.

Segnaliamo Circumcision di Pollock (1946, Peggy Guggenheim Collection, Venezia), opera fortemente dinamica, caratterizzata da moti vorticosi, sviluppati in ogni direzione, che fanno da corona alla piccola figura ammantata ravvisabile al centro dell’opera. Suggeriamo anche di soffermarsi qualche istanti sul bellissimo Jamais di Clyfford Still (1944, Peggy Guggenheim Collection, Venezia), opera estremamente raffinata ed intensamente evocativa.

Nella seconda sala, la tela astratta Untitled di Rothko (1947, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, fig. 1), per la forte spiritualità che trasuda, merita sicuramente la nostra attenzione. Invitiamo anche a godere del “piccolo” quadro di Pollock, Number 18 (1950, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, fig. 2), caratterizzato dal suo tipico dripping, espressione diretta della soggettività dell’artista, nonché della spontanea improvvisazione generatrice.

La terza sala presenta le nuove tendenze artistiche che tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta si affermano a New York, dopo il trasferimento di Peggy in Europa. La Hard Edge o post pittorica mostra un progressivo e radicale abbandono dell’immediatezza della forza gestuale dell’arte espressiva di Pollok o di de Kooning a vantaggio di una ricerca incentrata sui valori fondamentali della pittura, quali linee, superfici, forme della tela, colore e campiture. L’impulso della spinta espressionista della scuola di New York si esaurisce e la logica del sistema preordinato guida il processo creativo degli artisti: precisione e nettezza geometrica ricoprono le tele bidimensionali, private della ricchezza estetica tipica della New York School. Il vocabolario è ridotto all’essenziale, l’opera è concepita per essere vista nel contesto architettonico occupato, l’artista manipola l’attenzione dell’osservatore che risulta proiettata verso l’esterno del manufatto. Significativo esempio Harran II  di Frank Stella (1967, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, fig. 3), dove l’uso di colori puri e dell’ordine rigoroso rende l’opera espressione autentica ed essenziale della logica che attende al processo creativo.

Gli anni Sessanta sono caratterizzati da una fase di crescita economico-sociale importante, la cultura del consumo si diffonde e influenza altresì l’operare artistico del momento che, in risposta alla crescente commercializzazione che permea la quotidianità, usa le immagini di quella cultura di massa, mutuate dalla cartellonistica, dalle riviste, dai fumetti, dalla pubblicità, dal cinema e dalla televisione, parodiando i processi industriali che ne determinano il forte successo. Si sperimentano nuove tecniche di produzione artistica, grazie alle quali si “celebrano” con sfrontata e sferzante critica i miti della nascente società dei consumi. La mostra del 1963 “Six painters and the object” curata da Lawrence Alloway, critico e curatore del Guggenheim, costituisce il momento di legittimazione della  nuova arte Pop. La Barge di Rauchenberg (1962-1963, Solomon R. Guggenheim Museum, New York), opera serigrafica, in cui l’artista, operando direttamente su di una tela lunga ben 10 metri, trasferisce una serie di immagini fotografiche, tra cui anche dipinti di maestri rinascimentali, e brani di prosa, combinati con ampie strisce di pittura colata, è l’emblema di questa nuova tendenza. Si tratta di un vero capolavoro visuale, caratterizzato da intensità e dinamismo.

Sculture minimaliste sono esposte nella quinta sala; in aperta rottura con le sperimentazioni precedenti, e la connessa estetica, la corrente minimalista predilige forme geometriche elementari realizzate con materiali industriali sui quali l’artista deve lasciare tracce minime. Lo sguardo e il sentimento dell’osservatore, in rapporto all’oggetto artistico, all’interno dello spazio espositivo, diventano centrali. Donald Judd progetta cubi e volumi quadrangolari accuratamente rifiniti e ne commissiona la realizzazione a produttori industriali, questi oggetti, specific objects, sono poi organizzati in configurazioni seriali che non hanno più nulla delle tradizionali composizioni artistiche. Tutto si riduce all’essenziale e all’incontro dello spettatore con l’oggetto prodotto.

Si introduce la figura del conte Giuseppe Panza di Biumo, varesotto, nella cui residenza raccoglie una delle più importanti raccolte d’arte di pittura e scultura minimalista, post-minimalista e di arte concettuale. Tra il 1991 e il 1992, attraverso donazioni ed acquisti, il Guggenheim entra in possesso delle 389 opere della collezione Panza e qui presenta alcuni esemplari.

La penultima sala mostra esempi di arte post-minimalista e di arte concettuale. Si tratta di opere provocatorie, come critica implicita al sistema dell’arte tradizionale e alle istituzioni che espongono (Musei e Gallerie); l’arte deve esistere solo come idea immateriale, si realizzano, quindi, manufatti di carattere effimero destinati a perire e/o alterarsi nel tempo. Al fine di perseguire una sorta di complementarietà tra il momento della produzione e quello della fruizione, gli artisti adottano di preferenza mezzi espressivi nuovi e materiali non strettamente legati al mondo artistico. In questo modo la responsabilità della realizzazione dell’opera passa direttamente al pubblico e alle sue azioni. Si percorra l’invitante, dal punto di vista fisico e psicologico, Live-Taped Video Corridor di Bruce Nauman (1970, Solomon R. Guggenheim Museum, New York). L’opera artistica non è la mera struttura lignea, bensì il concetto di percorribilità che la permea. Quando il visitatore impegna lo spazio del corridoio e si vede mentre cammina, realizza materialmente l’opera pensata e voluta dal Nauman. Questa interattività sconfina evidentemente nella performance.

Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta si sviluppa la pittura fotorealista. L’ultima sala della rassegna documenta come il Guggenheim abbia fin da subito promosso una politica di acquisizione di opere appartenenti a questo genere. Per gli artisti la fotografia è il medium principe affinché si registrino tutte le informazioni che saranno successivamente trasportate con virtuosismo ed estrema precisione su tela. Sono opere i cui soggetti ricordano quelli della Pop Art, la resa, però, indica un distacco emotivo totalmente nuovo. Dell’atteggiamento dissacratorio, della spontaneità e dell’emotività degli artisti pop non rimane nulla, si persegue piuttosto un’obiettività assoluta a vantaggio dell’idea di verosimiglianza. La Gum Ball No. 10:”Sugar Daddy” di Charles Bell (1975, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, fig. 4) è una ripresa fedelissima del soggetto ritratto, si noti, infatti, il virtuosismo nel rendere la luce riflessa sulla superficie convessa del distributore di gomme.

 

Una serie di iniziative culturali fanno da cornice alla mostra:

  • 7 incontri-lezioni sull’arte americana;
  • un percorso nell’America cinematografica, 15 film restituiscono un ritratto del periodo storico interessato;
  • letture guidate di singole opere offerte secondo un calendario scadenzato;
  • laboratori d’arte per bambini e ragazzi.

 

 

 

LA MOSTRA
Il Guggenheim. L'avanguardia americana 1945–1980
7 febbraio - 6 maggio 2012
Palazzo delle Esposizioni, Roma
http://www.palazzoesposizioni.it

 

 

Catalogo
Il Guggenheim. L'Avanguardia americana 1945-1980 (a cura di Lauren Hinkson), 2012
28 x 30 cm, 140 pagine, 100 a colori, cartonato.
ISBN 978-88-572-1234-0
€ 45,00







Untitled [Senza titolo]

Fig. 1
MARK ROTHKO, Untitled [Senza titolo], 1947
olio su tela, 121 x 90,1 cm.
Solomon R. Guggenheim Museum, New York

Number 18 [Numero 18]

Fig. 2
JACKSON POLLOCK, Number 18 [Numero 18], 1950
Olio e smalto su masonite, 56 x 56,7 cm.
Solomon R. Guggenheim Museum, New York

Harran II

Fig. 3
FRANK STELLA, Harran II, 1967
Vernice polimerica e polimerica fluorescente su tela, 304,8 x 609,6 cm.
Solomon R. Guggenheim Museum, New York

Harran II

Fig. 3
CHARLES BELL, Gum Ball No. 10: "Sugar Daddy" [Distributore di chewing gum n. 10 "Paparino"], 1975
olio su tela, 167,6 x 167,6 cm.
Solomon R. Guggenheim Museum, New York




Foto cortesia ufficio stampa della Mostra

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