“La verità nell'arte è l'unità di
una cosa con se stessa: l'esteriore reso espressione dell'
interiore; l'anima che si incarna; il corpo che
si permea di spirito.”
De
Profundis, Oscar Wilde
Pittura
in fieri
quella di Gianni Asdrubali è una costante costruzione del vuoto: di un vuoto che apre però allegre contrade progettuali, vivaci pulsazioni, alacrità visive precise e croccanti.
Anello
d'una catena ogni segno o figura ripetuta dall'artista si pone sulla tela per costruire, appunto una trama visiva, una rete, un percorso da attraversare che
si fa racconto e infinito intrattenimento.
Il
suo lavoro si pone quindi come terreno privilegiato di un racconto che evidenzia, da tempo, un' attitudine formale legata al progetto e al destino dell' arte. Ad un progetto che è esso stesso destino e profezia, apertura della pittura ai brani del quotidiano.
Pennello
totale di un racconto che si allunga sui bordi della vita, l'artista propone estensione pittoriche che occupano ampi spazi, luoghi di percorrenza: l'aperto e il chiuso, il fuori e il dentro, l'interno e l'esterno si compenetrano.
Dice
l'artista:
“l'inizio è il vuoto e ciò che inizia dipende dalla tensione
generata dal vuoto. Il vuoto è la realtà e la realtà è strettamente connessa
con la sua sparizione. Voglio dire che tutto ciò che inizia dipende da una
assenza… ogni nostra azione è stimolata, generata da una tensione, ma da cosa
deriva questa tensione? Dal vuoto. La tensione è generata da ciò che non c'è. Ė
per questo che nel vuoto è già contenuto il pieno, il vuoto è pieno di realtà, l'unica
immagine del vuoto è il pieno”
E' come se tra quella fitta rete di segni bianchi e neri, che
assomigliano a dei profondi solchi nell'anima, lo spettatore ritrovasse se
stesso, il vuoto che alberga nelle viscere della propria intimità, comprendendo
che solo attraverso lo scontro della
propria azione con il vuoto si riesce a creare lo spazio, la materia, il pieno.
A tal proposito di nuovo dice:
“E se ci sei dentro, se agisci da dentro, lo spazio sei tu, non
pensi lo spazio standone fuori. Se sei dentro il movimento non lo puoi
recensire, né programmare, perché ti muovi anche tu con lui; se sei dentro lo
spazio dove ti aggrappi ? non c'è tempo per nessuna rappresentazione.
Prima di essere inghiottito dal nulla devi fare un'azione, la tua. Se sei
dentro l'assenza non racconti l'assenza ma fai involontariamente il contrario.
E' grazie a questa assenza che fai un'azione, che genera spazio, materia, pieno.
Tu con la tua azione generata dal nulla in uno scontro frontale con lo stesso
nulla. Siamo dentro la realtà, dentro quel nodo fondamentale e contraddittorio
che è la vita…”
L'artista quindi con le sue opere, vuole far riflettere su quanto
in realtà l'uomo sia semplicemente una creatura “piena, piena di vuoto” … come
riempirlo allora ?
Con delle trame infinite che superino ogni limite dello scibile
umano, che vadano oltre, oltre anche alla superficie della tela, dello spazio,
del vuoto. Un “non finito michelangiolesco”, quasi che la tela fosse un input da dare allo spettatore per andare avanti, per non far
terminare quella rete nel limite della tela, ma farla proseguire oltre i
confini della propria mente, colorarla, creare dei nuovi percorsi che riempiano
la nostra mente, che diano ad essa la possibilità di liberarsi, di ritrovare
quel “filo di Arianna” che permetta di uscire da questo labirinto pieno di
vuoti assoluti.
Pone di fronte ai nostri un occhi un limite, imponendo di riuscire
a superarlo e dimostrando come in realtà solo entrando nel limite si riesca a
raggiungere l'illimite, le grandi emozioni, lo spirito, il vertice della
piramide sulla quale tutti gli specifici tendono.
Ancora una volta l'arte contemporanea dipinge attraverso dei
segni, chiarendo come oltre l'apparenza ci sia una realtà che si incolli alle
nostre membra, che si appropri di noi liberandoci solo dopo aver fatto i conti
con essa, o meglio con una realtà che risulta già essere nostra.
BIBLIOGRAFIA:
Catalogo Giovanni Asdubali, “Animalia”, Galleria d'arte Consorti, Roma, 2012.
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