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L'arte al tempo dei terremoti in televisione, la “memoria viva” del Belìce  
Mercedes Auteri
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 6 Giugno 2012, n. 651
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Area Artisti

In questi giorni l’Emilia è scossa da sciami sismici che sconvolgono vite, città, monumenti, abitanti dei luoghi e spettatori inermi davanti alle televisioni. Il terremoto del Belìce del 1968 fu il primo televisivo, quello che travolse interamente paesi e persone, che per molti anni cambiò il nome all’intera Valle perché un cronista del Tg 1 lo chiamò Bèlice, spostandone l’accento, e di cui gli abitanti si riappropriano lentamente solo adesso. La signora Rosa residente a Poggioreale nuova mi accompagna tra i ruderi di Poggioreale vecchia e mi racconta quant’era bella la chiesa e quant’era grande il teatro, “cose così, con queste cupole e soffitti dipinti e belle statue antiche, non se ne fanno più adesso, ora è tutto nuovo, dovrebbero passare cento anni e sempre non sembrerebbero così belle”. Mi dice anche che i governanti non hanno imparato niente dal “suo” terremoto perché se no, i monumenti, le case, i capannoni del terremoto in Emilia non sarebbero cascati così come carte da gioco sopra alle persone. Dice che ogni volta che vede la televisione rivive la tragedia. Dice anche, “voi che siete giovani, dovete imparare dalla storia”. Insieme a noi, passeggiano i ragazzi della protezione civile che sono tornati a Poggioreale vecchia, dove non si potrebbe accedere perché le case ancora in piedi sono molto pericolanti, ma che il sindaco autorizza a visitare ancora per un giorno, 3 giugno 2012, in occasione della mostra I fantasmi di Poggioreale. Ritorno alla vita del fotografo Ezio Ferreri, curata da Emilia Valenza, organizzata dal Museo Belìce Epicentro della memoria viva di Gibellina che da anni si impegna a preservare “viva” la memoria storica di questi luoghi, prima e dopo il sisma.

All’interno dei ruderi e sulle facciate delle case, Ezio Ferreri propone alcune gigantografie di oggetti d’uso quotidiano che lui stesso ha raccolto tra le macerie: barattoli da cucina, giochi di bambini, frammenti di vita. L’oggetto del passato, sublimato e protetto alla maniera del museo, reso romantico dal suo non esistere più per ciò per cui era stato pensato, divenuto dentro a una fotografia d’artista natura morta (come la chiamiamo in Italia) o still life (“ancora in vita” come la chiamano gli americani). L’educazione all’immagine, alla storia, all’arte, forse, il modo migliore di spiegare quanto accaduto alle nuove generazioni che non hanno vissuto quegli anni ma su cui l’ombra della paura ritorna dai tg, dagli speciali in diretta, dalle immagini e dalle notizie di giornali e tv.

Una mostra struggente, un evento eccezionale, una riflessione ancora una volta sulla ricostruzione dei luoghi, sulla ricerca d’identità degli abitanti, sulla necessità di ripensare alla vita dopo traumi e terremoti, offerto da questo incredibile angolo di mondo che è il Belìce.

A Poggioreale vecchia, visitabile per un giorno, il fascino delle rovine (“esperienza del tempo puro” come l'ha definita Marc Augé in Rovine e macerie. Il senso del tempo, Torino, Bollati Boringhieri, 2004) e, otto chilometri più in là, Gibellina vecchia sepolta dalla grande colata di cemento, pensata da Alberto Burri, come sudario funebre sulle macerie a coprire le memorie e, insieme, a eternarle sotto la più grande opera d’arte d’Europa che è il Grande Cretto. Due modelli opposti ma convergenti di rinascita. In mezzo e intorno Poggioreale e Gibellina ci sono i campi arati, i vigneti, le colline brulle, le grotte, le opere d’arte a cielo aperto di Salemi, Selinunte, Sambuca, Menfi, Roccamena, Santa Margherita, Camporeale, Salaparuta, Contessa Entellina, Partanna, Sciacca, Castelvetrano, Santa Ninfa. Primi in Sicilia, a costituire una rete di musei belicini, con il Museo delle Trame della Fondazione Orestiadi capofila, grazie all’impegno di tutti i siti e musei della Valle del Belìce.

Questa occasione, con il sostegno di Legambiente Sicilia che quest’anno dedica la settimana di Salvalarte alla memoria di Ludovico Corrao, sollecita una nuova visione, solidale, integrata, partecipata di “memoria viva”. E, soprattutto, invita ancora una volta a ripensare alle strategie di tutela dei siti, delle città, dei beni culturali. Insegna che l’arte aiuta l’elaborazione dei traumi spiegando, anche attraverso i codici dei suoi linguaggi e dell’allestimento museale, i cicli di morte-vita, distruzione-ricostruzione, crisi-rinascita il passaggio dell’uomo su questa terra.

 



































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Ruderi a Poggioreale

Fig. 1
Ruderi a Poggioreale (Trapani)

Ruderi a Poggioreale

Fig. 2
Ruderi a Poggioreale (Trapani)

Ruderi a Poggioreale

Fig. 3
Ruderi a Poggioreale (Trapani) con istallazioni fotografiche di Ezio Ferreri

Ruderi a Poggioreale

Fig. 4
Ruderi a Poggioreale (Trapani) con istallazioni fotografiche di Ezio Ferreri

Ruderi a Poggioreale

Fig. 5
Ruderi a Poggioreale (Trapani) con istallazioni fotografiche di Ezio Ferreri

Ruderi a Poggioreale

Fig. 6
Ruderi a Poggioreale (Trapani) con istallazioni fotografiche di Ezio Ferreri

Ruderi a Poggioreale

Fig. 7
Gibellina Vecchia (Trapani), Cretto di Alberto Burri

Ruderi a Poggioreale

Fig. 8
Gibellina Nuova (Trapani), Montagna di sale di Mimmo Paladino

Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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