I
progetti che l'architetto inglese Geoffrey Jellicoe realizza durante gli anni Ottanta del Novecento rappresentano la
massima espressione del suo pensiero; Sutton Place nel Surrey (United Kingdom), pensato e progettato in
questo periodo, è considerato il punto più alto della sua carriera, il suo
capolavoro.
Nel
1980 il petroliere americano Stanley Seeger acquista la proprietà di Sutton
Place, antico edificio Tudor costruito a metà del XVI secolo da Sir Richard
Weston.
Dell’antico
giardino elisabettiano rimangono solo il viale di tigli che conduce
all’ingresso della villa ed il viale di tassi potati che collega la casa al
giardino degradante verso il fiume Wey.
L’incontro di Seeger con Jellicoe è
un connubio fortunato; ci troviamo di fronte ad una delle poche occasioni in
cui il committente non solo non ha limiti di spesa, ma guarda in primis alla
qualità del progetto. Sembra essere un caso di mecenatismo di “stampo
rinascimentale”, lo stesso Jellicoe afferma: “La grande versatilità del disegno del landscape, specialmente in
Toscana, era dovuta alla combinazione tra le personalità del proprietario,
dell’architetto e del luogo stesso”.
È
necessario sottolineare che sia Seeger sia Jellicoe provano un infinito amore
nei confronti dell’arte moderna.
“Entrai
nella Great Hall e incontrai Seeger, dopo dieci minuti ci trovammo sulla stessa
lunghezza d’onda. Questo è raro nelle mie esperienze di progettista di giardini
per uomini importanti e ne ho avute moltissime negli anni cinquanta!”
L’intento di Geoffrey è creare un
giardino che concretizzi lo spirito del tempo moderno, sensibile al genius loci
ed al medesimo tempo capace di compenetrare passato, presente e futuro. “Questo è quanto sto cercando di fare negli
ultimi anni: creare qualcosa che abbia un senso più profondo di ciò che viene
semplicemente visto, qualcosa che vada alla scoperta di quello che potrei
chiamare il mondo invisibile, espresso nell’arte astratta.”
Jellicoe
propone un’attenta conservazione della continuità storica del luogo, traendo
ispirazione dal Rinascimento italiano ed in particolare da Villa Gamberaia a
Settignano. Villa Gamberaia è in questa occasione fonte di ispirazione perché i
suoi piccoli parterre laterali vengono in parte ripresi da Jellicoe nelle
creazione di giardini adiacenti alla casa. Villa Gamberaia è inoltre famosa per
le impressioni e le sensazioni che riesce a far nascere negli animi dei
visitatori, aspetto che deve aver senz’altro colpito ed affascinato Jellicoe. A
tal proposito ecco alcune descrizione di Villa Gamberaia di illustri studiosi:
“In
nessun altro luogo della mia memoria liquido e solido sono stati mescolati gli
elementi con altrettanta raffinatezza in una dimensione che è umana e tuttavia
grandiosa senza pomposità… Si resta con un’impressione duratura di serenità,
dignità e beato riposo.”
Harold Acton
“Oggi
il giardino deve darci l’impressione che la casa si estensa all’aria aperta, e
i suoi diversi aspetti devono celarsi l’uno all’altro in modo che
passeggiandovi si venga colti da una serie varia di impressioni più che dal sol
colpo d’occhio. Il miglior esempio di questa disposizione la abbiamo a Villa
Gamberaia, dopo aver passeggiato in quel giardino relativamente piccolo di
area, ci si allontana con l’impressione d’aver scorso più tempo e d’aver
scoperto più orizzonti di quel che in realtà sia stato.”
Cecil
Pinsent
Per
stimolare emotivamente e sensorialmente i fruitori di Sutton Place, vengono
creati una serie di giardini “tematici”. La progressione fra un giardino e
l’atro costituisce una sorta di “rito transuente” attraverso un’allegoria
dell’esistenza umana: La Creazione (il lago scavato a nord della casa), La Vita
(i giardini che circondano l’edificio), L’Aspirazione Suprema (l’opera di Ben
Nicholson) (Fig. 1).
L’intero
progetto si presenta come la sintesi di tutti i temi cari alla progettazione di
Jellicoe; si colgono squarci di giardino all’italiana, di arte astratta
(Nicholson, Magritte), di cromatismo (giardino di Monet a Giverny), e poi gli
elementi tipici cioè l’acqua, la musica, i viali, i padiglioni, le pergole,
ecc…
Per
i giardini di Sutton Place Jellicoe esaspera il suo desiderio di dualismo fra
mondo visibile, inteso come ciò che l’uomo può toccare e da cui può trarre
piacere, ed il mondo dell’astratto, inteso come ciò che deve colpire l’uomo
dopo la sua visita.
I giardini sono complessi,
frammentari, carichi di messaggi simbolici e controbilanciano la pacata
maestosità della dimora. “Sentivo che con
i miei disegni avevo ottenuto una composizione totale e mi sembrò
improvvisamente che tutto fosse una specie di allegoria e che avessi diretto la
composizione inconsciamente”.
Il
lago, interamente artificiale, che domina il parco di Sutton Place, è a forma di
pesce; con il suo alternarsi di forme concave e convesse si adatta e si lega
totalmente al terreno, enfatizzando al massimo le caratteristiche locali: un
omaggio al pittoresco inglese. Tecnicamente è un’opera ingegneristica di grande
pregio, d’inverno è riempito dall’acqua piovana mentre nella bella stagione vi
sono delle pompe che trasportano l’acqua del fiume Wey.
Il
lago si integra perfettamente con il bioclima della zona, tanto che vi è molta
vita animale e le differenti profondità favoriscono la vita acquatica. L’intero
parco è stato pensato, infatti, nel totale rispetto della fauna e della flora
locale, e con il passare degli anni l’ecosistema non ne è stato gravato ma
bensì favorito.
Con
la terra di scavo ottenuta dal lago sono state modellate tre colline che rappresentano un’allegoria della
Creazione (non intesa in senso strettamente religioso): la collina a Ovest
simboleggia la figura paterna, quella ad Est la figura materna e la terza, il figlio,
è rappresentata dal muro di Nicholson.
Per
quando concerne gli spazi prossimi alla casa:
Nord Corte d’ingresso
Est East Walled Gardens
Ovest Walled Gardens del periodo Tudor
Per
la corte d’ingresso Jellicoe progetta delle basse siepi di bosso, cinte da un
muro di cotto; un intervento di recupero del passato che ha la sua chiave nel
richiamo della facciata in mattoni rossi.
Per
quando riguarda i East Walled Gardens i muri, di dimensioni consistenti, sono
realizzati con mattoni con differenti tonalità di colore che ben si
armonizzano, anche in questo caso, con il resto della casa.
Un
fossato è stato posto tra la casa ed
il sentiero: è da considerare come un nesso fra due dimensioni filosoficamente
e temporalmente distanti quella della casa e quella del sentiero. Il fossato
(Figg. 2-3) ostacola un facile accesso alla casa e volutamente ricorda quello dei castelli
medievali. Era stato pensato da Jellicoe con degli spalti posti a divisione tra il noto, la casa, e l’ignoto, il giardino;
per la progettazione degli spalti l’architetto si ispira al quadro di Giovanni
Bellini, L’Allegoria del Purgatorio ora agli Uffizi.
“Per
me continua ad essere, fra tutti i quadri di paesaggio, quello che ha maggiore
carica emotiva. L’organizzazione dello spazio rappresenta l’ambizione, in una
forma o nell’altra, di ogni architetto paesaggista. È Bellini che unisce
vecchio e nuovo.”
Gli
spalti, recentemente eliminati, erano inoltre punti per contemplare le ninfee,
i pesci ed il vicino Paradise Garden.
Nel Paradise
Garden, vi si giunge attraverso il fossato: “Poiché
bisogna avere un viaggio pericoloso, se si vuole raggiungere il paradiso,
soltanto un eroe coraggioso potrà cercare di compierlo”.
Il
Paradise Garden è concepito come una serie di sentieri curvilinei in mattoni in
terra cotta e pietra che suddividono il giardino in 12 aree. I quattro incroci
principali sono evidenziati da dei piccoli rondò in mattoni con al centro una
piccola vasca circolare sovrastata da una fontana a forma di fiore. Le essenze
che vanno a cingere ed ornare le strutture in ferro, pergole a semicupola, sono
state selezionate in modo che abbiamo tempi di fioritura differenti. Gli spazi
fra i sentieri sono occupati da distesi erbose dove Susan Jellicoe ha voluto
inserire piante di gerani, viole, rosmarino, lavanda ed iris.
Il
Paradise Garden è protetto da alti muri dove sono inserite sei semplici
fontane, wall fountains, che lo stesso Jellicoe ha progettato. L’architetto in
questo giardino ha studiato personalmente ogni dettaglio nel modo più
minuzioso, ha disegnato non solo le wall fountains ma anche gli arredi, le
fontane, i cancelli e le stesse pergole.
Nel Secret
Garden, vi si giunge passando il Paradise Garden. Il “Giardino Segreto” è un
luogo letteralmente posseduto dai colori dei fiori. Fortemente voluto da
Seeger, perché evocativo delle sue esperienze giovanili. Trae ispirazione da
uno dei quadri più amati da quest’ultimo in cui è raffigurata una fata mentre
attraversa un bosco cupo ed ombroso.
Jellicoe,
sotto l’influenza delle opere di Nicholson, fa nascere il giardino
dall’intersezione di due cerchi uno definito dal prato, l’altro da un grande
albero che immerge le sue radici in un cuscino di muschio. Il Segret Garden è
concepito come un luogo vergine, mai toccato dall’uomo dove la natura può
proseguire libera il suo corso.
La
South Walk si raggiunge attraverso una scala molto ripida uscendo dal lato sud
del Secret Garden. La scala costituisce un elemento di unione, in quanto
provvede a collegare i singoli giardini ed ad equilibrare la posizione della
casa nel paesaggio.
Il
viale di fontane, sul fronte Sud
della casa, conduce, oltrepassata la Terrace, alla vasca circolare di
Persefone. Jellicoe, con enorme sensibilità, ha progettato una cascata dalla
duplice fisionomia: formale vicino alla casa, ed informale nel bosco. Il viale
di fontane è costituito da una serie di vasche rettangolari, collegate tra loro,
che raggiungono il loro apice nella fontana circolare sovrastata dalla statua
di Persefone. La parte di cascata prossima al fiume è immersa nel bosco,
selvaggio e denso, ed è costituita da vasche di forma irregolare unite fra loro
da una moltitudine di cascatelle che si intrecciano con la vegetazione.
L’Impressionist
Garden, al centro della facciata della casa, è riparato da muri di mattoni, e
può essere definito come una piccola area ricca di fiori. Questo giardino è
ispirato al giardino impressionista della casa di Monet a Giverny.
Il
Surreal Garden è caratterizzato da cinque vasi romani di notevoli dimensioni
allineati sul muro che confina con il Kitchen Garden. Posizionando i vasi
secondo un ordine sparso, non crescente o descrescente, si crea una prospettiva
surreale che cela le reali distanze e ricorda, nel suo effetto, un quadro di
Magritte: “la mia mente raggiunse
Magritte perché egli lavorava tutto il tempo con queste strane sovrapposizioni
di cose nello spazio”.
In
questo giardino si esplicita totalmente il desiderio di Jellicoe di
disorientare il visitatore, servendosi di sottili ed inizialmente poco
percepibili incongruità.
Osserviamo
ora i West Walled Gardens. Jellicoe concepisce il giardino più vicino alla casa
come un’area di forma quadrata, con pavimentazione in mattoni ed una piscina
rettangolare al centro. Fu necessario rendere la piscina parte dell’insieme,
per quanto in un contesto di questo tipo non fosse facile contestualizzarla;
per questo motivo il fondo della piscina è dipinto di nero e sono disposte
alcune pietre tonde a pelo d’acqua. L’effetto che risulta, richiama le opere di
Mirò ed è per questo motivo che la piscina è meglio conosciuta con il nome di
Mirò Mirror.
Oltre agli accorgimenti suddetti,
Jellicoe sostiene che: “Si doveva
accettare il fatto che la piscina facesse parte della composizione d’insieme e
dovesse essere collegata ai muri circostanti: questo fu fatto creando pergole
di viti ad arcate”.
Il
Kitchen Garden, adiacente al Mirò Mirror, può essere considerato come un orto.
Vi è un sentiero centrale, ornato da archi di rose, che divide a metà
quest’area ed i due incroci principali sono sottolineati da quelle che Jellicoe
definisce Escalier Towers “torri spalliere”. In questo giardino sono le
stagioni a stupire lo spettatore, con il loro cambiamenti di colore, i loro
profumi tipici ed i loro frutti.
Il Bosco si incontra dopo aver
attraversato il Giardino Surrealista. Qui, percorrendo un piccolo sentiero
tortuoso ed ombreggiato, giungiamo inaspettatamente in una “radura”, un prato
ben curato cinto da alte siepi di bosso. Siamo catapultati in un luogo lontano,
davanti a noi, dietro ad uno specchio d’acqua dalla forma frastagliata vediamo
un’opera scultorea di grandi dimensioni: The Wall di Ben Nicholson. “Fu Seeger, il committente, che insistette,
non io. Prima non avevo mai ottenuto niente di questa dimensione, ma essa è
assolutamente giusta: non ci sono compromessi, avete questa grande “cosa” qui,
penso una delle più grandi opere d’arte di questo paese”.
Il muro rappresenta l’apice di un
cammino intrapreso all’interno dell’intero parco, di fronte all’opera la sensazione
che si prova trascende qualsiasi emozione del vissuto, il visitatore prova
sentimenti nuovi. Jellicoe sente di aver raggiunto il suo scopo affermando: “Il Muro di Nicholson è talmente ben
posizionato e la sua grandezza, semplicità ed austerità sono a un tale apice
che è diverso da tutti i piaceri quotidiani (…) se la mente ordinaria si
confrontasse con il Muro di Nicholson non potrebbe reggere”.
Neanche lo stesso Nicholson conosce il significato della sua opera. Questo ci
dà conferma che questa scultura è un prodotto del subconscio e muove ogni
spettatore a differenti sensazioni.
Jellicoe
in Sutton Place lascia affiorare la materia, in questo caso la natura, ciò che
in realtà quest’ultima già contiene: Jellicoe porta alla luce ciò che il
paesaggio gli suggerisce.
Dietro le astrazioni di Sutton
Place c’è il desiderio di rivelare un animo, quello del committente Seeger, un
uomo dalla personalità complessa e dalla cultura straordinaria. La convinzione
che il landscape creato dall’uomo sia la proiezione della
mente non è innovazione; già Leon Battista Alberti sosteneva che l’architettura
dei giardini rispecchiasse la simmetria e le proporzioni della figura umana,
tagliarne una parte era considerata una mutilazione insostenibile.
Il
parco, prosecuzione della casa, è, in effetti, una proiezione di questa con le
sue innumerevoli opere d’arte, sia del passato che contemporanee, che convivono
in un'armonia senza tempo.
Il
parco di Sutton Place, quasi sintesi simbolica dell’opera di Jellicoe, costellato
di allegorie ed analogie, luogo dove le esperienze dei visitatori valicano la
dimensione del cosciente per riscoprire emozioni ancestrali, è la massima
espressione del passato e del futuro.
NOTE
Marco BAY,
Lorenzo QUADRI, Geoffrey Jellicoe
dall’arte al giardino, Il Verde Editoriale, Milano, 1999, p. 166.
Cecil PINSENT, Cecil
Pinsent and his Gardens in Tuscany, Edifir, Firenze, 1999, p. 24.
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Harold
ACTON, Ville Toscane, Mondadori,
Milano, 1984.
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Harold
ACTON, Il Botticelli fantasma e altri
racconti, Passigli, Firenze 2009.
BAY QUADRI 1999
Marco
BAY, Lorenzo QUADRI, Geoffrey Jellicoe
dall’arte al giardino, Il Verde Editoriale, Milano, 1999.
JELLICOE 1968
Susan
JELLICOE, Geoffrey JELLICOE, Modern
Private Gardens, Abelard-Schuman, Londra, 1968.
PANZINI 2005
Franco
PANZINI, Progettare al Natura,
Zanichelli, Bologna, 2005.
PINSENT 1999
Cecil
PINSENT, Cecil Pinsent and his Gardens in
Tuscany, Edifir, Firenze, 1999.
SHEPERD JELLICOE 1956
J.C
SHEPERD, Geoffrey JELLICOE, Italian
Gardens of the Renaissance, Princeton Architectural Press, New York, 1956.
SPENS 1993
Micheal
SPENS, Jellicoe at Shute, Academy
Editions Ernst & Sohn, Londra, 1993.
ZANGHERI 2003
Luigi
ZANGHERI, I giardini di Pietro Porcinai
- storia del Giardino e del paesaggio,
Olschki, Firenze, 2003.
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