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L'arte della parola e la parola per l'arte. Riflettendo su Michael Baxandall  

Lara Scanu
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 22 Ottobre 2017, n. 850
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A volte le parole non bastano.
E allora servono i colori.
E le forme.
E le note.
E le emozioni.
Alessandro Baricco, Castelli di rabbia



Nella raccolta di saggi pubblicata sotto il comune titolo di Parole per le immagini, Michael Baxandall ha inteso riassumere delle importanti linee di ricerca per ciò che riguarda il suo lavoro di critico d'arte.
Se il termine critica deriva dal verbo greco κρὶνω (distinguere, scegliere), Baxandall intraprende la definizione del soggetto portante della sua  trattazione mettendo in atto i due significati etimologici del termine che contraddistinguono la sua attività: sceglie di affrontare delle tematiche strettamente legate a ciò che concerne la narrazione dell'arte, la teoria, ovvero dei concetti relativi alla storia della critica, distinguendosi per il particolare sguardo volto al contesto di produzione dell'opera e di formazione della personalità artistica.
I testi qui proposti ricoprono all'incirca un trentennio della sua elaborazione intellettuale, che si concentra sulla produzione critica e artistica dell'età rinascimentale.
L'idea portante della raccolta è condurre un'analisi sulle teorie dell'arte mediante la sistematizzazione dei termini utilizzati all'interno delle trattazioni rinascimentali e mediante l'osservazione dei singoli fenomeni nel loro contesto di produzione.
La prima componente, definita nel dettaglio nel primo capitolo del testo [1], esplica la sistematizzazione delle parole utilizzate nella critica rinascimentale, connettendole tra di loro attraverso tre grandi strutture: i valori, parole ordinarie che, organizzate tra di loro, danno l'idea della complessità della natura, poiché accompagnate da altri termini, possono creare delle interrelazioni specifiche, in grado di mutarne anche il significato; gli argomenti, i τὸποι della retorica classica, vere e proprie strutture linguistiche in grado di esplorare i rapporti tra termini, articolarli e connetterli al fine di dar luogo, di volta in volta ad un oggetto del pensiero finito; infine il sistema, ovvero l'intera struttura di valori ed argomenti, interrelati tra di loro tramite un logico tessuto connettivo, che dà luogo ad un'opera critica complessa, che nel testo viene esemplificata dal De pictura di Leon Battista Alberti.
La seconda è frutto di una metafora che Baxandall ben esprime nel suo libro Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento del 1972 e nota come period eye [2]:

«Un oggetto riflette un disegno di luce sull'occhio. La luce entra nell'occhio attraverso la pupilla, viene raccolta dal cristallino e proiettata sullo schermo che si trova nel retro dell'occhio, la retina. Quest'ultima è dotata di una rete di fibre nervose che, per mezzo di un sistema di cellule, filtrano la luce a diversi milioni di ricettori, i coni. La reazione dei coni, che sono sensibili sia alla luce che al colore, consiste nel portare al cervello le informazioni relative alla luce e al colore.
è a questo stadio del processo che nell'uomo gli strumenti della percezione visiva cessano di essere uniformi e cambiano da individuo a individuo.
[…]
Qui abbiamo quindi tre tipi di strumenti diversi e molto legati alla cultura che la mente usa per dare un'interpretazione piuttosto che un'altra al disegno di luce che la tavola 13 [Santo Brasca, Itinerario… di Gerusalemme, xilografia, Milano 1481, p. 58v] trasmette alla retina: una serie di schemi, categorie e metodi di deduzione; l'abitudine a usare una certa gamma di convenzioni rappresentative; e l'esperienza, ricavata dall'ambiente, di fatti che consentono di visualizzare in modo plausibile ciò di cui abbiamo un'informazione incompleta. In pratica però non si tratta di elementi che operano uno di seguito all'altro, secondo la descrizione qui data, ma insieme; il processo è indescrivibilmente complesso e ancora oscuro nei suoi dettagli fisiologici» [3].


L'occhio, quindi, oltre a svolgere le sue funzioni fisiologiche di organo preposto alla visione, nel suo essere connesso al cervello, entra in un sistema ancor più complesso, che implica una conoscenza che non è necessariamente frutto di studio erudito, ma semplicemente esperienza di vivere la propria epoca storica, mediante la quale filtrare e comprendere la visione di quel dato fenomeno.
Questa tipologia di sguardo è assolutamente democratica: non è applicabile solo alla visione delle immagini, ma anche la lettura di testi, che siano essi di retorica o drammatici.
Tale tematica problematizzata è già presente, in nuce, nella produzione warburghiana, esplicitata, più nello specifico, nell'incipit del testo della conferenza del maggio 1926 L'antico italiano nell'epoca di Rembrandt [4]:

«Qualsiasi scienziato che si accinge ad affrontare un problema storico-culturale legge sull'ingresso della sua officina le parole di Goethe: Quel che chiamate spirito dei tempi / è in sostanza lo spirito degli uomini / nei quali i tempi si rispecchiano. La verità annientatrice di questa sentenza è stata percepita in seguito in tutta la sua veemenza da coloro che hanno cercato di risolvere tale questione.
Se, malgrado tutto, questa sera ho l'intenzione di sostenere una revisione parziale di questa sentenza è perché sono spinto dalla consapevolezza che non tutto è stato provato finora dal punto di vista metodologico al fine di fissare lo spirito dei tempi a partire dalle voci della propria epoca.
Finché le sporadiche concordanze tra parola e immagine non si annodano in un ordine sistematico di corpi lucenti e finché, ad esempio, le connessioni di tipo naturale e formale tra arte figurativa e dramma non sono riconosciute affatto nel loro reciproco legame, anzi non sono considerate assieme, occorre concedere all'incriminato storicismo il diritto di tentare di esibire nell'immagine lo spirito dei tempi a partire dalla voce e dalla forma dello spirito dell'epoca. Ma così facendo ci escludiamo dall'ambito della connessione tra parola, azione e immagine, dato che finiamo per essere noi la fonte dell'errore più grande.
Inoltre, lo spirito dei tempi si svela anche attraverso quella strada indiretta e poco frequentata che consiste nel cercare di osservarlo come un principio selettivo consapevole presente nell'artista quando tratta il patrimonio ereditario antico conservato grazie alla memoria» [5].


Michael Baxandall riesce con una grande claritas ad esemplificare attraverso opere letterarie ed esemplari di arte figurativa quale doveva o poteva essere la loro lettura/visione da parte di chi era l'oggetto della fruizione, la mente ordinatrice e il contesto che fa da cornice: così viene descritta la personalità multiforme di Leon Battista Alberti nell'Italia centro-settentrionale della prima metà del Quattrocento [6]; vengono delineati il De politia litteraria e la personalità intellettuale del suo redattore Angelo Decembrio in rapporto con il gusto e con la committenza della corte ferrarese del marchese Lionello d'Este tra 1432 e 1450 [7]; vengono esposte le teorie di Rudolph Agricola, umanista e dilettante in pittura che tra Ferrara e l'Europa del Nord  analizzò, nel suo De inventione dialectica (1479), il rapporto tra arte e committenza [8]; viene approfondito il tema della traduzione, comprendendo come, dal volgare italiano all'inglese o al francese, il termine disegno, nelle sue varie accezioni, era spesso mal recepito o, quando ben compreso, mal tradotto [9].

Nell'ambito di questa raccolta di saggi potevano essere inseriti almeno altri due testi di Baxandall.
Il primo è l'articolo Bartholomaeus Facius on Painting: A Fifteenth-Century Manuscript of the De Viris Illustribus, pubblicato nel Journal of the Warburg and Courtauld Institutes nel 1964 [10]. Qui Baxandall analizza i capitoli del testo che l'umanista genovese aveva dedicato ai pittori e agli scultori più famosi del suo tempo ispirandosi a modelli antichi come l'Ars poetica di Orazio e il Proemio di Filostrato il Giovane, allo stesso modo in cui Angelo Decembrio aveva posto come ispiratrici della sua opera le Notti attiche di Aulo Gellio e l'Istituzione oratoria di Quintiliano. La ripresa e l'ispirazione alla trattatistica antica, così come per l'arte figurativa la statuaria classica, sono una costante nella produzione europea a partire dal Quattrocento.
Il secondo testo [11], puramente teorico, è The language of Art History, pubblicato in New Literary History nella primavera del 1979. In questo articolo, Michael Baxandall si propone di indagare i limiti e le inadeguatezze del linguaggio per l'arte: di fatto le parole sono prestate alla descrizione delle immagini e molto spesso non hanno una specificità strettamente attinente ad esse, ma vengono mutuate dal linguaggio quotidiano ed utilizzate in forma di metafora, in forma di azioni prodotte, di agenti che producono emozioni o simili: è per questo che Baxandall sostiene una differenziazione tra parole per le parole e parole per le forme.
Questo confronto tra retorica ed opere d'arte, che consente la creazione, da parte degli umanisti, di sistemi linguistici simili e del tutto interscambiabili e comunicanti tra loro, trova un suo apice e punto di arrivo nel Proemio del Discorso intorno alle imagini sacre e profane del Cardinal Gabriele Paleotti da Bologna del 1582, dove troviamo scritto [12]:

«Nel che in vero parve, alle volte, che si scoprissero così ardue difficoltà, che più ch'altro dissuadessero il mettere mano ad impresa tanto difficile, della quale non si potesse sperare il desiderato frutto. E mostrando la ragione che, per curare una grave infermità, è necessario andare a trovare l'origine di quella, per applicarle poi i rimedi; entratosi ad investigare le cagioni di tanti abusi e così notabili difetti che tutto 'l giorno si scorgono in questa professione di formare le imagini, pareva che tra molte cause due principalmente vi si scoprissero.
L'una perché, sì come degli oratori è stato scritto che, per riuscire grandi et eccellenti, debbono essere versati in ogni facoltà e scienza, poi che di tutte le cose può occorrere loro di dover ragionare e persuadere il popolo; così pareva si potesse dire della pittura, la qual essendo, come un libro popolare, capace d'ogni materia, sia di cielo o di terra, di animali o di piante, o d'azzioni umane di qualunque sorte, richiedesse insieme che il pittore, al quale appartiene il rappresentare queste cose, fosse di ciascuna, se non compitamente erudito, almeno mediocremente instrutto o non affatto imperito; come degli architetti ancora anticamente fu lasciato scritto. Si vede nondimeno oggi per lo più avvenir il contrario ne' professori di quest'arte; poiché, riservata la laude dovuta in ciò ad alcuni, gli altri, o per la necessità del vivere, che li fa trascurare i principii et ornamenti necessarii a l'arte, o per lo sconcerto grande e quasi universale di tutte le cose del mondo, che non si fanno co' metodi suoi, ma come a caso, restano i pittori nella cognizione dell'altre discipline affatto rozzi et inesperti».


Di Parole per le immagini fanno parte altri due saggi, uno dedicato al poemetto encomiastico in occasione del ritrovamento del gruppo scultoreo del Laocoonte (1506) [13] e l'altro dedicato alla Resurrezione di Piero della Francesca in Borgo Sansepolcro [14].
Entrambi hanno in comune il tema della simultaneità nell’atto della visione: nel primo caso per ciò che riguarda riportare il complesso atto fisiologico – estetico in forma di testo letterario; nel secondo, invece, per quanto riguarda il complesso sistema prospettico, che il pittore ha voluto adottare nella composizione: esso ha la particolarità di far mutare la lettura della visione complessiva dell’opera ad ogni spostamento dello spettatore, conferendo, ogni volta, nuove chiavi di lettura.
Rapportandosi ad un’opera come il Laocoonte, sulla quale la critica di tutti i tempi, con i suoi singoli ed idiosincratici occhi, a partire dalla sua scoperta e, prima ancora, dalla sua realizzazione (si pensi alla descrizione di Plinio) ha steso copiosissime parole, è inevitabile affrontare la tematica della simultaneità della visione, argomento questo che nel corso del XX secolo venne stato affrontato soprattutto per ciò che riguarda l’analisi delle immagini filmiche ed ha visto il gruppo scultoreo del Belvedere vaticano quasi come un antenato del montaggio.
Riguardo al Laocoonte, Sergej Ėjzenštejn nella sezione Rappresentazione, immagine, datità, processo nella sua Teoria generale del montaggio, si esprime in tal senso [15]:

«Mi sembra che lo stesso intero Laocoonte si inserisca perfettamente nel nostro tema. Il fondamento del suo discorso [di Lessing] infatti non si riferisce tanto al conflitto di due sfere – la pittura e la poesia – quanto al conflitto di due metodi. […] Il metodo della rappresentazione in quanto metodo della "datità" e dei risultati, e il metodo dell'immagine in quanto metodo del divenire e del processo. La pittura e la poesia per lui rappresentano semplicemente due casi, in uno dei quali prevale il primo metodo, nell'altro il secondo. Ma, nonostante il severo richiamo di Lessing, dobbiamo dire che entrambi i metodi possono trovare posto in entrambe le sfere.
[…] Sulla base dell'esperienza cinematografica, non ci resta, in conclusione, che abbracciare più ampiamente il problema: nel confronto delle possibilità dei due metodi – il metodo della rappresentazione e quello del divenire dell'immagine – dobbiamo tener fermo: che in qualsiasi arte sono possibili entrambi».


Il problema che si poneva Jacopo Sadoleto nella descrizione del gruppo scultoreo, cercando di rispettare quello che doveva essere il corretto susseguirsi delle sequenze narrative dei testi antichi che la statua metteva in figura, sembra essere risolta dalla visione di un diverso period eye, quello del regista cinematografico, interpretazione che, però, diviene la principale fonte di errore per quanto riguarda la lettura dell’opera nel contesto in cui essa fu riscoperta: sebbene la problematicità della visione prenda le mosse da quesiti uguali e comuni in tutte le epoche, gli esiti risultano diversi, poiché i due casi presentano disponibilità di tecnologie e mezzi dissimili, dato il progredire delle tecnologie e dei tempi.
Sempre sul tema della simultaneità e sempre nell'ambito della critica cinematografica, Erwin Panofsky scrive in Stile e tecnica del cinema [16]:

«Le possibilità uniche e specifiche del cinema si possono riassumere nella dinamizzazione dello spazio e, parallelamente, nella spazializzazione del tempo. L'affermazione è così evidente da sembrare pleonastica, ma fa parte di quel genere di verità che, proprio a causa della loro banalità, sono facilmente dimenticate o trascurate».

I principi di dinamizzazione dello spazio e spazializzazione del tempo sono confrontabili con le caratteristiche di successivo e simultaneo che Ėjzenštejn individua nel Laocoonte e che definisce come canoniche per la costruzione del montaggio cinematografico ideale e completo. Ma sono anche gli stessi principi e quesiti che Sadoleto si trova a dover risolvere nel trascrivere e rendere, attraverso le parole, presente l'assenza della statua [17]: in questo caso, il potere dell'immagine esercitato su Sadoleto doveva essere ancor più vivo nel potere delle sue parole.


L'ultimo saggio si presenta come l'unico che parte dalla visione di un'opera d'arte figurativa e non dall'analisi di un testo sull'arte, ma propone
, in realtà, una visione rovesciata. La Resurrezione di Piero della Francesca è comprensibile nella sua interezza se la si analizza nei dettagli: la prospettiva, l'utilizzo del colore, la composizione fanno comprendere all'odierno osservatore che la visione di quell'opera doveva dire molto di più ad un uomo del Quattrocento di Borgo Sansepolcro, o almeno toscano; sono allora le parole, quelle della storia del luogo e del racconto evangelico, che rendono viva e parlante l'immagine di Piero.
Qualsiasi sia il punto di partenza, un testo o un'opera figurativa, il livello verbale, delle parole, è il veicolo e la base necessaria per vedere correttamente, non solo attraverso l'occhio, ma soprattutto attraverso la mente, le immagini.




NOTE


[1] BAXANDALL 2009, Prolegomeni: valori, argomenti, sistema, pp. 17-42. I testi che compongono i capitoli dal secondo al quinto sono, come ammesso dallo stesso autore, riedizioni di testi già pubblicati, rivisti sulla base dell'argomento portante del libro. Il primo e gli ultimi due capitoli sono pubblicati per la prima volta.
Su Baxandall si vedano ALPERS 1977; DE LUCA 2015.

[2] BAXANDALL 1978, pp. 41-103.

[3] BAXANDALL 1978, pp. 41-43.

[4] WARBURG 2008, pp. 405-406.

[5] WARBURG 2008, pp. 405-406 (corsivo di chi scrive).

[6] BAXANDALL 2009, La forma mentis di Leon Battista Alberti, pp. 43-53: già pubblicato (Alberti's Self, in Fenway Court, 1990-91, Isabella Stewart Gardner Museum, Boston, 1992, pp. 31-36).

[7] BAXANDALL 2009, Il De politia litteraria di Angelo Decembrio, parte LXVIII, pp. 54-85: già pubblicato (A Dialogue on Art from the Court of Leonello d'Este. Angelo Decembrio's De politia litteraria pars LXVIII, in "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes", 26, 1963, pp. 304-326).

[8] BAXANDALL 2009, Arte e committenti in Rudolph Agricola, pp. 86-99: già pubblicato (I. Rudolph Agricola and the Visual Art, in "Intuition und Kunstwissenschaft", Mann, Berlino, 1973, pp. 409-418; II. Rudolph Agricola on Patrons Efficient and Patrons Final. A Renaissance Discrimination, in "The Burlington Magazine", 124, 1982, pp. 424-425).

[9] BAXANDALL 2009, Il concetto di disegno in Inghilterra, pp. 100-117: già pubblicato (English ‘disegno', in England and the continental Renaissance, Boydell Press, Woodbridge, 1990, pp. 203-214)

[10] BAXANDALL 1974.

[11] BAXANDALL 1979.

[12] PALEOTTI 1582, p. 119 (corsivo di chi scrive).

[13] BAXANDALL 2009, Il Laocoonte di Jacopo Sadoleto, pp. 118-138.

[14] BAXANDALL 2009, La Resurrezione di Cristo di Piero della Francesca, pp. 139-192.

[15] EJZENŠTEJN 2004, pp. 210, 214.

[16] PANOFSKY 2011, p. 72

[17] «Tiene in sé la pittura forza divina non solo quanto si dice dell'amicizia, quale fa gli uomini assenti essere presenti, ma più i morti dopo molti secoli essere quasi vivi, tale che con molta ammirazione dell'artefice e con molta voluttà si riconoscono» (ALBERTI 1975, II, 25, p. 44).



    

BIBLIOGRAFIA


ALBERTI 1975 [1435]

Leon Battista Alberti, De Pictura, a cura di Cecil Grayson, Laterza, Bari, 1975 [1435].


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Michael Baxandall, Bartholomaeus Facius on Painting: A Fifteenth-Century Manuscript of the De Viris Illustribus, in "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes", Vol. 27, 1964, pp. 90-107.


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Michael Baxandall, Parole per le immagini, Bollati Boringhieri, Torino, 2009 [2003].


DE LUCA 2015

Ariana De Luca,  Dall'ekphrasis rinascimentale alla moderna scrittura critica: il contributo di Michael Baxandall, in "Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica", V, 2015, II 2, pp. 27-76.


EJZENŠTEJN 2004 [1935-1937]

Sergej Ejzenštejn, Teoria generale del montaggio, Marsilio, Venezia, 2004 [1935-1937].


PALEOTTI 1582

Gabriele Paleotti, Discorso intorno alle imagini sacre e profane, Benacci, Bologna, 1582.


PANOFSKY 2011

Erwin Panofsky, Stile e tecnica del cinema, in Tre saggi sullo stile. Il barocco, il cinema, la Rolls-Royce, Abscondita, Milano, 2011, pp. 69-98 [1934].


WARBURG 2008

Aby Warburg, L'Antico italiano nell'epoca di Rembrandt, in Opere II, a cura di Maurizio Ghelardi, Nino Aragno Editore, Torino, 2008, pp. 405-654 [1926].







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