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L’Heydar Aliyev Center di Zaha Hadid a Baku  

Federica Ferrara
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 10 Marzo 2016, n. 801
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Area Architettura

Nella cultura di un popolo l’arte riveste da sempre un ruolo di fondamentale importanza; l’arte intesa come trasmissione di sapere, tradizioni, valori e identità. Per tal motivo i paesi investono sulla comunicazione della cultura e del patrimonio storico-artistico. è in questa prospettiva che si colloca l’Heydar Aliyev Center della scintillante Baku moderna.

Questo monumentale edificio, progettato da Zaha Hadid, si inserisce in un contesto storico-culturale molto ricco ed eterogeneo. L’Azerbaijan, situato fra il Caucaso e il Mar Caspio, è da sempre stato crocevia di diverse culture che hanno lasciato traccia di se sia sotto il profilo culturale che architettonico. Proprio per tal motivo la sua capitale possiede un centro storico caratterizzato da siti archeologici, moschee, edifici di matrice orientale, divenuto nel 2000 patrimonio dell’UNESCO; ma accanto a questa realtà troviamo grandi palazzi di stile sovietico e costruzioni ultramoderne. Baku è quindi una città dai due volti, che prova a mantenere senza però farli entrare in contraddizione, in una dicotomia che si muove fra tradizione e innovazione.

Questo centro culturale, commissionato dalla Repubblica dell’Azerbaijan, è intitolato all’ex presidente Heydar Aliyev, fortemente voluto dal popolo azero e da esso percepito come il salvatore del paese per aver attuato una politica di sviluppo e progresso.

A partire dalla sua indipendenza nel 1991 l’Azerbaijan ha investito molto in infrastrutture grazie all’economia petrolifera, per dare una nuova immagine di sé al mondo. La costruzione dimostra la recente ascesa di Baku, città che vuole gradualmente discostarsi dal modernismo sovietico sviluppando un’architettura altamente progredita. Si tratta infatti di un paese che sta cercando di scrollarsi di dosso secoli di dominazioni e aprirsi all’occidente.

Questo edificio inaugurato nel 2012, è fiore all’occhiello di una politica di incremento infrastrutturale che punta sul settore turistico e culturale.

 

In una realtà così complessa e mutevole come la nostra, in cui la rete ha cambiato il modo di relazionarsi, l’Heydar Aliev Center con le sue forme fluide, gli ampi spazi interni e l’assenza di spigoli, sembra incarnare il volto della società odierna divenuta, per usare una definizione coniata dal sociologo Bauman, “liquida” [1] . Inoltre sono proprio le sue caratteristiche formali a esprimere quel senso di “apertura” a cui aspira il nuovo Azerbaijan. In questo senso si potrebbe dire che l’estetica del Centro si unisce al messaggio; è un edificio che diventa simbolo nazionale e postula un’idea di democrazia.

L’edificio ha infatti l’intento di rompere con la classica e rigida architettura sovietica per approdare a forme in continuo mutamento, potenzialmente deformabili all’infinito; forme per l’appunto liquide che vogliono rimandare alla progressiva e celere apertura del paese alla modernità.

L’Heydar Aliyev Center nasce per inserirsi e relazionarsi con il contesto urbano. Una delle peculiarità che caratterizza la fase progettuale del team ZHA è l’analisi della topografia, che consiste nel valutare il paesaggio in cui l’edificio sarà posizionato, tenendo presente anche l’urbanistica circostante, sfruttandone le caratteristiche come fonte d’ispirazione. La topografia di questa area di Baku era caratterizzata da uno strapiombo, per tale motivo si è proceduto con un terrazzamento che creasse un omogeneo collegamento tra parcheggio sotterraneo, piazza esterna ed edificio stesso. Così quello che in termini urbanistici poteva essere uno svantaggio è stato trasformato e utilizzato per creare una composizione caratteristica [2] .

L’idea dei progettisti consisteva nel creare una struttura che sembrasse emergere direttamente dal terreno e abbracciare il pubblico che vi passeggia intorno. Ciò vale soprattutto per la piazza antistante l’edificio, che si sviluppa in un sistema di vasche terrazzate e giardini per poi erigersi nella facciata a onda e entrare dentro l’edificio scolpendo gli spazi interni. (fig.2)

Prendendo in prestito la definizione di “pianta libera” coniata da Le Corbusier negli anni ’20, possiamo rintracciare lo stesso principio nella pianta dell’Heydar Aliyev Center; tale composizione consente massima comunicazione fra gli ambienti, unificandoli e creando un camminamento fluido [3] .(fig.3)

Nella visione hadidiana di museo gli spazi sono pensati per ospitare diverse forme d’arte contemporaneamente. Per questo essi sono spesso ampi e cangianti, tali da offrire una diversificazione di soluzioni espositive consentendo una maggiore flessibilità degli allestimenti. Questa peculiarità, che diventa una vera e propria poetica della progettualità di Zaha Hadid, è riscontrabile in diversi suoi progetti come il Museo per le arti del XXI secolo di Roma o il Contemporary Arts Center di Cincinnati [4] .

 

Le modalità di costruzione degli ultimi vent’anni hanno subito come conseguenza naturale un adattamento alla situazione sopra descritta in merito all’evoluzione della società contemporanea. Ciò vale in special modo per i luoghi della conoscenza come musei, centri culturali, teatri ecc. Zaha Hadid è certamente fra gli architetti che più sensibilmente capta questo forte cambiamento dato dall’era del web.

La sua predilezione per la fluidità e il tema dello scambio è rintracciabile nelle suggestioni lasciate dai paesaggi del Tigri e dell’Eufrate durante l’infanzia trascorsa in Iraq. Gli spazi interni sembrano infatti intersecarsi e fondersi tra li loro, non solo al livello del piano, ma anche in alzato, dando vita a pareti e tetti curvilinei.

A differenza dei pesanti edifici dell’era sovietica, imponenti, cupi e implacabili, l’Heydar Aliyev Center rappresenta una nuova era nell’architettura che a sua volta simboleggia un nuovo Azerbaijan. Se una cultura può essere percepita dall’atteggiamento architettonico della città, grazie all’Heydar Center, essa vorrebbe apparire più libera, più briosa e più luminosa.

Come afferma Saffet Bekiroglu, collaboratore della Hadid vicino alla cultura azera, l’intenzione dei progettisti era di mettere in relazione l’edificio con l’architettura del luogo caratterizzata da forme di ascendenza orientale, non attraverso un semplice mimetismo con l’iconografia del passato, ma piuttosto attraverso un’interpretazione in chiave contemporanea [5] .

 

 

La copertura e l’illuminazione

Uno degli elementi più critici del progetto è stato lo sviluppo della copertura dell’edificio, elemento che unifica le tre principali funzioni di museo, biblioteca e auditorium, ai quali si aggiungono sale espositive per mostre temporanee, bar e ristoranti.

Nel caso dell’Heydar Aliyev Center non è possibile parlare di facciata in senso classico; il lato principale è certamente quello contraddistinto da una gigante onda vetrata, ma tale superficie diventa subito labile, non ne distinguiamo i confini perché cede il posto alle aperture sul fianco destro, per poi salire nuovamente a picco nella facciata vetrata sul retro. Come per il nastro di Moebius o la bottiglia di Klein - superfici per le quali non è possibile distinguere interno ed esterno - qui la regola viene sconvolta per lasciar posto a una superfice continua e morbida che si trasforma continuamente in favore degli infiniti punti di vista.

L’architettura contemporanea sostituisce l’idea di facciata con quella di pelle o membrana, da considerarsi come elemento mediatore fra l’interno e l’esterno dell’edificio. Non basta considerarla muro, semplice superficie neutra, ma pelle interattiva e comunicativa [6] . Grazie a una superficie sensibile e reattiva vengono così a crearsi nuovi scenari atti a stupire e a stravolgere la percezione. Le forme ideate da Hadid creano una perfetta osmosi tra interno ed esterno, divenendo manifesto di un’idea di cultura sempre più aperta, molteplice e democratica.

Quelli dell’Heydar Aliyev Center sono spazi apparentemente privi di assi portanti. Gli elementi strutturali sono infatti assorbiti dall’involucro o comunque camuffati all’interno delle pareti continue.

La realizzazione del rivestimento esterno ha visto la collaborazione di una ditta turca e di una italiana. Esso è costituito da una struttura in cemento e un sistema a telaio tridimensionale. Quest’ultimo, prodotto da MERO-TSK International è costituito da tubi CHS e da nodi a sfera con diametro compreso tra 110 e 350 mm a seconda del loro posizionamento, assemblati senza alcuna saldatura [7] . Il rivestimento, frutto di due anni di ricerche, è costituito da pannelli in cemento armato rinforzato in fibra di vetro, associato al manto sintetico TPO FLAGON EP-PR e a una membrana autoadesiva impermeabile SOPREMA Sopravap Stick Alu  da 1.5 mm. La sorprendente sfida ha visto prefabbricare a piè d’opera i 3700 moduli di forma diversa per essere assemblati direttamente sulla copertura in un secondo momento, in modo da adattarsi all’andamento curvilineo della copertura [8] . (fig.4)

Questo tipo di ricerca è resa possibile anche grazie all’uso del parametricismo, termine coniato dal principale collaboratore di Zaha Hadid Patrik Schumacher; uno studio tecnico-formale basato su procedimenti di calcolo computazionali (algoritmi genetici) e sulla premessa che tutti i processi-chiave della progettazione sono costituiti da variazione e correlazione degli elementi architettonici (moduli), per posizione, geometria e materiale, malleabili nell’adattabilità al contesto [9] . L’utilizzo di queste tecniche ha permesso di creare per l’Heydar Aliyev Center una superficie continua che si piega su se stessa per slanciarsi verso l’esterno.

Una continua ed omogenea superficie neutra capace di ospitare eventi culturali, mostre di arte e di fotografia, istallazioni e attività ricreative di ogni genere.

L’immagine evocata dalla visione complessiva dell’edificio rimanda al corpo di uno squalo balena. In particolar modo gli elementi più visibili sono le branchie laterali, la pinna dorsale e caudale, riprese con evidenza armonica nella struttura del Centro Culturale. Come le branchie permettono al mammifero di respirare, così le fenditure laterali dell’edificio consentono il filtraggio della luce all’interno dello stesso.(fig.5)

Una delle componenti volte a sottolineare questo senso di apertura e di osmosi fra interno ed esterno è la superfice vetrata che caratterizza la facciata e il retro dell’edificio. Caratteristica usuale nei moderni edifici che contrassegnano le città odierne, il vetro specchiato permette a chi sta fuori di scrutarne gli interni e contemporaneamente di riflettere ciò che sta intorno, creando un rapporto continuo e cangiante col paesaggio e l’urbanistica nei quali l’edificio è posizionato. Questo continuo movimento e senso di caducità riflette bene la condizione della società odierna, basata sull’istantaneità e sul rapido appagamento dei desideri.

 

Importante elemento per la caratterizzazione del Centro è l’illuminazione, che contribuisce al suo generale cangiantismo diversificandolo dal giorno alla sera e sottolineando il rapporto continuo tra interno ed esterno. La copertura riflette la luce, così facendo  l’edificio risulta diverso in base alla posizione del sole durante le ore del giorno. La sera le luci mettono in risalto le linee principali che lo caratterizzano. Massima è stata la ricerca di una soluzione in grado di offrire la giusta performance illuminotecnica ed integrazione con il design delle strutture. Le luci sono state fuse letteralmente con il tessuto sinuoso dell’architettura; i progettisti erano determinati a trovare una soluzione illuminotecnica che non contrastasse con il fluire naturale della superficie unica dell’edificio. Si sono utilizzate luci al LED solo per alcune aree specifiche, per il resto lampade fluorescenti e faretti incassati nelle pareti con un sistema di controllo dell’intensità regolabile. Osservando l’edificio si viene a creare un effetto lanterna; la facciata è  rischiarata in modo da creare un effetto che decresce per intensità dall’interno verso l’esterno, ad intensificare la relazione tra lo spazio della piazza e degli interni [10] . (fig.6)

 

 

Gli interni

Spostandoci all’interno è il bianco continuo a colpire l’occhio dello spettatore. Anche in questo caso si è scelta una modalità costruttiva simile a quella per l’esterno. Piuttosto che usare il comune cartongesso, il quale non avrebbe supportato la curvatura spezzandosi, si è scelto come alternativa un materiale costituito da una trama in fibra di vetro (flex board), che consentiva la giusta torsione. Ognuno di questi pannelli, circa 19.000 pezzi, è stato applicato singolarmente alla struttura reticolare in acciaio.

Lo spazio pubblico all’interno dell’Heydar Aliyev Center è veramente omnidirezionale, fluendo lateralmente e verticalmente in panorami piegati dalle sue curve.

Questo Centro culturale ha un carattere immersivo, coinvolge i visitatori invitandoli in una relazione partecipativa. I visitatori trovano se stessi in un ambiente curvo che si allarga e si restringe, sale e scende, in un flusso dinamico di muri convergenti e divergenti e soffitti che trasmettono il dinamismo dell’esterno all’interno. (fig. 7-8)

Questi spazi consentono al visitatore assoluta libertà, abbandonando il classico sistema di percorsi obbligati e offrendo la possibilità di scegliere quali aree visitare in base ai propri interessi.

 

L’allestimento museale è stato curato dallo studio milanese Simmetrico, network di creativi, project manager ed esperti in tecnologie multimediali, che realizza progetti in ambito museale, padiglioni espositivi e ideazione di eventi sia in Italia che all’estero. Fondato nel 2007, nel tempo si è trasformato in un centro studi specializzato nell’ideazione e gestione di sistemi complessi e ha fatto dell’integrazione fra le diverse discipline creative il suo punto di forza.

Per Simmetrico la costruzione del progetto, che si tratti di un’architettura, di un museo o di un evento, inizia con l’individuazione di un concept narrativo che, integrando forme, linguaggi e contenuti, diventa comunicazione culturale.

L’area curata da Simmetrico interessa due piani dell’Heydar Aliyev Center. L’obiettivo era realizzare un museo su Heydar Aliyev per raccontare la potenza e il valore del suo operato in favore del Paese. Egli è stata la personalità più importante e più influente degli ultimi vent’anni in Azerbaijan, promuovendo valori come la cultura e l’amore per la patria, al fine di proiettare il paese verso il futuro aprendolo a contaminazioni con l’Europa. Daniele Zambelli, fondatore di Simmetrico, nel progettare il concept del museo si è ispirato a una frase del presidente “la mia vita sarà sempre legata alla vita dell’Azerbaijan”. Per tal motivo ha immaginato due linee fisiche che percorrono gli spazi del Centro culturale a rappresentare la vita di Heyadar Aliyev e quella dell’Azerbaijan. Queste due vite, che sono anche due storie, si incrociano e si contaminano nel corso del tempo. Tutto ciò viene tradotto a livello visuale con due linee da 100 mt. che presentano una composizione a frattale le cui intersezioni sono contraddistinte da tappe fondamentali delle due storie.

La “linea” del Presidente è video proiettata ed è possibile trovare undici punti interattivi fruibili tramite i-pad; in essi scorrono video sulla sua vita (fig.9).

La “linea” dell’Azerbaijan è invece fisica e presenta una serie di date significative rese con numeri fisici accompagnate da foto e informazioni sul Paese.

In particolar modo il percorso si apre con una fotografia gigante della montagna sacra Nakhchivan (fig.10) che secondo la leggenda fu il luogo dove Noè approdò e fondò la sua colonia. Questa regione è una repubblica autonoma dell’Azerbaijan e diede i natali ad Heydar Aliyev. Capiamo quindi la scelta di inserire una fotografia di tale territorio all’inizio del percorso espositivo, come punto di partenza della sua vita, nonché luogo sacro dove ritrovare un possibile parallelismo tra Noè e il presidente che ha attuato una sorta di rinascita dell’Azerbaijan. Si prosegue poi con alcune date che mettono in evidenza gli avvenimenti più importanti della sua vita.

è possibile ritrovare:

- diffusori audio che consentono di sentire i contributi in maniera ravvicinata (a doccia), senza interferire con altri contribuiti fruibili dai visitatori che si trovano a pochi metri di distanza.

- teche con documenti riguardanti le attività politiche del Presidente

- cimeli e regali del Presidente, uniformi, scrivania, medaglie ecc.

Vi è inoltre una sala circolare con una serie di oggetti donati al Presidente durante alcuni incontri internazionali. Grazie a una sfera posta al centro della sala e sulla quale è proiettata una carta geografica, è possibile selezionare i vari paesi e veder apparire su uno schermo retrostante foto o video che testimoniano l’incontro fra Aliyev e le relative personalità politiche.(fig.11)

Si scopre poi una stanza più piccola che ricrea un piccolo cinema, con uno schermo rettangolare sul quale è possibile visionare un video dedicato ad Aliyev.

Una sorpresa è che il visitatore non guarda noiose figure o testi scritti ma un mix ad alta definizione di audio e istallazioni video interattive [11] .

Un’altra area dell’edificio ospita invece la mostra permanente “I tesori dell’Azerbijan” che racchiude tappeti, antichi manufatti e costumi tipici della tradizione azera.

 

 

L’auditorium

Uno degli elementi più suggestivi e caratteristici dell’edificio è l’auditorium, utilizzato per conferenze, concerti, balletti e come teatro d’opera, con una capienza di 1.200 posti. Si tratta di una sorta di scatola interna, isolata dal resto con sei pareti spesse oltre 60 cm. Il soffitto e le pareti sono rivestite da pannelli in legno di quercia bianca fabbricati a mano, i cui spazi vuoti illuminati tra le striature conferiscono un aspetto morbido alla sala.

I progettisti hanno cercato di conciliare le caratteristiche visuali richieste dallo studio ZHA con quelle acustiche dei materiali. Bisognava rispettare i limiti di pressione sonora al fine di garantire agli spettatori un’acustica ottimale per i vari usi. (fig.12)

Importante elemento per la progettazione acustica è stato il tempo di riverbero, influenzato da materiali di finitura, dalla forma della galleria e dalle dimensioni. A causa della rigidità formale imposta dallo studio ZHA e della presenza di superfici interne in gesso, altamente riflettenti e generatrici di un eccessivo riverbero, si è lavorato molto su finiture e rivestimenti in modo da aumentare il loro potere di assorbimento.

Oltre ai materiali di soffitti e pareti si è prestata attenzione anche a quelli del pavimento; per ridurre il rumore prodotto dal calpestio, è stato steso uno strato resiliente di sughero, posandolo in opera al di sotto dello strato di resina autolivellante di finitura. Si è proceduto a disporre materiale fono-assorbente nelle zone più soggette a fenomeni di eco.

Questi parametri acustici ottenuti grazie a sofisticati calcoli e all’utilizzo dei materiali più idonei, permettono l’utilizzo dell’auditorium sia come sala conferenze che per i concerti.

Il problema era infatti avere un giusto isolamento per i diversi usi. Un ribassamento inutilizzato del soffitto adiacente all’apertura del proscenio dava l’opportunità di costruire uno spazio chiuso che agisse come volume di accoppiamento. I volumi di accoppiamento sono due o più spazi collegati da una superficie comune nota come apertura di collegamento. La musica ha un tempo di risonanza maggiore rispetto al parlato; così lo spazio di quattro metri e mezzo sotto il soffitto viene utilizzato per modulare il riverbero. Durante i concerti i pannelli di questo spazio vengono aperti per aumentare l’eco, e vengono invece chiusi per i discorsi, ottenendo un maggiore isolamento. è possibile dunque ottenere la massima resa acustica nelle varie situazioni sceniche [12] .

Le onde sonore provenienti dal palco propagandosi nell’ambiente, si materializzano modulando e scandendo le superfici della sala, conferendole questo caratteristico andamento ondulato che potrebbe ricordare il guscio di una conchiglia. L’originale forma dell’auditorium rimanda alla mente il Teatro Regio di Torino progettato da Carlo Mollino, così come il Mobile art Cahnel  o il JS Bach Chambel Music Hall di Zaha Hadid, nota per ispirarsi a forme zoomorfe e naturali.

 

 

L’Heydar Aliyev Center sta sviluppando un planning di mostre ed eventi davvero notevole, che lo ha condotto in questo breve periodo dall’apertura a ospitare esposizioni di importanti artisti internazionali come Andy Warhol, Henri Cartier-Bresson o Anish Kapoor, ma anche giovani artisti azeri. La cura e promozione degli eventi è possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Heydar Aliyev e di alcune organizzazioni culturali. Non mancano i rapporti del Centro con altre realtà museali come il Louvre di Parigi o il Vaticano.

L’Heydar Aliyev Center ha vinto il premio Design of the year assegnato dal London’s Design Museum ed è stato definito dalla critica il momento culminante nel portafoglio di Zaha Hadid.

 

 

 

 

Intervista all’Ambasciatore italiano a Baku Giampaolo Cutillo

 

1. Dopo l’Eurovision Song Contest del 2012 e i Giochi Europei di quest’anno l’Azerbaijan è un paese sempre più conosciuto nel mondo. Attraverso quali modalità si potrebbe ulteriormente divulgare la cultura azera nel mondo?

 

L’Azerbaijan è un Paese giovane, se guardiamo alla data della sua indipendenza, ma espressione di una cultura antica e molto ricca. Il potenziale turistico è forte e, giusto per guardare ad un appuntamento non molto distante, vedrà ad esempio nel Gran Premio di Formula 1 di Baku, nel 2016, un’ulteriore vetrina internazionale per il paese.     

Aldilà tuttavia della promozione turistica e dell’organizzazione dei grandi eventi di questi ultimi anni, il punto di forza principale dell’Azerbaijan risiede a mio avviso nella sua immagine di Paese proiettato nel futuro, grazie agli ingenti investimenti realizzati negli anni, ma allo stesso tempo attento a riscoprire radici ed identità, in un contesto geopolitico delicato e di grande importanza per gli equilibri della regione.    

 

2. L’Italia è tra i principali partner commerciali dell’Azerbaijan. Quali sono i rapporti attualmente in atto fra i due paesi in campo culturale? Esistono progetti o iniziative culturali che l’Azerbaijan vuole costruire in collaborazione con l’Europa e in particolar modo con l’Italia?

 

L’Italia gode in Azerbaijan, a tutti i livelli, di una simpatia diffusa e spontanea. Il nostro stile di vita, i prodotti del Made in Italy e la nostra cultura –dal cinema, alla musica, allo sport, all’architettura e design- ricevono attenzione crescente, arrecando naturalmente un beneficio anche agli scambi commerciali. Sul versante opposto, l’Azerbaijan ha compiuto negli ultimi anni una serie di intelligenti investimenti culturali in Italia. Cito tre esempi: il padiglione del paese all’EXPO di Milano, tra i più visitati ed apprezzati dalla critica e dal pubblico; l’importante presenza di un padiglione nazionale azerbaijano, ormai da anni, alla Biennale d’Arte di Venezia; i finanziamenti generosamente concessi per il restauro di aree museali ed archeologiche, a Roma ed in Vaticano.

Sono esempi significativi, nei quali si sono impegnati il Ministero della Cultura ed istituzioni prestigiose come la Hayder Aliyev Foundation e Yarat, e simboleggiano il nuovo volto dell’Azerbaijan, aperto alle novità e rivolto al futuro.      

 

3. Secondo Lei attraverso quali processi e quali strategie è possibile creare scambi culturali tra due paesi apparentemente molto diversi come l’Azerbaijan e l’Italia?

 

Quando gli azerbaijani guardano all’Italia tendono a notare le affinità, molto più che le differenze. Siamo infatti entrambi espressione di culture antiche e radicate in aree cruciali: il Mediterraneo ed il Caucaso sono accomunati da analoga complessità culturale e dalla ricchezza di influssi accumulatisi e stratificatisi nei secoli.

E poi, storicamente, c’è il dato di fatto della Via della Seta, di cui l’Azerbaijan era punto di transito e snodo, e l’Italia punto di partenza, o d’approdo. Anche le moderne rotte commerciali ed energetiche globali risentono di questo influsso e di un rapporto tra le due aree del mondo, mai interrottosi ed anzi destinato ad intensificarsi. 

Infine, c’è il dato caratteriale, di due paesi nei quali prevale il “temperamento meridionale”: non è solo un fatto di latitudine, ma direi anche di stili di vita e valori, nei quali ravvedo delle similitudini, pur tra le innegabili differenze.    

 

4. L’Heydar Aliyev Center si pone come fiore all’occhiello della moderna Baku sia per eventi culturali che di carattere sociale. Sin dalla sua recente apertura il Centro culturale ha voluto dimostrare la costante apertura del paese verso il futuro e le nuove tecnologie, discostandosi dalla mera conservazione delle opere d’arte e promuovendo eventi dinamici che mettono in relazione diverse culture. Secondo Lei che ruolo ha avuto l’Heydar Aliyev Center in questo contesto e quali sono le prospettive future?

 

Il Centro si è subito affermato come icona e simbolo della nuova Baku, non solo per il suo pregio architettonico e l’originalità delle sue linee. Esso ospita sempre più di frequente eventi culturali, mostre, conferenze, concerti, incontri politici internazionali. Esprime in sintesi, con grande impatto visivo, il volto di una città dinamica e giustamente orgogliosa delle sue realizzazioni.       

 

5.Tenendo presente le antiche origini e le tradizioni dell’Azerbaijan, ritiene che il paese risenta dei processi culturali e sociali dell’occidente?

 

L’Azerbaijan è per sua natura un crocevia tra Europa ed Asia, un incrocio quanto mai interessante di culture diverse. Se oggi si passeggia per le strade di Baku, si faticherà a trovare differenze rilevanti da una qualsiasi città europea, sebbene ciò non significhi appiattimento e perdita di identità. Gli stili di vita occidentali rappresentano di certo un modello per un’ampia fascia della popolazione, ma non vi è dubbio che la natura stessa del paese si nutre anche di influenze di diverso tipo, in un contesto peraltro che non si esaurisce con la capitale e dove le diversità culturali e religiose convivono in complessiva armonia: un’armonia che è forse il tratto più distintivo dell’attuale società azerbaijana.  

 

6. Alla luce degli investimenti infrastrutturali dell’Azerbaijan negli ultimissimi anni, come sta vedendo cambiare il ruolo dell’arte e della musica nel paese? Ritiene che possano essere delle strategie per l’incremento del turismo?

 

La scena culturale del Paese è giovane e dinamica. Dalle arti figurative alla musica, dalla tradizione del mugham, al jazz, alla musica classica, sono numerosi gli spazi musicali ed artistici su cui può contare la città di Baku. Festival, gallerie, centri espositivi, musei stanno senz’altro contribuendo ad accreditare l’immagine di una città sensibile alla cultura e capace di investire sul proprio futuro. 

 

7. Dal 1972 Napoli è gemellata con Baku. Quali sono secondo Lei le caratteristiche che accomunano queste due città e come si trova da napoletano a vivere in un paese così diverso dall’Italia?

 

Le differenze maggiori riguardano probabilmente l’aspetto linguistico, vista la radice turcofona della lingua azera e l’ancora ampia diffusione veicolare della lingua russa.

Quanto agli stili di vita, tuttavia, devo dire che Baku è città quanto mai accogliente, soprattutto per un Italiano. Come dicevo, siamo guardati con simpatia, e se qualche pregiudizio c’è nei nostri confronti, esso è prevalentemente positivo. Il che facilita la vita quotidiana ed apre molte porte, anche sul piano professionale.

Dicono che il gemellaggio tra Napoli e Baku sia stato ispirato dalla identica latitudine e dall’analoga conformazione dei lungomare di Via Caracciolo e del Bulvar. Aldilà del lato geografico, però, credo che Napoli sia stata presa un po’ a simbolo di quel “temperamento meridionale” di cui parlavo in precedenza. Il che tra l’altro non vuol dire che la similitudine viene meno se, al posto di Napoli, mettiamo un’altra città italiana. In Italia, infatti, anche chi vive alle pendici delle Alpi è innegabilmente pur sempre immerso nel Mediterraneo: e questo mi sembra in definitiva il tratto più rilevante alla base del rapporto tra Italia ed Azerbaijan, e delle affinità esistenti tra i due paesi.





NOTE

[1]   Cfr. Z. BAUMAN, Modernità liquida, Roma, Editori Laterza, 2006. Per il sociologo polacco la società liquida comincia a delinearsi con il post-modernismo, un’epoca caratterizzata dalla crisi dei valori e dalla perdita di punti di riferimento, in cui ciò che conta è l’apparire e il consumismo. Ne emerge un forte individualismo in cui gli uomini entrano in competizione fra loro al fine di appagare i propri desideri. Questo soggettivismo ha reso la società fragile; senza punti di riferimento essa si sgretola dissolvendosi in una sorta di liquidità.

[2]   http://www.theplan.it/webzine/architettura-internazionale/heydar-aliyev-center#sthash.FKn6wWTn.dpbs

[3]   B. ZEVI, Il linguaggio moderno dell’architettura. Guida al codice anticlassico, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1973, p.57.

[4]   M. GUCCIONE,  Zaha Hadid, Milano, Motta Architettura, 2007, pp. 90-91.  

[5]   Traduzione di un’intervista a Saffet Bekiroglu, dal sito web http://www.dezeen.com/2014/07/01/designs-of-the-year-2014-zaha-hadid-saffet-kaya-bekiroglu-interview-heydar-aliyev/ C. ROUX, Heydar Aliyev Center by Zaha Hadid in Baku, dal sito web http://www.wallpaper.com/architecture/heydar-aliyev-centre-by-zaha-hadid-in-baku  

[6]   S. RUGINO, Liquid box, Roma, Aracne Editrice, 2008, p.107.  

[9]   http://www.patrikschumacher.com/Texts/La%20citta'%20parametrica.htm

[10]   G. ROSSI, Heydar Aliyev Center, massima integrazione tra luce ed architettura, dal sito web http://www.luxemozione.com/2015/09/heydar-aliyev-center-massima-integrazione-tra-luce-ed-architettura.html  

[11]   Da un’intervista a Marta Marchesi, responsabile contenuti di Simmetrico Network. 21.10.2015

[12] F. AIMAR, Heydar Aliyev Center di Zaha Hadid. L’acustica contro la forma, 20 maggio 2014 dal sito web http://www.ingegneri.info/news/strutture/heydar-aliyev-center-di-zaha-hadid-lacustica-contro-la-forma/





BIBLIOGRAFIA

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Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Roma, Editori Laterza, 2006

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Saffet Bekiroglu, Zaha Hadid architects: Heydar Aliyev Center, Zurich, Lars Muller, 2014

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Fondazione Heydar Aliyev, Azerbaigian: un crocevia di culture e civiltà, 2012

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Salvatore Rugino, Liquid box, Aracne Editrice, Roma, 2008




SITOGRAFIA

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http://www.flag.it/casi-di-successo/il-manto-sintetico-tpo-flagon-impermeabilizza-la-copertura-heydar-aliyev-cultural-center-di-baku-ideato-da-zaha-hadid.html

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http://www.mero.de/index.php/en/construction-systems/references-en/36-space-structures/78-heydar-aliyev-merkezi-projekt-baku

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Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA



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Fig. 1
ZAHA HADID, Heydar Aliyev Center, Baku

Fig. 2
Heydar Aliyev Center, esterno

Fig. 3
Heydar Aliyev Center, pianta

Fig. 4
Heydar Aliyev Center, rivestimento esterno

Fig. 5
confronto squalo balena / Heydar Aliyev Center
© Helene Binet

Fig. 6
Heydar Aliyev Center
visione notturna

Fig. 7
Heydar Aliyev Center
interno

Fig. 8
Heydar Aliyev Center
interno

Fig. 9
Heydar Aliyev Center
Museo

Fig. 10
Heydar Aliyev Center
Museo

Fig. 11
Heydar Aliyev Center
Museo

Fig. 12
Heydar Aliyev Center
Auditorium
© Helene Binet




Foto 5 e 12 cortesia di Helene Binet

Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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