Rotterdam
è ben nota come “città dell’architettura”: non di quella storica, di
cui con il bombardamento del maggio del 1940 si sono salvati pochi
edifici, prevalentemente degli anni Venti e Trenta e collocati in zone
periferiche della città, ma di quella a cui talvolta ci si riferisce
come «architettura della ricostruzione» [1].
La città, infatti, trovandosi nella difficile condizione di dover
ricostruire in particolare il suo centro partendo dalle macerie, sin da
subito fu in grado di sfruttare questa circostanza e di attuare un
ampio piano urbanistico fondato su un’architettura che fosse moderna,
frutto di sperimentazione e ricca d’innovazione, supportata dalla
grande libertà intellettuale e dal contesto lavorativo indipendente ed
emancipato che la caratterizzano [2].
Premiata come Città dell’Architettura nel 2007, oggi la città portuale si presenta come la «città del futuro» [3] e «laboratorio per l’internazionalizzazione» [4]. Dichiarata nel 2014 un must-see
dal New York Times e dalle Rough Guides, nel 2016 è stata inserita
dalla popolare casa editrice Lonely Planet nell’elenco delle dieci
migliori città da visitare, descritta come «una vera galleria d’arte a
cielo aperto di edilizia moderna, postmoderna e contemporanea» [5]:
un contesto turistico ed architettonicamente pluristilistico col quale
MVRDV, che vi ha sede, si rapporta da tempo; di questo scenario e delle
icone successo della città, di seguito prese in analisi, il gruppo di
architetti sembra aver tenuto conto nel corso della progettazione del
Public Art Depot (fig. 1) per il Museum Boijmans Van Beuningen della
città.
Il
museo ospita una collezione unica di dipinti, sculture, stampe e
disegni e nel corso dell’anno organizza un programma variegato di
particolari e spettacolari mostre temporanee che si aggiungono a quelle
permanenti [6]. In esso
capolavori olandesi ed europei consentono di compiere un viaggio che va
dal Medioevo ai nostri giorni: da Bosch, Rembrandt e Van Gogh a
Mondrian, Dalì e Maurizio Cattelan; è possibile ammirare, tuttavia,
solo una parte della collezione: circa 70.000 dei 145.000 oggetti
d’arte del patrimonio museale sono infatti custoditi in magazzini e
location esterne non visitabili.
Per far
fronte ai problemi logistici creati da questa distribuzione,
all’insufficienza degli spazi ed al cattivo stato in cui versano alcuni
di questi locali, soggetti ad inondazioni con una possibile minaccia di
danno delle opere, nel 2005 è stata proposta la costruzione di un
edificio nel quale poter conservare e preservare la collezione mediante
impianti di sicurezza avanzati, contro inondazioni, incendi, furti ed
altri pericoli, e sistemi di climatizzazione all’avanguardia. Tenendo
conto anche dell’importanza mondiale della collezione del Museum
Boijmans Van Beuningen e del malcontento da anni presente nel mondo
museale verso i tradizionali depositi d’arte chiusi al pubblico [7] ed i costi per il loro mantenimento [8],
nel 2011 il direttore Sjarel Ex ha l’idea di realizzare un deposito
d’arte pubblico: il Collectiegebouw, più noto come Public Art Depot.
Nel febbraio 2013 viene pubblicato il Programma van Eisen [9],
piano nel quale sono presenti le motivazioni alla base del progetto,
gli obiettivi da raggiungere ed i requisiti da soddisfare. Il proposito
è di permettere ai visitatori di ammirare anche quel patrimonio di
opere finora nascoste e visibili solo e se prestate per esposizioni,
spesso allestite in altri musei, e di consentire al pubblico di vedere
cosa avviene dietro le quinte di un museo, generalmente ad accesso
limitato. Un’altra novità è poi il partenariato pubblico-privato tra il
Comune di Rotterdam, il Museum Boijmans Van Beuningen e Stichting De
Verre Bergen, costituito per aiutare economicamente la realizzazione
dell’edificio: il museo recupererà l’investimento attraverso il reddito
ricavato dalla vendita di biglietti d’ingresso al deposito, dai servizi
offerti al pubblico e, soprattutto, dall’affitto di spazi messi a
disposizione per allestire mostre e per ospitare opere di collezionisti
privati [10].
L’edificio
richiesto è una costruzione imponente, spettacolare ed invitante,
un’icona nel Museumpark, parco museale sempre più centro nevralgico
della cultura della città, che da lontano attiri l’attenzione dei
passanti. Si vuole che il visitatore si senta come Charlie nel
meraviglioso mondo della fabbrica di cioccolato di Willy Wonka ed
elabori un’idea della collezione del Public Art Depot come la si può
avere del capitale d’oro nel deposito di Paperon de’ Paperoni [11].
In
un’intervista Sjarel Ex ha affermato che il Collection Building è
pensato non come un museo tradizionale, ma come «un magazzino aperto e
accessibile in ogni sua parte» [12].
In realtà, come si legge nel piano dei requisiti, alcune aree non
saranno aperte ad un pubblico generale: si tratta di spazi dedicati
alla logistica del complesso museale, aree di quarantena, una sala
privata che il museo potrà affittare ai collezionisti ed un ufficio per
la fondazione filantropica De Verre Bergen. Il visitatore potrà
comunque avere un’esperienza di accessibilità notevole e non percepirà
quegli ambienti come una “no go area” grazie ad un percorso sorprendente che attraverserà i 15.000 m2 dell’edificio [13].
Durante l’estate del 2013 sono stati selezionati cinque grandi studi d’architettura per l’elaborazione di uno schizzo per il design concept
da dare al Collectiegebouw: tra questi figura MVRDV. Il team, che
prende il nome dall’acronimo dei cognomi dei tre architetti che lo
hanno fondato nel 1993, Winy Maas, Jacob van Rijs e Nathalie de Vries,
ha ben presto raggiunto fama nazionale ed internazionale e oggi
comprende circa centocinquanta impiegati dalle variegate formazioni e
provenienze [14]. Proclamato vincitore del concorso nel 2014 [15], il 17 aprile 2015 il progetto ha ottenuto l’approvazione del Consiglio d’Amministrazione del Comune di Rotterdam [16] ed il 6 novembre il via libera per la sua realizzazione [17].
Criterio
importante era una collocazione che tenesse conto dell’ambiente
circostante e che fosse vicina al museo: è stata dunque scelta l’area
dal terreno in ghiaia ad esso adiacente, della quale gli alberi rimossi
non andranno perduti ma, perseguendo una scelta ecosostenibile, tipica
dei progetti di MVRDV, saranno ricollocati sulla terrazza, costituendo
parte del giardino con sculture previsto sul tetto. L’edificio, con
l’intento di non arrecare danni al vicino parco e di occupare il minor
spazio possibile, è stato concepito come un volume compatto e tondo,
coperto con un rivestimento in vetro riflettente con cui si darà vita
ad un gioco di riflessi del verde circostante e di fusione con
l’ambiente.
Un’altra
particolarità del progetto è il percorso a zig-zag col quale il
visitatore attraverserà i tre piani del Collection Building: dalla
hall, dove saranno presenti la biglietteria, un bar ed il negozio del
museo; ai vari depositi d’arte su scaffalature e griglie mobili, che
possono essere visti come mostre che mutano, le sale espositive ed i
laboratori di restauro; sino alla terrazza panoramica, con il giardino
di sculture ed un ristorante in copertura, anch’essa trasparente.
L’edificio,
infine, sarà caratterizzato da sette diverse condizioni climatiche che
creeranno le condizioni ideali per la conservazione delle opere d’arte,
per gli uffici e per il pubblico: l’ambizione di MVRDV è quella di
raggiungere la certificazione del livello di sostenibilità BREEAM con
classificazione Excellent [18].
L’architetto e head of visualization
di MVRDV Antonio Luca Coco, che si ringrazia per il contributo dato al
presente lavoro di ricerca, spiega in che modo il Collection Building
si colloca nella Museum Area di Rotterdam e la completa (fig. 2):
«l’Art Depot si inserisce al culmine dell’asse che parte dalla
Kunsthal, percorre il “giardino romantico”, attraversa l’het podium, una piazza all’aperto fondamentale per diversi festival che si svolgono a Rotterdam (De Parade è il più famoso), e culmina nel de voor tuin,
il giardino antistante il Depot. La posizione risulta strategica perché
chiude uno spazio creando un network tra i diversi musei prospicienti
l’area di interesse del deposito d’arte» [19].
L’opera
di MVRDV si confronta e scontra con quella di Rem Koolhaas: il
deposito, un’unica figura concava, si distanzia dalle molteplici forme
in cui è decostruita la galleria d’arte, segmentata ed incastrata, e le
fluidifica incanalandole in un solo ampio moto, origine di una sorta di
paraboloide. Allo stesso modo si rapporta con gli altri edifici del
parco museale, dalle strutture prevalentemente scatolari.
Si persegue l’obiettivo di sfruttare al massimo gli spazi, compattandoli in un unico volume iperspaziale e cercando di provocare il minor impatto possibile sull’ambiente: per ottenere questo risultato, cifra della design philosophy
del team, un cubo di partenza viene allungato e smussato agli angoli
sino ad essere plasmato in un cilindro che, a sua volta, viene
alleggerito di alcune parti alla base e trasformato in una forma
rotonda (fig. 2).
La
forma, però, non ha solo questa funzione; in linea con l’avviso di
gara, si realizza una costruzione accattivante che costituisce di per
sé un architectural statement,
una dichiarazione architettonica, meritevole di una visita. Essa si va
a collocare a meno di due chilometri di distanza dal quartiere Blaak e
dalle icone che lo caratterizzano, mete turistiche per eccellenza: le Kubuswoningen, meglio note come le Case cubiche, di Piet Blom e il Markthal di MVRDV.
Le 38
casette di circa 100 m2 l’una, espressive e dai colori accesi, sono dei
cubi inclinati di 45° ed impostati su pilastri esagonali per dare luogo
alle forme ideali di alberi in un bosco pensate dall’architetto negli
anni ’70-’80 (fig. 3). Uno di questi cubi, il Kijk-Kubus,
è una casa arredata e musealizzata per permettere al visitatore di
esperire come si vive in una casa cubica e fornirgli ulteriori
informazioni sul cosiddetto Bosco di Blaak.
Poco
distante da questi incastri di geometrie spigolose, dal 2014 trionfa la
grande forma curva del Markthal (fig. 4), primo mercato alimentare
coperto dei Paesi Bassi; in Europa è il più ampio nel suo genere e la
più grande struttura costituita da una rete di cavi d’acciaio
precompresso sospesa e capace di muoversi in caso di forte vento, con
lastre di vetro inserite nelle maglie del suo scheletro elastico,
simile ad una racchetta da tennis [20].
Il visitatore in un primo momento rimane colpito dall’imponenza
dell’edificio che, alto 40 metri, si sviluppa nei 71 metri di larghezza
e nei 114 di lunghezza; in secondo luogo, viene incuriosito dalla
spettacolare facciata, interamente in vetro trasparente per ridurre al
minimo la struttura, inondare di luce gli spazi e permettere di
intravedere gli interni. La grande vetrata invita ad avvicinarsi, a
scrutare le finestrelle che ne tappezzano l’arco in pietra grigia
naturale, ma soprattutto ad accedere ed immergersi nel cosmopolitismo
racchiuso al suo interno: 95.000 m2, 228 appartamenti situati lungo la
grande copertura ad arco, 96 attività tra chioschi di cibo fresco e
negozi di alimentari, 20 ristoranti di cucina internazionale e
caffetterie al primo piano, 1.200 posti auto ed un supermercato in
quello interrato.
Prima
di questi elementi, però, anche ad una certa distanza dall’ingresso
spicca inevitabilmente il tripudio di cromie del murale intitolato Cornucopia
(fig. 4), esaltato dal colore pietroso del materiale che lo incornicia
e circonda. Rivestendo la volta di 11.000 m2, concepita dagli artisti
Arno Coenen ed Iris Roskam, è una delle più grandi opere d’arte del
Paese: vi sono rappresentate immagini sovradimensionate di prodotti che
possono essere acquistati nel mercato affiancate da quelle, altrettanto
fuori misura, di fiori ed insetti per omaggiare i capolavori olandesi
di natura morta del XVII secolo; per ottenere la nitidezza desiderata,
pari a quella di una rivista patinata, queste figure sono state
renderizzate col software Pixar e, a seguire, sono state stampate su
pannelli in alluminio perforati ed attaccati a dei pannelli acustici
insonorizzanti [21].
L’aperta
struttura a ferro di cavallo, o a tunnel, del pluripremiato Markthal
invita il visitatore ad entrarvi e a rivolgere subito lo sguardo alla
volta, denominata in un articolo di “The Guardian” «Cappella Sistina di
prodotti freschi» la quale potrebbe far sorgere il dubbio di trovarsi
in un paese delle meraviglie, se non addirittura davanti ad un fenomeno
allucinogeno o in un tunnel psichedelico [22].
Nella
diversità delle funzioni e dei messaggi restano inconfondibili il
design ed il pensiero liquidi di MVRDV e delle sue opere, modelli di un
«atteggiamento costantemente volto al futuro, all’ampliamento delle
possibilità di ricerca, di scala e di soluzioni diverse» [23]:
la forma del Public Art Depot, che sembra replicare, rovesciare e
chiudere la struttura del Markthal, dichiara la sicurezza del luogo in
cui sono conservate le opere d’arte e nello stesso tempo stimola con la
sua veste specchiata ad esplorare un prezioso mondo esternamente non
visibile.
Una
vasta parte degli architetti moderni è ricorsa all’uso del vetro,
spinta dal fascino e dal potenziale di una materia che illumina le
architetture e le modella con la luce, nonché dalla ricerca funzionale,
volta a creare costruzioni dalle strutture minime e, almeno
apparentemente, più leggere. Impiegato quindi per definire volumi
spaziali dematerializzandoli attraverso trasparenze e luminosità e per
ottenere soluzioni costruttive creative e sofisticate, il vetro è
essenzialmente trattato come un “non-materiale”, collocato tra lo
spazio esterno e quello interno, che apre l’architettura ed allo stesso
tempo la contiene [24].
Le
caratteristiche più rappresentative del vetro sono la trasparenza, la
traslucenza e la capacità di creare riflessi e trasformarli
nell’essenza di un progetto [25]:
quest’ultima proprietà è quella che connota maggiormente il Public Art
Depot. L’architetto Coco spiega che «lo specchio era quasi d’obbligo
nell’utilizzo in quanto lo studio voleva mostrare altri punti di vista
che prima non esistevano e creare un effetto “meraviglia” dello
spettatore che, passeggiando nell’asse che proviene dalla Witte de
Withstraat, inizia a vedere attraverso lo specchio elementi prima non
visibili» [26]. Per mezzo
della copertura riflettente e del fenomeno dell’aberrazione ottica,
dovuto alla forma sferica del deposito, viene prodotta questa visione
allargata ed inaspettata del parco e delle strutture circostanti,
un’immagine virtuale; un altro motivo alla base della scelta del
materiale è poi la suddetta intenzione di ottenere una fusione del
Collectiegebouw con l’ambiente, ulteriormente accentuata dalla presenza
del giardino sul tetto. In questo modo il complesso museale quasi si
mimetizza con la natura: ad accentuare questa immersione si aggiunge
l’elemento atmosferico-meteorologico che anima lo specchio rendendo
cangiante e liquido l’edificio. Si può proporre come esempio
illustrativo di questa liquidità un render in cui il Collection
Building è oscurato come il cielo (fig. 5): la spettacolarità è
amplificata dall’apparizione, sulla superficie nuvolosa e mimetizzata,
delle grandi e luminose vetrate-finestre che, poco individuabili
dall’esterno con la luce del giorno, compaiono quasi come una visione e
ne svelano l’architettonica realtà. Lo specchio crea dunque un gioco di
riflessi che al calar del sole non viene meno, in quanto la superficie
si tinge dei colori della notte proprio grazie al suo potere
specchiante, ma cede la scena all’azione della luce artificiale che,
dall’interno del deposito, attraversa le vetrate facendole magicamente
apparire qua e là sulla superficie dell’edificio: l’illuminazione
agisce come elemento di cambiamento di stato del complesso museale e
rafforza quell’attrazione e quell’attivazione dell’immaginazione,
dell’affettività e delle emozioni dello spettatore già in atto nelle
fasce orarie diurne per mezzo della forma e dello specchio dell’Art
Depot che, da “contenitore”, diventa camera delle meraviglie.
La
scelta del vetro per il Public Art Depot è resa ancora più interessante
se, come si è già evidenziato a proposito della forma, si considera
anche per questa il rapporto con la poco distante Kunsthal. Nell’opera
di Rem Koolhaas ogni facciata ha un suo design che la diversifica dalle
altre, ma tutte e quattro sono accomunate dall’uso del vetro: si notano
sia piani bipartiti orizzontalmente o diagonalmente e caratterizzati
dal rovesciamento dei pieni e dei vuoti per la presenza di lastre
trasparenti nelle fasce inferiori, sia pareti uniformi e vitree. Il
vetro è adoperato nei suoi molteplici aspetti, trasparente, opaco o
specchiante, talvolta in contrasto con se stesso: durante le ore
notturne le potenzialità delle sue diverse tipologie entrano
completamente in azione, grazie alle luci artificiali che attraversano
le vetrate, accendono gli ambienti rivelandone le suddivisioni interne
e trasformano la galleria d’arte in un luogo “altro”, attraente,
mutevole e liquido. Le luci filtrano tenui dove il vetro è opaco,
brillanti dove è trasparente, e vengono intervallate e movimentate
dagli elementi diagonali della struttura metallica dell’edificio. Il
tema dello specchio è centrale in Koolhaas e lo si trova anche, per
esempio, nel canadese ampliamento del Museo Nazionale delle Belle Arti del Québec (MNBAQ) completato nel 2013, di cui Stefano Colonna spiega la riflessione filosofica alla base dell’opera [27].
Il
Public Art Depot è cangiante in maniera simile alla Kunsthal: la luce
naturale ed artificiale sicuramente svolge un ruolo fondamentale nel
dar vita a cambiamenti di aspetto e di stato in entrambi gli edifici
museali, ma lo specchio del deposito, sommato alla superficie uniforme
e priva di componenti strutturali che l’attraversino o che siano in
aggetto (come nel caso dell’estensione del museo canadese), costituisce
un elemento capace di rendere l’architettura ancora più variabile,
straordinariamente più fluida, tutto il giorno, tutti i giorni.
La
versatilità del vetro si trova anche nelle sue molteplici possibilità
di lavorazione, con le quali può essere portato a livelli maggiori o
minori di riflessione e di trasparenza ed opacità.
Coco
rivela in anteprima: «l’uso dello specchio ha creato molte
complicazioni dal lato che si rivolge verso l’ospedale Erasmus: la sede
di Psichiatria Infantile, infatti, è proprio prospiciente quell’area
della facciata e lo specchio poteva causare seri disturbi ai pazienti.
Ciò ha portato MVRDV allo studio approfondito delle riflessioni che
avrebbero danneggiato i pazienti, alla scelta di una variante del
materiale che non fosse riflettente ed infine alla disposizione di
pannelli non riflettenti nei punti interessati: i pannelli in specchio
si fondono con quelli non riflettenti attraverso un gradiente. Lo
studio si è ispirato a progetti già realizzati» [28]. Tra questi, la Glass Farm di Schijndel, piccolo paese natale di Winy Maas, completata nel 2013, e le Crystal Houses di Amsterdam, aperte al pubblico nel corso del 2016.
La “fattoria di vetro”, un edificio ospitante una serie di attività pubbliche come ristoranti, negozi ed un centro benessere [29],
deve il suo nome alle facciate, realizzate in vetro temperato e
leggermente specchiato, sul quale sono state stampate diverse
raffigurazioni di un’immagine di una tipica fattoria olandese ottenuta
mediante l’elaborazione digitale di fotografie di reali fattorie ancora
esistenti nei dintorni (fig. 6). Da questa lavorazione del vetro deriva
un sensazionale adattamento dell’edificio al territorio circostante, di
cui richiama forme e colori originari: questo aspetto è condiviso e,
attraverso l’utilizzo quasi esclusivo di pannelli riflettenti,
amplificato dal deposito museale. MVRDV dunque, per rispondere alle
specificità dei luoghi, ha sviluppato il tema della compenetrazione
dell’edificio con l’ambiente adottando tecniche di lavorazione del
vetro differenti: la Glass Farm
replica al suo esterno un edificio non più esistente e col suo aspetto
ne costituisce un’affascinante memoria, mentre il Public Art Depot
conserva memoria artistica al suo interno. Coco spiega che nella
costruzione di Schijndel, inoltre, in alcune parti delle facciate «lo
specchio è stato lavorato con delle trasparenze per permettere ai
negozi di mostrare le vetrine» [30], finalità assente nel deposito, Wunderkammer di opere d’arte.
Le Crystal Houses,
invece, sono state realizzate per rinnovare la via del lusso di
Amsterdam, PC Hooftstraat. L’opera consiste in una facciata, per
l’edificio che ospita il nuovo store della boutique Chanel, eseguita
completamente in mattoni di vetro solidi (fig. 7). Questi elementi sono
il prodotto di una tecnologia elaborata da un team composto da
progettisti di MVRDV, ricercatori del Dipartimento di Tecnologia
dell’Università di Delft ed artigiani dell’italiana Poesia, marchio
della Vetreria Resanese, azienda veneta leader nel settore a livello
internazionale: proprio questi artigiani hanno realizzato a mano i
mattoni della facciata, più resistenti del cemento, mediante la più
antica tecnica di lavorazione del vetro, la colata in stampi metallici
seguita da raffreddamento; strumenti tecnologici avanzati, quali laser
high-tech e lampade UV, sono stati poi utilizzati per saldare i mattoni
tra loro in fase di costruzione [31].
Anche per questo progetto, unico nel suo genere, l’architetto Coco
descrive le modalità di utilizzo del materiale: «vetro e specchio si
fondono: la forma del mattone è stata ripresa e realizzata in vetro con
inserti di specchio in alcuni punti chiave dell’edificio» [32].
Nelle Crystal Houses non si cerca una fusione con l’ambiente ma un
distacco che miri ad evidenziare la raffinatezza della maison francese
e della strada in cui si trova; questo distacco, tuttavia, non è
eccessivo, sia per la scelta della trama in mattoni degli edifici
adiacenti, sia per il trattamento dei mattoni in vetro con un
gradiente, grazie al quale nella parte alta della facciata si
confondono sempre più con quelli tradizionali, in terracotta (materiale
indice della precedente finalità residenziale dei palazzi, secondo le
regole estetico-urbanistiche della città). La sfumatura coloristica dal
basso verso l’alto, applicata ad un materiale così particolare per le
sue proprietà, consente di far percepire la parte inferiore della
facciata come leggera, fluttuante, in un certo senso invisibile e
quindi “vuota”, a differenza della fascia superiore che diventa
gradualmente visibile, pesante, compatta e “piena”: ciò provoca
un’inversione anticlassica dei pieni e dei vuoti, con un conseguente
maggiore potere attrattivo, tipico delle architetture liquide,
esercitato dalla facciata sullo spettatore. Essa risulta essere fluida
ed elegante nella sua vitrea traslucenza, costantemente malleabile
dalla luce naturale, maggiore o minore nel corso della giornata, e da
quella artificiale durante le ore notturne.
Ulteriore
preziosità deriva, infine, dal rispetto per l’ambiente racchiuso
nell’opera: tutte le componenti in vetro sono completamente
riciclabili, i mattoni imperfetti sono stati e possono essere fusi e
rimodellati e, a sua volta, l’intera facciata potrebbe essere fusa ed
avere una nuova vita.
Il
vetro rende dunque le opere continuamente trasformabili dalle luci e
dai riflessi e modificabili esse stesse, nella loro struttura, che è
liquida in potenza.
Dall’analisi
di questi pochi ma rilevanti esempi si può concludere che il vetro sia
il materiale liquido per eccellenza e che il Public Art Depot, di cui è
prevista l’apertura alla fine del 2018, è già diventata un’icona sia
per la città di Rotterdam sia per la museologia.
NOTE
[1] F. VAN DER HOEVEN, S. NIJHUIS, Hi Rise, I can see you! Planning and visibility assessment of high building development in Rotterdam, in Research in Urbanism Series, Vol. 2, 2011, pp. 277–301, <http://rius.tudelft.nl/article/view/216>.
In questa nota di apertura inserisco una breve premessa per guidare
nella lettura dei riferimenti bibliografici. Nella Bibliografia e nella
Sitografia, infatti, sono proposti ulteriori titoli che, pur non
essendo stati direttamente citati nel testo, chi scrive segnala in
quanto si tratta di fonti importanti per affrontare la tematica
presentata, ampia e complessa.
[2] A. FREARSON, Rotterdam is “the city of the future” say architects, <http://www.dezeen.com/2016/01/20/rotterdam-city-of-the-future-say-architects-
netherlands-architectural-innovation-experimental-construction>, visitato in data 14/10/2016.
[3] Ibidem.
[4] T. VERSTEGEN, Prospettive di crisi e di successo, in Dutch touch: sulla seconda modernità in Olanda, M. COSTANZO, H. IBELINGS (a cura di), Roma, Kappa, 2004, pp. 25-37.
[5] A. FREARSON, op. cit.
[6] Museum Boijmans Van Beuningen, About the museum, <http://www.boijmans.nl/en/374/about-the-
museum>, visitato in data 07/09/2016.
[7] C. GROSKOPF, Museums are keeping a ton of the world’s most famous art locked away in storage, <http://qz.com/583354/why-is-so-much-of-the-worlds-great-art-in-storage>, visitato in data 12/03/2016.
[8] G. KENDALL, Cross calls for new debate on stored collections, <http://www.museumsassociation.org/
news/26012011-cross-calls-for-new-debate-on-stored-collections>, visitato in data 12/03/2016.
[9] Programma van Eisen Collectiegebouw Museum Boijmans Van Beuningen definitief,
<http://www.robedrijf.nl/Clusters/Stadsontwikkeling/Document%202013/collectiegebouw%20boijmans/PVE
%20Collectiegebouw%20MBVB%20def.pdf>, visitato in data 10/09/2016 (da qui in poi citato come PvE Collectiegebouw MBVB definitief).
[10] Gemeente Rotterdam, Collectiegebouw - financiering en exploitatie,
<http://archive.is/05mfG>, visitato in data 10/09/2016.
[11] PvE Collectiegebouw MBVB definitief, p. 9.
[12] L. TRAVERSI, A. TARISSI, Public Art Depot a Rotterdam. Le virtù d’Olanda, <http://www.artribune.com/2015/04/public-art-depot-a-rotterdam-le-virtu-dolanda>, visitato in data 15/11/2015.
[13] PvE Collectiegebouw MBVB definitief, p. 10.
[14] E. GIACOBINO (a cura di), MVRDV, Milano, Hachette, 2010, pp. 5-6.
[15] E. BEENKER, De pot op met het depot, in “Puntkomma: onderscheiden en verbinden. Tijdschrift over kunst en cultuur in Rotterdam”, 3, 2014, pp. 16-19, <http://www.puntkomma.org/de-pot-op-met-het-depot>.
[16] MVRDV, City of Rotterdam Executive Council unanimously approves MVRDV’s Collection Depot for Museum Boijmans van Beuningen, <https://www.mvrdv.nl/en/news/city-
of-rotterdam-executive-council-unanimously-approves-mvrdvs-collection-depot-for-museum-
boijmans-van-beuningen>, visitato in data 10/11/2015.
[17] MVRDV, Green light for MVRDV designed open art depot of Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, <https://www.mvrdv.nl/en/news/green-light-for-art-depot-boijmans-rotterdam>, visitato in data 10/11/2015.
[18] MVRDV, Public Art Depot MBVB, <https://www.mvrdv.nl/en/projects/depot-mbvb>, visitato in data 10/11/2015.
[19] Le
citazioni che lungo l’articolo verranno riferite ad Antonio Luca Coco
sono frutto di una corrispondenza tra chi scrive e l’architetto stesso.
[20] MVRDV, Market Hall, <https://www.mvrdv.nl/en/projects/markethall>, visitato in data 29/10/2015.
[21] MVRDV, Markthal Rotterdam opens today: a mix of housing and market,
<https://www.mvrdv.nl/en/news/markthalopening>, visitato in data 29/10/2015.
[22] O. WAINWRIGHT, Rotterdam’s Markthal: superdutch goes supersized in psychedelic marketplace, <https://www.theguardian.com/artanddesign/architecture-design-blog/2014/oct/02/
-sp-rotterdam-markthal-superdutch-market-mvrdv>, visitato in data 07/09/2016.
[23] E. GIACOBINO, op. cit.
[24] B. RICHARDS, New Glass Architecture, Michigan, Laurence King Publishing, 2006, p. 7.
[25] F. ASENSIO CERVER, The architecture of glass: shaping light, New York, Hearts Book International, 1997, p. 5.
[26] Cfr. nota 19.
[27] S. COLONNA, La dialettica di classico/anticlassico tra Argan, Zevi e Novak per una definizione critico-estetica di “Architettura Liquida”, in “BTA – Bollettino Telematico dell’Arte”, ISSN 1127-4883, 16 Giugno 2014, n. 715, <http://www.bta.it/txt/a0/07/bta00715.html>.
[28] Cfr. nota 19.
[29] MVRDV, Glass Farm, <https://www.mvrdv.com/en/projects/glass-farm>, visitato in data 15/11/2016.
[30] Cfr. nota 19.
[31] MVRDV, Crystal Houses, <https://www.mvrdv.com/en/projects/crystal-houses>, visitato in data 15/11/2016.
[32] Cfr. nota 19.
BIBLIOGRAFIA
ASENSIO CERVER 1997
F. ASENSIO CERVER, The architecture of glass: shaping light, New York, Hearts Book International, 1997.
BEENKER 2014
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Virtuele Maquette Collectiegebouw,
<https://www.youtube.com/watch?v=vovFG2GQrxs>.
Programma van Eisen Collectiegebouw Museum Boijmans Van Beuningen definitief
(citato PvE Collectiegebouw MBVB definitief)
<http://www.rotterdam.nl>.
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