Questo agevole libretto, dalla
dimensione contenuta, una vera e propria guida tascabile, rivela al suo interno
una saggia cultura territoriale unita ad un altrettanto saggio e forte
interesse per la cinematografia, non solo nei suoi aspetti fruitivi artistici,
ma anche e soprattutto nei suoi aspetti strutturali: insomma non tanto per il
contenuto transeunte, consistente
nella pellicola cinematografica, quanto per i suoi molteplici contenitori.
Le strutture di cui ci parla
l’autore sono quelle sale cinematografiche inconsuete ai più, ma molto care ai
romani, i cinema indipendenti, d’essai, quelli che talvolta vengono definiti,
con terminologia colloquiale i “cinemetti dei preti”, luoghi d’incontro dove
non si cercano pellicole in prima visione, ma film in seconda, terza visione,
film in traduzione, piuttosto che documentari o cortometraggi.
Leggere questo libro, anche da non
molto appassionati del cinema come chi ne sta scrivendo, è riscoprire un mondo
che la realtà liquida contemporanea ci ha fatto perdere di vista:
l’amplificazione di immagini su un qualsiasi dispositivo elettronico, possibile
ovunque vi sia una connessione internet, elimina il fascino della fila alla biglietteria,
dell’odore di pop-corn e del “bibitaro” di turno pronto a vendere qualsiasi
cibo veloce e preconfezionato consumabile nella breve pausa tra un tempo e
l’altro del film.
Con questo libro sembra di salire
sulla vespa di morettiana memoria insieme all’autore, che conduce il turista
cinefilo di turno in un tour inconsueto, ma che rientra in assoluto nelle
tipicità più nascoste di una inconsueta visita nella vita dell’estate romana,
che inizia alla fine di giugno e si prolunga, generalmente, fino all’inoltrato
mese di ottobre.
Questa guida ai più inconsueti e
piccoli contenitori della settima arte ha uno sguardo pasoliniano ai luoghi e
ai personaggi che li hanno messi in piedi, descritti con dovizia di particolari
nelle loro caratteristiche fisiche ed antropologiche: ogni cinema ha il suo
fondatore o il suo attuale organizzatore culturale, così come si amano
definire, intervistato, che racconta la storia di quel luogo, spesso attraverso
la descrizione di immagini fotografiche che ripercorrono le vicende formative
di quella realtà: molti i registi, gli attori ricordati con affetto, che hanno
contribuito non solo allo svolgimento della storia cinematografica che si
studia anche sui libri, ma anche e soprattutto la diffusione del loro pensiero
e della loro intenzionalità artistica attraverso queste realtà minute, dove
talvolta, invitati dai proprietari dei singoli cinema, improntavano dei veri e
propri colloqui interattivi su una particolare tematica della loro produzione,
lasciando la loro impronta in una rinnovata auralità della cultura romana del
XX secolo.
Verso la metà della guida, troviamo
anche un interessante intermezzo dedicato all’installazione Panopticon dell’artista Silvia Sbordoni [1] ,
presentata nel 2014 e dedicata al tema dei cinema chiusi di Roma, in sostanza
la parte mancante di questa guida, che forse potrebbe proseguire proprio con
una ricognizione di questi luoghi della
memoria: l’opera si propone come una panoramica di facciate di venti cinema
inattivi di Roma: la sensazione è quella di un’immersione in una realtà
metafisica.
Tornando al testo, un occhio
speciale è rivolto anche agli spettatori, uomini e donne di ogni età che si
contraddistinguono l’uno dall’altro per le loro abitudini e le loro
caratteristiche fisiche, spesso narrate con dei guizzi neorealistici.
La profonda consapevolezza e
l’affetto con cui vengono raccontate le storie degli 11 cinema scelti
dall’autore rendono il libro una guida immancabile nella borsa o nella valigia
di un qualsiasi insolito turista della capitale.
Stefano
Scanu
"Buio
in sala. Guida breve ai cinema di Roma"
Giulio
Perrone Editore, 2016
€ 12,00
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