Da sempre l'arte e i musei sono da
considerarsi come dei veri e propri linguaggi aperti,
in grado di entrare in contatto con diverse forme di
espressione artistica e culturale e in tal modo in
grado di esercitare anche una propria capacità
trasformativa.
Mentre nel passato il museo era legato
unicamente alla contemplazione e all'esposizione di
opere d'arte, con sale che si susseguivano una dopo
l'altra, il luogo adibito alla creazione e
all'esposizione dell'arte contemporanea risente dei
cambiamenti odierni dovuti principalmente alla nuova
funzione che è stata data al museo, considerato un
vero e proprio centro polifunzionale; l'identità
culturale risulta più scialba e non si vede più una
vera e propria continuità con il linguaggio artistico
tradizionale.
A mutare nel museo contemporaneo non è
solamente il tipo di arte che viene esposta al suo
interno, ma cambiano soprattutto le forme interne ed
esterne di questi luoghi.
Grazie all'utilizzo di forme e geometrie
complesse e all'uso di materiali innovativi quali
principalmente il calcestruzzo, il vetro e il cemento
l'architettura esterna diviene l'elemento essenziale
della comunicazione del museo.
La struttura architettonica fa si che essa
stessa sia considerata come una vera e propria opera
d'arte, fruibile e godibile senza però mai negare i
principi originari di concetto museale come luogo di
conservazione e di fruizione dell'arte e come luogo di
pura e semplice contemplazione artistica.
Ed è proprio con il museo contemporaneo che
nasce il nuovo concetto di liquidità e fluidità della
struttura spesso collegata alla tematica della
dialettica tra il concetto di classico e il concetto
di anticlassico.
Nell'ambito dell'architettura museale
contemporanea questa tematica rappresenta il modo in
cui la nuova visione dell'architettura si può
scontrare ed incontrare con la più classica visione di
essa; con il termine “anticlassicismo”, che appare
esplicitamente nella storiografia architettonica
contemporanea, si è andata a connotare
quell'architettura sviluppatasi in Europa che
programmaticamente rifiuta il lessico e il sistema
proporzionale e sintattico degli ordini architettonici
intesi come espressione del mondo antico (per
l'appunto l'architettura “classica”).
In
architettura è solo grazie all'individuazione e
alla canonizzazione degli elementi connotativi del
linguaggio classico e,
principalmente, in virtù dell'impiego di queste
soluzioni formali, che il termine “classico” entra
in relazione con una ben determinata produzione
architettonica.
L'anticlassicismo
non
esiste in quanto categoria autonoma, ma come
reazione al classicismo nei confronti del quale si
pone in modo polemico.
Il MAXXI di Roma ed il MAXXI de L'Aquila,
entrambi di recente progettazione, sono divenuti due
simboli dell'architettura museale contemporanea
rappresentando appieno la tematica della dialettica
tra il classico e l'anticlassico dimostrando come
queste due concezioni dell'architettura, all'apparenza
contrapposte, possono convivere ed influenzarsi tra di
loro.
Il MAXXI di Roma, Museo Nazionale delle Arti
del XXI secolo, è considerato il primo museo di
architettura contemporanea in Europa nonché il
progetto più importante, e il primo in Italia,
dell'architetta anglo-irachena Zaha Hadid. (Fig. 1)
Fig. 1 - MAXXI Roma veduta esterna, Roma 2021 (Foto cortesia © Alessandra Nervini)
La storia del MAXXI inizia nel 1997 quando il
Ministero per i Beni e le Attività Culturali annunciò
un concorso per la realizzazione di un nuovo polo
museale per l'arte contemporanea insieme al progetto
di riqualificazione della zona occupata dalla ex
caserma Montello a Roma, nel quartiere Flaminio.
La Zaha Hadid Architects iniziò a lavorare al progetto nel 1998 e
quest'ultimo fu dichiarato vincitore nel 1999.
Nello stesso anno iniziarono anche i primi
lavori di restauro e riqualificazione di alcuni degli
edifici della ex caserma Montello di cui si prevedeva
il mantenimento nel progetto di Zaha Hadid; la
decisione di mantenere nel progetto alcuni edifici
dell'ex caserma è stato dovuto dal fatto che fin
dall'inizio uno degli obiettivi principali del
progetto è stato quello di inserire un corpo del tutto
nuovo, caratterizzato dall'inconfondibile segno
architettonico di Zaha Hadid, all'interno di un
contesto architettonico e storico più “classico”
andando a creare questo scontro/incontro tra forme
architettoniche completamente opposte.
I lavori per la realizzazione del MAXXI
iniziarono nel 2003, con la posa della prima pietra,
si conclusero nel 2009 e l'inaugurazione ufficiale ci
fu il 28 maggio 2010.
Nelle volontà progettuali di Zaha Hadid il
MAXXI ha svolto l'importante funzione sociale e
culturale di piazza, un luogo d'incontro cittadino ben
lontano dall'idea classica di museo inteso come
semplice luogo di conservazione e fruizione dell'arte.
Rispetto ai precedenti progetti
dell'architetta, il MAXXI è stato concepito come un
centro polifunzionale delle arti, uno spazio per la
sperimentazione e la creazione dell'arte in tutte le
sue forme.
Ma perché
il MAXXI di Roma viene e può essere considerato un
museo contemporaneo “anticlassico”?
Di base
l'architettura anticlassica contemporanea è un tipo
di architettura che si concentra principalmente sul
rapporto che l'edificio ha con il territorio
circostante.
Nell'architettura
anticlassica
si dà molta più importanza al contenitore che al
contenuto e per questo spesso i musei contemporanei,
realizzati con forme e geometrie del tutto inusuali,
sono fruibili e godibili fin dall'esterno venendo
considerati delle vere e proprie opere d'arte.
Ed è
proprio il caso del MAXXI che viene definito un
“anti-museo”, considerato come uno scrigno in
calcestruzzo e vetro che ha più valore del suo
stesso contenuto.
Nel MAXXI
tutto è stato organizzato con linee rette, archi,
piani, cilindri ottenendo un dinamismo e una
fluidità che supera di gran lunga l'idea di edificio
come semplice museo grazie alla complessità dei
volumi, l'uso di pareti curvilinee, l'uso di
geometrie e forme inusuali e l'utilizzo di materiali
innovativi come il cemento, il vetro, il
calcestruzzo e l'acciaio.
Il concept base del museo è stato
quello di andare a creare un centro polifunzionale
delle arti, una piazza di incontro cittadino
realizzato mediante la convergenza, l'intreccio e la
sovrapposizione di linee curve che vanno a creare un
complesso sistema di figure labirintiche.
Questo concept
non
è
nuovo nei progetti di Zaha Hadid poiché già
sperimentato dall'architetta per alcuni progetti
precedenti come ad esempio il Museo di Arte Islamica
del Qatar o il “The Peak” di Hong Kong.
Fin
dall'inizio la realizzazione del progetto è stata
complessa principalmente per le caratteristiche del
luogo che richiedevano molta flessibilità e l'uso di
geometrie irregolari con una netta contrapposizione
tra regolarità ed irregolarità sia del luogo che
degli edifici circostanti.
Di fatti
nel corso della progettazione c'è stata una completa
reimpostazione dell'analisi strutturale rispetto al
progetto presentato in fase di gara; ciò è stato
dovuto principalmente al voler utilizzare forme
architettoniche inusuali e materiali del tutto
innovativi.
Al termine
di diverse e lunghe fasi di analisi si è riuscito ad
ottenere quegli aggiustamenti tali da non alterare
l'originaria concezione architettonica di Zaha Hadid
ma consentire, al tempo stesso, una migliore
ottimizzazione dei vari comportamenti strutturali.
Il
complesso espositivo che vediamo oggi è infatti solo
una parte del progetto presentato al concorso del
1997, e la stessa Zaha Hadid ha definito più volte
il MAXXI un progetto “non finito”; il progetto
“originale” prevedeva la realizzazione di cinque
corpi di cui solo il principale è stato
effettivamente realizzato.
L'anticlassicità
del
MAXXI con le sue geometrie del tutto inusuali prende
le mosse dalle forme e le geometrie dell'immediato
contesto urbano; difatti il luogo in cui è stato
deciso di realizzare il museo, tra via Guido Reni e
via Masaccio, vede l'incontro di due direzioni della
griglia urbana; le geometrie e le linee del museo,
in questo modo, cambiano e accompagnano il
cambiamento di direzione della griglia urbana.
Dal punto
di vista spaziale l'elemento chiave del MAXXI è la
parete, in grado di generare vari ambienti uno
diverso dall'altro e quindi l'intera forma
architettonica.
Mediante
quest'uso della parete lo spazio è estremamente
versatile; i muri assumono differenti configurazioni
e le varie pareti rispondo con grande flessibilità
alle molteplici esigente di allestimento e
curatoriali.
Le pareti
del MAXXI si intersecano, si sovrappongono, sono
oblique e curvilinee; il concetto classico di parete
viene di gran lunga superato, non esiste più la
concezione di stanza come “scatola chiusa” da
quattro pareti di eguale grandezza e misura.
Il
principio non è più, dunque la scatola, ma il
flusso: flusso di linee che si intersecano e si
sovrappongono con il punto di forza dell'edificio
che è rappresentato dalle impostazioni di un forte e
rigoroso formalismo.
Formalismo
che contiene linee che si ramificano, si piegano e
si congiungono; linee che vengono interpretate
strutturalmente come muri, travi e costole ma anche
come scale e fasci di luce.
Alla
complessità spaziale dell'opera corrisponde una
rigorosissima scelta dei materiali; l'esterno del
museo è realizzato principalmente con il cemento
facciavista, materiale che caratterizza le superfici
di quasi tutte le architetture di Zaha Hadid a
partire dagli anni Novanta, a volte interrotto da un
sapiente uso del vetro e nel piazzale su cui
affaccia la hall d'ingresso da grandi elementi
tubolari che caratterizzano l'intera struttura.
Materiali
come vetro, acciaio, pavimenti in massetto di
cemento lucidato, grigliati metallici verniciati,
conferiscono all'esterno un carattere più dinamico e
“fluido” e all'interno un aspetto neutro, tipico
dell'architettura contemporanea, predisposto ad
accogliere le opere.
Il cemento
e il calcestruzzo sono ampiamente utilizzati nella
struttura interna ed esterna del museo anche per
quanto riguarda i percorsi pedonali esterni,
realizzati con elementi prefabbricati in cemento e
contornati per tutta la loro lunghezza da faretti
seminascosti che illuminano i vari percorsi nelle
ore successive al tramonto.
La
necessità di ottenere grandi strutture
architettoniche curvilinee prive di difetti e la
conseguente volontà di eliminare le discontinuità e
le varie imperfezioni che caratterizzano le colate
di calcestruzzo ha portato a realizzare superfici
prive di giunti e di vari organi di collegamento.
Ma il
calcestruzzo nonostante il suo aspetto innovativo è
stato considerato uno dei principali problemi al
momento della costruzione del MAXXI; il
calcestruzzo, sebbene sia un materiale facile da
modellare e lavorare, è un materiale permeabile e
che assorbe molto facilmente i raggi del sole e la
pioggia, per questo è stato necessario
impermeabilizzare l'intera struttura mediante
l'applicazione di un particolare impregnante che ha
garantito, in parte, la correzione delle varie
disomogeneità del cemento schiarendone anche la
superficie.
Un'altra delle
caratteristiche principali dell'anticlassicità del
polo museale è l'utilizzo della luce; il concetto e
l'utilizzo della luce nel museo sono rappresentati
da una duplice caratteristica: la luce naturale
utilizzata come componente dinamica dello spazio e
la luce artificiale utilizzata come segno integrato
alle linee dell'edificio.
La volontà di
utilizzare la luce naturale e allo stesso tempo di
consentire la vista dell'esterno dall'interno delle
gallerie ha costituito uno degli aspetti tecnici più
complessi nella progettazione del museo. La luce
naturale è sicuramente la migliore per la visione
delle opere d'arte; la stessa luce con la quale le
opere sono create negli atelier e la più adatta alla
resa ottimale dei colori e delle forme.
La luce naturale
penetra all'interno dell'edificio attraverso l'uso
di numerose vetrate e lucernari che oltre ad
illuminare le grandi sale creano un continuo scambio
tra interno esterno.
I lucernari sono
considerati una delle parti più importanti
dell'architettura del museo; ritenuti indispensabili
per un ingresso zenitale della luce naturale,
necessario per la funzione museale, sono realizzati
in cemento fibrorinforzato e sorretti da alte e
sottili costolature in cemento che seguono le
sinuose linee delle gallerie e dell'edificio.
I lucernari
presenti sui soffitti sono principalmente pannelli
che si muovono e regolano l'illuminazione naturale
all'interno delle gallerie; si spostano a seconda
dell'ora, della stagione e del tempo meteorologico:
se c'è il sole si inclinano fino a chiudersi del
tutto, se piove o è nuvoloso riprendono l'assetto
perpendicolare in modo da fare entrare più luce
possibile dall'esterno.
La luce artificiale
invece è garantita grazie all'integrazione di
apparecchi di illuminazione nelle aree
architettoniche dell'edificio; l'illuminazione
artificiale esterna, più di quella interna, prevede
complessi sistemi di illuminazione differenziati a
seconda degli effetti architettonici: luci incassate
a pavimento che delineano i percorsi pedonali,
strisce luminose che richiamano le grandi vetrate
della hall e l'illuminazione disposta in maniera
asimmetrica su tutta la struttura in cemento.
Con il complesso
sistema di illuminazione artificiale, studiato nei
minimi dettagli, si ha una vera e propria
integrazione tra luce e architettura rendendo la
struttura estremamente dinamica e fluida anche nelle
ore notturne.
Il tutto si fa più
suggestivo nelle ore dopo il tramonto quando
l'illuminazione interna si integra e si fonde con
l'illuminazione esterna grazie al sapiente uso del
vetro e delle sue trasparenze.
Uno degli elementi
architettonici che si distinguono e rendono
iconicamente riconoscibile il MAXXI è il lungo
lucernario vetrato al terzo piano che prende tutta
la parete della galleria cinque; questo lucernario
si affaccia direttamente sulla piazza antistante il
museo e su alcuni degli edifici che affiancano il
polo museale, di cui si ha una visione a
centoottanta gradi.
L'interno come l'esterno rispecchia la
volontà progettuale ed artistica di Zaha Hadid,
rivoluzionando la più classica concezione di museo con
sale espositive che si susseguono in modo omogeneo una
dopo l'altra. All'interno del museo il vero
protagonista è il colore bianco (il cosiddetto white cube ); le pareti sono in prevalenza intonacate e
verniciate di bianco facendo sì che qualsiasi muro o
parete possano essere considerati possibili superfici
espositive.
Il progetto degli interni proprio per questo
sapiente uso del bianco è stato denominato il
“progetto del bianco”.
I soffitti delle gallerie, soprattutto quelli
che si trovano al livello più alto, sono
caratterizzati dall'integrazione tra lunghe travi in
cemento armato e pannelli vetrati che si muovono per
regolare l'illuminazione naturale all'interno
dell'edificio.
La hall di ingresso, illuminata di giorno
dalla luce naturale che entra grazie alle grandi
vetrate all'ingresso che garantiscono un continuo
scambio tra interno ed esterno, è caratterizzata da
uno spazio a tutta altezza in cui si snodano, si
intrecciano e si sovrappongono le scale autoportanti
in metallo nero che danno grande dinamismo e movimento
all'interno dell'edificio. (Fig. 2)
Fig. 2 - Dettaglio scale della hall d'ingresso del MAXXI Roma, Roma 2020 (Foto cortesia © Alessandra Nervini)
Le sale espositive e tutti gli spazi interni
si susseguono in maniera tanto inaspettata quanto
complessa, con pareti curve, oblique, reclinate e con
corridoi, rampe e terrazze; i vari piani del museo
sono collegati tra di loro mediante le rampe di scale
e passaggi che si intersecano, si sovrappongono e si
intrecciano creando delle complesse figure
labirintiche che danno grande dinamismo e fluidità
all'interno del polo museale.
Questa nuova concezione dello spazio museale
è legata principalmente alla nuova e più contemporanea
concezione di museo; il movimento, la fluidità e la
varietà degli spazi al contrario di quanto avviene di
solito nei musei contemporanei, nel MAXXI non generano
smarrimento.
L'itinerario di visita del MAXXI non è
rigido, non ci sono passaggi obbligati, le gallerie
hanno più accessi, il tutto è concepito come uno
spazio fluido, liquido e dinamico; il movimento è un
tratto essenziale del museo al di là dell'illusione e
dell'apparente smarrimento che creano i vari spazi
interni.
Ma l'altra vera innovazione la possiamo
trovare nel modo in cui è stato concepito il museo: un
centro polifunzionale delle arti al cui interno sono
ospitati due diversi musei, il MAXXI Arte il museo
dell'arte del XXI secolo ed il MAXXI Architettura il
primo museo europeo dedicato all'architettura del XXI
secolo.
L'idea principale del progetto è fin
dall'inizio direttamente legata alla finalità
dell'edificio come espositore di arti visive.
Il progetto prevedeva la realizzazione
all'interno del campus di sei edifici distinti
(l'edificio ospitante il museo d'arte, l'edificio
dell'Amministrazione, l'edificio ospitante il museo
d'architettura, la biblioteca, l'edificio per i
laboratori e le mostre di arte sperimentale ed infine
l'edificio per le mostre temporanee) ma collegati tra
di loro mediante ponteggi e rampe con l'eccezione
dell'edificio della biblioteca e l'edificio con il
laboratorio di sperimentazione concepiti come due
edifici a parte e realizzati con il recupero di due
degli edifici della ex caserma Montello.
Gli edifici in cui sono ospitati i musei di
Arte e Architettura sono stati concepiti su tre
livelli, piani, differenti.
Al piano terra oltre all'atrio vetrato e i
banconi dell'accoglienza troviamo il bookshop,
gli spazi per i servizi didattici e la galleria per le
mostre temporanee.
Allo stesso piano c'è anche lo spazio che
ospita il museo di Architettura, connesso alla hall
grazie ad una galleria ed illuminato quasi
completamente da luce naturale (la superficie
complessiva del MAXXI Architettura è di 1800 mq. Di
questi 400 mq. ospitano il Centro Archivi Architettura
e nei restanti 700 mq vengono allestite due mostre
temporanee in contemporanea).
Il primo ed il secondo piano sono quasi
esclusivamente dedicati al museo d'Arte con
l'eccezione della parte che affaccia su via Guido Reni
che ospita l'auditorium e una sala riunioni.
Il museo d'Arte è composto da quattro
gallerie, due al primo piano, una al secondo piano e
la quarta realizzata a gradoni tra il primo ed il
secondo piano (il MAXXI Arte ha una superficie
complessiva di 13.500 mq ed una collezione di opere
che vengono esposte a rotazione).
Al terzo ed ultimo piano invece troviamo la
galleria cinque con il grande “occhio” del MAXXI, il
lucernario vetrato che affaccia direttamente sulla
piazza antistante il museo e da una visione a
centoottanta gradi della piazza e di alcuni edifici
del quartiere Flaminio.
Con il MAXXI per la prima volta arriva in
Italia un museo dedicato alle arti del XXI secolo, è
un museo che è stato soggetto fin dall'inizio a nuove
ed avvincenti sfide e aperto a nuove forme di arte e
creatività; la Fondazione MAXXI, che gestisce il
museo, ha creato una programmazione delle attività
(mostre, workshop, convegni, laboratori, spettacoli,
performance, ecc) che rispecchia appieno la vocazione
del MAXXI cioè quello di essere un laboratorio di
sperimentazione, di innovazione culturale, di studio e
di produzione artistica contemporanea.
Il MAXXI rappresenta la consapevolezza di
quanto sia importante promuovere l'arte e la
creatività contemporanea in un paese, come l'Italia,
caratterizzato da secoli e secoli di primato artistico
e architettonico. Le
tensioni
estetiche del nostro tempo sono, infatti, il
prolungamento delle espressioni artistiche e
culturali delle epoche passate, anche se con forme
espressive radicalmente diverse. Missione del MAXXI è
dunque promuovere e sviluppare il senso di questa
continuità proiettandola verso il futuro. Il MAXXI
intende essere non solo sede di esposizione delle
opere d'arte del nostro secolo, ma anche luogo
di innovazione
culturale e sovrapposizione di linguaggi,
laboratorio di sperimentazione
artistica,
macchina per la produzione di contenuti estetici
del nostro tempo.
Il
MAXXI
punta ad essere un centro di eccellenza, uno snodo
interattivo in cui andranno a convergere e
potranno essere mescolate e riprodotte le più
diverse forme di espressività, produttività e
creazione.
La
Fondazione
MAXXI è riuscita ad affrontare la sfida di rendere
il MAXXI uno dei musei di arte e architettura
contemporanea più importanti in Europa; ma
un'ulteriore sfida l'ha voluta affrontare
recentemente, nel decimo anniversario
dell'inaugurazione del polo museale, con
l'istituzione, per la prima volta in Italia, di
una sede distaccata di un museo in un territorio
dove l'arte e l'architettura contemporanea non era
mai arrivata prima, all'Aquila in Abruzzo.
Il MAXXI L'Aquila,
come il suo omonimo di Roma, si configura come un
polo del contemporaneo, un centro polifunzionale
delle arti dove l'arte non solo viene esposta ma si
crea e dove avviene l'incontro tra artisti delle
generazioni più recenti con artisti più
storicizzati.
Realizzare un
progetto del genere in una città come quella
dell'Aquila, ferita dal sisma del 2009, e in parte
da quello del 2016, ha lanciato un grande messaggio;
il restauro di Palazzo Ardinghelli, la sede del
museo, è divenuto simbolo della rinascita di una
città ma anche di un'intera regione.
La storia del MAXXI
L'Aquila inizia nel 2014 quando il Ministro dei Beni
e delle Attività Culturali e del Turismo Dario
Franceschini in visita all'Aquila decise che Palazzo
Ardinghelli, uno storico palazzo aquilano del XVIII
secolo di matrice classica, doveva essere destinato
ad ospitare un museo di arte e architettura
contemporanea.
Il palazzo nella
sua storia ha subìto varie trasformazioni passando
da essere dimora privata dei banchieri Ardinghelli
nel XVIII secolo, ad essere alla fine del XIX secolo
sede dell'atelier di un artista, Teofilo Patini,
fino ad essere nella prima metà del XX secolo prima
sede della Pretura ed in seguito sede dell'ufficio
dell'anagrafe.
Al momento del
sisma del 6 aprile 2009 il palazzo riversava in un
grave stato di abbandono da ormai più di trent'anni,
e ciò aggravò ancor di più i danni causati dal
sisma.
Il Ministero per i
Beni e le Attività Culturali e del Turismo iniziò
nel 2012 dei lavori di restauro post sisma con
l'idea di porvici degli uffici; ma quando nel 2015
si ebbe il progetto definitivo per il MAXXI L'Aquila
si bloccarono i lavori avviati nel 2012 e si
iniziarono a ricercare delle corrette soluzioni per
il restauro per adattare al meglio gli spazi interni
di un palazzo di matrice classica per ospitare opere
d'arte contemporanea.
I lavori per la
realizzazione del MAXXI terminarono definitivamente
nei primi mesi del 2019 e la consegna, inizialmente
prevista per novembre dello stesso anno, fu
posticipata a gennaio 2020.
Ma purtroppo a
causa della pandemia da Coronavirus l'inaugurazione
del nuovo polo museale è stata posticipata più volte
fino ad arrivare al 28 maggio 2021 quando, dopo più
di un anno di rinvii, è avvenuta l'inaugurazione
ufficiale della nuova sede del MAXXI all'Aquila con
la mostra inaugurale “Punto di Equilibrio. Pensiero
spazio luce da Toyo Ito a Ettore Spalletti”.
Il Palazzo oltre a
divenire simbolo della rinascita per la città
abruzzese è divenuto un vero e proprio simbolo della
nuova concezione di museo contemporaneo entrando in
relazione, ma anche contrapponendosi, al polo
museale romano.
Palazzo Ardinghelli
è un palazzo aquilano del XVIII secolo di matrice
classica che venne costruito su un preesistente
palazzo rinascimentale appartenente alla famiglia
Cappa e Camponeschi.
Il palazzo si trova
nel cuore della città dell'Aquila, tra Piazza Santa
Maria Paganica e via Giuseppe Garibaldi ; l'attuale palazzo
venne costruito per la famiglia dei banchieri
fiorentini Ardinghelli e l'assetto dell'edificio
prima del sisma del 2009 era dovuto a degli
interventi di restauro dopo il sisma del 1703 , che anche in quel
caso causo ingenti danni all'apparato architettonico
e decorativo dell'edificio. (Fig. 3)
Fig. 3 - MAXXI L'Aquila facciata esterna, L'Aquila 2021 (Foto cortesia © Alessandra Nervini)
L'edificio attuale,
e anche successivamente alla ricostruzione del XVIII
secolo, si sviluppa su due livelli a cui si aggiunge
un parziale piano seminterrato che viene usato
principalmente come deposito.
L'ingresso
principale è reso evidente da una triplice balconata
progettata più recentemente, nel 1928; il
sottostante portale, in asse con l'ingresso laterale
della chiesa antistante e centrale in relazione alla
piazza, introduce ad un androne che conduce ad un
piccolo cortile porticato ad esedra, l'elemento
chiave e più singolare del palazzo quasi sicuramente
ispirato alle più tipiche architetture romane prima
tra tutte la Curia Innocenziana di Montecitorio
(1680) opera di Carlo Fontana. (Fig. 4)
Fig. 4 - Il cortile centrale ad esedra di Palazzo Ardinghelli, L'Aquila 2021 (Foto cortesia © Alessandra Nervini)
Il palazzo, seppur
di modeste dimensioni, risulta architettonicamente
notevole per la successione dei vari spazi, spesso
curvilinei e con un sapiente uso della forma
semicircolare.
Dall'androne del
palazzo si accede al piano nobile grazie allo
scalone di matrice borrominiana sul cui soffitto è
possibile notare degli affreschi del pittore
Vincenzo Damini realizzati nel XVIII secolo.
È in corrispondenza
del piano nobile che si sviluppa gran parte del
palazzo; l'interno presenta grandi saloni con camini
e decorazioni sui soffitti in stucco.
Le stanze, come
tutti i palazzi di matrice classica, si susseguono
una dopo l'altra ruotando attorno al cortile
centrale che in questo modo diviene il punto attorno
a cui si sviluppa l'intero edificio.
Ed è stata proprio
questa configurazione classica che ha portato a
rivalutare i lavori di restauro quando nel 2014 si è
presa la decisione di realizzare all'interno del
palazzo un museo di arte e architettura
contemporanea; si voleva andare a trovare
un giusto equilibrio tra classicità e modernità, con
un sapiente studio della luce e dell'illuminazione e
contrapponendo i segni visibili lasciati dal sisma
all'uso di materiali del tutto innovativi.
Obiettivo
fondamentale del progetto è stato fin dall'inizio il
presupposto di ottenere una struttura contemporanea
rinnovata ma tuttavia coerente con la struttura
originaria, in grado di accogliere i visitatori e
rendere il museo parte integrante del percorso
urbano.
L'obiettivo
principale del progetto è stato anche quello di
conservare il più possibile ciò che era
sopravvissuto al sisma, restaurando e trasformando,
quanto necessario, la struttura per adattarla alla
nuova funzione di museo; cercare un giusto
equilibrio tra la “storicità” dell'edificio e la sua
nuova funzione più “contemporanea”.
Il cantiere per il
restauro è stato complesso; dopo un primo intervento
di messa in sicurezza è stato possibile procedere
grazie ad una generosa offerta della Federazione
Russa e ad un
finanziamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
Il progetto
prevedeva il restauro e la realizzazione di due
“corpi” principali; il corpo A, cioè Palazzo
Ardinghelli, e il corpo B, l'edificio collegato al
palazzo e attuale sede di alcuni uffici della
Fondazione MAXXI.
Per rendere
autonome le due parti sono stati previsti ingressi
indipendenti e nuclei di collegamento verticale come
scale e ascensori.
In contrasto con il
classico uso della pietra nel palazzo, nel corpo B
si è scelto un uso diffuso dell'acciaio e del vetro.
(Fig. 5)
Fig. 5 - Piazza Santa Maria Paganica su cui si affaccia la chiesa di Santa Maria Paganica e Palazzo Ardinghelli Si nota la contrapposizione tra l'utilizzo dei nuovi materiali per l'edificio B e l'uso classico della pietra per il palazzo. L’Aquila 2021 (Foto cortesia © Alessandra Nervini)
L'adattamento di un
palazzo storico di matrice classica agli standard di
comfort e illuminazione è una delle tematiche
affrontate dal progetto architettonico che ha
ricercato una giusta mediazione tra classicità e
modernità individuando tecnologie avanzate da
inserire nell'edificio che potessero adattarsi al
meglio all'architettura storica del palazzo; come il
sofisticato sistema di illuminazione a led che si
adatta perfettamente all'architettura storica o il
restauro delle volte e dei solai ripristinati con
materiali e tecniche tradizionali ma rinforzate con
fibre di carbonio conservando le porzioni superstiti
e i frammenti delle decorazioni pittoriche.
Una particolare
menzione a questo proposito va fatta sulla scelta
del restauro della volta del salone maggiore del
piano nobile, chiamata la “voliera”, in cui di
fronte al crollo completo della volta, non potendo
ripristinare il sistema voltato con materiali e
tecniche tradizionali, si è scelto di riproporre lo
“scheletro” di supporto originario andando a
realizzare quest'intelaiatura-scheletro di legno
bianco che rappresenta la modernità della struttura.
In tal modo si è
sia richiamata la settecentesca originaria tipologia
costruttiva sia si è proposta una trasparenza visiva
che permette di apprezzare la stratificazione
storica dell'edificio. (Fig. 6)
Fig. 6 - Il salone al piano nobile denominato “la voliera”, L'Aquila 2021 (Foto cortesia © Alessandra Nervini)
Per quasi tutto il
palazzo sono stati adottati specifici accorgimenti
antisismici come ad esempio anche per la
ricostruzione della loggia centrale completamente
crollata per il cedimento dei due pilastri, degli
archi, delle volte a crociera e del sovrastante
tetto in legno.
Dal punto di vista
strutturale le opere di miglioramento sismico hanno
dovuto tener conto della fragilità di una muratura
fortemente provata, realizzata prevalentemente in
pietra e caratterizzata dalla sovrapposizione dei
numerosi rifacimenti medievali, rinascimentali e
tardo settecenteschi.
Anche all'interno
del palazzo si è posta la massima attenzione al
recupero e alla conservazione degli elementi
architettonici e artistici ancora esistenti;
particolarmente delicato è stato il restauro e il
consolidamento dello scalone borrominiano riuscendo
a conservare e valorizzare ogni elemento compositivo
della scala.
Obiettivo fondamentale del progetto museale
del MAXXI L'Aquila è stato fin dall'inizio il
presupposto di ottenere una struttura contemporanea
rinnovata ma tuttavia coerente con la struttura
originaria, in grado di accogliere i visitatori e
rendere il museo parte integrante del percorso urbano.
Il palazzo si integra a pieno nel contesto
urbano circostante collegando Via Garibaldi e Piazza
Santa Maria Paganica.
Il visitatore in questo modo è quasi
obbligato ad attraversare il palazzo e tale
attraversamento permette al visitatore di ammirare il
cortile interno e le opere allestite al piano terra;
di conseguenza il visitatore non solo viene
“inglobato” nel palazzo ma trovandosi all'interno di
esso è in grado di godere dell'apparato decorativo e
architettonico sia esterno che interno.
Lo spazio è alla base del progetto museale
del MAXXI rendendo il museo da attrattore di
visitatori tematici a condensatore di quella socialità
che la città lamenta come tassello mancante alla
ricostruzione post-sisma.
Un altro principio che ha ispirato il
progetto museale è stato l'interpretazione del
restauro come “rete di memorie” legato alla storia
degli eventi che hanno trasformato il luogo e che
hanno portato il palazzo ad essere sede di un museo
contemporaneo.
Come il MAXXI di Roma anche quello
dell'Aquila è considerato un centro polifunzionale; da
un lato porta ed espone l'arte contemporanea in un
territorio in cui questo tipo di arte non era mai
arrivata, dall'altro lato è considerato un vero e
proprio centro per lo studio, la comprensione e la
ricerca dell'arte contemporanea.
Il MAXXI L'Aquila non è considerato un “museo
normale” né una mera estensione del MAXXI Roma; si
presenta come un particolare “incubatore” le cui
radici affondano nel terreno di una località
post-sismica.
La progettazione di uno spazio museale
dedicato all'arte e all'architettura contemporanee in
un edificio di matrice classica ha posto molteplici
questioni, in parte correlate alla ricerca delle
corrette soluzioni per il restauro, in parte connesse
alle scelte progettuali architettoniche.
A questi temi si è aggiunto quello legato
alla progettazione di un percorso museale mirato alla
progressiva “scoperta” dell'allestimento, in una sorta
di tensione emozionale generata dalla particolare
qualità dello spazio, parte integrante del contenuto
espositivo.
In questo modo il palazzo, storicamente
legato all'intimità familiare, diviene in tal modo
aperto e fruibile da parte di tutti.
Con la nuova concezione di spazio che viene
affrontata anche per il MAXXI de L'Aquila molti degli
artisti invitati ad esporre a Palazzo Ardinghelli
hanno realizzato delle opere site-specific per essere esposte unicamente all'interno
degli spazi del MAXXI L'Aquila, adattandole
minuziosamente ad alcuni degli spazi del Palazzo
(artisti come Elisabetta Benassi, Daniela De Lorenzo,
Stefano Cerio e Ettore Spalletti ).
Lavori appartenenti alle collezioni di arte,
architettura e fotografia del MAXXI di Roma si
uniscono alle nuove committenze all'interno di un
percorso espositivo minimale che mira a valorizzare
l'architettura di Palazzo Ardinghelli.
Però l'idea di base non è stata soltanto
quella di limitarsi ad un'esposizione di lavori e di
opere, poiché queste ultime diventano un vero e
proprio dispositivo che ispira diverse attività di
tipo relazionale, come l'incontro e lo scambio con
altre istituzioni culturali presenti sul territorio.
Come a Roma anche all'Aquila si sono portate
e si porteranno quelle esperienze in termini di
relazioni con gli abitanti e con il territorio
circostante; fin dalla sua inaugurazione, se non anche
da prima, il MAXXI L'Aquila collabora con istituzioni
come l'Accademia delle Belle Arti dell'Aquila, il
MuNDA (Museo nazionale d'Abruzzo) e il Laboratorio
Nazionale del Gran Sasso e ciò spiega anche la scelta
di esporre nel percorso museale alcuni autori,
piuttosto che altri, che hanno lavorato sul concetto
di visione e di sperimentazione.
Il MAXXI L'Aquila si configura come un polo
in grado di intrecciare reti a diversi livelli tra i
protagonisti del contemporaneo e i soggetti operanti
nel multiforme sistema artistico e scientifico dando
voce alle eccellenze della creatività nazionale e
internazionale.
Come accade nella sua sede a Roma, il MAXXI
all'Aquila punta a far dialogare arti visive,
performance, fotografia e architettura interrogandosi
sulla contemporaneità e a realizzare attraverso le
produzioni di artisti e creativi la sua missione
istituzionale e la sua vocazione culturale e sociale.
NOTE
Vedi anche nel BTA:
USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA
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