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Il Public Art Depot di MVRDV a Rotterdam 
 

Zaira Nuovo
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 25 Maggio 2017, n. 842
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Area Architettura

Rotterdam è ben nota come “città dell’architettura”: non di quella storica, di cui con il bombardamento del maggio del 1940 si sono salvati pochi edifici, prevalentemente degli anni Venti e Trenta e collocati in zone periferiche della città, ma di quella a cui talvolta ci si riferisce come «architettura della ricostruzione» [1]. La città, infatti, trovandosi nella difficile condizione di dover ricostruire in particolare il suo centro partendo dalle macerie, sin da subito fu in grado di sfruttare questa circostanza e di attuare un ampio piano urbanistico fondato su un’architettura che fosse moderna, frutto di sperimentazione e ricca d’innovazione, supportata dalla grande libertà intellettuale e dal contesto lavorativo indipendente ed emancipato che la caratterizzano [2].
Premiata come Città dell’Architettura nel 2007, oggi la città portuale si presenta come la «città del futuro» [3] e «laboratorio per l’internazionalizzazione» [4]. Dichiarata nel 2014 un must-see dal New York Times e dalle Rough Guides, nel 2016 è stata inserita dalla popolare casa editrice Lonely Planet nell’elenco delle dieci migliori città da visitare, descritta come «una vera galleria d’arte a cielo aperto di edilizia moderna, postmoderna e contemporanea» [5]: un contesto turistico ed architettonicamente pluristilistico col quale MVRDV, che vi ha sede, si rapporta da tempo; di questo scenario e delle icone successo della città, di seguito prese in analisi, il gruppo di architetti sembra aver tenuto conto nel corso della progettazione del Public Art Depot (fig. 1) per il Museum Boijmans Van Beuningen della città.

Il museo ospita una collezione unica di dipinti, sculture, stampe e disegni e nel corso dell’anno organizza un programma variegato di particolari e spettacolari mostre temporanee che si aggiungono a quelle permanenti [6]. In esso capolavori olandesi ed europei consentono di compiere un viaggio che va dal Medioevo ai nostri giorni: da Bosch, Rembrandt e Van Gogh a Mondrian, Dalì e Maurizio Cattelan; è possibile ammirare, tuttavia, solo una parte della collezione: circa 70.000 dei 145.000 oggetti d’arte del patrimonio museale sono infatti custoditi in magazzini e location esterne non visitabili.
Per far fronte ai problemi logistici creati da questa distribuzione, all’insufficienza degli spazi ed al cattivo stato in cui versano alcuni di questi locali, soggetti ad inondazioni con una possibile minaccia di danno delle opere, nel 2005 è stata proposta la costruzione di un edificio nel quale poter conservare e preservare la collezione mediante impianti di sicurezza avanzati, contro inondazioni, incendi, furti ed altri pericoli, e sistemi di climatizzazione all’avanguardia. Tenendo conto anche dell’importanza mondiale della collezione del Museum Boijmans Van Beuningen e del malcontento da anni presente nel mondo museale verso i tradizionali depositi d’arte chiusi al pubblico [7] ed i costi per il loro mantenimento [8], nel 2011 il direttore Sjarel Ex ha l’idea di realizzare un deposito d’arte pubblico: il Collectiegebouw, più noto come Public Art Depot.
Nel febbraio 2013 viene pubblicato il Programma van Eisen [9], piano nel quale sono presenti le motivazioni alla base del progetto, gli obiettivi da raggiungere ed i requisiti da soddisfare. Il proposito è di permettere ai visitatori di ammirare anche quel patrimonio di opere finora nascoste e visibili solo e se prestate per esposizioni, spesso allestite in altri musei, e di consentire al pubblico di vedere cosa avviene dietro le quinte di un museo, generalmente ad accesso limitato. Un’altra novità è poi il partenariato pubblico-privato tra il Comune di Rotterdam, il Museum Boijmans Van Beuningen e Stichting De Verre Bergen, costituito per aiutare economicamente la realizzazione dell’edificio: il museo recupererà l’investimento attraverso il reddito ricavato dalla vendita di biglietti d’ingresso al deposito, dai servizi offerti al pubblico e, soprattutto, dall’affitto di spazi messi a disposizione per allestire mostre e per ospitare opere di collezionisti privati [10].
L’edificio richiesto è una costruzione imponente, spettacolare ed invitante, un’icona nel Museumpark, parco museale sempre più centro nevralgico della cultura della città, che da lontano attiri l’attenzione dei passanti. Si vuole che il visitatore si senta come Charlie nel meraviglioso mondo della fabbrica di cioccolato di Willy Wonka ed elabori un’idea della collezione del Public Art Depot come la si può avere del capitale d’oro nel deposito di Paperon de’ Paperoni [11].
In un’intervista Sjarel Ex ha affermato che il Collection Building è pensato non come un museo tradizionale, ma come «un magazzino aperto e accessibile in ogni sua parte» [12]. In realtà, come si legge nel piano dei requisiti, alcune aree non saranno aperte ad un pubblico generale: si tratta di spazi dedicati alla logistica del complesso museale, aree di quarantena, una sala privata che il museo potrà affittare ai collezionisti ed un ufficio per la fondazione filantropica De Verre Bergen. Il visitatore potrà comunque avere un’esperienza di accessibilità notevole e non percepirà quegli ambienti come una “no go area” grazie ad un percorso sorprendente che attraverserà i 15.000 m2 dell’edificio [13].

Durante l’estate del 2013 sono stati selezionati cinque grandi studi d’architettura per l’elaborazione di uno schizzo per il design concept da dare al Collectiegebouw: tra questi figura MVRDV. Il team, che prende il nome dall’acronimo dei cognomi dei tre architetti che lo hanno fondato nel 1993, Winy Maas, Jacob van Rijs e Nathalie de Vries, ha ben presto raggiunto fama nazionale ed internazionale e oggi comprende circa centocinquanta impiegati dalle variegate formazioni e provenienze [14]. Proclamato vincitore del concorso nel 2014 [15], il 17 aprile 2015 il progetto ha ottenuto l’approvazione del Consiglio d’Amministrazione del Comune di Rotterdam [16] ed il 6 novembre il via libera per la sua realizzazione [17].
Criterio importante era una collocazione che tenesse conto dell’ambiente circostante e che fosse vicina al museo: è stata dunque scelta l’area dal terreno in ghiaia ad esso adiacente, della quale gli alberi rimossi non andranno perduti ma, perseguendo una scelta ecosostenibile, tipica dei progetti di MVRDV, saranno ricollocati sulla terrazza, costituendo parte del giardino con sculture previsto sul tetto. L’edificio, con l’intento di non arrecare danni al vicino parco e di occupare il minor spazio possibile, è stato concepito come un volume compatto e tondo, coperto con un rivestimento in vetro riflettente con cui si darà vita ad un gioco di riflessi del verde circostante e di fusione con l’ambiente.
Un’altra particolarità del progetto è il percorso a zig-zag col quale il visitatore attraverserà i tre piani del Collection Building: dalla hall, dove saranno presenti la biglietteria, un bar ed il negozio del museo; ai vari depositi d’arte su scaffalature e griglie mobili, che possono essere visti come mostre che mutano, le sale espositive ed i laboratori di restauro; sino alla terrazza panoramica, con il giardino di sculture ed un ristorante in copertura, anch’essa trasparente.
L’edificio, infine, sarà caratterizzato da sette diverse condizioni climatiche che creeranno le condizioni ideali per la conservazione delle opere d’arte, per gli uffici e per il pubblico: l’ambizione di MVRDV è quella di raggiungere la certificazione del livello di sostenibilità BREEAM con classificazione Excellent [18].

L’architetto e head of visualization di MVRDV Antonio Luca Coco, che si ringrazia per il contributo dato al presente lavoro di ricerca, spiega in che modo il Collection Building si colloca nella Museum Area di Rotterdam e la completa (fig. 2): «l’Art Depot si inserisce al culmine dell’asse che parte dalla Kunsthal, percorre il “giardino romantico”, attraversa l’het podium, una piazza all’aperto fondamentale per diversi festival che si svolgono a Rotterdam (De Parade è il più famoso), e culmina nel de voor tuin, il giardino antistante il Depot. La posizione risulta strategica perché chiude uno spazio creando un network tra i diversi musei prospicienti l’area di interesse del deposito d’arte» [19].
L’opera di MVRDV si confronta e scontra con quella di Rem Koolhaas: il deposito, un’unica figura concava, si distanzia dalle molteplici forme in cui è decostruita la galleria d’arte, segmentata ed incastrata, e le fluidifica incanalandole in un solo ampio moto, origine di una sorta di paraboloide. Allo stesso modo si rapporta con gli altri edifici del parco museale, dalle strutture prevalentemente scatolari.
Si persegue l’obiettivo di sfruttare al massimo gli spazi, compattandoli in un unico volume iperspaziale e cercando di provocare il minor impatto possibile sull’ambiente: per ottenere questo risultato, cifra della design philosophy del team, un cubo di partenza viene allungato e smussato agli angoli sino ad essere plasmato in un cilindro che, a sua volta, viene alleggerito di alcune parti alla base e trasformato in una forma rotonda (fig. 2).
La forma, però, non ha solo questa funzione; in linea con l’avviso di gara, si realizza una costruzione accattivante che costituisce di per sé un architectural statement, una dichiarazione architettonica, meritevole di una visita. Essa si va a collocare a meno di due chilometri di distanza dal quartiere Blaak e dalle icone che lo caratterizzano, mete turistiche per eccellenza: le Kubuswoningen, meglio note come le Case cubiche, di Piet Blom e il Markthal di MVRDV.
Le 38 casette di circa 100 m2 l’una, espressive e dai colori accesi, sono dei cubi inclinati di 45° ed impostati su pilastri esagonali per dare luogo alle forme ideali di alberi in un bosco pensate dall’architetto negli anni ’70-’80 (fig. 3). Uno di questi cubi, il Kijk-Kubus, è una casa arredata e musealizzata per permettere al visitatore di esperire come si vive in una casa cubica e fornirgli ulteriori informazioni sul cosiddetto Bosco di Blaak.
Poco distante da questi incastri di geometrie spigolose, dal 2014 trionfa la grande forma curva del Markthal (fig. 4), primo mercato alimentare coperto dei Paesi Bassi; in Europa è il più ampio nel suo genere e la più grande struttura costituita da una rete di cavi d’acciaio precompresso sospesa e capace di muoversi in caso di forte vento, con lastre di vetro inserite nelle maglie del suo scheletro elastico, simile ad una racchetta da tennis [20]. Il visitatore in un primo momento rimane colpito dall’imponenza dell’edificio che, alto 40 metri, si sviluppa nei 71 metri di larghezza e nei 114 di lunghezza; in secondo luogo, viene incuriosito dalla spettacolare facciata, interamente in vetro trasparente per ridurre al minimo la struttura, inondare di luce gli spazi e permettere di intravedere gli interni. La grande vetrata invita ad avvicinarsi, a scrutare le finestrelle che ne tappezzano l’arco in pietra grigia naturale, ma soprattutto ad accedere ed immergersi nel cosmopolitismo racchiuso al suo interno: 95.000 m2, 228 appartamenti situati lungo la grande copertura ad arco, 96 attività tra chioschi di cibo fresco e negozi di alimentari, 20 ristoranti di cucina internazionale e caffetterie al primo piano, 1.200 posti auto ed un supermercato in quello interrato.
Prima di questi elementi, però, anche ad una certa distanza dall’ingresso spicca inevitabilmente il tripudio di cromie del murale intitolato Cornucopia (fig. 4), esaltato dal colore pietroso del materiale che lo incornicia e circonda. Rivestendo la volta di 11.000 m2, concepita dagli artisti Arno Coenen ed Iris Roskam, è una delle più grandi opere d’arte del Paese: vi sono rappresentate immagini sovradimensionate di prodotti che possono essere acquistati nel mercato affiancate da quelle, altrettanto fuori misura, di fiori ed insetti per omaggiare i capolavori olandesi di natura morta del XVII secolo; per ottenere la nitidezza desiderata, pari a quella di una rivista patinata, queste figure sono state renderizzate col software Pixar e, a seguire, sono state stampate su pannelli in alluminio perforati ed attaccati a dei pannelli acustici insonorizzanti [21].
L’aperta struttura a ferro di cavallo, o a tunnel, del pluripremiato Markthal invita il visitatore ad entrarvi e a rivolgere subito lo sguardo alla volta, denominata in un articolo di “The Guardian” «Cappella Sistina di prodotti freschi» la quale potrebbe far sorgere il dubbio di trovarsi in un paese delle meraviglie, se non addirittura davanti ad un fenomeno allucinogeno o in un tunnel psichedelico [22].

Nella diversità delle funzioni e dei messaggi restano inconfondibili il design ed il pensiero liquidi di MVRDV e delle sue opere, modelli di un «atteggiamento costantemente volto al futuro, all’ampliamento delle possibilità di ricerca, di scala e di soluzioni diverse» [23]: la forma del Public Art Depot, che sembra replicare, rovesciare e chiudere la struttura del Markthal, dichiara la sicurezza del luogo in cui sono conservate le opere d’arte e nello stesso tempo stimola con la sua veste specchiata ad esplorare un prezioso mondo esternamente non visibile.
Una vasta parte degli architetti moderni è ricorsa all’uso del vetro, spinta dal fascino e dal potenziale di una materia che illumina le architetture e le modella con la luce, nonché dalla ricerca funzionale, volta a creare costruzioni dalle strutture minime e, almeno apparentemente, più leggere. Impiegato quindi per definire volumi spaziali dematerializzandoli attraverso trasparenze e luminosità e per ottenere soluzioni costruttive creative e sofisticate, il vetro è essenzialmente trattato come un “non-materiale”, collocato tra lo spazio esterno e quello interno, che apre l’architettura ed allo stesso tempo la contiene [24].
Le caratteristiche più rappresentative del vetro sono la trasparenza, la traslucenza e la capacità di creare riflessi e trasformarli nell’essenza di un progetto [25]: quest’ultima proprietà è quella che connota maggiormente il Public Art Depot. L’architetto Coco spiega che «lo specchio era quasi d’obbligo nell’utilizzo in quanto lo studio voleva mostrare altri punti di vista che prima non esistevano e creare un effetto “meraviglia” dello spettatore che, passeggiando nell’asse che proviene dalla Witte de Withstraat, inizia a vedere attraverso lo specchio elementi prima non visibili» [26]. Per mezzo della copertura riflettente e del fenomeno dell’aberrazione ottica, dovuto alla forma sferica del deposito, viene prodotta questa visione allargata ed inaspettata del parco e delle strutture circostanti, un’immagine virtuale; un altro motivo alla base della scelta del materiale è poi la suddetta intenzione di ottenere una fusione del Collectiegebouw con l’ambiente, ulteriormente accentuata dalla presenza del giardino sul tetto. In questo modo il complesso museale quasi si mimetizza con la natura: ad accentuare questa immersione si aggiunge l’elemento atmosferico-meteorologico che anima lo specchio rendendo cangiante e liquido l’edificio. Si può proporre come esempio illustrativo di questa liquidità un render in cui il Collection Building è oscurato come il cielo (fig. 5): la spettacolarità è amplificata dall’apparizione, sulla superficie nuvolosa e mimetizzata, delle grandi e luminose vetrate-finestre che, poco individuabili dall’esterno con la luce del giorno, compaiono quasi come una visione e ne svelano l’architettonica realtà. Lo specchio crea dunque un gioco di riflessi che al calar del sole non viene meno, in quanto la superficie si tinge dei colori della notte proprio grazie al suo potere specchiante, ma cede la scena all’azione della luce artificiale che, dall’interno del deposito, attraversa le vetrate facendole magicamente apparire qua e là sulla superficie dell’edificio: l’illuminazione agisce come elemento di cambiamento di stato del complesso museale e rafforza quell’attrazione e quell’attivazione dell’immaginazione, dell’affettività e delle emozioni dello spettatore già in atto nelle fasce orarie diurne per mezzo della forma e dello specchio dell’Art Depot che, da “contenitore”, diventa camera delle meraviglie.

La scelta del vetro per il Public Art Depot è resa ancora più interessante se, come si è già evidenziato a proposito della forma, si considera anche per questa il rapporto con la poco distante Kunsthal. Nell’opera di Rem Koolhaas ogni facciata ha un suo design che la diversifica dalle altre, ma tutte e quattro sono accomunate dall’uso del vetro: si notano sia piani bipartiti orizzontalmente o diagonalmente e caratterizzati dal rovesciamento dei pieni e dei vuoti per la presenza di lastre trasparenti nelle fasce inferiori, sia pareti uniformi e vitree. Il vetro è adoperato nei suoi molteplici aspetti, trasparente, opaco o specchiante, talvolta in contrasto con se stesso: durante le ore notturne le potenzialità delle sue diverse tipologie entrano completamente in azione, grazie alle luci artificiali che attraversano le vetrate, accendono gli ambienti rivelandone le suddivisioni interne e trasformano la galleria d’arte in un luogo “altro”, attraente, mutevole e liquido. Le luci filtrano tenui dove il vetro è opaco, brillanti dove è trasparente, e vengono intervallate e movimentate dagli elementi diagonali della struttura metallica dell’edificio. Il tema dello specchio è centrale in Koolhaas e lo si trova anche, per esempio, nel canadese ampliamento del Museo Nazionale delle Belle Arti del Québec (MNBAQ) completato nel 2013, di cui Stefano Colonna spiega la riflessione filosofica alla base dell’opera [27].
Il Public Art Depot è cangiante in maniera simile alla Kunsthal: la luce naturale ed artificiale sicuramente svolge un ruolo fondamentale nel dar vita a cambiamenti di aspetto e di stato in entrambi gli edifici museali, ma lo specchio del deposito, sommato alla superficie uniforme e priva di componenti strutturali che l’attraversino o che siano in aggetto (come nel caso dell’estensione del museo canadese), costituisce un elemento capace di rendere l’architettura ancora più variabile, straordinariamente più fluida, tutto il giorno, tutti i giorni.

La versatilità del vetro si trova anche nelle sue molteplici possibilità di lavorazione, con le quali può essere portato a livelli maggiori o minori di riflessione e di trasparenza ed opacità.
Coco rivela in anteprima: «l’uso dello specchio ha creato molte complicazioni dal lato che si rivolge verso l’ospedale Erasmus: la sede di Psichiatria Infantile, infatti, è proprio prospiciente quell’area della facciata e lo specchio poteva causare seri disturbi ai pazienti. Ciò ha portato MVRDV allo studio approfondito delle riflessioni che avrebbero danneggiato i pazienti, alla scelta di una variante del materiale che non fosse riflettente ed infine alla disposizione di pannelli non riflettenti nei punti interessati: i pannelli in specchio si fondono con quelli non riflettenti attraverso un gradiente. Lo studio si è ispirato a progetti già realizzati» [28]. Tra questi, la Glass Farm di Schijndel, piccolo paese natale di Winy Maas, completata nel 2013, e le Crystal Houses di Amsterdam, aperte al pubblico nel corso del 2016.
La “fattoria di vetro”, un edificio ospitante una serie di attività pubbliche come ristoranti, negozi ed un centro benessere [29], deve il suo nome alle facciate, realizzate in vetro temperato e leggermente specchiato, sul quale sono state stampate diverse raffigurazioni di un’immagine di una tipica fattoria olandese ottenuta mediante l’elaborazione digitale di fotografie di reali fattorie ancora esistenti nei dintorni (fig. 6). Da questa lavorazione del vetro deriva un sensazionale adattamento dell’edificio al territorio circostante, di cui richiama forme e colori originari: questo aspetto è condiviso e, attraverso l’utilizzo quasi esclusivo di pannelli riflettenti, amplificato dal deposito museale. MVRDV dunque, per rispondere alle specificità dei luoghi, ha sviluppato il tema della compenetrazione dell’edificio con l’ambiente adottando tecniche di lavorazione del vetro differenti: la Glass Farm replica al suo esterno un edificio non più esistente e col suo aspetto ne costituisce un’affascinante memoria, mentre il Public Art Depot conserva memoria artistica al suo interno. Coco spiega che nella costruzione di Schijndel, inoltre, in alcune parti delle facciate «lo specchio è stato lavorato con delle trasparenze per permettere ai negozi di mostrare le vetrine» [30], finalità assente nel deposito, Wunderkammer di opere d’arte.
Le Crystal Houses, invece, sono state realizzate per rinnovare la via del lusso di Amsterdam, PC Hooftstraat. L’opera consiste in una facciata, per l’edificio che ospita il nuovo store della boutique Chanel, eseguita completamente in mattoni di vetro solidi (fig. 7). Questi elementi sono il prodotto di una tecnologia elaborata da un team composto da progettisti di MVRDV, ricercatori del Dipartimento di Tecnologia dell’Università di Delft ed artigiani dell’italiana Poesia, marchio della Vetreria Resanese, azienda veneta leader nel settore a livello internazionale: proprio questi artigiani hanno realizzato a mano i mattoni della facciata, più resistenti del cemento, mediante la più antica tecnica di lavorazione del vetro, la colata in stampi metallici seguita da raffreddamento; strumenti tecnologici avanzati, quali laser high-tech e lampade UV, sono stati poi utilizzati per saldare i mattoni tra loro in fase di costruzione [31]. Anche per questo progetto, unico nel suo genere, l’architetto Coco descrive le modalità di utilizzo del materiale: «vetro e specchio si fondono: la forma del mattone è stata ripresa e realizzata in vetro con inserti di specchio in alcuni punti chiave dell’edificio» [32]. Nelle Crystal Houses non si cerca una fusione con l’ambiente ma un distacco che miri ad evidenziare la raffinatezza della maison francese e della strada in cui si trova; questo distacco, tuttavia, non è eccessivo, sia per la scelta della trama in mattoni degli edifici adiacenti, sia per il trattamento dei mattoni in vetro con un gradiente, grazie al quale nella parte alta della facciata si confondono sempre più con quelli tradizionali, in terracotta (materiale indice della precedente finalità residenziale dei palazzi, secondo le regole estetico-urbanistiche della città). La sfumatura coloristica dal basso verso l’alto, applicata ad un materiale così particolare per le sue proprietà, consente di far percepire la parte inferiore della facciata come leggera, fluttuante, in un certo senso invisibile e quindi “vuota”, a differenza della fascia superiore che diventa gradualmente visibile, pesante, compatta e “piena”: ciò provoca un’inversione anticlassica dei pieni e dei vuoti, con un conseguente maggiore potere attrattivo, tipico delle architetture liquide, esercitato dalla facciata sullo spettatore. Essa risulta essere fluida ed elegante nella sua vitrea traslucenza, costantemente malleabile dalla luce naturale, maggiore o minore nel corso della giornata, e da quella artificiale durante le ore notturne.
Ulteriore preziosità deriva, infine, dal rispetto per l’ambiente racchiuso nell’opera: tutte le componenti in vetro sono completamente riciclabili, i mattoni imperfetti sono stati e possono essere fusi e rimodellati e, a sua volta, l’intera facciata potrebbe essere fusa ed avere una nuova vita.
Il vetro rende dunque le opere continuamente trasformabili dalle luci e dai riflessi e modificabili esse stesse, nella loro struttura, che è liquida in potenza.
Dall’analisi di questi pochi ma rilevanti esempi si può concludere che il vetro sia il materiale liquido per eccellenza e che il Public Art Depot, di cui è prevista l’apertura alla fine del 2018, è già diventata un’icona sia per la città di Rotterdam sia per la museologia.




NOTE

[1] F. VAN DER HOEVEN, S. NIJHUIS, Hi Rise, I can see you! Planning and visibility assessment of high building development in Rotterdam, in Research in Urbanism Series, Vol. 2, 2011, pp. 277–301, <http://rius.tudelft.nl/article/view/216>.
In questa nota di apertura inserisco una breve premessa per guidare nella lettura dei riferimenti bibliografici. Nella Bibliografia e nella Sitografia, infatti, sono proposti ulteriori titoli che, pur non essendo stati direttamente citati nel testo, chi scrive segnala in quanto si tratta di fonti importanti per affrontare la tematica presentata, ampia e complessa.

[2]  A. FREARSON, Rotterdam is “the city of the future” say architects, <http://www.dezeen.com/2016/01/20/rotterdam-city-of-the-future-say-architects-
netherlands-architectural-innovation-experimental-construction
>, visitato in data 14/10/2016.

[3] Ibidem.

[4] T. VERSTEGEN, Prospettive di crisi e di successo, in Dutch touch: sulla seconda modernità in Olanda, M. COSTANZO, H. IBELINGS (a cura di), Roma, Kappa, 2004, pp. 25-37.

[5] A. FREARSON, op. cit.

[6] Museum Boijmans Van Beuningen, About the museum, <http://www.boijmans.nl/en/374/about-the-
museum
>, visitato in data 07/09/2016.

[7] C. GROSKOPF, Museums are keeping a ton of the world’s most famous art locked away in storage, <http://qz.com/583354/why-is-so-much-of-the-worlds-great-art-in-storage>, visitato in data 12/03/2016.

[8] G. KENDALL, Cross calls for new debate on stored collections, <http://www.museumsassociation.org/
news/26012011-cross-calls-for-new-debate-on-stored-collections
>, visitato in data 12/03/2016.

[9] Programma van Eisen Collectiegebouw Museum Boijmans Van Beuningen definitief,
<http://www.robedrijf.nl/Clusters/Stadsontwikkeling/Document%202013/collectiegebouw%20boijmans/PVE
%20Collectiegebouw%20MBVB%20def.pdf
>, visitato in data 10/09/2016 (da qui in poi citato come PvE Collectiegebouw MBVB definitief).

[10] Gemeente Rotterdam, Collectiegebouw - financiering en exploitatie,
 <http://archive.is/05mfG>, visitato in data 10/09/2016.

[11] PvE Collectiegebouw MBVB definitief, p. 9.

[12] L. TRAVERSI, A. TARISSI, Public Art Depot a Rotterdam. Le virtù d’Olanda, <http://www.artribune.com/2015/04/public-art-depot-a-rotterdam-le-virtu-dolanda>, visitato in data 15/11/2015.

[13] PvE Collectiegebouw MBVB definitief, p. 10.

[14] E. GIACOBINO (a cura di), MVRDV, Milano, Hachette, 2010, pp. 5-6.

[15] E. BEENKER, De pot op met het depot, in “Puntkomma: onderscheiden en verbinden. Tijdschrift over kunst en cultuur in Rotterdam”, 3, 2014, pp. 16-19, <http://www.puntkomma.org/de-pot-op-met-het-depot>.

[16] MVRDV, City of Rotterdam Executive Council unanimously approves MVRDV’s Collection Depot for Museum Boijmans van Beuningen, <https://www.mvrdv.nl/en/news/city-
of-rotterdam-executive-council-unanimously-approves-mvrdvs-collection-depot-for-museum-
boijmans-van-beuningen
>, visitato in data 10/11/2015.

[17] MVRDV, Green light for MVRDV designed open art depot of Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, <https://www.mvrdv.nl/en/news/green-light-for-art-depot-boijmans-rotterdam>, visitato in data 10/11/2015.

[18] MVRDV, Public Art Depot MBVB, <https://www.mvrdv.nl/en/projects/depot-mbvb>, visitato in data 10/11/2015.

[19] Le citazioni che lungo l’articolo verranno riferite ad Antonio Luca Coco sono frutto di una corrispondenza tra chi scrive e l’architetto stesso.

[20] MVRDV, Market Hall, <https://www.mvrdv.nl/en/projects/markethall>, visitato in data 29/10/2015.

[21] MVRDV, Markthal Rotterdam opens today: a mix of housing and market,
 <https://www.mvrdv.nl/en/news/markthalopening>, visitato in data 29/10/2015.

[22] O. WAINWRIGHT, Rotterdam’s Markthal: superdutch goes supersized in psychedelic marketplace, <https://www.theguardian.com/artanddesign/architecture-design-blog/2014/oct/02/
-sp-rotterdam-markthal-superdutch-market-mvrdv
>, visitato in data 07/09/2016.

[23] E. GIACOBINO, op. cit.

[24] B. RICHARDS, New Glass Architecture, Michigan, Laurence King Publishing, 2006, p. 7.

[25] F. ASENSIO CERVER, The architecture of glass: shaping light, New York, Hearts Book International, 1997, p. 5.

[26] Cfr. nota 19.

[27] S. COLONNA, La dialettica di classico/anticlassico tra Argan, Zevi e Novak per una definizione critico-estetica di “Architettura Liquida”, in “BTA – Bollettino Telematico dell’Arte”, ISSN 1127-4883, 16 Giugno 2014, n. 715, <http://www.bta.it/txt/a0/07/bta00715.html>.

[28] Cfr. nota 19.

[29] MVRDV, Glass Farm, <https://www.mvrdv.com/en/projects/glass-farm>, visitato in data 15/11/2016.

[30] Cfr. nota 19.

[31] MVRDV, Crystal Houses, <https://www.mvrdv.com/en/projects/crystal-houses>, visitato in data 15/11/2016.

[32] Cfr. nota 19.


BIBLIOGRAFIA


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C. GROSKOPF, Museums are keeping a ton of the world’s most famous art locked away in storage, <http://qz.com/583354/why-is-so-much-of-the-worlds-great-art-in-storage>, visitato in data 12/03/2016.


IBELINGS 1995

H. IBELINGS, 20th Century Architecture in the Netherlands, Rotterdam, NAi Publishers, 1995.


IBELINGS, STRAUVEN 2000

H. IBELINGS, F. STRAUVEN, Architetti contemporanei in Olanda e nelle Fiandre, Rekkem, Stichting Ons Erfdeel, 2000.


JORMAKKA 2002

K. JORMAKKA, Olandesi volanti: il movimento in architettura, Torino, Testo&Immagine, 2002.


KENDALL 2016

G. KENDALL, Cross calls for new debate on stored collections,
<http://www.museumsassociation.org/news/26012011-cross-calls-for-new-debate-on-stored-
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>, visitato in data 12/03/2016.


RICHARDS 2006

B. RICHARDS, New Glass Architecture, Michigan, Laurence King Publishing, 2006.


TRAVERSI, TARISSI 2015

L. TRAVERSI, A. TARISSI, Public Art Depot a Rotterdam. Le virtù d’Olanda, <http://www.artribune.com/2015/04/public-art-depot-a-rotterdam-le-virtu-dolanda>, visitato in data 15/11/2015.


VAN DER HOEVEN, NIJHUIS 2011

F. VAN DER HOEVEN, S. NIJHUIS, Hi Rise, I can see you! Planning and visibility assessment of high building development in Rotterdam, in Research in Urbanism Series, Vol. 2, 2011, pp. 277–301, <http://rius.tudelft.nl/article/view/216>.

WAINWRIGHT 2016

O. WAINWRIGHT, Rotterdam’s Markthal: superdutch goes supersized in psychedelic marketplace, <https://www.theguardian.com/artanddesign/architecture-design-blog/2014/oct/02/
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>, visitato in data 07/09/2016.


WESTERHOUT 2015

A. WESTERHOUT, Boijmans’ Collectiegebouw: icoon of iconoclasme?, in “Puntkomma: onderscheiden en verbinden. Tijdschrift over kunst en cultuur in Rotterdam”, 6, 2015, pp. 12-14, <http://www.puntkomma.org/boijmans-collectiegebouw-icoon-of-iconoclasme/>.


SITOGRAFIA


Collectiegebouw Museum Boijmans Van Beuningen,
<http://depot.boijmans.nl>.


Public Art Depot MBVB,
<https://www.mvrdv.nl/en/projects/depot-mbvb>.


Virtuele Maquette Collectiegebouw,
<https://www.youtube.com/watch?v=vovFG2GQrxs>.


Programma van Eisen Collectiegebouw Museum Boijmans Van Beuningen definitief
(citato PvE Collectiegebouw MBVB definitief)
<http://www.rotterdam.nl>.



PDF

Fig. 1
MVRDV,
Public Art Depot
(esterno), render.
Foto cortesia di MVRDV.

Fig. 2
MVRDV, Public Art Depot diagramma nel Museumpark | MVRDV, Public Art Depot, diagramma del volume.
Foto cortesia di MVRDV.
Powerpoint cortesia di Zaira Nuovo.

Fig. 3
Piet Blom, Kubuswoningen (esterno e interno), Rotterdam.
Foto e
Powerpoint cortesia di Zaira Nuovo.

Fig. 4

MVRDV, Markthal (esterno), Rotterdam | Arno Coenen e Iris Roskam, Cornucopia (dettaglio) nel Markthal di MVRDV.
Foto e Powerpoint cortesia di Zaira Nuovo.

Fig. 5

MVRDV,
Public Art Depot
(esterno), render.
Foto cortesia di MVRDV.

Fig. 6

MVRDV, Glass Farm (esterno e dettaglio), Schijndel.
Foto cortesia di MVRDV.
Powerpoint cortesia di Zaira Nuovo.

Fig. 7

MVRDV, Crystal Houses (esterno e dettaglio), Amsterdam.
Foto cortesia di MVRDV.
Powerpoint cortesia di Zaira Nuovo.


Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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