Durante
la seconda metà del 1900 il museo e le gallerie non sono più luoghi
anonimi e neutrali in cui
contemplare opere realizzate altrove, ma diventano quelli in cui
l’artista, dopo un’indagine preventiva, vi costruisce un lavoro
assecondando, contestando, comunque modificando l’assetto spaziale
precedente .
In questo modo si forma un dibattito esplosivo tra artisti e
architetti che ancora oggi non smette di far discutere. Più
l’architettura è spazialmente ardita, più l’artista se ne sente
sopraffatto e diminuito.
Queste
architetture non sono più involucri vuoti da riempire, non svolgono
più un’unica funzione di raccogliere manufatti, ma in alcuni casi
possono diventare anche piattaforme panoramiche in cui contemplare lo
spazio circostante, tramite studiate aperture spaziali, in un diretto
dialogo con il sito in cui sorgono.
In
questo discorso s’inseriscono due architetture realizzate a
vent’anni di distanza l’una dall’altra, da autori differenti,
in contesti culturali e sociali diversi. Si tratta del Museo di Arte
Contemporanea di Niterói (MAC) e il Messner Mountain Museum (MMM).
Il
MAC viene completato da Oscar Niemeyer nel 1996 e sorge sulla baia di
Guanabara, in Brasile, mentre il MMM viene inaugurato nel 2016 sul
Plan de Corones, in Italia, su progetto di Zaha Hadid. Questi
edifici, considerati come vere e proprie opere d’arte,
s’inseriscono nell’ultimo periodo artistico dei due architetti e
corrispondono perciò a una messa a punto dei temi percorsi durante
la loro esistenza.
La
parabola artistica di Oscar
Niemeyer abbraccia tutta la storia e le tensioni presenti
nell’architettura moderna e si sovrappone a quella contemporanea,
preannunciandone temi e linguaggi. La città-manifesto della sua
opera è Brasilia, in cui dimostra che i principi su cui è costruita
l’architettura moderna sono abbastanza elastici e il suo sistema di
valori altrettanto forte da permettere sperimentazioni formali che
includono nuovi motivi architettonici ,
come la curva desunta da plastiche armoniose concesse dall’utilizzo
del cemento armato. Zaha Hadid nasce a Baghdad nel 1950. Sette anni
dopo viene scelto il progetto urbanistico di Lucio Costa per la
costruzione di Brasilia .
Oscar Niemeyer occupandosi della progettazione degli edifici della
città riesce a creare una serie di architetture tutte diverse tra
loro, accomunate solo dall’originalità delle forme e
dall’imponenza delle masse. Zaha Hadid, avendo compiuto diversi
viaggi in Brasile, ha modo di ammirare le meravigliose strutture
dell’architetto carioca che rompono con la tradizione e si
stagliano nel paesaggio con l’intrinseca volontà di affermare la
libertà plastica delle masse. Gli edifici dell’architetta irachena
hanno lo stesso spirito d’innovazione e d’imponenza di quelli di
Niemeyer, ma a differenza di questi ultimi sono ancora più audaci
nelle forme. Si tratta di architetture monumentali che comunicano con
il sito in cui sono immerse, diventando esse stesse parte del
paesaggio.
Se
Niemeyer compie un’evoluzione delle proprie forme, all’inizio
timide, ma successivamente sempre più spregiudicate, Hadid effettua
un percorso pluridirezionale, tuttavia unitario, con geometrie e temi
che spesso ritornano all’interno delle proprie architetture,
altalenandosi tra di loro.
José
Carlos Sussekind, l’ingegnere responsabile dei calcoli strutturali,
nonché amico intimo di Niemeyer ,
racconta così l’ideazione del MAC di Niterói:
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Fig. 1 - MAC - Museo di Arte Contemporanea di Niterói,
foto da Wikimedia Commons [CC BY-SA 2.0 (link)],cortesia
Di Rosino (Flickr)
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«Il
Mac di Niterói è un monumento, con un’area costruita
piccolissima. Il sindaco ha speso due lire e oggi la città è
conosciuta in tutto il mondo per via del museo. Ricordo che il
sindaco aveva mostrato a Niemeyer tre location, ma vista la prima
Oscar gli ha detto “ok, è questa”, su quel lembo di terra di
fronte al mare. Dopodiché siamo andati a mangiare in una di quelle
trattorie vicino al mercato del pesce e durante l’attesa
dell’ordinazione, sul tovagliolo di carta, Oscar ha disegnato il
museo» .
Il
MAC, uno dei più recenti ed entusiasmanti progetti di Oscar Niemeyer
inizia a prendere forma nel maggio del 1991 quando sua figlia Anna
Maria fa visita a Italo Campofiorito, allora Segretario alla Cultura
della città di Niterói, sulla sponda opposta della baia rispetto a
Rio de Janeiro, sperando di poter partecipare all’organizzazione di
una mostra della collezione di Joćo Sattamini. Il sindaco di Niterói
è così entusiasta dell’idea che chiede a Oscar Niemeyer di
progettare un museo che potesse dare lustro alla città .
La struttura di 6.500 metri quadrati a forma di cupola rovesciata è
situata su un promontorio roccioso che domina la baia, si compone di
tre livelli esterni più uno interrato ed è accessibile tramite una
sinuosa rampa di cemento rosso ,
l’elemento da cui scaturisce la forma circolare della struttura.
Morbida ed elegante, si divide in due parti dove una va al primo
livello verso l’ingresso della hall, mentre l’altra sale al
secondo livello dove sono situate le gallerie di esposizione.
La
sempiterna polemica sollevata da alcuni critici nei confronti di
Niemeyer, accusato di essere più scultore che architetto è qui
messa fuori discussione .
In questo museo, infatti, come in tutte le sue architetture, la forma
è pensata anche in funzione dell’abitabilità. Lo spazio è usato
completamente, totalmente .
Lontano
dall’apparire datato, il museo inaugura un diverso percorso, sia
personale che generale, affrontando gli esterni problemi di sito
natura e della loro relazione con l’espressione artistica .
Un’architettura il cui tema evidente è il rapporto con le grandi
emergenze geologiche del paesaggio, della creazione umana rispetto a
quella naturale, che si costruisce prima di tutto come un grande
belvedere a trecentosessanta gradi, mentre le opere della collezione
sono al chiuso nel piano inferiore, illuminate dalla luce indiretta
che piove dal grande nastro circolare.
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Fig. 2 - MAC - Museo di Arte Contemporanea di Niterói,
foto da Wikimedia Commons [CC BY-SA 2.0 (link)],cortesia
Di Rosino (Flickr)
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è un capolavoro tardo che
sembra ascoltare i principi di un’architettura senza tempo, molto
vicina a quell’ideale greco di edifici concepiti come presidio e
commento al paesaggio naturale .
In
posizione rovescia, con il vertice idealmente appoggiato al suolo e
la splendida vetrata che si allarga verso la cupola ellissoidale, il
cono assume il ruolo predominante di superficie che configura il MAC.
Sfidando la forza di gravità, l’edificio si adagia su un esile
cilindro con una soluzione compositiva che riduce al minimo la
superficie di appoggio per ottenere un suggestivo effetto di distacco
dell’imponente struttura dal profilo del paesaggio naturale, in un
calibrato rapporto di forme e dimensioni, mai interpretato in chiave
mimetica .
La falda tronco-conica è sormontata da un’ampia cupola costituita
da un semiellissoide schiacciato, con asse di rotazione verticale .
Questo
museo è utile per comprendere l’importante elemento della
relazione tra architettura e natura sempre presente nell’opera di
Niemeyer. L’edificio sorge da una sorta di fontana d’acqua, una
vasca poco profonda con l’acqua a filo. Un espediente che determina
una suggestiva soluzione: l’edificio sembra nascere, in prossimità
dell’ingresso, direttamente dalle acque della baia.
All’interno,
la grande sala esagonale per le esposizioni è avvolta da una
passeggiata che segue l’andamento esterno, circolare,
dell’edificio. Questo camminamento, che non intralcia le
esposizioni accolte nella sala centrale, è illuminato mediante una
lunga finestra a nastro, che taglia per intero, in orizzontale, il
museo. In questo modo la baia entra all’interno dell’edificio,
facendo i conti con questo corpo estraneo capace di diventare
rapidamente un segno imprescindibile dello spazio in cui si trova.
Niemeyer,
in sostanza, intuisce l’essenza della geografia e, attraverso le
sue opere, rielaborando il carattere tipico di alcune architetture
locali, ne trasfigura il potenziale. La peculiarità del suo lavoro
risiede in questa capacità di pensare l’architettura non tanto nei
limiti degli elementi costitutivi, quali muro, facciata, pilastro,
copertura, quanto nella capacità di ampliare i limiti dell’oggetto,
fino a farlo fondere con il paesaggio .
Questa
fusione con il paesaggio circostante è attestabile ancor di più
nell’opera costruita da Zaha Hadid circa vent’anni dopo il MAC di
Niterói, il Messner Mountain Museum Corones (MMM).
Questo
museo, diversamente dal MAC, non si adagia sopra una superficie
naturale, bensì s’incorpora direttamente all’interno della vetta
del Monte Plan de Corones ,
a 2.275 metri sul livello del mare al centro della più popolare
località sciistica dell’Alto Adige, all’interno di uno spazio
naturale vastissimo, circondato dalle cime della Zillertal,
dell’Ortles e delle Dolomiti.
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Fig. 3 - MMM - Messner
Mountain Museum, cortesia
Riccardo Chesti
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Il
MMM Corones, museo che esplora la tradizione, la storia e la
disciplina dell’alpinismo, è l’ultimo di sei edifici pensati per
il progetto del Messner Mountain Museum. Ispiratore di tale idea è
Reinhold Messner ,
l’alpinista italiano, che è stato il primo al mondo a scalare
tutte le quattordici cime di oltre 8.000 m al mondo.
La
montagna per Messner è un punto di riferimento e ha trovato in essa
la matrice di ideazione e di realizzazione di questo straordinario
sistema museale, propriamente un unicum al mondo nella sua
concezione.
Diversamente
da come accade per lo più nei musei di montagna, qui Messner ha
fatto della montagna la nicchia ambientale di un racconto dell’uomo
che scopre e vive l’alpinismo. Nel suo progetto museale la montagna
è stata considerata non soltanto come un tema, ma anche, prima
ancora, come la natura ospitante, la cornice d’accoglienza di tali
luoghi d’incontro dell’uomo con le testimonianze di alcune delle
sue più singolari ed imprevedibili avventure di montagna. Essa
costituisce il grembo vivente di tali centri museali e vive
tutt’intorno a essi, ne è l’anima più pregnante e qui non si
trova ridotta in pezzi da esposizione raccolti in padiglioni-museo,
come quelli di impianto meramente collezionistico e conservativo.
Qui, per contro, l’ambiente della montagna regna e domina, facendo
manifestatamente avvertire la sua impronta vivificante in chiunque se
ne faccia visitatore. Non si tratta dunque della montagna messa
dall’uomo in vetrine di museo, ma, al contrario, della montagna che
ospita nei suoi luoghi una nuova forma di museo quale
teatro-racconto
per mettere in esposizione l’uomo che fa esperienza della montagna
stessa.
Reinold
Messner, con la realizzazione della catena museale del MMM, ha aperto
una nuova frontiera, anzi una molteplicità di nuove frontiere, nella
prospettiva del far cultura sul tema dell’incontro tra uomo e
montagna.
Innanzitutto
ha radicato tra le montagne una costellazione di luoghi di cultura.
Là dove si arroccavano castelli, quali sedi di esercizio di potere
territoriale, poi caduti in rovina ed abbandonati, ora sono attivati
focolai vivi di cultura. Infatti il Messner Mountain Museum Corones è
uno dei pochi edifici museali fondati ex novo, gli altri nascono da
architetture preesistenti.
La
vista mozzafiato sulle Alpi, godibile in modo particolare dal MMM
Corones, è parte integrante dell’esperienza museale.
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Fig. 4 - MMM - Messner
Mountain Museum, cortesia
Riccardo Chesti
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Lo
sguardo,
infatti, spazia in tutte e quattro le direzioni cardinali, anche
oltre i confini provinciali, dalle Dolomiti di Lienz a est fino
all’Ortles a ovest, dalla Marmolada a sud fino alle Alpi della
Zillertal a nord.
La
scelta del Plan de Corones ha una sua motivazione. Si tratta di una
località il cui comprensorio sciistico è il più frequentato della
provincia, ma nei mesi estivi è sempre stata di scarso richiamo per
i turisti. Con lo scopo di rilanciare l’altopiano anche nella
stagione estiva e di utilizzare gli impianti di risalita in maniera
sostenibile è nata l’idea di una piattaforma panoramica. Reinhold
Messner ha pensato così a una qualificazione culturale, suggerendo
la creazione di un luogo di pace, di decelerazione, di meditazione,
di uno spazio esperienziale opposto all’odierno fanatismo per lo
sport. La famosa montagna dello sci e dell’escursionismo è
diventata così anche la montagna del museo.
Reinhold
Messner spiega: «Corones
è la parola ladina che significa ‘corona’, come Krone in
tedesco. E il monte Kronplatz […] ospita ora il coronamento del mio
progetto di museo della montagna»
.
Il
museo ha una superficie di 1.000 metri quadrati ed è organizzato su
diversi livelli per ridurne l’impatto sull’ambiente naturale. La
natura e l’ambiente circostante giocano un ruolo decisivo, le forme
architettoniche sembrano fondersi con la realtà esterna. Concepito
soprattutto come un punto di osservazione privilegiato, è costituito
da una struttura a sbalzo con ampie vetrate che emergono dal
paesaggio roccioso, orientate visivamente verso le montagne scelte da
Messner. Osservando dall’esterno la struttura si possono notare
questi quattro grandi occhi che, emergendo dal terreno e orientati
sullo spazio circostante, sembrano nascere dall’interno della terra
come una creatura ctonia per invitare lo spettatore ad avvolgere con
lo sguardo il paesaggio limitrofo. Queste quattro grandi aperture, di
cui una terrazza a strapiombo con il suo sbalzo di sei metri,
consentono un’illuminazione naturale agli spazi interni
dell’edificio. L’idea del progetto di Zaha Hadid è che i
visitatori possano scendere all’interno della montagna per
esplorare le sue caverne e grotte, attraverso una serie di rampe che
attraversano il museo per collegare gli spazi, prima di emergere
attraverso la parete sul lato opposto, sulla terrazza a strapiombo
sulla valle con un’affascinante vista panoramica.
I
pannelli esterni in cemento rinforzato da fibre di vetro sono
colorati per adattarsi al paesaggio montano, mentre i pannelli di
rivestimento degli interni sono di color antracite
come lo strato al
di sotto della superficie rocciosa. I pannelli più complessi sono
stati realizzati spruzzando fibrocemento in stampi di schiuma
conformati con fresa CNC, seguendo i modelli 3D dell’architetto .
La struttura di cemento gettata in opera presenta pareti spesse
quaranta o cinquanta centimetri e una copertura interrata di settanta
centimetri di spessore per sostenere il peso della terra riportata e
della roccia che incorpora il museo nella montagna. La scelta del
cemento come materiale per i rivestimenti esterni ed interni è
dovuta al fatto che nessun altro materiale si presta altrettanto bene
a essere gettato in tutti i volumi possibili. Inoltre è il materiale
che si adatta meglio al tema della roccia e permette all’edificio
di inserirsi con grande naturalezza nell’ambiente circostante.
Questo
museo ha suscitato molte polemiche. Ci sono forti motivazioni che
sostengono l’inopportunità di realizzare architetture in un
ambiente che è giustamente percepito come inviolabile e che l’estesa
sensibilità ambientale vorrebbe proteggere, ma è anche vero che la
storia dell’antropizzazione è satura di esempi in cui architettura
ha sfidato la natura e ha fatto di essa la propria nicchia
ambientale, come lo stesso MAC di Niterói di Oscar Niemeyer.
Non
di rado il contatto fra architettura e ambiente ha dato vita a forme
di simbiosi tra costruito e natura con risultati spettacolari. Altre
volte invece l’intervento umano ha avuto esiti disastrosi portando
all’incuria e alla cattiva gestione del territorio. Non è il caso
però delle architetture di Hadid e Niemeyer che, inserite nel
contesto naturale, non aggrediscono l’ambiente circostante. Pur
appartenendo a due correnti artistiche differenti, è possibile
rintracciare alcuni punti di incontro tra questi due architetti. La
stessa Hadid afferma di essere interessata al lavoro di Niemeyer e
relaziona in maniera diretta la propria ricerca a quella
dell’architetto carioca:
«Penso
che Niemeyer sia un grande architetto e devo dire che, dopo essere
stata alcune volte in Brasile, credo che il suo lavoro sia davvero
spettacolare. Dopo l’incontro con Lucio Costa ci si rende conto che
la figura seminale in Brasile sia stata Costa, ma il lavoro di Oscar
Niemeyer è incredibilmente interessante in termini formali, e credo
che l’idea di un progetto “senza cuciture” venga proprio da
lui, come ad esempio nelle sue rampe, che si elevano manipolando il
suolo. è molto peculiare. La sfortuna è che tutto questo è stato
creato tra gli anni ’50 e ’60, e non è stato fatto molto di più
negli ultimi venti o trent’anni»
.
Hadid
nel MMM Corones pone al centro dell’attenzione il tema
dell’apertura spaziale, in un’idea che si fonda sulla continuità
tra edificio e ambiente esterno, in uno scambio che lei definisce
“senza cuciture” .
Sia
il MMM Corones che il MAC sono realizzati in cemento armato. Questo
materiale consente la totale libertà di espressione, cosicché
Niemeyer possa ricreare le sue ricercate curve e Hadid possa
elaborare le sue geometrie astratte. Nessun altro materiale, infatti,
si presta così tanto bene ad essere adattato in tutte le forme
inimmaginabili. Conformandosi perfettamente al tema della roccia,
inoltre, è perfetto per entrambi i contesti in cui sorgono le due
architetture.
Come
il MMM Corones, anche il MAC di Niterói è in perfetta simbiosi con
il luogo in cui sorge. Entrambi gli edifici accolgono al loro interno
lo spettatore prima di farlo emergere e proiettarlo nuovamente verso
l’infinito spazio circostante tramite le ampie vetrate che
consentono una vista magnifica sulla baia di Guanabara, per il MAC di
Niterói, e sulle Alpi, per il MMM Corones. In entrambi i casi le
architetture si fondono nella natura, sono esse stesse parte
integrante del paesaggio; il MAC di Niterói sboccia come un fiore
dalla roccia, il MMM Corones fuoriesce dal terreno come una radice.
Se
il MMM è stato fondato sul Plan de Corones, per volontà di Reinhold
Messner, per nobilitare una località che durante i periodi estivi
non godeva della giusta attenzione, anche il MAC di Niterói, come la
maggior parte delle opere di Oscar Niemeyer, ha intenzione di
riqualificare il territorio brasiliano.
Zaha
Hadid è venuta a mancare improvvisamente nel marzo del 2016. La sua
scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile all’interno del panorama
artistico contemporaneo. Tuttavia i suoi progetti continuano a essere
realizzati, permettendoci di godere ancora del suo mirabile talento,
come quello per la Port House ad Anversa, completato nel settembre
del 2016. Circondata dall’acqua, la facciata della struttura è una
superficie vetrata che riflette le onde e i colori del cielo.
Ancora
una volta è quindi possibile affermare che le sue architetture non
sono fatte per invadere lo spazio circostante, bensì per adattarvisi
in maniera esemplare. Come per il Messner Mountain Museum, anche per
la Port House Hadid ha ragionato a fondo sul sito in cui sarebbe
sorta l’architettura, usufruendo di tutti gli elementi circostanti,
naturali o urbani, per impreziosire l’edificio stesso. Se, infatti,
per la Port House ha implicato l’utilizzo di superfici specchianti
per riflettere i colori azzurri dell’acqua sottostante e del cielo,
per il MMM si è avvalsa dell’uso del cemento armato per creare
forme analoghe alla roccia e al ghiaccio. Creando quindi, in entrambi
i casi, un rapporto di continuità tra edificio e spazio limitrofo.
Questa
idea è evidente anche in molte opere di Oscar Niemeyer. Il rapporto
con lo spazio è fondamentale ed è presente sin dalle opere più
giovanili, come nell’Auditorium nel Parco Ibirapuera
in cui il celebre ingresso in metallo rosso, soprannominato a
labareda ,
si insinua nello spazio esterno come una lingua di fuoco. Tale tema
viene poi sviluppato più arditamente nelle opere successive, fino ad
arrivare al MAC di Niterói la cui struttura nasce dal promontorio
roccioso che domina la baia di Guanabara.
Questo
rapporto con l’ambiente naturale, molto importante per entrambi gli
architetti ed evidente soprattutto nelle due architetture prese in
esame, crea un legame concreto tra due correnti artistiche diverse
tra loro. è possibile che Hadid si sia in parte ispirata alle opere
di Oscar Niemeyer, avendo avuto modo di ammirarle nei suoi viaggi in
Brasile. Probabilmente, come lei stessa afferma, anche l’idea di un
progetto che definisce “senza cuciture” viene proprio da
Niemeyer. Si riferisce a un rapporto “senza cuciture”, appunto,
tra architettura e ambiente esterno, in cui quest’ultimo si mescola
con l’edificio fino a diventare un tutt’uno.
Prendendo
in esame queste due opere allora è possibile affermare che un
rapporto di continuità tra i due architetti, basato sull’attenzione
conferita ad alcune tematiche, esiste. L’innovazione, la libertà
delle forme, la volontà di oltrepassare l’idea di un’architettura
che per definizione è statica alla ricerca di un’architettura
dinamica è presente sia in Niemeyer che in Hadid.
La
natura è l’elemento cardine nel MAC di Niterói e nel MMM Corones.
Entrambi gli edifici sorgono su due luoghi dislocati dal contesto
urbano. Il MAC è situato su una costa ed è quindi in parte isolato
dagli edifici abitativi, mentre il MMM Corones si estranea totalmente
dal contesto urbano, sorgendo in cima a una montagna.
Si
tratta di luoghi antropizzati, che vengono di conseguenza alterati,
ma soprattutto nobilitati. Questa attenzione nei confronti di un
contesto urbano e sociale testimonia quanto Niemeyer e Hadid facciano
della propria architettura un mezzo per riqualificare territori e per
ripopolare luoghi in disuso o che comunque in precedenza non avevano
il prestigio meritato o lo avevano solo in parte.
Oscar
Niemeyer è stato uno degli ultimi grandi architetti
dell’International Style, mentre Zaha Hadid è stata una delle
prime artiste appartenenti alla corrente del Decostruttivismo.
Insieme possono essere considerati come un ponte di collegamento tra
queste due esperienze che fanno dell’architettura l’elemento base
per comunicare con lo spazio circostante, rinnovando la forma
plastica e strutturale tramite l’utilizzo dei nuovi materiali.
Niemeyer ha chiuso la lunga parabola del movimento moderno dando vita
a nuove forme, mentre Hadid ha aperto quella del Decostruttivismo
ereditando l’insegnamento di Niemeyer e traducendolo in un
linguaggio nuovo e più audace.
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Vedi anche nel BTA:
USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA
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