La
scelta di scrivere un articolo su Paolo Troilo, artista contemporaneo nato a
Taranto il 27 Marzo 1972, nasce dall’interesse che la sua arte e i significati
ad essa connessi hanno scaturito in me.
Il
suo modo originale di dipingere, la scelta di autoritrarsi in diverse
espressioni del volto e del corpo servendosi esclusivamente del bianco e nero,
rendono i suoi quadri unici nel loro genere.
Inizia
a collaborare nel 1997 con la
Saatchi&Saatchi di Milano, importante agenzia
pubblicitaria, dove resterà per sei anni in qualità di Art Director Senior
realizzando memorabili campagne pubblicitarie (fra le altre quella della Clio
Community, primo esempio di pubblicità virale che utilizza la street art come
mezzo di espressione).
E’
autore del pluripremiato spot, sempre per la Renault Clio, nel
quale un ragazzo faceva un origami con la carta delle caramelle usando solo la
lingua.
Nasce
quindi come pubblicitario. Disegna a matita dall’età di 4 anni, riservando alla
pittura una posizione latente che esplose però in un giorno in cui, preso da
un'irrefrenabile voglia di esternare le proprie emozioni, nella solitudine
della propria stanza, iniziò a dipingere.
Sceglie
come soggetto della sua arte se stesso per trasporre la sua anima sulla tela e
con essa il proprio sentimento che, se vissuto fino in fondo e con la massima
energia, abbraccia l’universalità.
Partendo
da uno scatto fotografico che rappresenta lo specchio per l’artista egli studia
l’emozione in cui ha scelto di immortalarsi eternandola e dando ad essa una
doppia valenza: è lo specchio
dell’artista e quello di chi guarda.
Lo
spettatore quindi si immedesima in quel preciso stato d’animo e scopre che quel
corpo e quel volto sono in realtà semplicemente un simbolo che scompare nel
momento in cui si percepisce il vero significato che Troilo vuole racchiudere
in esso.
Nessuna
scelta narcisistica, l’artista fa del suo corpo un mezzo attraverso cui espiare
oltre al proprio dolore, quello della società, dell’essere umano, cancellando o
perlomeno acquietando il male di vivere che ci affligge.
Scontrandosi
con la propria coscienza ci si accorge come essa si moltiplichi nel momento in
cui si è in lotta con essa, mettendo l’essere umano nella condizione di dover
scegliere fra una via o l’opposto di essa.
Troilo
tratta quindi, con la sua arte, la concezione pirandelliana dell’ “UNO NESSUNO
E CENTOMILA” persone insite nello stesso contenitore spiegando come ogni
individuo sia sottoposto giorno dopo giorno ad una lotta costante e faticosa
con i propri multipli che si raddoppiano e spariscono, solamente dopo aver
accettato la condizione dell’uomo che non può essere intrappolato in una
maschera o comandato da dei fili nelle mani della società.
Impossibile
pensare che possa esistere una distanza tra lui e la tela tant’è che fa della
propria mano il pennello di cui servirsi: nella mano racchiude la sua forza e
la sua grandezza, e nella stessa mano trova la fatica di dover esprimere la sua
creatività attraverso una parte del corpo, diventando per lui un’arma a doppio
taglio.
Attraverso
i colpi energici dei polpastrelli e la scelta di utilizzare esclusivamente il
bianco e il nero nella voglia di mantenere ferma la concentrazione dello
spettatore e di non distrarlo attraverso l’uso di colori facilmente associabili
a delle emozioni, dipinge quella parte oscura dell’uomo che la società soffoca
e costringe all’interno di diverse trappole, strette in pesanti catene a cui
l’uomo difficilmente si ribella e dalle quali difficilmente sceglie di
liberarsi.
A
proposito dell’uso esclusivo del bianco e nero lo stesso Troilo afferma:
"Il bianco e il nero sottolineano l’istante
in cui accade tutto questo, non lasciando vie di fuga cromatiche o concettuali.
Non c’è il verde di un prato, l’azzurro di un cielo, il rosso del sangue;
limiti materiali e concettuali che ammorbidiscono l’impatto su occhi
impreparati alla vera origine. La luce".
Con
i suoi quadri egli vuole invece condurre a liberarsi ad ascoltare la propria
anima, trasformando quelle voci silenziose che parlano alla nostra coscienza,
in grida infernali che rimbombino nelle coscienze di tutti.
Dimostra
quindi che non servono colori, non servono pennelli, né tele affollate di
personaggi, per affrontare determinati argomenti e per colpire direttamente
l’anima dello spettatore.
Sfrutta
la mano non solo come pennello ma anche come protagonista delle sue opere
mettendo in rilievo quanta espressività sia in essa racchiusa.
A
seconda della posizione in cui è dipinta può esprimere uno stato d’animo, come
ad esempio quello della rabbia racchiusa nell’opera esposta alla mostra “Reazioni” a cura di
Mattia Zappile, nella galleria Fabbrica Eos a Milano, raffigurante un pugno di grandi dimensioni che spaventa e
invita lo spettatore appunto a reagire,
quasi che l’artista lo sfidasse ad un duello di pugilato, dove l’avversario non
risulta essere altro che l’anima di chi guarda.
“Reazioni”
è la tappa conclusiva di un percorso espositivo intitolato “Troilo azioni” che
ha visto l’artista impegnato da Luglio a Dicembre 2011 nelle gallerie di San
Gimignano, Russo a Roma, e infine
Fabbrica Eos a Milano: azione e reazione risulta essere quindi la formula per
la risoluzione della sua arte, energica, diretta, provocatoria, universale.
Per
quanto riguarda l’esposizione in Galleria Russo, a cura di Lorenzo Canova, l’artista
ha presentato un trittico, esposto in anteprima all’inaugurazione del negozio
Gap in Via del Corso, di enormi dimensioni che ha come tema principale la lotta
tra tre titani, multipli dell’alter ego di Troilo, che si contendono una
maglietta bianca: un panno, più contemporaneo di un velo, che mostra di non
sfociare nel design e di non appartenere ad una moda piuttosto che ad un’altra,
con la quale l’artista dimostra di non essere classicista e di non ricercare
panneggi o drappi, mantenendo l’atemporalità dell’oggetto, situandolo in una
dimensione sospesa, contemporanea ma eterna.
La
maglietta infatti incarna forse meglio di qualsiasi altro oggetto, il concetto
della trasformazione, della copertura, del mascheramento, in quanto lo stesso
vestirsi rappresenta una costrizione nel modo di “vestire i panni di qualcun
altro”.
Nel
trittico è rappresentata una costrizione verso qualcuno che si sta liberando, o
che perlomeno sta cercando di farlo ma viene frenato dall’energia e dalla forza
impiegata dai soggetti ai lati, che cercano di fare in modo che il soggetto
resti intrappolato in quella maglietta.
Lo sforzo impiegato da tale soggetto, concentrato
sulla testa che, a livello figurativo, è più alta rispetto alle altre, sembra
farla volare via quasi fosse un palloncino: la maglietta quindi incarna
perfettamente, nella sua semplicità e nel suo essere strumento contemporaneo,
una della costrizioni più diffuse della nostra società, che trasforma l’uomo
nei diversi personaggi da essa imposti.
I
due soggetti cercano di trattenere quella maglia, costringono il soggetto a non
potersene liberare, creando un equilibrio, che sospende di nuovo l’azione,
eternandola nella soluzione scelta dallo spettatore stesso.
Tutti questi aspetti
dell’arte di Troilo confluiscono in un’altra opera considerata suo manifesto e
presentata per la
Cinquantaquattresima edizione della Biennale di Venezia del
2011, intitolata appunto OperaCinquantaquattro, che esprime le caratteristiche fino ad ora da me descritte e che al meglio incarnano il pensiero
artistico di Troilo: sdoppiamento della personalità, moltiplicazione dell’alter
ego, bianco e nero, specchio, gesto della mano, schizzi, punto d’arrivo del suo
discorso pittorico.
In maniera lineare e
completa tutti gli studi e gli accorgimenti sviluppati nella sua arte
convergono su queste due tele unite dal quel trapasso di colore schizzato, che
sembra colare da una tela all’altra quasi per sottolineare un passaggio
dall’ombra alla luce, dall’inferno al paradiso, dalla guerra alla pace.
Fatto
strano è innanzitutto la volontà di titolare l’opera: sappiamo infatti che le
opere di Troilo non contengono titoli, il suo alter ego con tutti i suoi
multipli, non vengono sottoposti ad alcuna etichetta, l’interpretazione del quadro
non viene condizionata né indirizzata dal titolo, il quale è respinto
dall’espressione “senza titolo”.
La
scelta di titolare l’opera in questo modo, nasce da strane coincidenze, se così
vogliamo definirle, riscontrate lungo la vita dell’artista e legate sempre e
ripetutamente al numero 54:
-
la Biennale a cui partecipa è alla
54.ma edizione;
-
vince
a Cannes un premio per la pubblicità, alla 54.ma edizione del Festival;
-
si
tatua un 54 durante il suo addio al celibato a Praga, insieme a coloro i quali,
ai tempi, erano direttori creativi insieme a lui nell’agenzia pubblicitaria
Saatchi&Saatchi;
- il
numero civico dell’uscita secondaria della Saatchi&Saatchi è il 54.
Un ritorno quasi
ossessivo di questo numero, che lo accompagna quindi, fin dai primi giorni
lavorativi in pubblicità, per ritrovarsi anche nell’importante esposizione della
Biennale.
Osservando l’opera si
riscontra in quel gesto sospeso delle due dita che si stanno per sfiorare,
quasi un ricordo michelangiolesco, quasi fosse una rivisitazione contemporanea
dove il gesto è paurosamente sospeso, dove il contatto sta per avvenire ma non
si compie del tutto. Stavolta però, non ci sono grida, addirittura non ci sono
volti: c’è un’inquadratura totalmente diversa, il capo è chino, l’espressione
non condiziona non dà indizi, tutto è lasciato all’interpretazione del gesto e
del colore.
Forse questo passaggio è
avvenuto, forse avverrà e quelle dita si toccheranno nel momento in cui saremmo
noi a deciderlo.
Si presti attenzione
alla fisicità: il corpo in luce ha una muscolatura più pronunciata, come se la
rabbia appartenente alla figura in ombra che sembra abitare in una sorta di
inferno, si sia caricata nella pace e nella ragionevolezza di quella luce. Di
nuovo bene e male, guerra e pace, ma non in un affronto, bensì in una
convivenza che forse pacifica, ma che sicuramente qualcosa smuove: la rabbia è
come se si fosse acquietata e il messaggio è come se fosse appunto quello di
scegliere davvero quale delle due intraprendere, se scegliere il bianco o nero,
la grazia o la natura.
Una sorta di
rappresentazione dello yin e yang cinese,
emblema della coppia primordiale degli opposti, principio che guida tutti i
movimenti del Tao.
Esso è il grandioso
motivo conduttore che permea la cultura cinese e determina tutte le
caratteristiche del tradizionale modo di vita cinese: la vita è vista appunto,
come l’armonia in cui si fondono yin e
yang.
Con questo principio ci
si rende conto che buono e cattivo, piacere e dolore, vita e morte non sono
esperienze assolute che appartengono a categorie diverse, ma sono semplicemente
due facce della stessa realtà: le parti estreme di un tutto unico.
Raggiungere la
consapevolezza che tutti gli opposti sono polari, e quindi costituiscono
un’unità, è considerato nelle tradizioni spirituali dell’Oriente una delle più
alte mete dell’uomo.
Poiché tutti gli opposti
sono interdipendenti, il loro conflitto non può mai finire con la vittoria
totale di uno dei due poli, ma sarà sempre una manifestazione tra l’uno e
l’altro polo; è considerata infatti, persona virtuosa colei in grado di
mantenere un equilibrio dinamico tra il bene e il male, tra bianco e nero. Non
c’è mai un’identità statica, ma sempre un’interazione dinamica tra due estremi,
esattamente come si riscontra nelle opere di Troilo.
Balena alla mente un
film intitolato “The tree of life” e diretto dal regista Terrence Malick, l’incipit
di tale film dice:
“Esistono due vie per affrontare la vita: quella della
natura e quella della grazia, tu devi scegliere quale delle due seguire. La
grazia non mira a compiacere se stessa, accetta di essere disprezzata, dimenticata
sgradita, accetta insulti e oltraggi.
La natura vuole solo compiacere se stessa, e spinge gli
altri a compiacere, le piace dominare, le piace fare a modo suo, trova ragioni
di infelicità quando tutto il mondo risplende intorno a lei e l’amore sorride
in ogni cosa. Ci hanno insegnato che chi ama la vita della grazia non ha
ragione di temere.”
L’OperaCinquantaquattro
se vista con attenzione, può apparire come un rovesciamento della celebre opera
del Caravaggio intitolata “Narciso”. In essa il soggetto si specchiava
nell’acqua quasi accarezzandola, compiaciuto della propria bellezza riflessa,
qui è come se la parte in luce si confrontasse con quella in ombra, che appare
però dal trattamento riservato alla muscolatura, nettamente in differenza.
Le due personalità
appartenenti ad ognuno di noi messe di fronte ad uno specchio, dove non c’è
identità, non c’è traccia di alcun sentimento, ma semplicemente di una realtà
che vive e cresce con noi, quella parte oscura, quel mister Hyde con cui si
devono far i conti, avvolto in quell’ombra quasi infernale ma che non sovrasta
la luce, il bagliore di quella parte limpida di noi stessi; ognuno di loro è
come isolato di fronte alla propria coscienza, se solo si vuole, la forza della
via della grazia può sconfiggere quella della natura avvolgendola nella sua
lucentezza.
Certo è che una personalità
come Troilo, e un’arte diretta energica, decisa, stimolante, emozionante come
la sua aprono la strada a riflessioni profonde sulla nostra persona e su ciò che
ci circonda.
Spesso assecondare le proprie
emozioni, i propri istinti, dimostra di poter condurre verso la conoscenza
intima di se stessi.
Pittura in azione, che
comprende l’uso della fotografia e quello del dripping di derivazione
Pollockiana, che immerge nel caos totale l'opera. Troilo cerca di
guadagnare la propria libertà, e di far scattare il medesimo meccanismo nello
spettatore, in modo tale da buttare giù tutte le costrizioni che affliggono e
soffocano l’uomo nella tortura continua della quotidianità, e continuerà a
farlo con la sua arte affermando che:
“Con le prossime mostre e con le prossime opere, supererò
il livello successivo, come in videogame, per andare a combattere contro il
mostro dell’ultima schermata.”
MOSTRE PERSONALI
2011
·
Paolo
Troilo- Azioni, Galleria Gagliardi di San Gimignano,(SI)
·
Paolo
Troilo- Azioni, Galleria Russo, Roma
·
Paolo
Troilo- reAzioni, Fabbrica Eos, Milano
2010
- Pura Energia, Open
Gallery Le Cinque Lune, Roma
- Mostra personale,
Galleria Russo, Roma
- Mostra personale,
Teatro Selve, Vigone (Torino)
2009
- Troilo, a cura di
Luca Beatrice, Fabbrica Eos, Milano
- Il mio nome è nessuno o
forse centomila, Galleria Gagliardi, San Gimignano, (SI)
- Mostra personale, Galleria
De Bonis, Reggio Emilia
2008
- Mostra personale, a cura di
Samuele Mazza, Visionnaire Design Gallery, Milano
- Spazio Gianni Testoni,
Bologna
- Nelle mani, Mondo
Arte Gallery, Milano
- Conta fino a dieci,
Anna Breda Arte Contemporanea, Padova
2007
- Conta fino a dieci,
a cura di Luca Beatrice, Fabbrica Eos, Milano
- Galleria
Contemporanea(mente), Parma
MOSTRE COLLETTIVE
2010
- Pensiero Fluido, a
cura di Alberto Mattia Martini, Spazio Oberdan, Milano
- Arte Fiera 2010,
Galleria Russo, Bologna
2009
- Contemporary Life,
mostra collettiva, If Art Gallery, Marciana, Isola D'Elba
- SwingArt, mostra
collettiva, Golf Club Le Rovedine, Opera (MI)
- MiArt, Fabbrica Eos. Milano
2008
- Miami Art Basel Event, collettiva, Laure De
Mazieres, Design district, Miami
- ArtVerona, Fabbrica Eos,
Verona
- Bianco & Nero,
group exhibition, studio De Bonis, Reggio Emilia
- Opening Visionnaire Design
Gallery, collettiva, Milano
- MiArt, Fabbrica Eos. Milano
2007
- MiArt, Fabbrica Eos. Milano
2006
- 5+5 generazioni a
confronto, group exhibition, Studio D'Ars, Milano
PREMI E RICONOSCIMENTI
2007
- Grand Prix
all’Art-Director’s Club
|