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La Galca: Storia ed evoluzione del vecchio Piano del Palazzo Reale di Palermo

Antonino La Placa
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell’Arte, 21 Novembre 2019, n. 880
http://www.bta.it/txt/a0/08/bta00880.html
Articolo presentato il 2 Settembre 2019, approvato l'8 Settembre 2019 e pubblicato il 21 Novembre 2019
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Galca o Chalca (dall’arabo al - Halqa, cioè recinto o anello) è il termine che designava, in età islamica e normanna, lo spazio contenente il palazzo reale e le costruzioni a esso annesse, articolato in numerosi atri, giardini, bacini d’acqua e padiglioni, oggi la Galca è corrispondente alla zona attuale di Piazza del Parlamento, su cui si affaccia il prospetto est di palazzo reale e di Piazza Vittoria con il parco di Villa Bonanno.
La Galca si trovava al centro del nucleo più antico della città, la Paleopoli, costituitasi fin dall’età punica, sappiamo infatti che la Sicilia fu colonizzata dai Fenici di Cartagine tra l’VIII e il VI secolo a.C i quali diedero origine alla città primitiva; gli storici Polibio e Diodoro affermarono che la città era divisa in due parti: il nucleo più antico chiamato per l’appunto Paleopoli (città vecchia) e una parte più moderna, sorta due secoli dopo, detta Neapoli (città nuova), le due parti erano divise da una forte cinta muraria i cui resti sembrano essere stati ritrovati durante gli scavi del 1904 all’angolo nord-est di Villa Bonanno.
Nel IX secolo l’espansione musulmana investì la Sicilia, nell’830 le armate arabe marciarono verso Palermo cingendola d’assedio per un anno fino a quando non la conquistarono facendo strage della popolazione.
Da qui in poi iniziò la definitiva sottomissione della Sicilia, che culminò, nel 902 prima e nel 965 dopo, quando caddero le ultime roccaforti cristiane di Taormina e di Rometta; Palermo divenne la capitale dell’emirato di Sicilia nonchè sede del governo civile e militare, gli arabi stabilirono il centro del loro potere nel settore più elevato della città (la Paleopoli punica) costruendo la loro dimora emirale: una fortezza chiamata
Qasr cioè “castello” (da cui il nome di Cassaro al quartiere circostante). Nel 973, il viaggiatore e geografo arabo Ibn Hawqal di Bagdad, visitò la Palermo degli emiri Aghlabiti, ma proprio ai tempi del suo viaggio e fino al 1044, i sovrani arabi avevano abbandonato il palazzo emirale e si erano trasferiti nei pressi del porto; la nuova sede del potere quindi non era più al Qasr ma una nuova cittadella fortificata, costruita dal nobile tripolitano Khalil ibn Ishaq al - Wardnel, tra il 937 e il 938, chiamata al - Khalisa, “l’eletta”.
Fin dai primi anni del 1000, erano affluiti in Italia meridionale come mercenari, gruppi di guerrieri Normanni (discendenti dagli antichi Vichinghi) stanziati da tempo nella Francia del Nord. In breve si resero padroni di vasti territori giungendo nel 1061 in Sicilia dove il potere arabo era piuttosto in crisi a causa di lotte intestine, i Normanni l’assediarono per circa dieci anni e nell’anno 1072 i fratelli Ruggero d’Altavilla conte di Calabria e Roberto il Guiscardo duca di Puglia, che erano al capo dell’esercito normanno, strapparono Palermo agli arabi dopo cinque lunghi mesi di assedio.
Nel 1091 tutta la Sicilia è sotto il dominio dei principi normanni che la unificarono rendendola indipendente. Furono scontri aspri e sanguinosi che si fissarono talmente nella memoria siciliana, da vivere ancora, con immediatezza ed enfasi cromatica, nella storia e nelle rappresentazioni popolari. Vinti i grandi nemici i due fratelli normanni scelsero come loro dimora il punto più elevato della città insediandosi nello stesso palazzo che gli arabi avevano eretto come sede del loro potere, i nuovi conquistatori vi eressero il loro “Castrum Superius”, restaurando e trasformando l’edificio in una reggia sontuosa, aggiungendo nuovi corpi al fabbricato e ponendo al centro la cappella reale detta “Palatina”.
L’antico palazzo degli emiri divenne così il palazzo dei normanni destinato ben presto a diventare il centro nevralgico della cultura europea del XII sec. Di questa reggia sfarzosa degli Altavilla abbiamo delle descrizioni esaustive attraverso le testimonianze dei contemporanei vissuti al tempo dei normanni, da Idrisi a Ugo Falcando:


«Nella parte più elevata di questo Cassero, il ridottato re Ruggiero ha una cittadella nuova, fabbricata di pietruzze dure di mosaico e di grandi pietre da taglio, delineata con la regola dell’arte, munita di alte torri, ben rafforzata di vedette e di propugnacoli, [comoda] per palazzine e sale ben costruite, notevole per le decorazioni architettoniche pei mirabili e peregrini ornati di calligrafia e per le immagini eleganti d’ogni maniera che vi sono raccolte.»1

E ancora:


«Dalla parte opposta [al Castello a mare] è stato costruito il “palatium Novum”, eretto con ben squadrate pietre, messe in opera con la maggiore diligenza e con somma maestria, e intorno intorno circondato da grandi muraglie, che ne seguivano sinuosamente il perimetro, e all’interno sfarzosamente splendente di oro e di gemme. Due torri lo terminano dall’una e dall’altra parte: la Pisana, destinata alla custodia dei tesori regali, e la Greca, che sovrasta a quella parte della città chiamata Kemonia. Decora il luogo di mezzo quella parte del palazzo che ha nome Joharia, di grande bellezza e risplendente per la varietà dei suoi ornamenti, dove il re soleva convenire allorché desiderava indulgere all’ozio e alla quiete o riunirsi in modo più familiare. In tutto il resto del palazzo erano distribuite con ordine le stanze destinate alle matrone, alle fanciulle e agli eunuchi, impiegati al servizio del re e della regina. Parecchi altri edifici, per cosi dire piccoli palazzi, ricchi di splendidi ornamenti, erano ivi ancora, dove il re soleva discutere segretamente con i suoi familiari degli affari di stato oppure convocare i maggiorenti per parlare dei pubblici e maggiori affari del regno.»2


Durante il regno normanno di Ruggero II, il sovrano portò delle nuove modifiche all’impianto del castello: i resti degli edifici antichi vennero interrati dando vita ad una sorta di collina artificiale sulla quale Ruggero fece costruire il palazzo nuovo. Gli edifici adiacenti al palazzo vennero racchiusi ad ovest da un muro e tutto quanto denominato Galca o Chalca, questo termine, greco ma di derivazione araba, indicava per metonimia l’intero complesso che fungeva da vestibolo del Palazzo3. Il nuovo quartiere regio circondava il Palazzo Reale da tre lati e ospitava la corte del visconte normanno: dignitari di corte, familiari della famiglia reale, alti funzionari, ammiragli, ma vi abitavano anche i chierici ed i prelati latini della Cappella Palatina.
All’interno della Galca vi era dunque un’alta concentrazione di edifici di vario tipo legati alla funzionalità regale ma purtroppo di questi palazzi sappiamo poco e li conosciamo solo dai documenti tardo medievali. Il Palazzo degli Schiavi, per esempio, sarà distrutto nel 1411 durante l’assedio del Palazzo Reale da parte delle truppe di Bernart Cabrera, e la sua demolizione fornirà le pietre al maestro muratore Raynaldus Ruczulini, che le utilizzerà per una casa all’Albergheria; nel 1422, dopo aver protetto per secoli il palazzo dalle rivolte cittadine, anche le mura della Galca furono demolite e le pietre vendute dal castellano del palazzo.
Nella Galca aveva inoltre sede l’Aula regia o Sala verde (una struttura antistante al Palazzo dei Normanni e collegato ad esso), della quale non è rimasto più nulla, in quanto crollò intorno al 1340, secondo le testimonianze la Sala era lunga e alta, racchiusa in una corte circondata da un giardino con i lati occupati da colonnati; qui il re banchettava con la propria famiglia e teneva udienze e riunioni di affare politico insieme a giudici e amministratori. Il viaggiatore e scrittore andaluso Ibn Giubayr, che tra il 1183 - 1184, nel suo viaggio vero la Mecca e ritorno, visitò Palermo durante il regno di Guglielmo II, entrò nella Galca dal lato sud e vide l’Aula regia dall’esterno, facendo di essa, una descrizione dettagliata e piena di elogi:


«Tra le cose che vedemmo c’era una sala (maglis) in una spaziosa corte circondata da un giardino e i lati occupati da colonnati (balatat). La sala occupava l’intera lunghezza della corte e noi ci meravigliammo della sua estensione e dell’altezza delle sue logge. Poi ci fu detto che qui il re pranzava con la sua corte. Questi colonnati e le anticamere sono dove i suoi giudici, gli addetti al suo servizio e gli amministratori siedono in sua presenza. »4


Ma che aspetto poteva avere questa “Galca”? Cercando di ricostruire ipoteticamente la struttura, possiamo dire, che a partire dall’ XI/XII secolo, si presentava come un’enorme quartiere fortificato circondato da possenti mura e contenente giardini, fontane di vario tipo, edifici riservati all’amministrazione del regno ma anche chiese e palazzi nobiliari in cui risiedevano alcuni membri della corte.
La Galca era in fin dei conti il centro direzionale del potere politico e nel settore più elevato della città sorgeva il Palazzo dei governatori normanni che si stagliava con imponenza su tutto il Cassaro e su tutta la città; come accennato in precedenza vi era la maestosissima Aula Regia o Sala Verde, luogo tanto ricordato e acclamato dai cronisti dell’epoca che secondo alcune ipotesi trovava collocazione davanti all’attuale facciata seicentesca di stile rinascimentale del Palazzo Reale (voluta nel 1616 dal vicerè Juan Gaspar Fernández Pacheco y Zúñiga) che si affaccia su Piazza del Parlamento. Sotto la torre Greca e l’Aula Regia del Palazzo si trovava la chiesa di San Costantino di rito greco intorno alla quale passava una strada che conduceva ad una delle porte della città vecchia
5.
Sotto la torre Pisana erano raggruppate le chiese di Santa Barbara la soprana di rito latino, Santa Maria della Pinta di rito greco e San Giovanni della Galca. La Galca restò immutata per sei secoli circa fino a quando in Sicilia non arrivarono gli spagnoli. Durante i secoli XV e XVI infatti, Palermo fu legata al regno aragonese (rimanendo tale fino al 1713 circa) e il Palazzo diventò sede dei Viceré di Spagna e subendo dei profondi interventi di ristrutturazione, sia nelle parti esterne che di quelle interne, per essere adeguato alle nuove esigenze difensive e di rappresentanza
6.
Il piano del palazzo fu aperto abbattendo le mura restanti che lo racchiudevano e ogni edificio al suo interno formando una larga spianata ad fondo naturale adibita a vari usi, vi si svolgevano fiere di bestiame, manovre militari, festeggiamenti popolari e si edificavano di volta in volta macchine pirotecniche per feste, anfiteatri lignei ecc. ma divamparono anche delle sommosse e vi avvennero esecuzioni capitali
7.
Nell’agosto del 1631 venne eretto il teatro marmoreo di Filippo IV, monumento che si trova a pochi passi dal Palazzo dei Normanni in quella parte antistante oggi denominata Piazza del Parlamento. In principio, l’opera era costituita dalla sola presenza di un piedistallo con in cima la statua bronzea di Filippo IV d’Asburgo, Re di Spagna e di Sicilia (opera di Scipione Li Volsi), intorno al 1660 fu rifatta la statua (di proporzioni più grandi) e si impiantò, per l’occasione, un “teatro marmoreo progettato da Carlo D’Aprile con la collaborazione di Gaspare e Pietro Serpotta.
Improntato allo stile iperbolico seicentesco, il teatro esalta il sovrano quale dominatore delle quattro parti del mondo la cui figura troneggia in cima alla costruzione. Ai piedi di Filippo, infatti, trovano posto quattro figure ignude in atto di supplica: sono le statue dei mori ovvero i precedenti re dei territori andati sotto la dominazione del sovrano: Maomad Babdelin, re di Granada, Tremisen, re di Mauritania, Capoulicano, generalissimo dei Cacicchi e Carralat, tiranno di Mindanao. Alla base della “macchinosa figurazione”, sulle facciate, si trovano i bassorilievi raffiguranti le allegorie delle quattro parti del mondo (Africa, America, Europa e Asia); per finire, sulla balaustra, sono collocate otto sculture che simboleggiano altrettanti stati governati da Filippo IV. Tra il 1646 e il 1647, la Sicilia, sotto il dominio di Filippo IV di Spagna, fu caratterizzata da una profonda crisi alimentare causata da una grave carestia e dal conseguente aumento del prezzo del pane.
Fu così che in tutta l’isola scoppiarono numerose insurrezioni e conflitti come il caso della rivolta popolare scoppiata a Palermo il 20 maggio del 1647, capeggiata da un certo Nino La Pilosa e da Giuseppe D’Alesi (detto il
Masaniello siciliano), un condottiero italiano che venne proclamato dai rivoltosi come loro capitano generale. La carica del vicerè di Sicilia era ricoperta da Pietro Faxardo Zúñiga , marchese di Los Veles8 che fu costretto a fuggire. I rivoltosi pianificarono la sua cattura mentre questi si recava in pellegrinaggio al monastero di S. Maria di Gesù. Il loro piano fallì e alcuni congiurati furono arrestati. La ribellione fu comunque sedata nel giro di pochi mesi e tutti i capi rivoluzionari furono impiccati o squartati sul piano di Palazzo reale.
Il 3 novembre del 1647 moriva il marchese di Los Veles, ma non prima di aver nominato Presidente del Regno Teodoro Trivulzio, già cardinale nel 1629. Trivulzio ordinò l’abbattimento delle antiche chiese del Piano del Palazzo per far posto a due grossi bastioni, quello di S. Maria e di S. Michele rivolti verso la città a difesa del Palazzo per salvaguardarlo da eventuali e assalti popolari; essi furono demoliti nel 1848. Nello stesso anno venne anche abbattuta la statua di bronzo di Filippo IV (del teatro marmoreo) e per Decreto del Parlamento siciliano servì per la fusione di nuovi cannoni. In questa circostanza furono anche danneggiati gli altorilievi dell’America e dell’Africa che furono in seguito rifatti dallo scultore Valerio Villareale.
Il teatro marmoreo rimase a lungo senza la statua fino al 1856 quando fu collocata una nuova statua di marmo ad opera dello scultore Nunzio Morello questa volta ritraente però Filippo V (non si conoscono però i motivi di tale scelta). Il piano del Palazzo aveva assunto l’attuale configurazione urbanistica nel corso di 400 anni, nel 1820 fu teatro della vittoriosa insurrezione del popolo palermitano contro il locale presidio borbonico e a ricordo di tale evento, quella porzione del piano di palazzo assunse il nome di Piazza della Vittoria. In occasione della sistemazione della piazza, nel 1905 venne progettata, dall’architetto Giuseppe Damini Almeyda, l’attuale giardino di Villa Bonanno e così detta dal nome del sindaco che la realizzò (Pietro Bonanno) per riqualificare e migliorare il vecchio piano del Palazzo dei Normanni.




NOTE

1 AMARI (1857), pp. 59-62.

2 LA MANNA (1991), pp. 64-65.

3 M. SCARLATA, Una Chalke a Palermo?, in “Nea Rome. Rivista di ricerche bizantinistiche”, 4, 2007, pp. 234-235.

4 JOHNS (2002), p. 214.

5 F. D’ANGELO, Il racconto del Cassaro nella Città Vecchia, Palermo, maggio/agosto 2012, p. 13.

6 Dossier di Candidatura, Palermo arabo – normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, Palermo, marzo 2018, cit. p. 158.

7 G.BELLAFIORE, Palermo, guida della città e dei dintorni, Palermo 1956, p. 37.

8 D. PALERMO, Un viceré e la crisi. Il marchese di Los Veles nella rivolta palermitana del 1647, Università degli Studi di Palermo, 2012, p.126.




BIBLIOGRAFIA


AMARI 1982

Michele Amari, Biblioteca Arabo Sicula, vol. I, Torino-Roma, Ristampa anastatica, 1982.


BELLAFIORE 1956

Giuseppe Bellafiore, Palermo, guida della città e dei dintorni, Palermo 1956.


BRESC 2012

Henrique Bresc, Palermo al tempo dei Normanni, traduzione di Maria Cristina Costa, novembre 2012.


CHIRCO 2005

Adriana Chirco, Palermo la città ritrovata, Itinerari entro le mura, 1 gennaio 2005.


D’ANGELO 2012

Franco D’Angelo, Il racconto del Cassaro nella Città Vecchia, Palermo, maggio/agosto 2012.


D’ANGELO 2019

Franco D’Angelo, Palazzo dei re Normanni, Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo a cura della Sezione Archeologica della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo, N. 42/2019.


DI FEDE 2012

Maria Sofia di Fede, Il palazzo reale di Palermo in età moderna (xvi – xvii secolo), Palermo, 2012.


JOHNS 2002

Jeremy Johns, Arabic administration in Norman Sicily, Cambridge 2002.


LA MANNA 1991

Alessandro La Manna, Il Palazzo, in Palazzo dei Normanni, Palermo 1991.


PALERMO 2012

Daniele Palermo, DOSSIER, Un viceré e la crisi. Il marchese di Los Veles nella rivolta palermitana del 1647, Università degli Studi di Palermo, 2012.




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