Galca
o Chalca (dall’arabo al
- Halqa,
cioè recinto o anello) è il termine che designava, in età islamica
e normanna, lo spazio contenente il palazzo reale e le costruzioni a
esso annesse, articolato in numerosi atri, giardini, bacini d’acqua
e padiglioni, oggi la Galca è corrispondente alla zona attuale di
Piazza del Parlamento, su cui si affaccia il prospetto est di palazzo
reale e di Piazza Vittoria con il parco di Villa Bonanno.
La Galca si trovava al centro del nucleo più antico della città, la Paleopoli,
costituitasi fin dall’età punica, sappiamo infatti che la Sicilia
fu colonizzata dai Fenici di Cartagine tra l’VIII e il VI secolo
a.C i quali diedero origine alla città primitiva; gli storici
Polibio e Diodoro affermarono che la città era divisa in due parti:
il nucleo più antico chiamato per l’appunto Paleopoli (città
vecchia) e una parte più moderna, sorta due secoli dopo, detta
Neapoli (città nuova), le due parti erano divise da una forte cinta
muraria i cui resti sembrano essere stati ritrovati durante gli
scavi del 1904 all’angolo nord-est di Villa Bonanno.
Nel IX secolo l’espansione musulmana investì la Sicilia, nell’830 le armate
arabe marciarono verso Palermo cingendola d’assedio per un anno
fino a quando non la conquistarono facendo strage della popolazione.
Da qui in poi iniziò la definitiva sottomissione della Sicilia, che
culminò, nel 902 prima e nel 965 dopo, quando caddero le ultime
roccaforti cristiane di Taormina e di Rometta; Palermo divenne la
capitale dell’emirato di Sicilia nonchè sede del governo civile e
militare, gli arabi stabilirono il centro del loro potere nel
settore più elevato della città (la Paleopoli punica) costruendo la
loro dimora emirale: una fortezza chiamata Qasr
cioè “castello” (da cui il nome di Cassaro al quartiere
circostante). Nel 973, il viaggiatore e geografo arabo Ibn Hawqal di
Bagdad, visitò la Palermo degli emiri Aghlabiti, ma proprio ai tempi
del suo viaggio e fino al 1044, i sovrani arabi avevano abbandonato
il palazzo emirale e si erano trasferiti nei pressi del porto; la
nuova sede del potere quindi non era più al Qasr ma una nuova
cittadella fortificata, costruita dal nobile tripolitano Khalil ibn
Ishaq al - Wardnel, tra il 937 e il 938, chiamata al
- Khalisa,
“l’eletta”.
Fin dai primi anni del 1000, erano affluiti in
Italia meridionale come mercenari, gruppi di guerrieri Normanni
(discendenti dagli antichi Vichinghi) stanziati da tempo nella
Francia del Nord. In breve si resero padroni di vasti territori
giungendo nel 1061 in Sicilia dove il potere arabo era piuttosto in
crisi a causa di lotte intestine, i Normanni l’assediarono per
circa dieci anni e nell’anno 1072 i fratelli Ruggero d’Altavilla
conte di Calabria e Roberto il Guiscardo duca di Puglia, che erano al
capo dell’esercito normanno, strapparono Palermo agli arabi dopo
cinque lunghi mesi di assedio.
Nel 1091 tutta la Sicilia è sotto il dominio dei principi normanni che la unificarono rendendola
indipendente. Furono scontri aspri e sanguinosi che si fissarono
talmente nella memoria siciliana, da vivere ancora, con immediatezza
ed enfasi cromatica, nella storia e nelle rappresentazioni popolari.
Vinti i grandi nemici i due fratelli normanni scelsero come loro
dimora il punto più elevato della città insediandosi nello stesso
palazzo che gli arabi avevano eretto come sede del loro potere, i
nuovi conquistatori vi eressero il loro “Castrum Superius”,
restaurando e trasformando l’edificio in una reggia sontuosa,
aggiungendo nuovi corpi al fabbricato e ponendo al centro la cappella
reale detta “Palatina”.
L’antico palazzo degli emiri divenne
così il palazzo dei normanni destinato ben presto a diventare il
centro nevralgico della cultura europea del XII sec. Di questa reggia
sfarzosa degli Altavilla abbiamo delle descrizioni esaustive
attraverso le testimonianze dei contemporanei vissuti al tempo dei
normanni, da Idrisi a Ugo Falcando:
«Nella
parte più elevata di questo Cassero, il ridottato re Ruggiero ha
una cittadella nuova, fabbricata di pietruzze dure di mosaico e di
grandi pietre da taglio, delineata con la regola dell’arte, munita
di alte torri, ben rafforzata di vedette e di propugnacoli, [comoda]
per palazzine e sale ben costruite, notevole per le decorazioni
architettoniche pei mirabili e peregrini ornati di calligrafia e per
le immagini eleganti d’ogni maniera che vi sono raccolte.»
E
ancora:
«Dalla
parte opposta [al Castello a mare] è stato costruito il “palatium
Novum”, eretto con ben squadrate pietre, messe in opera con la
maggiore diligenza e con somma maestria, e intorno intorno circondato
da grandi muraglie, che ne seguivano sinuosamente il perimetro, e
all’interno sfarzosamente splendente di oro e di gemme. Due torri
lo terminano dall’una e dall’altra parte: la Pisana, destinata
alla custodia dei tesori regali, e la Greca, che sovrasta a quella
parte della città chiamata Kemonia. Decora il luogo di mezzo quella
parte del palazzo che ha nome Joharia, di grande bellezza e
risplendente per la varietà dei suoi ornamenti, dove il re soleva
convenire allorché desiderava indulgere all’ozio e alla quiete o
riunirsi in modo più familiare. In tutto il resto del palazzo erano
distribuite con ordine le stanze destinate alle matrone, alle
fanciulle e agli eunuchi, impiegati al servizio del re e della
regina. Parecchi altri edifici, per cosi dire piccoli palazzi, ricchi
di splendidi ornamenti, erano ivi ancora, dove il re soleva discutere
segretamente con i suoi familiari degli affari di stato oppure
convocare i maggiorenti per parlare dei pubblici e maggiori affari
del regno.»
Durante
il regno normanno di Ruggero II, il sovrano portò delle nuove
modifiche all’impianto del castello: i resti degli edifici antichi
vennero interrati dando vita ad una sorta di collina artificiale
sulla quale Ruggero fece costruire il palazzo nuovo. Gli edifici
adiacenti al palazzo vennero racchiusi ad ovest da un muro e tutto
quanto denominato Galca o Chalca, questo termine, greco ma di
derivazione araba, indicava per metonimia l’intero complesso che
fungeva da vestibolo del Palazzo.
Il nuovo quartiere regio circondava il Palazzo Reale da tre lati e
ospitava la corte del visconte normanno: dignitari di corte,
familiari della famiglia reale, alti funzionari, ammiragli, ma vi
abitavano anche i chierici ed i prelati latini della Cappella
Palatina.
All’interno della Galca vi era dunque un’alta
concentrazione di edifici di vario tipo legati alla funzionalità
regale ma purtroppo di questi palazzi sappiamo poco e li conosciamo
solo dai documenti tardo medievali. Il Palazzo degli Schiavi, per
esempio, sarà distrutto nel 1411 durante l’assedio del Palazzo
Reale da parte delle truppe di Bernart Cabrera, e la sua demolizione
fornirà le pietre al maestro muratore Raynaldus Ruczulini, che le
utilizzerà per una casa all’Albergheria; nel 1422, dopo aver
protetto per secoli il palazzo dalle rivolte cittadine, anche le mura
della Galca furono demolite e le pietre vendute dal castellano del
palazzo.
Nella Galca aveva inoltre sede l’Aula regia o Sala verde
(una struttura antistante al Palazzo dei Normanni e collegato ad
esso), della quale non è rimasto più nulla, in quanto crollò
intorno al 1340, secondo le testimonianze la Sala era lunga e alta,
racchiusa in una corte circondata da un giardino con i lati occupati
da colonnati; qui il re banchettava con la propria famiglia e teneva
udienze e riunioni di affare politico insieme a giudici e
amministratori. Il viaggiatore e scrittore andaluso Ibn Giubayr, che
tra il 1183 - 1184, nel suo viaggio vero la Mecca e ritorno, visitò
Palermo durante il regno di Guglielmo II, entrò nella Galca dal lato
sud e vide l’Aula regia dall’esterno, facendo di essa, una
descrizione dettagliata e piena di elogi:
«Tra
le cose che vedemmo c’era una sala (maglis) in una spaziosa corte
circondata da un giardino e i lati occupati da colonnati (balatat).
La sala occupava l’intera lunghezza della corte e noi ci
meravigliammo della sua estensione e dell’altezza delle sue logge.
Poi ci fu detto che qui il re pranzava con la sua corte. Questi
colonnati e le anticamere sono dove i suoi giudici, gli addetti al
suo servizio e gli amministratori siedono in sua presenza. »
Ma
che aspetto poteva avere questa “Galca”? Cercando di ricostruire
ipoteticamente la struttura, possiamo dire, che a partire dall’
XI/XII secolo, si presentava come un’enorme quartiere fortificato
circondato da possenti mura e contenente giardini, fontane di vario
tipo, edifici riservati all’amministrazione del regno ma anche
chiese e palazzi nobiliari in cui risiedevano alcuni membri della
corte.
La Galca era in fin dei conti il centro direzionale
del potere politico e nel settore più elevato della città sorgeva
il Palazzo dei governatori normanni che si stagliava con imponenza su
tutto il Cassaro e su tutta la città; come accennato in precedenza
vi era la maestosissima Aula Regia o Sala Verde, luogo tanto
ricordato e acclamato dai cronisti dell’epoca che secondo alcune
ipotesi trovava collocazione davanti all’attuale facciata
seicentesca di stile rinascimentale del Palazzo Reale (voluta nel
1616 dal vicerè Juan Gaspar Fernández Pacheco y Zúñiga) che si
affaccia su Piazza del Parlamento. Sotto la torre Greca e l’Aula
Regia del Palazzo si trovava la chiesa di San Costantino di rito
greco intorno alla quale passava una strada che conduceva ad una
delle porte della città vecchia.
Sotto la torre Pisana erano raggruppate le chiese di Santa Barbara la
soprana di rito latino, Santa Maria della Pinta di rito greco e San
Giovanni della Galca. La Galca restò immutata per sei secoli circa
fino a quando in Sicilia non arrivarono gli spagnoli. Durante i
secoli XV e XVI infatti, Palermo fu legata al regno aragonese
(rimanendo tale fino al 1713 circa) e il Palazzo diventò sede dei
Viceré di Spagna e subendo dei profondi interventi di
ristrutturazione, sia nelle parti esterne che di quelle interne, per
essere adeguato alle nuove esigenze difensive e di rappresentanza.
Il piano del palazzo fu aperto abbattendo le mura restanti che lo
racchiudevano e ogni edificio al suo interno formando una larga
spianata ad fondo naturale adibita a vari usi, vi si
svolgevano fiere di bestiame, manovre militari, festeggiamenti
popolari e si edificavano di volta in volta macchine pirotecniche per
feste, anfiteatri lignei ecc. ma divamparono anche delle sommosse e
vi avvennero esecuzioni capitali.
Nell’agosto del 1631 venne eretto il teatro marmoreo di Filippo IV, monumento che si trova a pochi passi dal Palazzo dei
Normanni in quella parte antistante oggi denominata Piazza del
Parlamento. In principio, l’opera era costituita dalla sola
presenza di un piedistallo con in cima la statua bronzea di Filippo
IV d’Asburgo, Re di Spagna e di Sicilia (opera di Scipione Li
Volsi), intorno al 1660 fu rifatta la statua (di proporzioni più
grandi) e si impiantò, per l’occasione, un “teatro marmoreo
progettato da Carlo D’Aprile con la collaborazione di Gaspare e
Pietro Serpotta.
Improntato allo stile iperbolico seicentesco, il
teatro esalta il sovrano quale dominatore delle quattro parti del
mondo la cui figura troneggia in cima alla costruzione. Ai piedi di
Filippo, infatti, trovano posto quattro figure ignude in atto di
supplica: sono le statue dei mori ovvero i precedenti re dei
territori andati sotto la dominazione del sovrano: Maomad Babdelin,
re di Granada, Tremisen, re di Mauritania, Capoulicano, generalissimo
dei Cacicchi e Carralat, tiranno di Mindanao. Alla base della
“macchinosa figurazione”, sulle facciate, si trovano i
bassorilievi raffiguranti le allegorie delle quattro parti del mondo
(Africa, America, Europa e Asia); per finire, sulla balaustra, sono
collocate otto sculture che simboleggiano altrettanti stati governati
da Filippo IV. Tra il 1646 e il 1647, la Sicilia, sotto il dominio di
Filippo IV di Spagna, fu caratterizzata da una profonda crisi
alimentare causata da una grave carestia e dal conseguente aumento
del prezzo del pane.
Fu così che in tutta l’isola scoppiarono
numerose insurrezioni e conflitti come il caso della rivolta popolare
scoppiata a Palermo il 20 maggio del 1647, capeggiata da un certo
Nino La Pilosa e da Giuseppe D’Alesi (detto il Masaniello
siciliano), un condottiero italiano che venne proclamato dai rivoltosi come loro
capitano generale. La carica del vicerè di Sicilia era ricoperta da
Pietro Faxardo Zúñiga , marchese di Los Veles
che fu costretto a fuggire. I rivoltosi pianificarono la sua cattura
mentre questi si recava in pellegrinaggio al monastero di S. Maria di
Gesù. Il loro piano fallì e alcuni congiurati furono arrestati. La
ribellione fu comunque sedata nel giro di pochi mesi e tutti i capi
rivoluzionari furono impiccati o squartati sul piano di Palazzo
reale.
Il 3 novembre del 1647 moriva il marchese di Los Veles, ma non
prima di aver nominato Presidente del Regno Teodoro Trivulzio, già
cardinale nel 1629. Trivulzio ordinò l’abbattimento delle antiche
chiese del Piano del Palazzo per far posto a due grossi bastioni,
quello di S. Maria e di S. Michele rivolti verso la città
a difesa del Palazzo per salvaguardarlo da eventuali e assalti
popolari; essi furono demoliti nel 1848. Nello stesso anno venne
anche abbattuta la statua di bronzo di Filippo IV (del teatro
marmoreo) e per Decreto del Parlamento siciliano servì per la
fusione di nuovi cannoni. In questa circostanza furono anche
danneggiati gli altorilievi dell’America e dell’Africa che furono
in seguito rifatti dallo scultore Valerio Villareale.
Il teatro marmoreo rimase a lungo senza la statua fino al 1856 quando fu
collocata una nuova statua di marmo ad opera dello scultore Nunzio
Morello questa volta ritraente però Filippo V (non si conoscono però
i motivi di tale scelta). Il piano del Palazzo aveva assunto
l’attuale configurazione urbanistica nel corso di 400 anni, nel
1820 fu teatro della vittoriosa insurrezione del popolo palermitano
contro il locale presidio borbonico e a ricordo di tale evento,
quella porzione del piano di palazzo assunse il nome di Piazza della
Vittoria. In occasione della sistemazione della piazza, nel 1905
venne progettata, dall’architetto Giuseppe Damini Almeyda,
l’attuale giardino di Villa Bonanno e così detta dal nome
del sindaco che la realizzò (Pietro Bonanno) per riqualificare e
migliorare il vecchio piano del Palazzo dei Normanni.
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