Abstract:
A
few years ago, I had the opportunity to carry
out an archive search
that brought to life some very interesting
elements. The search led
to the discovery of a few documents that widened
the horizons on our
knowledge of Pietro Porcinai's project for
Sant'Ambrogio Church
in Zoagli churchyard, as well as information of
Porcinai's
friendship and collaboration with Costantino
Nivola in the shadow of
Adriano Olivetti.
The documents revealed the occasional friendly
confrontation between
Pietro Porcinai and Gianni Medoro. These
confrontations supported
intuitions and clarifications leading to
additional hypothesis and
research ideas related to both the work of the
famous landscape
architect and sculptor, and the final
realization.
Key-words:
Pietro Porcinai, Costantino Nivola, Adriano
Olivetti, Sant'Ambrogio
Church in Zoagli, art, architecture, landscape
Abstract:
L'occasione
di una ricerca archivistica di alcuni anni fa ha
restituito documenti
interessanti che hanno allargato lo sguardo sulla
realizzazione del
progetto di Pietro Porcinai per il sagrato della
chiesa di
Sant'Ambrogio a Zoagli e illuminato gli episodi
della sua amicizia
e collaborazione con Costantino Nivola all'ombra
di Adriano
Olivetti. Alla lettura dei documenti si sono
aggiunte occasioni di
confronto con Gianni Medoro che hanno supportato
intuizioni,
chiarendo interrogativi e pervenendo ad aggiuntive
notizie, ipotesi e
spunti di ricerca legati sia all'opera dei famosi
paesaggista e
scultore, che alla finale realizzazione.
Parole
chiave: Pietro Porcinai, Costantino Nivola,
Adriano Olivetti,
Chiesa di Sant'Ambrogio a Zoagli, arte,
architettura, paesaggio.
Frequenti
occasioni professionali di Pietro Porcinai nei
pressi di Rapallo
risalgono già dalla fine degli anni '30 e si
incrementano attorno
agli anni '50-‘60 del ‘900, quando sono
documentati, fra gli
altri, numerosi lavori per giardini di ville
private e lussuosi
hotel, oltre ad amichevoli relazioni con clienti e
committenti, come
il Commendatore Antonio Bini, proprietario del
Grand Hotel Bristol.
Attestazioni di amicizia, biglietti di auguri e
modalità amicali si
alternarono con lui nell'arco di oltre trent'anni
affiancandosi a
incontri, sopralluoghi e proposte per alcuni
lavori di ammodernamento
del prestigioso albergo, incluso un progetto per
giardino e piscina
realizzato fra il 1954 e il 1962 .
All'interesse per ulteriori idee sottoposte a
seguito di successivi
incontri e viaggi in affari e amicizia non
corrispose una
concretizzazione di progetto che traducesse le
molte suggestioni in
realtà. Anni dopo però, quando ormai il Grand
Hotel Bristol era
divenuta quella Società Bristol S.p.A. gestita dai
successori del
Commendatore - pur sempre vivente e amicalmente
presente - Porcinai
venne nuovamente contattato per una partecipazione
professionale. È
il 1980, e la richiesta è quella di realizzare, in
sinergia con la
ditta Progeco di Genova che aveva in appalto le
opere
ingegneristiche, impiantistiche e architettoniche,
un programma di
lavori congiunti di ristrutturazione riguardanti,
per il suo
specifico apporto professionale, gli spazi esterni
del prestigioso
albergo. Dopo vari sopralluoghi si concretizzò una
riprogettazione
dell'intera superficie a giardino – l'Architetto
Milena
Matteini, collaboratrice di studio di Porcinai,
presenziò e seguì
tutte le fasi del progetto - con la definizione
dei percorsi e la
pavimentazione del piazzale di accesso e dei
parcheggi, nonché la
realizzazione di un campo da tennis e di una sauna
e piscina con a
fianco piscinetta per bambini nei pressi dell'area
ristorante, per
il quale era inoltre proposto l'affiancamento di
una veranda. In
aggiunta era stata anche ventilata la possibilità
di realizzare -
seguì la presentazione del relativo progetto - un
giardino pensile e
solarium sul tetto dell'albergo .
Subito
Porcinai si era avvalso della collaborazione del
giardiniere di
fiducia Orlando Rafanelli, chiedendogli un
preventivo per lo
spostamento e preliminare predisposizione di sei
grossi esemplari di
palma esistenti in situ. Risultano al 1982
varie fatture
emesse dalla ditta Rafanelli per il lavoro
eseguito, necessario per
la mutata viabilità prevista dal nuovo progetto di
giardino.
Le
proposte presentate, per quanto giudicate
positivamente, incontrarono
difficoltà di attuazione sia per motivi economici
che per lungaggini
burocratiche e lentezze dovute a incomprensioni e
problematicità di
coordinamento fra i diversi attori coinvolti
e vennero di conseguenza notevolmente
ridimensionate.
Proprio
in questo periodo intercorsero contatti con
l'amministrazione
comunale di Zoagli. Lavorando per la piscina e il
tennis del Grand
Hotel Bristol - la cui collocazione e impianto di
depurazione,
subordinati a rilascio di concessione, implicavano
lavori proprio sul
territorio di Zoagli - Porcinai si trovò a
proporre un'idea di
progetto per la piazza del municipio della
cittadina ligure e il 5
giugno 1981 si recò in sopralluogo “con il Sindaco
di Zoagli e
l'assessore ai LL.PP. per esaminare una soluzione
estetica per
la piazza” come da missiva inviata all'Ingegner
Barbieri per la
Società Bristol di Rapallo. Nella stessa lettera
Porcinai
specificava: “appena riceverò dal Comune le foto
aeree preparerò
un progetto di massima che, però, avrei già
discusso col sindaco e
con l'assessore ai LL.PP.” .
Il
sopralluogo faceva seguito ad una telefonata
dell'Ingegner Barbieri
allo studio Porcinai nella quale si annunciava che
il Comm. Gerla, a
capo della stessa Società Bristol, avrebbe
desiderato un incontro
con Porcinai per “vedere possibilmente le
soluzioni per la piazza”,
specificando che qualora l'incontro fosse a
Rapallo si sarebbe
preso nello stesso giorno appuntamento con il
sindaco per mostrargli
la proposta di progetto.
Emerge dunque che - in modalità non ulteriormente
approfondite in
questa sede – in concomitanza al procedere del
progetto per l'Hotel
Bristol era stato avviato anche quello della
piazza municipale di
Zoagli.
Alla
fine del 1981 veniva inviata all'amministrazione
del comune ligure
una proposta di massima per la piazza prospiciente
la spiaggia - un
ampio spazio a ridosso della marina che si espande
a salire dopo il
ponte della ferrovia incuneandosi nel paese -
proponendola a isola
pedonale urbana.
È
probabile che fu il contatto con Porcinai da parte
di Angelo Sacco,
proprietario della omonima ditta edile e
vicesindaco della cittadina
balneare, che portò alla proposta di progetto per
la piazza
municipale. La presentazione non ebbe seguito e il
progetto non venne
realizzato. Tuttavia circa due anni dopo, nel
1983, un'altra
proposta di progetto, poi realizzato, veniva
presentata dallo Studio
Porcinai alla stessa amministrazione per una
piazza poco lontano, il
sagrato della chiesa di Sant'Ambrogio, sempre a
Zoagli. Il disegno
di questa seconda proposta appare indubbiamente
obbligato al
precedente per ispirazione, pur negli orientamenti
compositivi più
architettonicamente strutturati. Anche questo
secondo progetto fu con
ogni probabilità caldeggiato da Angelo Sacco che,
risultando inoltre
saltuariamente attivo anche per l'Hotel Bristol
lavorava a quel tempo, fra gli altri, per il
cantiere del giardino di
Villa Marilli che Porcinai aveva progettato
proprio a Zoagli per
l'Ingegner Marino e che era in fase attuativa nel
1981-82. In
occasione di questi impegni Sacco ebbe
probabilmente modo di
incontrare Porcinai di persona. Si trattava di un
reincontro a
distanza di anni. Il primo era infatti avvenuto in
quegli anni '50
che avevano visto il già famoso paesaggista
recarsi più volte a
Zoagli per vari progetti fra cui quello del
Bristol, del quale
seguiva il cantiere di giardino e piscina. Proprio
Angelo Sacco,
all'epoca giovane impiegato presso una ditta
locale, era impegnato
alla posa in opera del giardino del prestigioso
albergo. Qui vide e
conobbe Porcinai, spesso presente in cantiere, al
quale riservava,
come da prassi professionale, particolare
attenzione in fase
attuativa.
Al
naufragare dunque del progetto per la piazza
comunale fu proprio il
già vicesindaco Sacco a farsi avanti con Porcinai
– chiamato poi
nel breve per vari consigli anche per il progetto
del giardino della
sua stessa abitazione - chiedendogli di impegnarsi
nell'esecuzione
del sagrato di Sant'Ambrogio. Era proprio nei
pressi che Sacco
abitava, e proprio per quel luogo a lui caro
chiedeva l'intervento
del famoso paesaggista. Si trattava di un
consapevole tentativo di
ricostituzione per un sito di alta potenzialità
estetica da
connettere ad una densità professionale, quella di
Pietro Porcinai,
a Sacco ben nota. Sarà dunque in quel frangente
che Porcinai volgerà
la propria attenzione al progetto di
pavimentazione del sagrato -
all'epoca ricoperto in mattonelle di cemento -
della Chiesa di
Sant'Ambrogio della Costa, piccolo edificio
parrocchiale di culto a
qualche chilometro a nord-ovest dalla cittadina
turistica di Zoagli,
arroccato sulle colline a ridosso del litorale e
associato ad una
splendida vista panoramica sul mare dall'ampia
area belvedere.
Già
in previsione della prima prospettata
realizzazione - quella della
piazza comunale di Zoagli - Porcinai aveva
scritto ad un amico di vecchia data, il famoso
scultore Costantino
Nivola, offrendogli una collaborazione per il
progetto e
ringraziandolo poco dopo “per l'idea e la proposta
per Zoagli”
pervenuta in studio a fine settembre 1981.
L'inizio
della corrispondenza, testimonianza
dell'affezionata amicizia e
reciproca stima che legarono Pietro Porcinai e
Costantino Nivola,
risaliva, già documentando vicinanza e
familiarità, ai primi anni
'60. Era tuttavia di anni precedenti la
considerazione che Porcinai
nutriva per lo scultore sardo, del quale aveva
scritto già nel 1957.
Intervenendo a un congresso a Padova con una
comunicazione dal titolo
Il
colore nei giardini e nel paesaggio ,
e in seguito presentando il proprio saggio per gli
Atti del Convegno,
Porcinai citava Costantino Nivola e Roberto Burle
Marx come esempi di
“felici risultati ottenuti” in integrazione di
giardino e
paesaggio, ben consapevole di quanto realizzato da
Nivola nel
giardino della sua residenza negli Stati Uniti.
Il
giardino di casa Nivola si trovava a East Hampton,
Long Island, dove
nel 1948 lo scultore aveva acquistato per sé e la
famiglia una
vecchia fattoria vicino al villaggio di Springs,
circondata da boschi
e non lontano dall'oceano. Nivola vi si era
trasferito senza
abbandonare totalmente quel quartiere
d'avanguardia vibrante di
vita intellettuale e artistica dell'8a
strada di New York dove aveva già abitato. Ampi
spazi aperti si
allargavano attorno alle numerose stanze
dell'edificio, il suo
“focolare” da lui completamente ridistribuito e
arredato e
all'annesso studio, luogo di solitaria ricerca
artistica aperto con
luminose vetrate sull'ampio respiro del paesaggio
circostante. Qui
Nivola si era gradualmente appropriato dei
dintorni, sistemando a
poco a poco il giardino con la pergola geometrica,
una fontana, la
parete di un muro integrato al vicino albero, e
trasformandolo
assieme a Bernard Rudofsky – architetto, moravo di
nascita, che
diverrà celebre decenni dopo con l'acclamata
mostra Architecture
without Architects
al MoMA nel 1964
- in un'opera d'arte ambientale. E proprio qui, in
uno spazio
divenuto finalmente suo viveva con la famiglia,
ospitava gli amici -
dei quali molti famosi artisti – disegnava e
dipingeva, operando
assiduamente in studio e in giardino e in
particolare riflettendo sul
tema dell'integrazione fra scultura e
architettura. La finalità
artistica perseguita in quel periodo - parliamo
della seconda metà
degli anni '40 – era infatti trovare una soluzione
tecnica che
rispondesse alla necessità di far vivere
organicamente il muro,
inserendo nell'architettura bassorilievi o
altorilievi che non
risultassero aggiunte esterne e posticce, che non
fossero quindi un
semplice ornamento .
Pare che proprio in questa finalità Nivola
inventasse, sulle vicine
spiagge dove si recava a giocare con i figli, il sand-casting,
sviluppando la tecnica del rilievo modellato sulla
sabbia .
Le
informazioni su questo innovativo giardino in
possesso di Pietro
Porcinai erano probabilmente reperite da un ampio
articolo
descrittivo dello scultore e del suo Eden privato
apparso prima su
“Architectural Review” e poi uscito nel 1952 in
“Domus”,
rivista per la quale il paesaggista toscano -
chiamato da Ponti ad
affiancare la già attiva Maria Teresa Parpagliolo
nell'esplorare i
temi attorno a giardino e paesaggio in seno al
tentativo di
rinnovamento della tradizione italiana per la
“Campagna di Domus
per il Verde” - collaborava fin dal 1937. Proprio
quella
collaborazione aveva tributato a Porcinai
apprezzamento e notorietà
fra i progettisti, dato che la reinterpretazione
in linguaggio
contemporaneo, nei giardini da lui progettati, di
temi tradizionali
accanto all'attenzione per il Movimento Moderno e
ai nuovi
orientamenti di urbanistica e paesaggistica nel
dibattito sulle città
future molto lo avvicinavano al pensiero degli
architetti.
All'epoca,
tra il 1937 e il 1938, anche Bernard Rudofsky era
a Milano e
collaborava a fianco di Gio' Ponti per “Domus”,
l'elegante
rivista fondata dall'eclettico architetto,
designer, giornalista e
saggista milanese circa un decennio prima, nel
1928, e nella cui
redazione - che si trovava, in un angolo dedicato,
proprio nello
studio milanese di Ponti - anche Costantino Nivola
nella sua attività
di grafico e pittore spesso transitava. E proprio
l'acclamata
successiva realizzazione di Rudofsky in
collaborazione con il giovane
artista sardo, il giardino americano di Nivola
appunto - realizzato
come una serie di stanze a cielo aperto con
barbecue, muri ornati da
graffiti e solarium con decorazioni cubiste, uno
spazio aperto alla
sperimentazione di idee coltivate da tempo sul
rapporto
architettura-paesaggio e arti visive, e dunque
luogo di continui
incrementi e modifiche - sarà successivamente
oggetto di richiesta
di pubblicazione da parte di Porcinai anche per il
suo volume
Giardini
d'Occidente e giardini d'Oriente.
Nivola
aveva realizzato personalmente molti degli
elementi presenti nel suo
giardino di East Hampton – dove di stagione in
stagione
moltiplicava gli interventi decorando panchine,
rinnovando
periodicamente colori e disegni dei murali,
collocando, spostando e
rimuovendo sculture – fra cui l'acciottolato delle
pavimentazioni, le palizzate e diversi muri ornati
da dipinti. Al
centro del vasto spazio all'aperto era collocato
lo spiazzo del
barbecue con un camino bianco in mattoni e alcuni
semplici sedili e
con a sud-ovest quella lunga pergola, anch'essa
dipinta di bianco,
a formare la scansione geometrica dei “dieci cubi
perfetti”, i
volumi cubici dell'originale pergola - ordinatori
dello spazio,
dell'orientamento e della scala dimensionale
riferita ad altezza
d'uomo - delineati da montanti e traversi dipinti
in bianco e
affiancati l'uno all'altro in successione. Era qui
il cuore della
vita conviviale che animava il giardino nei fine
settimana, quando i
padroni di casa ricevevano folti gruppi di amici
in un luogo d'arte
in incessante trasformazione, teatro di eventi
plastici e pittorici
che accompagnavano lo svolgersi della vita
quotidiana dell'artista,
dei suoi familiari e degli ospiti. L'ideale del
giardino “da
vivere” si realizzava così in un senso che
oltrepassava quasi le
intenzioni di Rudofsky.
Poco oltre si collocava il solarium, un altro
cubo, questa volta in
muratura, privo di aperture e dalle parteti
rivestite di murali e con
scala di accesso, in parte pavimentato in mattoni
e in parte
ricoperto di sabbia. Uno spazio protetto che
riusciva a mantenere
internamente una temperatura tale da consentire di
prendere il sole
anche in pieno inverno. Più lontano un muro
indipendente, intonacato
di bianco e forato da una finestrella attraverso
cui passava il ramo
di un melo, definiva il tratto giocoso che
riassumeva il senso del
giardino come “stanze all'aperto” in cui la natura
vive entro
una cornice dalla quale trae struttura e
significato, integrando sé
stessa in artificio. E sullo ‘schermo vuoto'
dell'intonaco si
proiettavano le ombre della vitalità quotidiana e
stagionale dello
spazio aperto, sottolineando il concetto del
giardino, esso stesso
natura e architettura .
E'
interessante notare che il tema delle stanze a
cielo aperto era stato
presentato da Rudofsky in più di un contributo su
“Domus”, con
il progetto di una casa a Procida nel numero 123
marzo 1938 –
l'anno prima aveva finito poco lontano sulla costa
campana in
collaborazione con Luigi Cosenza la celebre Villa
Oro a Posillipo,
iniziata nel 1934 - e con la pubblicazione nello
stesso numero del
disegno di una stanza senza soffitto, arredata,
sì, come stanza
interna, ma con un prato al posto del pavimento, e
pubblicata con il
titolo Problema
a riscontro di un articolo dello stesso Ponti dal
titolo Falsi
e giusti concetti sulla casa
che anticipava proprio l'idea del solarium di
Nivola a Springs. Il
disegno venne poi ripubblicato come copertina di
“Interiors” nel
gennaio 1946.
Gianni
Medoro supporta con l'A. l'intuizione,
affacciatasi alla mente
nella stesura del presente articolo, che
l'amicizia fra Porcinai e
Nivola – forse conosciutisi indirettamente nel
variegato circuito
culturale che vibrava nel milieu milanese in gran
parte gravitando
attorno a Ponti, o forse incrociatisi di persona
già dalla fine
degli anni '30, orbitando entrambi in contiguità
alla redazione di
“Domus”, e avendo perlomeno sentito parlare o
letto l'uno
dell'altro - possa risalire in modalità più
approfondita e
personale, se non già amicale, perlomeno ai primi
anni Cinquanta. Un
decennio intenso di invenzioni e febbrile lavoro
in poliedrica
interattività professionale e creativa
produttività per entrambi. E
per entrambi inoltre un periodo, gli anni '50,
vivificato
dall'adiacenza alle volitive e illuminate
iniziative di Adriano
Olivetti e alla sua dinamica attività intrisa del
più profondo
convincimento di imprescindibilità dei valori di
estetica ed etica
sociale a fondamento e supporto del miglior rigore
organizzativo in
dimensione produttiva.
Una
fotografia del 1935
immortala, nella casa milanese di Ruth Guggenheim
- alla quale
probabilmente si deve lo scatto fotografico - un
gruppo di giovani
amici sorridenti in una calda e soleggiata
giornata, forse
tardo-primaverile o primo autunnale: sono l'amico
e compagno di
studi Salvatore Fancello, Costantino Nivola,
Renata Guggenheim,
sorella di Ruth – è noto il legame affettivo che
unì Salvatore a
Renata
- Leonardo Sinisgalli ed Edoardo Persico, che
lavorava con Giuseppe
Pagano a Casabella facendo della rivista lo
specchio critico del
razionalismo. Questi ultimi erano stati professori
di Nivola,
Fancello e Pintori all'ISIA, e con Pintori, nel
progetto di Pagano
e Marcello Nizzoli, anch'egli loro professore
all'ISIA, Nivola si
era occupato della parte pittorica per la facciata
scenografica della
Sala delle Medaglie d'Oro alla Mostra
dell'Aeronautica Italiana
di Milano nel 1934.
E
ancora, con Persico, Nizzoli, Fontana e Palanti,
Nivola stava
realizzando il Salone d'Onore, poi trasformato in
Sala della
Vittoria, della VI Triennale di Milano -
realizzata postuma per
Persico - dove era stato chiamato da Pagano per
numerosi contributi
pittorici in collaborazione con gli amici e
inseparabili colleghi
Fancello e Pintori.
Poco
dopo, in quella Milano dove viveva e lavorava – il
suo studio era
in corso Garibaldi - il 4 agosto 1938 Nivola
sposerà - con una
cerimonia semplice e con testimone, fra gli altri,
il futuro Nobel
per la letteratura Salvatore Quasimodo - Ruth
Guggenheim, già
profuga dalla Germania nazista e dal 1934 unica
allieva in una scuola
di soli ragazzi, compagna di corso nel periodo
degli studi all'ISIA di
Monza
dove si erano conosciuti, nonché amica di famiglia
degli Olivetti .
Proprio per gli Olivetti, grazie forse ai buoni
uffici della futura
moglie, ma anche per la segnalazione, insieme con
Fancello e Pintori,
all'attenzione di Adriano Olivetti da parte del
professor Aldo
Salvadori, dal 1936 Nivola era disegnatore e dal
1938 direttore
artistico, collaborandovi assieme allo svizzero di
formazione Bauhaus
Alexander “Xanti” Schawinsky. In seguito
collaborandovi inoltre
con Marcello Nizzoli che sarà dal 1938
all'Olivetti - disegnandovi
nel suo stile teso alla perfetta rispondenza tra
oggetto e funzione
macchine all'avanguardia, avendovi inoltre
ritrovato gli amici, già
colleghi di studi a Monza, Leonardo Sinisgalli e
Giovanni Pintori.
Quest'ultimo dirigerà poi l'ufficio milanese in
continua e
feconda collaborazione con Adriano Olivetti fino
al 1967, anno della
scomparsa dell'illuminato imprenditore di Ivrea,
imprimendo a
cataloghi, cartelloni, avvisi e pagine
pubblicitarie diffuse a scala
internazionale uno stile unitario e inconfondibile
nell'impiego di
una concezione avanzata del fotomontaggio.
Con
questi colleghi di studi e di lavoro, molti dei
quali amici, nella
breve e felice stagione milanese che continuava
nell'ufficio della
sede Olivetti di Milano in via Clerici Costantino
Nivola aveva il
compito di pensare e promuovere oggetti,
rispondendo a criteri sia
tecnologici che creativi. La nuova direttiva
imposta dal cambio al
vertice con l'avvento della carismatica figura di
Adriano - figlio
di Camillo, fondatore nel 1908 a Ivrea della prima
fabbrica italiana
di macchine per scrivere - “esigeva che tutto
l'aspetto visuale
dell'Olivetti fosse fatto a livello artistico” .
Molte e stimolanti le occasioni di confronto sotto
Renato
Zveteremich, direttore dell'Ufficio Pubblicità
Olivetti che
svolgeva la funzione di coordinatore in diretta
interazione con
Adriano Olivetti e con il quale, sostituito in
seguito da Leonardo
Sinisgalli, Nivola, Pintori e Fancello - quei
‘ragazzi sardi' che
studiarono insieme all'ISIA stringendovi una
profonda e duratura
amicizia - erano attivamente e proficuamente
collaborativi nella
vibrante ‘atmosfera Olivetti' di Milano. Con
Zveteremich Nivola
collaborerà assieme a Pintori e Fancello nel
1933-1935 per la Mostra
della Montagna a Torino realizzando una grande
parete a tecnica
mista, riporti fotografici e interventi di pittura
e scultura,
salutata da critica e pubblico come novità di
rilievo. Sempre con
Zveteremich sarà anche presente per i rilievi
fotografici agli studi
e progetti preliminari per il progetto del P.R.G.
della Valle d'Aosta
firmato dagli architetti del Gruppo BBPR - Gian
Luigi Banfi, Lodovico
Belgioioso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan
Rogers - formatisi nel
1932 al Politecnico di Milano e già esibitisi alla
Triennale del
1933, e, come anche Nivola a quella del 1936, alla
Mostra
del tessile a Roma, all'expo
di Parigi del 1937, pubblicata da “Casabella”, e
alla Nuova Fiera
di Milano del 1938 -
Casabella nel n. 127 riporterà un articolo con
foto d'interno del
padiglione FIAT alla Fiera di Milano – tutte
ampiamente celebrate
in “Domus”.
Erano
gli uffici Olivetti all'epoca un vero e proprio
crogiolo d'artisti
d'eccellenza e di idee innovative, nonché fulcro
della più vasta
e organizzata macchina pubblicitaria privata
dell'Italia coeva,
attiva non solo sul territorio nazionale ma anche
in Europa e in
America.
Da lì erano uscite, curate da Sinisgalli, Pintori
e Nivola, in
particolare per il “modello 42” nel 1936 e 1937 e
pubblicate
anche in “Domus”, geniali pubblicità in manifesti,
pieghevoli e
locandine eseguiti per produzioni Olivetti, aventi
per oggetto le
celebri macchine da scrivere, trattate come
preminenza assoluta
rispetto al contesto, mentre le raffinate vetrine
del negozio
Olivetti in Galleria a Milano ogni due settimane
cambiavano gli
allestimenti, attirando le persone in passeggiata
che andavano ad
ammirarle come in una mostra periodicamente
rinnovata.
Nivola
aveva anche realizzato con l'amico Fancello fra il
1936 e il 1938
un esteso pannello decorativo, vero e proprio
murale, per il negozio
Olivetti di Milano, che occupava l'intera parete
di fondo
dell'ambiente, estendendosi su un'area di 20 mq
circa. Il lavoro
venne riprodotto in “Domus” degli anni di guerra,
nel numero 174
del 1942, e presenta la veduta della piazza del
Duomo liberamente
elaborata e popolata di figure. Un pannello a
tempera su masonite di
concezione analoga al “disegno di racconto”, che
riprende alcuni
temi cari ai due amici: figure d'uomini e
d'animali in spazi
vastissimi di una landa scandita dalla presenza di
grandi tronchi e
monoliti, rifugio per cinghiali fancelliani,
insieme elementi
compositivi di una struttura spezzata nel ritmo da
pause di
straniamento, nella presenza di una fresca cromia
a fare da elemento
unificatore dove le forme sfuggono volutamente a
relazioni precise .
Fuggito
a Parigi nel 1938, lo stesso anno delle nozze,
all'emanazione delle
leggi razziali per proteggere la moglie Ruth,
Nivola era in seguito
approdato a New York. Nel 1940 era entrato come
art director a
“Interiors” - dove lavorerà per cinque anni - di
cui aveva
rinnovato la veste grafica ampliandone il raggio
di interessi
editoriali, e nel breve aveva accettato incarichi
per “You”,
bimestrale di moda e per “The New Pencil Points”
poi divenuta
“Progressive Architecture”. Qui Rudovsky lo aveva
preceduto nel
1942-43 in veste di direttore associato e grafico
mentre in
“Interiors” lo aveva seguito a stretto giro di boa
come art
editor nel dicembre 1945.
Nell'ottobre
1951 Gio' Ponti pubblicava in “Domus”, l'articolo
Fantasia
degli italiani. Tino Nivola,
riportandovi alcune delle ultime ricerche dello
scultore, fra cui un
murale e tre sculture realizzate con la nuova
tecnica del
sand-casting,
già da alcuni anni inventata sulla spiaggia di
Long Island e
perfezionata da Nivola nel corso dei lavori per il
giardino di
famiglia a Springs, sottolineandone il valore
“spaziale” e
“ambientale” .
Era l'anno in cui Porcinai collaborava con
Lodovico Barbiano di
Belgiojoso di BBPR, responsabile sia delle
architetture e design che
dei giardini per due residenze private per la
famiglia Riva,
facoltosi imprenditori lombardi. Subito dopo, era
il
1952, Porcinai riceveva l'incarico del progetto
del verde per il
vasto lotto sul golfo di Napoli in cui sorgeva uno
degli stabilimenti - per il quale dal 1951 era
stato designato a
progettista Luigi Cosenza - costruito
durante la presidenza di Adriano Olivetti ,
che nella
fusione
di management a interessi sociali e ricerca
estetica, con una
comunicazione aziendale concepita a livello d'arte
rendeva sempre
più la ditta di Ivrea un caso unico nell'industria
italiana.
Lo
stabilimento di Pozzuoli verrà poi inaugurato
nella primavera del
1954 con la grande celebrazione del
23 aprile alla presenza di Adriano Olivetti e
nutrita partecipazione
di autorità e pubblico, con visite, festeggiamenti
e rinfreschi
offerti,
e Porcinai continuerà a collaborarvi anche negli
anni successivi per
completare le piantagioni lavorando, sempre
insieme a Cosenza, anche
al progetto del verde per gli alloggi dei
dipendenti realizzati poco
lontano, dove si affiancherà
nel 1953 Marcello Nizzoli, già professore di
Costantino Nivola
all'ISIA di Monza e reduce dal successo del
disegno di uno dei
grandi prodotti Olivetti, la macchina da scrivere
“Lettera 22”
nel 1950, e che sarà responsabile delle colorature
degli edifici in
tinte pastello .
Nel
frattempo, nello stesso anno 1953, Nivola stava
realizzando negli
Stati Uniti, per quello stesso illuminato
imprenditore Adriano
Olivetti per il quale, giovane grafico, aveva a
lungo lavorato nella
Milano anteguerra, la sua prima importante
‘impresa
architettonica'. Un enorme pannello in gesso, una
monumentale
scultura murale a bassorilievo realizzata per lo
showroom Olivetti di
New York progettato sulla 5a strada
dallo stesso gruppo
italiano BBPR, già presenza vitale e sostrato
nutritivo di molti
giovani architetti e designers e linfa nei circoli
culturali milanesi
degli anni '30 e '40, che sia Nivola che Porcinai
avevano
frequentato. Fra i fondatori del gruppo, Nathan
Rogers era amico di
Le Corbusier - come intimo amico ne fu Nivola - e
Rogers fu anche
editore capo di “Domus” nel 1946 e 1947, divenendo
poi direttore
di “Casabella Continuità”.
In
cemento policromo colato su sabbia e realizzato
con la straordinaria
nuova tecnica a stampo inventata da Nivola, il sand-casting,
dando forma in negativo a quanto esistente di
amorfo in natura in una
sorta di “Earth Art” ante litteram ,
il bassorilievo del negozio Olivetti di New York
era grande da
mozzare il fiato. Per la prima volta un rilievo
non era appeso al
muro, ma era esso stesso il muro - rivelando il
futuro Nivola come
“scultore di architetti”, così a Richard Stein
piacerà più
volte definirlo – ed era perfettamente visibile
nella sua piena
estensione dai cristalli della grande vetrina
sulla strada. In uno
spazio trasformato a sorta di teatro, vibrante di
intensa dinamicità
e concepito come “un antro tecnologico, le
macchine da scrivere
erano disposte su piedistalli di marmo verde in
guisa di stalagmiti
litiche, emergenti con andamento ondoso dal
pavimento, mentre lampade
colorate pendevano dal soffitto blu e fluttuavano
nell'ampio vano
espositivo dominato da una grande ruota di ferro
adibita a mensola”
.
Qui l'opera di Nivola, estremamente ambiziosa,
appariva quasi
un'immagine totemica, una lunga sequenza di
elementi figurativi in
avvicendamento senza soluzione di continuità.
Attraeva in visita
migliaia di persone che percorrevano in su e in
giù la Quinta
Strada, e che lo resero da subito l'argomento di
cui si parlava in
tutta la città .
Rimane ad oggi una delle realizzazioni più
significative di Nivola
dove il sand-casting,
ormai perfezionato, gli permise di lavorare per la
prima volta nelle
grandi dimensioni, tributandogli un successo
sensazionale che lo
renderà acclamato e famoso. La celebrità e i
riconoscimenti
sopraggiunti contribuirono senza dubbio a spingere
l'artista a
proseguire sulla strada intrapresa, suggerendogli
di dedicarsi alla
decorazione integrata all'architettura .
Incrociatisi
dunque con ogni probabilità nel milieu milanese da
entrambi
reiteratamente intercettato e conosciutisi in
conseguenza alle comuni
frequentazioni perlomeno dai primi anni '50,
ammirati l'uno
dell'altro, Porcinai e Nivola divennero ben presto
amici. Al 1964
risale il primo contatto epistolare documentato -
che già riportando
modalità sciolte e amicali ben evidenzia una
familiarità da tempo
consolidata - l'ultimo al 1984, e del dicembre
1980 è una
affettuosa esortazione di Nivola a Porcinai.
Rientrato negli Stati
Uniti dopo un soggiorno nella sua tenuta in
Toscana, lo scultore
scriveva all'amico in risposta ad alcune
preoccupate esternazioni
circa la salute, aggiungendo: “spero che il tuo
cuore-d'oro si
stia comportando come si deve. Sempre nel futuro,
come le colline e
gli olivi voglio ritrovare te in Toscana
altrimenti mi rifiuto di
fare il viaggio” .
Quelli fra Pietro Porcinai e Costantino Nivola
furono dunque incontri
amicali e professionali che nel volgere di un
ampio lasso temporale
coinvolsero i due professionisti in un dialogo
entusiastico di
progetti e cooperazione. Una affinità di fervori e
intenti per due
personalità vigorose, accomunate dalla passione
per il proprio
lavoro. Ancora dopo anni, nel gennaio 1980, Nivola
scriveva a
Porcinai righe dense di vitalità, umanità e
indefessa ricerca
artistica nell'occasione di un imminente ritorno
in Italia nella
tenuta di Dicomano dove “ho anche in mente, dopo
il soggiorno in
Sardegna, quando la stagione lo permetterà (…) di
campeggiare in
una delle case. Magari portandomi provvista di
pane e formaggio, un
secchio di calce viva e un barattolo di
ultramarino blu. Imbiancare
gli interni con questo, unirli con una fascia di
quel colore, e
chiedermi di che cosa d'altro ho veramente
bisogno. In altre parole
viverci per qualche tempo per capire. Durante quel
periodo, prima o
durante quel periodo di prova, mi farò vivo con
te”, aggiungendo
poco dopo “ho dato il tuo nome e indirizzo a un
amico che è
preside del reparto di architettura alla
University of California in
Berkeley C. In quella università in questi ultimi
anni ho insegnato,
e trascorso piacevolmente i tre mesi invernali in
quel clima
delizioso. Ho pensato che forse ti interesserebbe
venire anche tu
come visiting professor in quella stagione. Il
reparto di
architettura del paesaggio sarebbe fortunato di
averti” .
Seguirà una delle tante riunioni degli amici a
Dicomano il 19 luglio
1980 e poi un contatto per Nivola con la Syracuse
University di
Firenze offerto da Porcinai. Se numerose erano già
state in passato,
ancora si condensavano dunque le opportunità di
scambio e
collaborazione in quello che era un terreno di
incontro fra le due
professioni, un ambito che nella comune
sensibilità e interesse
affiancava ispirazione e progetto, paesaggio e
scultura, e che vedeva
i due amici, già settantenni, meravigliosamente
vitali e attivi
nella reciproca sollecitudine e fattiva
collaborazione.
Risaliva
ad una lettera di ben 15 anni prima, datata 28
maggio 1965, una
esternazione di Porcinai che rimarcava questo
peculiare legame: “sono
fissato all'idea che i buoni paesaggi debbono
essere opera non
soltanto di ingegneri e architetti ma anche di
tutti gli artisti; e
quindi anche gli scultori. Ed è per questo che con
la mia lettera,
sia pure sommaria, ti avevo accennato ad un lavoro
da attuarsi
possibilmente in comune (…) realizzare, grazie
alla pala meccanica,
delle composizioni plastiche da abitare e vedere
dalla finestra delle
grandi costruzioni. Grazie ai nuovi mezzi
meccanici queste opere
avrebbero il vantaggio di costare pochissimo e di
essere di grande
effetto” .
Alcuni
giorni prima Nivola si era dichiarato felice di
collaborare con
Porcinai ad un “progetto che includesse la
scultura e il
landscape”. Ammirando l'inesauribile energia del
paesaggista
toscano scriveva inoltre: “La faccenda è che in
questo paese (come
tu saprai) la specializzazione nelle attività è
quasi generale.
Come scultore a me aprono lavori di scultura:
anche se questi li devo
fare tenendo conto del disegno architettonico e
del trattamento del
paesaggio. È vero che in parte sono stato io
stesso a voler limitare
il mio intervento solo alla parte scultura, questo
l'ho fatto un
po' per pigrizia, ma anche perché conosco le mie
limitazioni nel
campo organizzativo. Se mi permetti un consiglio,
penso che la
miglior cosa da fare: se vuoi stabilire dei
rapporti di lavoro qui e
di venire per visita oppure per insegnare in
qualche università, o
per fare delle conferenze. Questo non mi sembra
difficile. Tanto io
come gli amici qui e in Italia, Ernesto Ragno e
Parentini, possiamo
molto aiutarti. In questo modo avresti ampie
occasioni di incontrarti
personalmente con quelle persone (architetti,
ecc.) che sono
responsabili per il disegno dei molti lavori che
si stanno eseguendo
in America. Sono certo che con la tua reputazione,
esperienza e
Charming personality la visita, oltre che a
costituire una esperienza
interessante, non sarebbe inutile” .
Si
trattava quindi di un invito di collaborazione che
abbracciava
evidentemente un progetto più ampio. Un progetto
di cui Porcinai
aveva già fatto partecipe l'amico all'inizio dello
stesso anno,
cioè di “estendere, senza abbandonare Firenze,
l'attività oltre
frontiera e oltre mare”, proponendo a Nivola di
potersi appoggiare
a lui per il lavoro di Landscape Architect negli
Stati Uniti. Nivola
gli aveva infatti confidato pochi mesi prima la
sua soddisfacente
situazione lavorativa: “Qui in America mi sono
comodamente
ambientato. Posso scegliere tra le molte offerte
di lavori quelli che
più mi interessano, ogni tanto divento anche ricco
per qualche
tempo. In quei periodi naturalmente, divento
pigrissimo, se faccio
sculture queste sono piccolissime, toccate appena
con la punta delle
dita” .
La situazione italiana era riportata con alquanto
disincanto da
Porcinai che rispondeva: “Come saprai, in Italia
anche i grandi non
possono più permettersi questo lusso perché la
situazione economica
è talmente preoccupante che gli architetti più
grandi - proprio
perché sono grandi – al pari dei dinosauri saranno
i primi a
scomparire”. Da qui dunque la proposta: “saresti
disposto ad
appoggiarmi per un'attività negli U.S.A.? Dove e
nel caso ti
manchi la collaborazione di un Landscape
Architect, potrei
intervenire io, per lavori modesti; preparerei il
lavoro in Italia in
base a fotografie, piani e disegni, mentre per i
lavori più
importanti potrei venire fin costà” . Porcinai chiedeva inoltre all'amico
Costantino di contattare
Umberto Innocenti, che risiedeva non lontano da
lui e del quale,
sapendolo prossimo a ritirarsi, pensava di
rilevare lo studio di
Landscape Architecture e su questa base iniziare
una collaborazione
in loco con Nivola .
Le
cose ebbero comunque un seguito, anche se il
progetto di studio
professionale negli Stati Uniti non riuscì a
decollare per Pietro
Porcinai. Si mantenne l'amicizia e i periodici
aggiornamenti sulle
reciproche attività, non mancando proposte di
lavoro in Italia per
Nivola ed un concreto invito come Visiting
Professor negli Stati
Uniti per Porcinai.
In
quegli anni Nivola viveva prevalentemente a New
York. Presentatasi
l'occasione di viaggiare oltreoceano, fino in
Canada, avendo il
paesaggista ricevuto nel 1965 un invito e
biglietto aereo dal comune
di Edmonton, Alberta, “per problemi inerenti il
Landscaping di quei
paesaggi, ivi compresi Landscapes notturni” e
nell'occasione
organizzandosi per il coevo progetto che stava
curando poco lontano
per Peter Batoni
- e per il quale Porcinai anticipava a Nivola di
volerlo proporre al
cliente per collaborazione artistica - sorse
spontanea l'idea di un
incontro dei due amici a New York nella prima
quindicina di giugno di
quell'anno.
Nel
ringraziare successivamente l'affezionato Nivola
per la “cordiale
amichevole accoglienza e (…) ospitalità” ricevuta,
Porcinai non
mancava di accennare alla possibilità di
ricambiare, invitandolo con
la consorte a soggiornare a Fiesole presso la
foresteria di Villa
Rondinelli. Il ricordo ritornava a quelle che
dovettero essere due
giornate di intense visite e presentazioni a
personalità di spicco
che nella New York coeva l'amico, scultore famoso
e acclamato,
ormai riconosciuto nella sua onorifica,
incontestata posizione da
protagonista sulla scena artistica contemporanea,
gli aveva
organizzato, fra cui forse un incontro con Marcel
Breuer .
Aggiungeva infatti: “ti prego volermi scusare
presso i tuoi per
averti tolto due giorni a loro. Sono molto lieto
di questa occasione
che mi è stata data di incontrarti nell'ambito
americano che ti
sei saputo creare” .
La
stima e la gratitudine sfociarono anche
successivamente in concrete
proposte. Nel 1966 Porcinai segnalava Costantino
Nivola alla Esso per
la realizzazione di una “composizione scultorea nel
paesaggio”, specificando come “si tratterebbe di
armonizzare 6
grandi serbatoi cilindrici di 70 metri di
altezza e del diametro di
70 metri (…) per un impianto di gassificazione
di metano liquefatto
di provenienza africana. L'impianto dovrebbe
sorgere in mezzo al
mare e sembrare (su mia proposta) come una
grande scultura
sull'acqua”.
L'anno
successivo gli comunicava di volere includere
nel suo volume
“Giardini d'occidente e giardini d'oriente” di
prossima
uscita in lingua italiana e inglese, anche una
sua opera, accanto a
realizzazioni di Burle Marx e Noguchi,
proponendo di “pubblicare un
tuo giardino (quello di casa tua a Long Island
oppure la tua piazza a
New York)” e chiedendo contestualmente l'invio
di alcune
fotografie. La scelta cadde in seguito sulla
Stephen Wise Recreation
Area, realizzata da Nivola nel 1962 in
collaborazione con
l'architetto Richard Stein, con il quale fra il
1965 e il 67
realizzerà anche la piazza Sebastiano Satta a
Nuoro. La didascalia
in calce riporta “giardino pubblico per ragazzi.
New York USA”, e
nel testo Porcinai citava l'amico come
“l''italiano
Costantino Nivola, scultore e artista noto e
apprezzato in tutto il
mondo. Col giapponese Noguchi è uno dei migliori
rappresentanti
dell'architettura del giardino nord-americano.
Nella foto, un
giardino “scolpito”, caratteristico esempio di
moderna e
fantastica stilizzazione. Questo è un giardino
senza età, che
diverte bambini e adulti, come ogni problema
d'arte felicemente
risolto” .
È
interessante notare che gli stessi due nominativi,
Costantino Nivola
e Isamu Noguchi, verranno segnalati l'anno
successivo da Pietro
Porcinai - già membro della commissione
internazionale istituita
dall'UNESCO per valutare il progetto del
trasferimento dei templi
di Abu Simbel in Egitto al fine di preservarli,
per la programmata
costruzione della diga di Assuan – allo studio di
ingegneri e
architetti svedesi VBB - Vattenbyggnadsbyran,
affidatario del
progetto. Nel 1963 dunque, sospendendo la modalità
amichevole e
accostandosi a una terminologia più ufficiale,
Porcinai scriveva a
Nivola “l'ho fatto soprattutto per la stima che ho
delle Sue
capacità e per l'ampiezza delle Sue vedute” .
La calorosa risposta dello scultore riportava i
più sentiti
ringraziamenti e assicurava la propria
disponibilità, permanendo in
seguito il grato ricordo per l'entusiasmante
esperienza egiziana
più volte rievocata. Nivola tenne costantemente
informato Porcinai
degli sviluppi e delle proposte presentate, che si
concretizzeranno
in tre distinti progetti sottoposti alla
commissione UNESCO, di cui
uno, realizzato, vedrà i lavori ultimati nel 1968.
Altre ipotesi di
collaborazione, presentate da Porcinai a Nivola
l'anno successivo
per la cappella e la villa degli Zegna a Trivero e
per Villa Doney a
San Michele di Pagana non sfoceranno invece in
qualcosa di concreto.
Nel
1974 Porcinai chiedeva ancora la collaborazione
di Costantino Nivola
per il lavoro in un complesso residenziale a
Montecarlo il Complex
Immobilier Des Spélugues, commissionato dalla
Neue Heimat di Amburgo
per l'Hôtel Loews di New York e di proprietà
dell'Immobiliare
Societé Hotelière Monegasque, nel quale era
coinvolto per la parte
paesaggistica, affiancando gli architetti Jean
Ginsberg, Herbert
Weisskamp e Jean e Jose Notari, e dove era
richiesta una scultura per
la terrazza a giardino prospiciente la sala
congressi .
La proposta di Nivola sarà quella di più
sculture in alluminio
policromo, “non meno di 7, meglio 9, e magari di
più”, tutte
alte circa due metri e disposte a forma di
“simposium o danza
cerimoniosa terapeutica”
nel grande spazio esagonale. Nel 1980 ancora
Gerda Gollwitzer,
architetto paesaggista e autrice, faceva pervenire
per il tramite di Porcinai un invito a Nivola ad
esporre le sue opere
in Germania, a Düsseldorf ,
ed egli a sua volta scriveva a Porcinai “ho dato
il tuo nome a un
amico che è preside del reparto di architettura
alla University of
California in Berkeley Ca. (…) Il nome
dell'amico è Richard
Bender. Al presente si trova a Roma,
trascorrendo due mesi
all'Accademia Americana. Se verrà a Firenze sono
certo che
cercherà di vederti” .
A ottobre 1984 ancora Nivola raccomandava
l'amico Dan Kiley,
prossimo ad una visita a Firenze – e che in
seguito contatterà
personalmente il paesaggista italiano –
all'attenzione di
Porcinai per un incontro fiesolano nelle date
del suo soggiorno in
Italia .
Al
volgere degli anni '70 Porcinai aveva affiancato
l'amico Nivola
nell'acquisto di una proprietà in Toscana e il
29 luglio 1970 gli
inviava alcune fotografie augurandogli, a
seguito del sentimento
entusiasta già esternato dallo scultore per lo
spirito dei luoghi
appena acquistati, “di poter trarre da questo
ambiente nuove
ispirazioni per l'arte tua che essendo autentica
è anche di ieri e
di domani e pertanto continuatrice di nobili,
indistruttibili
tradizioni” .
Era una lettera che faceva seguito a un
sopralluogo che i due amici
avevano fatto insieme poco tempo dopo il rogito
- 30 aprile 1970 - in
quello che Nivola considerava il ‘mio rifugio a
Dicomano', un
luogo di ‘solitudine in cima al mondo' lontano
da rumori e
clamori, dove nessuno lo conosceva e dove,
favorito dall'anonimato
di persone e paesi, riposava mente e spirito
traendo ispirazione
creativa nell'incanto delle splendide colline.
Il recente acquisto
era una vasta proprietà con suggestivo
agglomerato di edifici rurali
ed estesi terreni con oliveti e vigneti - che
Nivola restaurerà e
molto incrementerà - in splendida posizione
panoramica nel Mugello.
Riconoscente, lo scultore rammentava in seguito
all'amico: “ripenso
con piacere alla gita (…) con la tua gradevole
compagnia. Per
questo e per altri segni di solidarietà e
amicizia ti sarò sempre
grato. Naturalmente ci tenevo molto alla tua
approvazione della
scelta del mio futuro rifugio in Italia. Anche
perché mi piace
considerarti fra i migliori cittadini di
Firenze. La conquista di
Colle sopra Colle mi ha ridato nuove energie,
tanto che in questo
breve periodo dopo il ritorno qui ho potuto
realizzare una quantità
considerevole di lavoro (…) sono molto ansioso
di tornare a
Dicomano per iniziare i lavori di restauro dei
borghi” .
Ai
contatti epistolari più amicali si aggiungeva il
costante
aggiornamento che Nivola rivolgeva allo studio
Porcinai spedendo
inviti ed opuscoli di eventi relativi alla
propria attività
artistica, come le due personali tenutesi a Roma
nel
febbraio 1973 presso la galleria Marlborough e a
New York, tra il 30
ottobre ed il 22 dicembre 1984 presso la Washburn
Gallery dal titolo
“Sardinian Widows”. A Roma Porcinai riuscì a
vedere la mostra
solo il giorno successivo alla partenza di Nivola
dall'Italia,
scrivendo poi all'amico: “Mi congratulo per questo
nuovo aspetto
della tua visione poetica e ti auguro di potere
continuare a
‘scrivere al mondo' da Dicomano o dagli Stati
Uniti tante altre
belle pagine” .
L'ultima
fase della corrispondenza fra i due amici
riguardò prevalentemente
la vendita della proprietà di Dicomano, che su
richiesta di Nivola
fu oggetto di premurose attenzioni da parte di
Porcinai per il
tramite dello staff di studio nella persona
dell'architetto Gianni
Medoro. Si trattò quindi necessariamente di
comunicazioni funzionali
alla mediazione con i clienti interessati, ma i
contatti del periodo
traspirano tuttavia un'emotività preziosa a
comprendere gli stati
d'animo e la situazione contingente. Problemi di
salute di entrambi
connotano la corrispondenza di reciproche
richieste di aggiornamenti
e affettuosi incoraggiamenti, e orientano Nivola
- che nel maggio
1984 scriveva “…spero di venire in autunno, se
la salute me lo
permette. Questa signora salute come tu sai alla
nostra età è
piuttosto capricciosa (…) spero che la tua
salute sia buona” ,
pur rimarcando in una successiva lettera del 18
ottobre “la salute
è alquanto migliorata, almeno così sono tentato
di credere. A un
certo punto anche le proprie malattie vengono a
noia e si finisce col
ignorarle o con abituarsi (sic)”
- a chiudere ad un certo punto situazioni
impegnative a distanza e a
consolidare il proprio desiderio di lasciare,
verso la fine della
vita, una tangibile traccia della propria arte
nella sua terra
natale, la Sardegna. Da qui la decisione di
vendere la proprietà di
Dicomano, chiedendo aiuto all'amico, rivelatosi
già così prezioso
in fase di acquisto.
A
quanto emerge dalla corrispondenza una prima
porzione della proprietà
era già stata vincolata a vendita nei primi anni
'80, e il Nivola
scriveva all'amico Pietro informandolo in
generale “A Berkeley è
molto di moda l'architettura del paesaggio, la
tua nobile
professione. Forse si spera che questa arte
serva da baluardo contro
i distruttori del verde”, chiedendo premuroso
riguardo alla sua
condizione fisica: “Mi chiedo spesso come va la
tua salute.
L'ultima volta che ci siamo visti mi dicesti che
ti eri stufato di
preoccupartene, e che era meglio così”, e
chiedendogli inoltre di
procedere anche per la vendita della parte
residua della proprietà:
“In questi ultimi anni mi sono abituato a
considerarti oltre che
amico anche vicino di casa. L'amicizia rimane,
ma la vicinanza di
casa in Toscana è scossa dalla decisione di
vendere la proprietà,
cioè anche la seconda casa col terreno. Lo dico
a te prima di tutti,
con la speranza di venderla a persona che
apprezza la bellezza del
posto. Sono disposto di darla (sic) anche per
poco. Consigliami te.
(…) Io verrei per concludere la vendita se
possibile in autunno, e
starei un po' in Italia per tradurre il ricavato
della vendita in
altre sculture in travertino e altri marmi
preziosi. In altre parole,
per spendere i soldi frivolosamente (sic). Anche
se mi sento
disertore lasciando Colle, Dicomano. Ti prometto
di non ripartire
senza rivederci, magari più spesso”, terminando
con un augurio di
buona salute e buon lavoro .
Qualche tempo dopo partiva la risposta di
Porcinai che prometteva di
occuparsene, riscrivendo poi a fine settembre
per comunicare di avere
trovato un acquirente .
Il 25 ottobre la missiva di Nivola riportava
ancora condizioni di
salute tutt'altro che positive: “no, la mia
salute non va molto
bene. Al presente sto (…) facendo una cura di
raggi (…) le
possibilità di guarigione non scoraggianti,
dicono” aggiungendo
inoltre “a meno che non avvenga una miracolosa
rinascita io penso,
salute o no, che l'esperienza di Dicomano sia
cosa del passato. Mi
consolerebbe però sapere che qualche persona che
come noi ha visto e
ammirato la qualità speciale del luogo diventi
il vero proprietario”
.
Nel marzo 1984 Nivola scriveva ancora a Porcinai
riportando le
proprie pessime condizioni di salute e
aggiornandolo genericamente
“grandi dibattiti qui: fra architetti, moderni e
post moderni penso
che sia lo stesso in Italia” .
Riguardo alla vendita della sua proprietà
toscana si prendeva un po'
di tempo per valutare le offerte ricevute,
programmando di
“venire in Italia in autunno magari per tradurre i
soldi della
vendita in sculture di marmo da lasciare in
Sardegna” .
Non molto tempo dopo comunicava a Porcinai in una
lettera datata 11
maggio 1984 “mi ha telefonato la signora che vuole
comprare la casa
a Colle Dicomano. Ho detto di sì (...) ti sono grato per aver trovato una persona simpatica per abitare la casa a Colle”.
A
qualche anno prima, precisamente al 25 settembre
1981 risaliva quella
missiva che Nivola indirizzò a Pietro Porcinai
inviandola proprio da
Dicomano dove, appena arrivato da New York -
previo un breve
soggiorno in Sardegna – villeggiava in serena ma
intensa creatività
artistica nell'amata proprietà sulle colline
toscane. L'argomento
era la descrizione e disegno di un progetto di
pavimentazione per una
piazza non specificata da Nivola ma nominata ma da
Porcinai in
riferimento a Zoagli. Si trattava della vivace
risposta dell'artista
alla richiesta dell'amico Porcinai cui descriveva,
con esplicativo
schizzo a mano tracciato in calce, una possibile
soluzione
compositiva. La lettera, ricevuta il 28 dello
stesso mese, si
riferisce con ogni evidenza al progetto per la
“piazza comunale di
Zoagli” - come da cartigli delle tavole di studio
- che in
quell'anno lo Studio Porcinai stava portando
avanti
(Fig. 1)
Fig. 1 - Costantino Nivola, Lettera a Pietro Porcinai
con la proposta di progetto per la piazza
del comune di Zoagli, 1981
inchiostro su carta, 26 x 19 cm. ca., APPF
(Foto cortesia Claudia Maria Bucelli)
La richiesta di alcune proposte di progetto era
pervenuta in modalità
informale dal consiglio comunale che aveva inviato
alcune tavole di
rilievo - uno stato di fatto e un'indagine
conoscitiva, nonché una
precedente ipotesi di progetto in eliocopia a
scala 1.200 che
prevedeva parcheggi e ampia area con altifusti e
cespugliose
affiancate a sedute semicircolari con esteso
tappeto erboso
intervallato da piazzole e sentieri acciottolati -
e di una foto
aerofotogrammetrica del comune di Zoagli spedita
“a seguito di
accordi verbali intercorsi”, proprio il giorno
dopo, 26 settembre,
con preghiera del Sindaco “di volerla restituire
al termine
dell'uso” .
Al
24 settembre 1981, dunque subito prima, risaliva
invece un contatto
telefonico fra Porcinai e Nivola che con ogni
probabilità si
parlarono al telefono anche il 25 successivo, come
accennato nella
missiva sopra citata e nella nota di segreteria.
Riferendosi alla
tridimensionalità di “scultura su di un pavimento
di ciottoli
bianchi e neri” forse Nivola rievocava una
soluzione a richiamo dei
suoi lavori di sand-casting,
la tecnica di rilievo modellato in negativo sulla
sabbia, matrice di
protuberanze scultoree ottenute con gettata di
gesso o cemento, da
cui scaturirono le sue maggiori realizzazioni
pubbliche. Questo
probabilmente poté essere evocato per Zoagli, in
una superficie non
verticale ma orizzontale, tuttavia forse
affiancata nell'affiorare
della tridimensionalità, in evocazione delle
formelle in terracotta
della “Serie Spiagge”, definite “spazio di libertà
e di
scambio, spazio di giochi infantili, spazio di
contemplazione e
meditazione”
dove “il teatro della vita, del gioco e del mito
mette in scena
immagini che dialogano fra loro e invitano lo
sguardo a una nuova
ricognizione”
sulla superficie che affianca le onde del mare
alla morbidezza della
sabbia in leggera tridimensionalità e dove la
veduta zenitale
trasforma, come nella costruzione del disegno
della piazza urbana,
l'osservatore nell'occhio di Dio, permettendogli
nella fruizione
dello spazio la comprensione in lettura razionale
del disegno
zenitale.
La
modalità a bassorilievo e altorilievo, ricerca
dell'integrazione
all'architettura nel caso specifico della piazza
urbana evocano la
necessità di trovare soluzioni tecniche per
riuscire a far vivere
organicamente la superficie inserendovi la
scultura non come aggiunta
esteriore o semplice ornamento. Forse proprio
questa fu la scia alla
quale artisticamente si ancorava la piazza di
Zoagli, in qualche modo
paragonabile nell'intuizione artistica a uno dei
murali di Nivola,
ma dispiegata in orizzontale, come il sand
casting, che nella
prima fase creativa era preparato a terra, appunto
in orizzontale. E
in seguito forse proprio i costi eccessivi che
materiali e
tridimensionalità di alcune parti della proposta
artistica avrebbero
comportato furono il motivo, pur nella
semplificazione presentata da
Porcinai, della rinuncia da parte
dell'amministrazione comunale.
Solo
successivamente, occupandosi due anni dopo del
sagrato della chiesa
di Zoagli e lasciandosi ispirare da quanto
preventivamente presentato
in collaborazione con Nivola, ancora amicalmente
presente anche in
questo secondo progetto con telefonate e contatti,
chiacchierate e
reciproci scambi - come specificato da Gianni
Medoro che era il
responsabile di studio per quel lavoro – Porcinai
potrà tradurre
l'esperienza di progetto elaborato in
collaborazione a Nivola
traducendolo architettonicamente nella sua
realizzazione finale. Si
attuerà così la concretizzazione, finalmente, in
lastricatura
bicroma di acciottolato nella modalità dell'antico
pavé ligure,
del progetto pensato insieme all'amico.
Il
disegno del primo progetto presentato per Zoagli,
quello della
pavimentazione per la piazza comunale venne
realizzato per lo Studio
Porcinai dall'architetto Adriana Manzoni in scala
1.200 in due
soluzioni distinte che risalgono al 1981.
Una,
la “I
soluzione piazza” n. 2048/1, datata 1.12.81
(Fig. 2),
Fig. 2 - “I soluzione piazza” prodotta dallo
studio Porcinai per la Piazza del Comune di Zoagli, 1981
china su lucido, 84 x 59 cm. ca., APPF
rielaborazione grafica Claudia Maria Bucelli
(Foto cortesia Claudia Maria Bucelli)
con lungo elemento ondulato quasi a dorsale di
spina pesce che
si dispiega sinuoso e da cui si dipartono come
costole laterali linee
arcuate e ondulate a regolare lo spazio sui due
lati,
risalendo dalla spiaggia fino al sagrato della
vicina chiesa di San
Martino. In aggiunta, verso il litorale, sagome di
barche attraccate
in prossimità della battigia e davanti un'area
rettangolare a
doppio filare alberato, quasi al centro della
piazza. L'altra, la
“II
soluzione piazza”, n. 2048/2
(Fig. 3),
sempre datata 1.12.81 ,
Fig. 3 - “II soluzione piazza” prodotta dallo
studio Porcinai per la Piazza del Comune di Zoagli, 1981
china su lucido, 84 x 59 cm. ca., APPF
rielaborazione grafica Claudia Maria Bucelli
(Foto cortesia Claudia Maria Bucelli)
in raffinata grafica di onde stilizzate che
allargano in ampiezza,
rarefacendosi e incuneandosi dinamicamente nello
spazio urbano- quasi
un invito a entrare per poi sostare nella piazza -
man mano che si
allontanano dalla battigia, nei pressi della quale
un incremento di
densità decorativa avrebbe dovuto arricchire il
tema marino come da
disegno di Costantino Nivola – evidentemente
semplificato da
Porcinai – pur sempre riportandovi le sagome di
barche arenate
nell'area più vicino al mare e con accanto il
doppio filare di
alberi.
Era,
quest'ultima, la soluzione che maggiormente si
avvicinava al moto
decorativo e scultoreo suggerito dall'amico
Nivola. Una
continuità
poetica fra terraferma, spiaggia e mare, da cui si
amplia in
raffinato disegno di moto ondoso stilizzato lo
spazio della piazza, esaltato dalla sinuosa
decorazione, verso il
palazzo comunale e prospicente loggiato,
incuneandosi anche più
indietro, a salire lungo il corso e verso la
chiesa di San Martino.
Una vera e propria celebrazione della ricchezza
dei doni delle acque,
riportata in frase significativa dal celebre
scultore, che nella sua
lettera aveva annunciato all'amico Pietro: “ho una
idea credo
buona per la piazza”, descrivendo subito sotto, in
veloce schizzo,
quanto tradotto molto espressivamente anche in
parole: “un vomito
di prodotti del mare nella piazza: sirene, pesci,
nettuni, ecc. in
scultura su di un pavimento di ciottoli bianchi e
neri a disegno di
ondine sulla sabbia” .
La continuità ideale del progetto con il mare e la
connessione alla
terraferma con la presenza dell'abbondanza
riversata dalle onde
sulla battigia da cui idealmente, fisicamente,
quotidianamente, nella
realtà e nel mito, scaturiscono i protagonisti
della soluzione
artistica, veniva dunque fortemente sottolineata
dallo stesso Nivola.
Egli citava anche le sagome nere, le “barche”,
collocate in
limitare, presso la battigia, vicino al mare: un
evidente richiamo
alle barche che fin tempi antichi, e sempre,
allora come ora, al
termine della pesca venivano tratte al sicuro
fuori dall'acqua dai
pescatori e trascinate sulla spiaggia.
Sulla
proposta dell'amico Nivola dunque, scaturiva la
traduzione di
studio delle due ipotesi applicative di Porcinai -
pur rielaborate e
semplificate in bidimensionalità e ridotte in
numero di dettagli -
delle quali la seconda sarà caldeggiata e
presentata in montaggio
aerofotogrammetrico al comune di Zoagli nonché in
due prospettive
volte ad esaltare l'elegante disegno della
pavimentazione.
All'artistica soluzione a terra era previsto in
entrambe le ipotesi
di affiancare alte palme - una soluzione cara a
Porcinai in quei
luoghi, come già proposta per l'Hotel Bristol –
collocate presso
i piloni del ponte ferroviario per ridurne il
drammatico impatto,
arricchendo inoltre lo spazio circostante con
aggiuntive piantagioni
a creare aree di sosta ombreggiate e
caratterizzando l'area
centrale con l'ampio rettangolo a doppio filare
alberato.
Lo
Studio Porcinai aveva prodotto anche due vedute
prospettiche a china
su lucido per meglio illustrare il progetto. Una
dall'estremità
della piazza opposta al mare, quindi verso la
spiaggia, con ben
evidente, oltre all'andamento curvilineo delle
linee nere della
pavimentazione su sfondo bianco, il taglio della
linea ferroviaria e
le arcate della sopraelevata che volumetricamente
incombe sullo
spazio della piazza, e con i palmizi disposti
presso i piloni.
L'altra con i ricchi particolari della
pavimentazione nei pressi
dell'attracco delle barche in riva, dove le
sinuose linee nere su
fondo bianco - il maroso che entra incuneandosi
oltre la spiaggia –
ancora più evidenziano davanti al doppio filare di
alberi le sagome
nere delle barche che richiamano quelle del
porticciolo dirimpetto e
il motivo delle imbarcazioni tratte dai pescatori
sulla battigia (Figg. 4 e 5).
Fig. 4
Figg. 4 e 5 - Le due vedute prospettiche della proposta di progetto
per la Piazza del Comune di Zoagli, realizzate a china su lucido
dallo Studio Porcinai con l'andamento curvilineo a onde diseguali
disegnate dalle linee di ciottoli neri su sfondo bianco, e con l'aggiunta
verso la battigia, delle sagome di ‘barche’ spiaggiate, 1981
84 x 59 cm. ca., china su lucido, APPF
rielaborazione grafica Claudia Maria Bucelli
(Foto cortesia Claudia Maria Bucelli)
Questa
proposta di progetto non pervenne tuttavia, come
già specificato, ad
essere tradotta in realtà.
Il
tema delle onde del mare, in disegno più
geometricamente uniforme,
serrato e stilizzato, ricomparirà anche nel
secondo progetto
presentato, quello per il sagrato di
Sant'Ambrogio. Un radex e
quattro eliocopie – definitiva soluzione poi
realizzata - inviate
fra maggio e giugno 1984 da Porcinai ad Angelo
Sacco e relative al
progetto di pavimentazione successivamente
proposto a qualche
chilometro di distanza, “dopo quanto deciso in
occasione del nostro
incontro sul posto del 10 marzo” .
È
il 1984 infatti l'anno in cui si concretizzano
finalmente gli
sforzi progettuali verso la riuscita finale del
progetto del sagrato
della chiesa di Sant'Ambrogio a Zoagli. Da
mittente Impresa Edile
Angelo Sacco, vicesindaco del comune di Zoagli
erano state inviate
allo Studio Porcinai un anno prima, il 10 maggio
1983 ,
le foto dello spazio davanti alla chiesa con
alcune aggiuntive
riprese delle aree attorno, accompagnate da una
planimetria quotata
dell'intero sagrato con indicazione degli accessi
all'area e
all'edificio ecclesiastico e due proposte di
“progetto di massima
per la nuova pavimentazione del sagrato”, in scala
1:50, risalenti
al 1974. Un precedente tentativo di pavimentazione
rimasto
evidentemente sulla carta, che offriva due diverse
soluzioni di
ispirazione storicizzante rievocando stile e
cromia affini alla
tonalità materica della settecentesca chiesa di
San Martino,
ricostruita dopo le distruzioni dell'ultima
guerra. Una delle due
ipotesi suddivideva la piazza dal centro in
trapezi arricchiti da
decorazioni a motivi floreali di broderies,
l'altra proponeva un
motivo uniforme di piccoli quadrati reiterati,
suddivisi in diagonale
e distanziati da fasce separatorie con decorazione
a ventaglio
davanti alla porta d'ingresso della chiesa.
Entrambi i progetti
risolvevano l'irregolarità del sagrato con una
semplice
perimetrazione a fasce di diversa geometria e
profondità in lastre
lapidee perpendicolari al cordolo circuitale .
Contatti
fra lo Studio Porcinai e Angelo Sacco
programmarono vari incontri fra
il Professore e il titolare dell'omonima impresa,
cui seguono invii
di progetti di massima da parte di Porcinai. A
fine 1983,
precisamente il 30 dicembre, lo studio Porcinai
aveva già scritto a
Sacco, allegando “n. 3 copie disegno 2096” datate
25.11.1983 per
quella che era la “stesura di massima” del
progetto di
pavimentazione in scala 1:50 “per il sagrato della
chiesa della
parrocchia di S. Ambrogio”. Il progetto, di cui
sono conservate
anche eliocopie, e dove vengono da rilievo dello
stato di fatto
riportate le collocazioni di due alti lecci e
l'ingombro delle loro
chiome, riporta la proposta definitiva della
pavimentazione nell'area
a trapezio irregolare come poi venne
effettivamente realizzata, in
“ciottolato bianco e nero alla genovese”, come da
descrizione
dello stesso Porcinai con la specifica che “l'idea
del disegno a
onde bianco e nero dovrebbe simbolizzare il mare”
– fusione di
uno spazio urbano limitato con lo spazio infinito
del paesaggio
naturale attraverso il moto dell'onda - e che se
il Comune deciderà
di fare il lavoro seguiranno indicazioni”
date personalmente in loco. Nello
spazio antistante l'arroccato luogo di culto,
delimitato da un
basso muro a fungere anche da seduta e perimetro
per la retrostante
area terrazzata belvedere con vista mare - in uno
splendido tratto
della costa ligure sul golfo di Rapallo, verso
Portofino - venne poi
in breve tempo realizzata, nel mantenersi del
contatto con Nivola che
fu amicalmente presente, aggiornato e propositivo
anche in queste
fasi finali, come attestato da Gianni Medoro - da
maestranze locali,
secondo l'antica tradizione ligure del pavé, una
semplice
pavimentazione a tridente e stilizzato motivo
decorativo a onde in
ciottoli bianchi e neri.
(Fig. 6)
Fig. 6 - Il disegno del tridente del sagrato
della chiesa di Zoagli con le superfici perimetrali
pavimentate in lastre di ardesia e le aree residuali
in ciottoli neri e bianchi a disegno di onde continue orizzontali, 1983
china su lucido, 59 x 42 cm. ca., APPF
rielaborazione grafica Claudia Maria Bucelli
(Foto cortesia Claudia Maria Bucelli)
Le
linee del tridente - che riverberano esternamente
la funzione degli
spazi interni, corrispondendo alle tre navate alla
chiesa - e del
perimetro, tutto realizzato in fasce di lastre di
ardesia grigia a
spacco di diverse dimensioni che da progetto
esecutivo riportano le
misure di 100x60, 80x60, 60x60, si alternano alle
ampie bande in pavé
bicromo in ricorsi uniformi ondulati, neri su
sfondo bianco, a
stilizzare il movimento ondivago del mare,
richiamo al suggerimento
di Nivola. Le preesistenze di grandi alberi di
leccio divennero
motivo di integrazione decorativa e furono
volutamente inseriti nel
disegno dell'acciottolato realizzandovi una
piccola area quadrata
di protezione, non presente a progetto e
probabilmente definita
direttamente in cantiere dallo stesso Porcinai con
pavimentazione
uniforme a ciottoli bianchi.
Sul
lato sinistro del sagrato, verso l'ampia visuale
panoramica sul
golfo sottostante si colloca l'area belvedere
affacciata
direttamente sul mare e separata dalla nuova
pavimentazione da una
seduta a L, denominata da progetto ‘muretto
sedile', che era
preesistente e sul quale non ci fu intervento.
Pavimentata in cotto,
si distingue per maggiore definizione volumetrica
rispetto alle altre
soluzioni di sosta del sagrato – il muretto
diventa infatti
‘sedile' praticamente in tutti i tratti del
perimetro - nonché
per la composizione raccordata ad ampie fioriere.
Dietro il ‘muretto
sedile' dell'area belvedere si collocano infatti
“contenitori–fioriera” con cespugliose e un'altra
fioriera
quadrangolare prende posto presso la scala a
doppia rampa che collega
questo spazio al livello sottostante.
Nel
1984 proseguirono i contatti di Porcinai con
Angelo Sacco
relativamente all'invio – accanto ad alcuni altri
incontri di
persona - del progetto definitivo e di particolari
costruttivi
tavola 27.7.1984 a firma Adriana Manzoni, con
specifiche di
dimensioni e materiali: fasce di ciottoli neri di
15 cm di spessore e
di ciottoli bianchi di spessore 30 cm e intervallo
di sinusoide
(quattro intervalli per ogni onda completa) di 47
cm per una
dimensione totale ai lati dell'asse centrale di
375 cm - e per la
presa visione di campionari di ciottoli e ardesia
in lastre. In
aggiunta si decideva la collocazione di una sbarra
per chiudere la
piazza al traffico automobilistico, anche se
successivamente si optò
per più eleganti colonnine e catene. Al gennaio
febbraio 1985
risalgono gli ultimi contatti fra Porcinai e
Sacco, varie telefonate
con invio di misure, campioni di ciottoli e
coordinamento per
incontrarsi in loco, e giunse anche allo Studio
Porcinai una lettera
con foto della ditta Neri per “la fontana e le
colonnine da mettere
nella Piazza di S. Ambrogio (…) da disporre come
da schizzo
allegato” .
Subentrava poco dopo la fine del cantiere e la
chiusura dei lavori.
Ringraziamenti:
Grazie
a Luigi Latini, già presidente dell'Associazione
Pietro Porcinai,
e a Gianni Medoro. Realizzando con il regista
Matteo Frittelli il
video su Zoagli hanno saputo stimolare in me
curiosità e con il loro
esempio suggerire passione e dedizione. Se ho
deciso di intraprendere
la strada dei giardini e del paesaggio anche al
loro sempre vivo
entusiasmo sono debitrice. A Gianni Medoro,
collaboratore di molti
anni e lavori di Pietro Porcinai, un ulteriore
grazie per le preziose
informazioni che mi ha trasmesso con generosità,
permettendomi così
di meglio capire e documentare gli avvenimenti e
la realizzazione del
progetto di Zoagli. Grazie a Milena Matteini per
la cortesia e le
preziose precisazioni che hanno introdotto
maggiori chiarimenti alle
dinamiche studiate.
Un
sentito grazie alla Dott.ssa Anna Porcinai per
l'immutata cortesia,
il sostegno e la disponibilità di accesso ai
documenti originali,
imprescindibile supporto all'intuizione in
successiva indagine alla
comprensione degli eventi e dei progetti.
NOTE
ARCHIVI
APPF
– Archivio Pietro Porcinai, Fiesole FI - Disegni:
Rotolo ‘Piazza di Zoagli'; Faldoni: 13, 17, 183,
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in “Artribune”, 4 febbraio 2020, visionato il
15.11.2020 in https://www.artribune.com/progettazione/architettura/2020/02/adriano-olivetti-storia-italia/
SITOGRAFIA
https:
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https://www.artribune.com