Nella
cultura di un popolo l’arte riveste da sempre un ruolo di fondamentale
importanza; l’arte intesa come trasmissione di sapere, tradizioni, valori e
identità. Per tal motivo i paesi investono sulla comunicazione della cultura e
del patrimonio storico-artistico. è in questa prospettiva che si colloca
l’Heydar Aliyev Center della scintillante Baku moderna.
Questo
monumentale edificio, progettato da Zaha Hadid, si inserisce in un contesto
storico-culturale molto ricco ed eterogeneo. L’Azerbaijan, situato fra il
Caucaso e il Mar Caspio, è da sempre stato crocevia di diverse culture che
hanno lasciato traccia di se sia sotto il profilo culturale che architettonico.
Proprio per tal motivo la sua capitale possiede un centro storico
caratterizzato da siti archeologici, moschee, edifici di matrice orientale,
divenuto nel 2000 patrimonio dell’UNESCO; ma accanto a questa realtà troviamo
grandi palazzi di stile sovietico e costruzioni ultramoderne. Baku è quindi una
città dai due volti, che prova a mantenere senza però farli entrare in
contraddizione, in una dicotomia che si muove fra tradizione e innovazione.
Questo
centro culturale, commissionato dalla Repubblica dell’Azerbaijan, è intitolato
all’ex presidente Heydar Aliyev, fortemente voluto dal popolo azero e da esso
percepito come il salvatore del paese per aver attuato una politica di sviluppo
e progresso.
A
partire dalla sua indipendenza nel 1991 l’Azerbaijan ha investito molto in
infrastrutture grazie all’economia petrolifera, per dare una nuova immagine di
sé al mondo. La costruzione dimostra la recente ascesa di Baku, città che vuole
gradualmente discostarsi dal modernismo sovietico sviluppando un’architettura
altamente progredita. Si tratta infatti di un paese che sta cercando di
scrollarsi di dosso secoli di dominazioni e aprirsi all’occidente.
Questo
edificio inaugurato nel 2012, è fiore all’occhiello di una politica di
incremento infrastrutturale che punta sul settore turistico e culturale.
In
una realtà così complessa e mutevole come la nostra, in cui la rete ha cambiato
il modo di relazionarsi, l’Heydar Aliev Center con le sue forme fluide, gli
ampi spazi interni e l’assenza di spigoli, sembra incarnare il volto della
società odierna divenuta, per usare una definizione coniata dal sociologo
Bauman, “liquida”. Inoltre
sono proprio le sue caratteristiche formali a esprimere quel senso di
“apertura” a cui aspira il nuovo Azerbaijan. In questo senso si potrebbe dire
che l’estetica del Centro si unisce al messaggio; è un edificio che diventa
simbolo nazionale e postula un’idea di democrazia.
L’edificio ha infatti l’intento di
rompere con la classica e rigida architettura sovietica per approdare a forme
in continuo mutamento, potenzialmente deformabili all’infinito; forme per
l’appunto liquide che vogliono rimandare alla progressiva e celere apertura del
paese alla modernità.
L’Heydar Aliyev Center nasce per
inserirsi e relazionarsi con il contesto urbano. Una delle peculiarità che caratterizza la fase progettuale del team ZHA è
l’analisi della topografia, che consiste nel valutare il paesaggio
in cui l’edificio sarà posizionato, tenendo presente anche l’urbanistica
circostante, sfruttandone le caratteristiche come fonte d’ispirazione. La
topografia di questa area di Baku era caratterizzata da uno strapiombo, per
tale motivo si è proceduto con un terrazzamento che creasse un omogeneo
collegamento tra parcheggio sotterraneo, piazza esterna ed edificio stesso.
Così quello che in termini urbanistici poteva essere uno svantaggio è stato
trasformato e utilizzato per creare una composizione
caratteristica.
L’idea dei progettisti consisteva
nel creare una struttura che sembrasse emergere direttamente dal terreno e
abbracciare il pubblico che vi passeggia intorno. Ciò vale soprattutto per la
piazza antistante l’edificio, che si sviluppa in un sistema di vasche
terrazzate e giardini per poi erigersi nella facciata a onda e entrare dentro
l’edificio scolpendo gli spazi interni. (fig.2)
Prendendo in prestito la
definizione di “pianta libera” coniata da Le Corbusier negli anni ’20, possiamo
rintracciare lo stesso principio nella pianta dell’Heydar Aliyev Center; tale
composizione consente massima
comunicazione fra gli ambienti, unificandoli e creando un camminamento fluido.(fig.3)
Nella
visione hadidiana di museo gli spazi sono pensati per ospitare diverse forme
d’arte contemporaneamente. Per questo essi sono spesso ampi e cangianti, tali
da offrire una diversificazione di soluzioni espositive consentendo una
maggiore flessibilità degli allestimenti. Questa peculiarità, che diventa una
vera e propria poetica della progettualità di Zaha Hadid, è riscontrabile in
diversi suoi progetti come il Museo per le arti del XXI secolo di Roma o il
Contemporary Arts Center di Cincinnati.
Le modalità di costruzione degli
ultimi vent’anni hanno subito come conseguenza naturale un adattamento alla
situazione sopra descritta in merito all’evoluzione della società
contemporanea. Ciò vale in special modo per i luoghi della conoscenza come
musei, centri culturali, teatri ecc. Zaha Hadid è certamente fra gli architetti
che più sensibilmente capta questo forte cambiamento dato dall’era del web.
La sua predilezione per la fluidità e il tema dello
scambio è rintracciabile nelle suggestioni lasciate dai paesaggi del Tigri e
dell’Eufrate durante l’infanzia trascorsa in Iraq. Gli spazi interni sembrano
infatti intersecarsi e fondersi tra li loro, non solo al livello del piano, ma
anche in alzato, dando vita a pareti e tetti curvilinei.
A
differenza dei pesanti edifici dell’era sovietica, imponenti, cupi e
implacabili, l’Heydar Aliyev Center rappresenta una nuova era nell’architettura
che a sua volta simboleggia un nuovo Azerbaijan. Se una cultura può essere
percepita dall’atteggiamento architettonico della città, grazie all’Heydar
Center, essa vorrebbe apparire più libera, più briosa e più luminosa.
Come
afferma Saffet Bekiroglu, collaboratore della Hadid vicino alla cultura azera,
l’intenzione dei progettisti era di mettere in relazione l’edificio con
l’architettura del luogo caratterizzata da forme di ascendenza orientale, non
attraverso un semplice mimetismo con l’iconografia del passato, ma piuttosto
attraverso un’interpretazione in chiave contemporanea.
La
copertura e l’illuminazione
Uno degli elementi più critici del progetto è stato lo
sviluppo della copertura dell’edificio, elemento che unifica le tre principali
funzioni di museo, biblioteca e auditorium, ai quali si aggiungono sale
espositive per mostre temporanee, bar e ristoranti.
Nel caso dell’Heydar Aliyev Center non è possibile
parlare di facciata in senso classico; il lato principale è certamente quello
contraddistinto da una gigante onda vetrata, ma tale superficie diventa subito
labile, non ne distinguiamo i confini perché cede il posto alle aperture sul
fianco destro, per poi salire nuovamente a picco nella facciata vetrata sul
retro. Come per il nastro di Moebius o la bottiglia di Klein - superfici per le
quali non è possibile distinguere interno ed esterno - qui la regola viene
sconvolta per lasciar posto a una superfice continua e morbida che si trasforma
continuamente in favore degli infiniti punti di vista.
L’architettura contemporanea
sostituisce l’idea di facciata con quella di pelle o membrana, da considerarsi
come elemento mediatore fra l’interno e l’esterno dell’edificio. Non basta
considerarla muro, semplice superficie neutra, ma pelle interattiva e
comunicativa. Grazie a una superficie sensibile e reattiva vengono
così a crearsi nuovi scenari atti a stupire e a stravolgere la percezione. Le
forme ideate da Hadid creano una perfetta osmosi tra interno ed
esterno, divenendo manifesto di un’idea di cultura sempre più aperta,
molteplice e democratica.
Quelli
dell’Heydar Aliyev Center sono spazi apparentemente privi di assi portanti. Gli
elementi strutturali sono infatti assorbiti dall’involucro o comunque camuffati
all’interno delle pareti continue.
La
realizzazione del rivestimento esterno ha visto la collaborazione di una ditta
turca e di una italiana. Esso è costituito da una struttura in cemento e un
sistema a telaio tridimensionale. Quest’ultimo, prodotto da MERO-TSK International è costituito da tubi CHS e da nodi a sfera con
diametro compreso tra 110 e 350 mm a seconda del loro posizionamento,
assemblati senza alcuna saldatura.
Il rivestimento, frutto di due anni di ricerche, è costituito da
pannelli in cemento armato rinforzato in fibra di vetro, associato al manto
sintetico TPO FLAGON EP-PR e a una membrana autoadesiva impermeabile SOPREMA Sopravap Stick Alu da 1.5 mm. La sorprendente
sfida ha visto prefabbricare a piè d’opera i 3700 moduli di forma diversa per essere assemblati
direttamente sulla copertura in un secondo momento, in modo da adattarsi
all’andamento curvilineo della copertura.
(fig.4)
Questo
tipo di ricerca è resa possibile anche grazie all’uso del parametricismo,
termine coniato dal principale collaboratore di Zaha Hadid Patrik Schumacher;
uno studio tecnico-formale basato su procedimenti di calcolo computazionali
(algoritmi genetici) e sulla premessa che tutti i processi-chiave della
progettazione sono costituiti da variazione e correlazione degli elementi
architettonici (moduli), per posizione, geometria e materiale, malleabili
nell’adattabilità al contesto.
L’utilizzo di queste tecniche ha permesso di creare per l’Heydar Aliyev Center una superficie continua che si piega su
se stessa per slanciarsi verso l’esterno.
Una continua ed omogenea superficie neutra capace di
ospitare eventi culturali, mostre di arte e di fotografia, istallazioni e
attività ricreative di ogni genere.
L’immagine evocata dalla visione complessiva
dell’edificio rimanda al corpo di uno squalo balena. In
particolar modo gli elementi più visibili sono le branchie laterali, la pinna
dorsale e caudale, riprese con evidenza armonica nella struttura del Centro
Culturale. Come le branchie permettono al mammifero di respirare, così le
fenditure laterali dell’edificio consentono il filtraggio della luce
all’interno dello stesso.(fig.5)
Una
delle componenti volte a sottolineare questo senso di apertura e di osmosi fra
interno ed esterno è la superfice vetrata che caratterizza la facciata e il
retro dell’edificio. Caratteristica usuale nei moderni edifici che
contrassegnano le città odierne, il vetro specchiato permette a chi sta fuori
di scrutarne gli interni e contemporaneamente di riflettere ciò che sta
intorno, creando un rapporto continuo e cangiante col paesaggio e l’urbanistica
nei quali l’edificio è posizionato. Questo continuo movimento e senso di
caducità riflette bene la condizione della società odierna, basata
sull’istantaneità e sul rapido appagamento dei desideri.
Importante elemento per la
caratterizzazione del Centro è l’illuminazione, che contribuisce al suo
generale cangiantismo diversificandolo dal giorno alla sera e sottolineando il
rapporto continuo tra interno ed esterno. La copertura riflette la luce, così
facendo l’edificio risulta diverso in
base alla posizione del sole durante le ore del giorno. La sera le luci mettono
in risalto le linee principali che lo caratterizzano. Massima è stata la
ricerca di una soluzione in grado di offrire la giusta performance
illuminotecnica ed integrazione con il design delle strutture. Le luci sono
state fuse letteralmente con il tessuto sinuoso dell’architettura; i
progettisti erano determinati a trovare una soluzione illuminotecnica che non
contrastasse con il fluire naturale della superficie unica dell’edificio. Si
sono utilizzate luci al LED solo per alcune aree specifiche, per il resto
lampade fluorescenti e faretti incassati nelle pareti con un sistema di
controllo dell’intensità regolabile. Osservando l’edificio si viene a creare un
effetto lanterna; la facciata è
rischiarata in modo da creare un effetto che decresce per intensità
dall’interno verso l’esterno, ad intensificare la relazione tra lo spazio della
piazza e degli interni.
(fig.6)
Gli interni
Spostandoci all’interno è il bianco continuo a colpire
l’occhio dello spettatore. Anche in questo caso si è scelta una modalità
costruttiva simile a quella per l’esterno. Piuttosto che usare il comune
cartongesso, il quale non avrebbe supportato la curvatura spezzandosi, si è
scelto come alternativa un materiale costituito da una trama in fibra di vetro
(flex board), che consentiva la giusta torsione. Ognuno di questi pannelli,
circa 19.000 pezzi, è stato applicato singolarmente alla struttura reticolare
in acciaio.
Lo spazio pubblico all’interno dell’Heydar Aliyev
Center è veramente omnidirezionale,
fluendo lateralmente e verticalmente in panorami piegati dalle sue curve.
Questo
Centro culturale ha un carattere immersivo, coinvolge i visitatori invitandoli
in una relazione partecipativa. I visitatori trovano se stessi in un ambiente
curvo che si allarga e si restringe, sale e scende, in un flusso dinamico di
muri convergenti e divergenti e soffitti che trasmettono il dinamismo
dell’esterno all’interno. (fig. 7-8)
Questi
spazi consentono al visitatore assoluta libertà, abbandonando il classico
sistema di percorsi obbligati e offrendo la possibilità di scegliere quali aree
visitare in base ai propri interessi.
L’allestimento museale è stato curato dallo studio
milanese Simmetrico, network di creativi, project manager ed esperti in
tecnologie multimediali, che realizza progetti in ambito museale, padiglioni
espositivi e ideazione di eventi sia in Italia che all’estero. Fondato nel
2007, nel tempo si è trasformato in un centro studi specializzato
nell’ideazione e gestione di sistemi complessi e ha fatto dell’integrazione fra
le diverse discipline creative il suo punto di forza.
Per Simmetrico la costruzione del progetto, che si
tratti di un’architettura, di un museo o di un evento, inizia con
l’individuazione di un concept
narrativo che, integrando forme, linguaggi e contenuti, diventa comunicazione
culturale.
L’area curata da Simmetrico interessa due piani
dell’Heydar Aliyev Center. L’obiettivo era realizzare un museo su Heydar Aliyev
per raccontare la potenza e il valore del suo operato in favore del Paese. Egli
è stata la personalità più importante e più influente degli ultimi vent’anni in
Azerbaijan, promuovendo valori come la cultura e l’amore per la patria, al fine
di proiettare il paese verso il futuro aprendolo a contaminazioni con l’Europa.
Daniele Zambelli, fondatore di Simmetrico, nel progettare il concept del museo si è ispirato a una
frase del presidente “la mia vita sarà sempre legata alla vita
dell’Azerbaijan”. Per tal motivo ha immaginato due linee fisiche che percorrono
gli spazi del Centro culturale a rappresentare la vita di Heyadar Aliyev e
quella dell’Azerbaijan. Queste due vite, che sono anche due storie, si
incrociano e si contaminano nel corso del tempo. Tutto ciò viene tradotto a
livello visuale con due linee da 100 mt. che presentano una composizione a
frattale le cui intersezioni sono contraddistinte da tappe fondamentali delle
due storie.
La “linea” del Presidente è video proiettata ed è
possibile trovare undici punti interattivi fruibili tramite i-pad; in essi
scorrono video sulla sua vita (fig.9).
La “linea” dell’Azerbaijan è invece fisica e presenta
una serie di date significative rese con numeri fisici accompagnate da foto e
informazioni sul Paese.
In particolar modo il percorso si apre con una
fotografia gigante della montagna sacra Nakhchivan (fig.10) che secondo la
leggenda fu il luogo dove Noè approdò e fondò la sua colonia. Questa regione è
una repubblica autonoma dell’Azerbaijan e diede i natali ad Heydar Aliyev.
Capiamo quindi la scelta di inserire una fotografia di tale territorio
all’inizio del percorso espositivo, come punto di partenza della sua vita,
nonché luogo sacro dove ritrovare un possibile parallelismo tra Noè e il
presidente che ha attuato una sorta di rinascita dell’Azerbaijan. Si prosegue
poi con alcune date che mettono in evidenza gli avvenimenti più importanti
della sua vita.
è possibile ritrovare:
- diffusori audio che consentono di sentire i
contributi in maniera ravvicinata (a doccia), senza interferire con altri
contribuiti fruibili dai visitatori che si trovano a pochi metri di distanza.
- teche con documenti riguardanti le attività
politiche del Presidente
- cimeli e regali del Presidente, uniformi, scrivania,
medaglie ecc.
Vi è inoltre una sala circolare con una serie di
oggetti donati al Presidente durante alcuni incontri internazionali. Grazie a
una sfera posta al centro della sala e sulla quale è proiettata una carta
geografica, è possibile selezionare i vari paesi e veder apparire su uno
schermo retrostante foto o video che testimoniano l’incontro fra Aliyev e le
relative personalità politiche.(fig.11)
Si scopre poi una stanza più piccola che ricrea un
piccolo cinema, con uno schermo rettangolare sul quale è possibile visionare un
video dedicato ad Aliyev.
Una sorpresa è che il visitatore non guarda noiose
figure o testi scritti ma un mix ad alta definizione di audio e istallazioni
video interattive.
Un’altra area dell’edificio ospita invece la mostra
permanente “I tesori dell’Azerbijan” che racchiude tappeti, antichi manufatti e
costumi tipici della tradizione azera.
L’auditorium
Uno degli elementi più suggestivi e caratteristici
dell’edificio è l’auditorium, utilizzato per conferenze, concerti, balletti
e come teatro d’opera, con una
capienza di 1.200 posti. Si tratta di una sorta di scatola interna,
isolata dal resto con sei pareti spesse oltre 60 cm. Il soffitto e le pareti
sono rivestite da pannelli in legno di quercia bianca fabbricati a mano, i cui
spazi vuoti illuminati tra le striature conferiscono un aspetto morbido alla
sala.
I
progettisti hanno cercato di conciliare le caratteristiche visuali richieste
dallo studio ZHA con quelle acustiche dei materiali. Bisognava rispettare i
limiti di pressione sonora al fine di garantire agli spettatori un’acustica
ottimale per i vari usi. (fig.12)
Importante
elemento per la progettazione acustica è stato il tempo di riverbero,
influenzato da materiali di finitura, dalla forma della galleria e dalle
dimensioni. A causa della rigidità formale imposta dallo studio ZHA e della
presenza di superfici interne in gesso, altamente riflettenti e generatrici di
un eccessivo riverbero, si è lavorato molto su finiture e rivestimenti in modo
da aumentare il loro potere di assorbimento.
Oltre
ai materiali di soffitti e pareti si è prestata attenzione anche a quelli del
pavimento; per ridurre il rumore prodotto dal calpestio, è stato steso uno strato resiliente di sughero,
posandolo in opera al di sotto dello strato di resina autolivellante di
finitura. Si è proceduto a disporre materiale fono-assorbente nelle zone più
soggette a fenomeni di eco.
Questi
parametri acustici ottenuti grazie a sofisticati calcoli e all’utilizzo dei
materiali più idonei, permettono l’utilizzo dell’auditorium sia come sala
conferenze che per i concerti.
Il
problema era infatti avere un giusto isolamento per i diversi usi. Un
ribassamento inutilizzato del soffitto adiacente all’apertura del proscenio
dava l’opportunità di costruire uno spazio chiuso che agisse come volume di
accoppiamento. I volumi di accoppiamento sono due o più spazi collegati da una
superficie comune nota come apertura di collegamento. La musica ha un tempo di
risonanza maggiore rispetto al parlato; così lo spazio di quattro metri e mezzo
sotto il soffitto viene utilizzato per modulare il riverbero. Durante i
concerti i pannelli di questo spazio vengono aperti per aumentare l’eco, e
vengono invece chiusi per i discorsi, ottenendo un maggiore isolamento. è
possibile dunque ottenere la massima resa acustica nelle varie situazioni
sceniche.
Le
onde sonore provenienti dal palco propagandosi nell’ambiente, si materializzano
modulando e scandendo le superfici della sala, conferendole questo
caratteristico andamento ondulato che potrebbe ricordare il guscio di una
conchiglia. L’originale forma dell’auditorium rimanda alla mente il Teatro
Regio di Torino progettato da Carlo Mollino, così come il Mobile art Cahnel o il JS Bach Chambel Music Hall di Zaha
Hadid, nota per ispirarsi a forme zoomorfe e naturali.
L’Heydar Aliyev Center sta sviluppando un
planning di mostre ed eventi davvero notevole, che lo ha condotto in questo
breve periodo dall’apertura a ospitare esposizioni di importanti artisti
internazionali come Andy Warhol, Henri Cartier-Bresson o Anish Kapoor, ma anche
giovani artisti azeri. La cura e promozione degli eventi è possibile grazie
alla collaborazione della Fondazione Heydar Aliyev e di alcune organizzazioni culturali.
Non mancano i rapporti del Centro con altre realtà museali come il Louvre di
Parigi o il Vaticano.
L’Heydar
Aliyev Center ha vinto il premio Design
of the year assegnato dal London’s Design Museum ed è stato definito dalla
critica il momento culminante nel portafoglio di Zaha Hadid.
Intervista all’Ambasciatore italiano a Baku Giampaolo Cutillo
1. Dopo l’Eurovision Song Contest del 2012 e i Giochi Europei di
quest’anno l’Azerbaijan è un paese sempre più conosciuto nel mondo. Attraverso
quali modalità si potrebbe ulteriormente divulgare la cultura azera nel mondo?
L’Azerbaijan è un Paese giovane, se
guardiamo alla data della sua indipendenza, ma espressione di una cultura
antica e molto ricca. Il potenziale turistico è forte e, giusto per guardare ad
un appuntamento non molto distante, vedrà ad esempio nel Gran Premio di Formula
1 di Baku, nel 2016, un’ulteriore vetrina internazionale per il paese.
Aldilà tuttavia della promozione turistica
e dell’organizzazione dei grandi eventi di questi ultimi anni, il punto di
forza principale dell’Azerbaijan risiede a mio avviso nella sua immagine di
Paese proiettato nel futuro, grazie agli ingenti investimenti realizzati negli
anni, ma allo stesso tempo attento a riscoprire radici ed identità, in un
contesto geopolitico delicato e di grande importanza per gli equilibri della
regione.
2. L’Italia è tra i principali partner commerciali dell’Azerbaijan. Quali
sono i rapporti attualmente in atto fra i due paesi in campo culturale?
Esistono progetti o iniziative culturali che l’Azerbaijan vuole costruire in
collaborazione con l’Europa e in particolar modo con l’Italia?
L’Italia gode in Azerbaijan, a tutti i
livelli, di una simpatia diffusa e spontanea. Il nostro stile di vita, i
prodotti del Made in Italy e la nostra cultura –dal cinema, alla musica, allo
sport, all’architettura e design- ricevono attenzione crescente, arrecando
naturalmente un beneficio anche agli scambi commerciali. Sul versante opposto,
l’Azerbaijan ha compiuto negli ultimi anni una serie di intelligenti
investimenti culturali in Italia. Cito tre esempi: il padiglione del paese
all’EXPO di Milano, tra i più visitati ed apprezzati dalla critica e dal
pubblico; l’importante presenza di un padiglione nazionale azerbaijano, ormai
da anni, alla Biennale d’Arte di Venezia; i finanziamenti generosamente
concessi per il restauro di aree museali ed archeologiche, a Roma ed in
Vaticano.
Sono esempi significativi, nei quali si
sono impegnati il Ministero della Cultura ed istituzioni prestigiose come la
Hayder Aliyev Foundation e Yarat, e simboleggiano il nuovo volto
dell’Azerbaijan, aperto alle novità e rivolto al futuro.
3. Secondo Lei attraverso quali processi e quali strategie è possibile creare scambi culturali tra due paesi apparentemente molto diversi come l’Azerbaijan e
l’Italia?
Quando gli azerbaijani guardano all’Italia
tendono a notare le affinità, molto più che le differenze. Siamo infatti
entrambi espressione di culture antiche e radicate in aree cruciali: il
Mediterraneo ed il Caucaso sono accomunati da analoga complessità culturale e
dalla ricchezza di influssi accumulatisi e stratificatisi nei secoli.
E poi, storicamente, c’è il dato di fatto
della Via della Seta, di cui l’Azerbaijan era punto di transito e snodo, e l’Italia
punto di partenza, o d’approdo. Anche le moderne rotte commerciali ed
energetiche globali risentono di questo influsso e di un rapporto tra le due
aree del mondo, mai interrottosi ed anzi destinato ad intensificarsi.
Infine, c’è il dato caratteriale, di due
paesi nei quali prevale il “temperamento meridionale”: non è solo un fatto di
latitudine, ma direi anche di stili di vita e valori, nei quali ravvedo delle
similitudini, pur tra le innegabili differenze.
4. L’Heydar Aliyev Center si pone come fiore all’occhiello della moderna
Baku sia per eventi culturali che di carattere sociale. Sin dalla sua recente
apertura il Centro culturale ha voluto dimostrare la costante apertura del
paese verso il futuro e le nuove tecnologie, discostandosi dalla mera
conservazione delle opere d’arte e promuovendo eventi dinamici che mettono in
relazione diverse culture. Secondo Lei che ruolo ha avuto l’Heydar Aliyev
Center in questo contesto e quali sono le prospettive future?
Il Centro si è subito affermato come icona
e simbolo della nuova Baku, non solo per il suo pregio architettonico e
l’originalità delle sue linee. Esso ospita sempre più di frequente eventi
culturali, mostre, conferenze, concerti, incontri politici internazionali.
Esprime in sintesi, con grande impatto visivo, il volto di una città dinamica e
giustamente orgogliosa delle sue realizzazioni.
5.Tenendo presente le antiche origini e le tradizioni dell’Azerbaijan,
ritiene che il paese risenta dei processi culturali e sociali dell’occidente?
L’Azerbaijan è per sua natura un crocevia
tra Europa ed Asia, un incrocio quanto mai interessante di culture diverse. Se
oggi si passeggia per le strade di Baku, si faticherà a trovare differenze
rilevanti da una qualsiasi città europea, sebbene ciò non significhi
appiattimento e perdita di identità. Gli stili di vita occidentali
rappresentano di certo un modello per un’ampia fascia della popolazione, ma non
vi è dubbio che la natura stessa del paese si nutre anche di influenze di
diverso tipo, in un contesto peraltro che non si esaurisce con la capitale e
dove le diversità culturali e religiose convivono in complessiva armonia:
un’armonia che è forse il tratto più distintivo dell’attuale società
azerbaijana.
6. Alla luce degli investimenti infrastrutturali dell’Azerbaijan negli
ultimissimi anni, come sta vedendo cambiare il ruolo dell’arte e della musica
nel paese? Ritiene che possano essere delle strategie per l’incremento del
turismo?
La scena culturale del Paese è giovane e
dinamica. Dalle arti figurative alla musica, dalla tradizione del mugham, al
jazz, alla musica classica, sono numerosi gli spazi musicali ed artistici su
cui può contare la città di Baku. Festival, gallerie, centri espositivi, musei
stanno senz’altro contribuendo ad accreditare l’immagine di una città sensibile
alla cultura e capace di investire sul proprio futuro.
7. Dal 1972 Napoli è gemellata con Baku. Quali sono secondo Lei le
caratteristiche che accomunano queste due città e come si trova da napoletano a
vivere in un paese così diverso dall’Italia?
Le differenze maggiori riguardano
probabilmente l’aspetto linguistico, vista la radice turcofona della lingua
azera e l’ancora ampia diffusione veicolare della lingua russa.
Quanto agli stili di vita, tuttavia, devo
dire che Baku è città quanto mai accogliente, soprattutto per un Italiano. Come
dicevo, siamo guardati con simpatia, e se qualche pregiudizio c’è nei nostri
confronti, esso è prevalentemente positivo. Il che facilita la vita quotidiana
ed apre molte porte, anche sul piano professionale.
Dicono che il gemellaggio tra Napoli e
Baku sia stato ispirato dalla identica latitudine e dall’analoga conformazione
dei lungomare di Via Caracciolo e del Bulvar. Aldilà del lato geografico, però,
credo che Napoli sia stata presa un po’ a simbolo di quel “temperamento
meridionale” di cui parlavo in precedenza. Il che tra l’altro non vuol dire che
la similitudine viene meno se, al posto di Napoli, mettiamo un’altra città
italiana. In Italia, infatti, anche chi vive alle pendici delle Alpi è
innegabilmente pur sempre immerso nel Mediterraneo: e questo mi sembra in
definitiva il tratto più rilevante alla base del rapporto tra Italia ed
Azerbaijan, e delle affinità esistenti tra i due paesi.
NOTE
[1]
Cfr. Z. BAUMAN, Modernità liquida,
Roma, Editori Laterza, 2006. Per il
sociologo polacco la società liquida comincia a delinearsi con il
post-modernismo, un’epoca caratterizzata dalla crisi dei valori e dalla perdita
di punti di riferimento, in cui ciò che conta è l’apparire e il consumismo. Ne
emerge un forte individualismo in cui gli uomini entrano in competizione fra
loro al fine di appagare i propri desideri. Questo soggettivismo ha reso la
società fragile; senza punti di riferimento essa si sgretola dissolvendosi in
una sorta di liquidità.
[2]
http://www.theplan.it/webzine/architettura-internazionale/heydar-aliyev-center#sthash.FKn6wWTn.dpbs
[3]
B. ZEVI, Il linguaggio moderno
dell’architettura. Guida al codice anticlassico, Torino, Giulio Einaudi
Editore, 1973, p.57.
[4]
M.
GUCCIONE, Zaha Hadid, Milano, Motta Architettura, 2007, pp. 90-91.
[6]
S. RUGINO, Liquid box, Roma, Aracne
Editrice, 2008, p.107.
[9]
http://www.patrikschumacher.com/Texts/La%20citta'%20parametrica.htm
[11]
Da un’intervista a Marta Marchesi, responsabile contenuti di Simmetrico
Network. 21.10.2015
BIBLIOGRAFIA
ALIYEVA, 2011
Mehriban
Aliyeva, Azerbaigian, BaKu,
Fondazione Heydar Aliyev, 2011
BAUMAN
Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Roma, Editori
Laterza, 2006
BETSKY, 2009
Aron Betsky, Zaha Hadid. L’opera
completa, a cura di C. Pagnani, Milano, Rizzoli, 2009
BEKIROGLU, 2014
Saffet Bekiroglu, Zaha Hadid architects: Heydar Aliyev Center, Zurich, Lars Muller,
2014
COOK, 2014
Peter Cook, Centre, Baku, Zaha Hadid Architects, “The architectural review” n.
1403 january 2014, p.27
FONDAZIONE HEYDAR ALIYEV, 2012
Fondazione
Heydar Aliyev, Azerbaigian: un crocevia
di culture e civiltà, 2012
GUCCIONE, 2006
M.
Guccione, Zaha Hadid, Milano, Motta,
2006
NOVACK, 1993
Mark
Novack, Architetture liquide nel
ciberspazio, in M.Benedikt, Cyberspace.
Primi passi nella realtà virtuale, Padova, Franco Muzzio Editore, 1993
RUGINO, 2008
Salvatore
Rugino, Liquid box, Aracne Editrice,
Roma, 2008
SITOGRAFIA
http://www.dezeen.com/2014/07/01/designs-of-the-year-2014-zaha-hadid-saffet-kaya-bekiroglu-interview-heydar-aliyev/
http://www.ingegneri.info/news/strutture/heydar-aliyev-center-di-zaha-hadid-lacustica-contro-la-forma/
http://www.wallpaper.com/architecture/heydar-aliyev-centre-by-zaha-hadid-in-baku
Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA
|