L'architetto
deve
essere artista più ragionatore degli altri, perché
appunto nell'arte sua v'è quel tanto di utile
immediato che indirizza l'osservatore al
ragionamento e lo fa passare di poi dalle cose più
essenziali alle più minute e secondarie; più
ragionatore poiché non ha da imitare o da copiare un
organismo della natura, un organismo esistente, ma
deve comporne uno di mente sua, con materiali dati,
che hanno speciali proprietà.
Ernesto
Basile,
Architettura
dei
suoi principii e del suo rinnovamento
[1882], prefazione di U. Di Cristina, saggio critico a
cura di A. Catalano e G. Lo Jacono, Palermo 1981, p.
159.
Fino
alla
metà dell'Ottocento la tipologia edilizia della
villa era ancora poco diffusa nel catanese, come
mostra la Pianta
topografica della città di Catania
redatta dall'architetto comunale Sebastiano Ittar,
incisa a Parigi intorno al 1832 1.
Questo
documento,
ricco di informazioni, riporta l'ubicazione dei
principali luoghi, palazzi e istituzioni etnee,
indicate da un riferimento numerico con relativa
legenda, per un totale di 188 voci. Le ville
identificabili a quella data sono soltanto tre,
segno che la città doveva ancora attendere quell'exploit
architettonico che nel corso del Novecento ne
avrebbe cambiato repentinamente l'assetto
urbanistico. L'unificazione
nazionale italiana e il progressivo inurbamento
prodotto dalla crisi agricola, resero necessaria la
stesura di un nuovo piano regolatore per Catania. Il
piano dell'ingegnere Bernardo Gentile Cusa 2
del 1879 prevedeva in particolare il taglio del
tessuto urbano, attraverso un ampio viale alberato
scandito da una serie di scenografiche piazze. In
questa occasione si tracciarono le principali arterie
cittadine, come viale Regina Margherita e viale XX
Settembre, che ben presto diventarono vetrina eletta
della nuova classe dirigente cittadina. Come già
accaduto in ambito palermitano, anche nel capoluogo
etneo la presenza di una raffinata classe
imprenditoriale straniera fu decisiva per la
costruzione di ville a scopo residenziale,
determinando fin dall'inizio le scelte stilistiche
messe in atto. Palermo, con i suoi salotti
alto-borghesi, riuniti in particolare intorno alla
famiglia Florio 3,
ebbe come grande interprete del Novecento Ernesto
Basile, autore in primis del teatro Massimo,
cofirmato con il padre Giovan Battista Filippo 4.
L'architetto, nel vivo della sua carriera, impegnato
in una fortunata stagione romana, sarà chiamato a
Catania da Giuseppe Paternò Alliata, principe di
Sperlinga dei Manganelli, per realizzare un'imponente
dimora che rimarrà l'unico intervento di
Basile nella città etnea. Sarà proprio la grande
notorietà e la fama raggiunta dell'architetto, anche
grazie alla progettazione di dimore signorili, a
decretarne la scelta da parte del nobile committente.
La villa, edificata per il principe e la sua terza
consorte, la principessa Maria Torresi, ebbe purtroppo
una fortuna avversa: non solo il committente morì
prima che la residenza fosse del tutto finita, ma una
complicata vicenda ereditaria e un grave incendio nel
1981 ne decretarono un lento e inesorabile deperimento
materiale, ancora visibile allo stato attuale 5
(Fig. 1)
Fig. 1 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale (Foto cortesia Luca Mangano)
La residenza ha subito negli anni numerose
modifiche, ospitando al suo interno anche un asilo e
un teatro, con irrimediabili ricadute sul piano della
conservazione. Il teatro Piccadilly di Villa
Manganelli completamente distrutto da un violento
incendio, così titolava la stampa del tempo:
Le
fiamme
sono state probabilmente appiccate dai piromani che
già avevano tentato cinque giorni prima. Bruciati
anche i pregevoli dipinti che adornavano pareti e
soffitti dell'antica dimora patrizia Liberty
costruita nel 1912. L'edificio è stato dichiarato
inabitabile perché sono rimasti lesionati i muri
posteriori e buona parte delle strutture portanti.
Incalcolabili sono i danni al patrimonio artistico 6.
Ad
aggravare
la situazione la pessima edilizia moderna sorta a
ridosso della dimora, che ha deturpato la visione
d'insieme e sminuito l'impatto originario del volume 7.
Dalla ricerca d'archivio sono emersi alcuni dei
passaggi fondamentali che hanno condotto alla graduale
trasformazione dell'impianto originario e del suo
intorno. In particolare, la Commissione Edilizia
(nella seduta del 10-12-1957) espresse parere
favorevole sul “Progetto di massima per un centro
commerciale e di uffici da erigersi sul terreno
circonstante la villa ex Manganelli”, opponendo solo
alcune limitazioni, secondo quanto riportato: «parere
favorevole per l'edificio di fondo, mentre per le due
costruzioni laterali è dell'avviso di consentire solo
il piano terra e il primo piano. Per le botteghe, sul
Corso Italia, la Commissione ha espresso pure parere
favorevole» 8.
Si apprende inoltre che la villa nel 1967 non era
ancora sottoposta a vincolo 9,
ai sensi della Legge 1 Giugno 1939, n.1089, Tutela
delle cose d'interesse Artistico o Storico, né la zona
risultava compresa nell'area del centro vincolata, ai
sensi della Legge 29 Giugno 1939, n. 1497, Protezione
delle bellezze naturali, ragion per cui la
Soprintendenza di Catania aveva autorizzato la
sistemazione di un terreno attiguo alla residenza di
Basile da adibire ad arena cinematografica. Eppure,
nonostante le avverse vicende, Villa Manganelli rimane
un'opera in grado di sfidare la sorte e il tempo: la
poetica del Basile, intessuta di Liberty e Modernismo,
vi trova piena applicazione, con alcune varianti
vernacolari che la rendono una perla nel panorama
architettonico nazionale. Basile vi lavora negli
stessi anni che lo vedono impegnato sul fronte di un
importante cantiere, quello di Montecitorio 10,
all'apice di un percorso capitolino denso di
incarichi, non ultimo quello di docente presso la Regia
Scuola di applicazione per Ingegneri 11.
Gli anni del soggiorno romano costituiscono per lui
una straordinaria occasione, scanditi dalla
partecipazione a grandi concorsi nazionali, come
dimostrano le quattro diverse versioni elaborate per
il Palazzo di Giustizia di Roma e le due per il
Palazzo del Parlamento 12.
Ma non solo. Quando Basile giunge nella Capitale trova
un ambiente artistico molto vivace: Nino Costa è
promotore di una corrente simbolista di matrice
anglosassone, nata sulle orme dell'Aesthetic Movement
e riunita intorno a un circolo di pittori, proprio
come nella Confraternita Preraffaellita, da cui
riprende stile e soggetti. Così nel 1886,
l'architetto, ormai inserito nella società capitolina,
assiste al debutto del gruppo In Arte Libertas 13,
accompagnato da un evento molto atteso: una mostra
nella quale figurano i più noti esponenti
preraffaeliti, tra cui Dante Gabriele Rossetti 14,
Edward Burne-Jones e Arnold Böcklin. In questa Roma fin
de siècle 15,
Basile ha modo di respirare un clima di grande fervore
culturale, complice la raffinata attività editoriale
promossa da riviste come «Il Convito» e «Cronaca
bizantina», che contribuirono alla diffusione di
tendenze decadenti ed estetizzanti. Nella città eterna
avviene il fortunato incontro con Giulio Aristide
Sartorio 16
(Fig. 2)
Fig. 2 - Giulio Aristide Sartorio ed Ernesto Basile nel cantiere dell'aula di Montecitorio (Foto cortesia Archivio Eredi Giulio Aristide Sartorio)
straordinario interprete di ideali
patriottici, ben espressi nell'Aula di Montecitorio
dal suo fregio - cinquanta pannelli realizzati a
encausto – in perfetto pendant con
l'architettura di Basile 17.
Il periodo romano resta dunque imprescindibile per
comprendere appieno il suo iter progettuale,
messo alla prova dai vari esiti concorsuali e
sollecitato dal contatto con i più noti interpreti del
mondo culturale, pronti ad accogliere ciò che accadeva
in ambito internazionale. Il legame con Roma segnerà
d'ora in poi il linguaggio del maestro, anche nel caso
di opere edificate al di fuori dall'Urbe, come la
dimora del principe Manganelli: una sorta di
anticipazione, in scala minore, di stilemi
architettonici adottati nel più noto Palazzo del
Parlamento. A conferma di ciò, oltre a una puntuale
corrispondenza cronologica, vi sono una serie di
analogie linguistiche che rendono chiara la liaison
Manganelli-Montecitorio, non ancora evidenziata
dalla vasta bibliografia dedicata all'architetto
palermitano 18.
Affinità che emergono certamente dal confronto degli
impaginati prospettici, ma non si limitano al lessico
architettonico, abbracciando piuttosto ogni ambito
della progettazione, con un comune denominatore: la
regia attenta di Basile. Entrambe le opere inaugurano
infatti l'ultima grande stagione modernista
dell'architetto, nella quale si consolidano cliché
e sperimentazioni precedenti, nel tentativo di
giungere sì a un linguaggio nazionale ma di ampio
respiro europeo. In questo contesto il dialogo tra
Roma e Catania si fa serrato: i due cantieri sono
espressione di un'architettura sempre più monumentale
e celebrativa, declinata senza alcuna défaillance
ai vari registri, dalla residenza signorile al
palazzo pubblico. In altri termini, la dimora etnea
sembra fungere da preziosa palestra progettuale che
accompagnerà Basile nel più noto ampliamento di
Montecitorio. La tipologia del villino, ampiamente
presente nel repertorio di Basile, viene dunque
rivista e corretta, nel caso di Catania, alla luce
della coeva esperienza capitolina. Le dimensioni della
dimora sono imponenti, l'attenzione ai dettagli
strutturali, materici, decorativi, è come sempre
massima. Ne scaturisce un impatto visivo scenografico,
senza precedenti, inquadrato da due torri simmetriche
e da un ingresso monumentale, che rende Villa
Manganelli un unicum nel comprensorio
catanese, frutto di una poetica matura, fortemente
influenzata dall'ambiente romano. Il periodo in
questione si concentra nell'arco di un decennio: nel
1902 Basile riceve dal ministro dei Lavori Pubblici
Nicola Balenzano la chiamata diretta per l'esecuzione
della nuova ala del Parlamento, il progetto esecutivo
viene redatto entro il 1908, e l'Aula dei Deputati
inaugurata solo nel novembre del 1918 19.
A Catania la commessa giunge nel 1907, il progetto
definitivo è consegnato nel 1913 e nel 1914 la villa
si presenta compiuta, almeno all'esterno, in una foto
dell'epoca (Fig. 3)
Fig. 3 - Catania, Villa Manganelli in una foto d'epoca (1914 circa)
Gli anni tra il 1907 e il 1918
sono dunque cruciali: coincidono con la grande
notorietà dell'architetto, impegnato nella fase di
chiusura della fabbrica di Montecitorio e nei cantieri
di Catania e Palermo (dove nel 1914 realizza il
Kursaal Biondo), caratterizzati da una netta svolta
accademizzante rispetto alla parabola modernista. In
questo contesto il progetto della villa catanese
appare emblematico, riproponendo una vera e propria summa
dei temi prediletti dal Basile, egregiamente
evidenziati da Paolo Portoghesi.
Basile
riprende
molti dei suoi temi prediletti, la torre, il
triforio, i nastri tesi dei marcapiani, la raggiera
di conci, la cornice retta da mensole, la dentatura
dei bugnati angolari, trattandoli con una
accuratezza resa possibile da un alto magistero
esecutivo. Tipica invenzione specifica del palazzo è
la mensola angolare che spezza la cornice e lo
stesso parapetto sovrastante. Mensola e voluta nello
stesso tempo, essa si sdoppia in alto con un rigore
grammaticale che ricorda, in un contesto tanto
diverso, il palazzo Stoclet di Josef Hoffmann 20.
Procedendo
per
ordine, la raggiera bugnata, ripresa probabilmente dal
fiorentino Palazzo Pandolfini di Raffaello, è
ampiamente utilizzata dall'architetto in molte delle
sue opere, non ultima a Montecitorio, come mostra la
documentazione conservata presso l'Archivio Storico
della Camera dei Deputati 21.
Qui Basile dà prova di far sua la lezione dei maestri
senza cadere in sterili ripetizioni, ma adattandola
piuttosto a un nuovo linguaggio. Come sottolineato
dalla critica dell'epoca:
Ernesto
Basile
ha voluto nello stile separare il vecchio palazzo da
quello nuovo. Egli è uno dei pochi architetti nostri
convinti che le imitazioni dei vecchi stili e le
ricostruzioni pazienti dei vecchi edifici sono
esercitazioni di vuota retorica. Altro è il tempo
del Bernini, altro il tempo nostro; e l'arte per
essere viva, vuole, egli dice essere nuova. La sua
norma è «Pensare, in quanto è possibile, cogli
antichi, ma non parlare con la loro lingua, parlar
con la nostra 22».
A
Firenze l'Urbinate circoscrive la raggiera e il
bugnato al solo rettangolo del portale di accesso,
nell'impianto di Basile, invece, il motivo diviene
spunto compositivo reiterato al di sopra delle
finestre, alternato da una fascia di bugnato
orizzontale che prosegue lungo tutto il piano di
ingresso (Fig. 4)
Fig. 4 - Roma, Palazzo di Montecitorio, prospetto su Piazza del Parlamento (Foto cortesia Bibiana Borzì)
La presenza del bugnato oltrepassa
dunque la valenza scultorea dell'architettura
rinascimentale, assumendo in questo caso un aspetto
funzionale: rendere meno visibili i giunti verticali
che separano la pietra. Soluzione già adottata nel
Palazzo Municipale di Licata (1904) che mostra, in
particolare al piano terra, molte affinità stilistiche
con il progetto della nuova sede parlamentare, segno
che il modus operandi dell'architetto
palermitano procede per “sedimentazione” con la
ripresa di motivi già in parte consolidati. Prassi che
trova ulteriore conferma nella lettura dei disegni: i
prospetti di Montecitorio (Fig. 5)
Fig. 5 - Ernesto Basile, Ampliamento del palazzo. Prospetto nord. Prospetto del fronte est del nuovo fabbricato. Profilo della parte residua del palazzo berniniano, disegno, Fondo Basile, copyright Archivio Storico Camera dei Deputati, Roma
e Villa Manganelli
(Fig. 6),
Fig. 6 - Ernesto Basile, Prospetto principale di Villa Manganelli, versione definitiva, disegni, tav. VII, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo
messi a confronto, evidenziano infatti
innegabili analogie formali e linguistiche: torri
laterali, scalinata di accesso, conci radiali,
accomunati sì da un medesimo ritmo compositivo, ma
diversamente interpretati e adattati al contesto.
Così, se nella residenza catanese ritroviamo gli archi
a conci radiali che delimitano scenograficamente le
aperture del pian terreno, l'architetto introduce
comunque una variatio. Nella Capitale la
scelta dell'arco a tutto sesto non può che apparire
obbligata, misurandosi con la tradizione costruttiva
romana, a Villa Manganelli, invece, il profilo diviene
a sesto ribassato con una chiave di volta che
oltrepassa ampiamente la ghiera (Fig. 7),
Fig. 7 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale, particolare del piano terra (Foto cortesia Luca Mangano)
vezzo
stilistico per imprimere movimento al prospetto. Allo
stesso modo, pilastri e torri, protagonisti indiscussi
del lessico di Basile, assumono valenze simboliche e
caratteristiche architettoniche differenti, in base al
luogo nel quale vengono inseriti, a conferma di una
poetica molto sensibile al genius loci. Ragion
per cui, a Roma le due torri che incorniciano
l'edificio su Piazza del Parlamento (Figg. 8-9)
Fig. 8 - Ernesto Basile, Prospetti del nuovo edificio. Attico dei prospetti e ultima elevazione dei torrioni. Prospetto principale - parte sinistra. Stralcio dei prospetti dei quattro fronti dell'attico dei torrioni quotato con filari e conci in pietra numerati; sezione orizzontale della parete medesima, disegno su carta da lucido, Fondo Basile, copyright Archivio Storico Camera dei Deputati, Roma
Fig. 9 - Roma, Palazzo di Montecitorio, prospetto su Piazza del Parlamento, particolare con torrino angolare (Foto cortesia Bibiana Borzì)
rispondono a una esigenza specifica: rendere chiaro e
riconoscibile lo spazio laico, sostituendosi alla
cupola largamente diffusa nel panorama capitolino.
Mentre a Catania i torrini angolari ruotati di 45°
(Fig. 10)
Fig. 10 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale, particolare con torrino angolare (Foto cortesia Luca Mangano)
costituiscono un riuscito escamotage
per incorniciare la dimora e allargare visivamente
l'accesso principale.
Roma
e
Catania sono dunque al centro di un serrato dialogo
architettonico che, oltrepassando gli angusti confini
dell'architettura locale, è già proiettato verso una
dimensione sovrannazionale. Merito di Basile, regista
perfetto, grande conoscitore di William Morris,
mutuato dalla lezione paterna, e attento osservatore
delle pratiche progettuali d'oltralpe. L'architetto
palermitano, infatti, non rimane estraneo alle
suggestioni Art Nouveau, ma le interpreta in chiave
personale, lontano da stereotipi compositivi 23.
Ecco perché il coup de fouet, la linea
serpentina protagonista della stagione liberty,
acquista con lui nuovo carattere. Da spunto
compositivo diviene elemento strutturale, come nel
caso della particolare mensola angolare (Fig. 11),
Fig. 11 - Catania, Villa Manganelli, prospetto laterale, particolare con mensola angolare (Foto cortesia Luca Mangano)
pensata ad hoc per la villa catanese, che
spezza la cornice e il parapetto sovrastante,
divenendo al contempo mensola e voluta, elemento
caratterizzante del fronte centrale. Una trovata
certamente originale, messa a punto nella dimora
etnea, dove l'architetto appare per certi versi più
incline a reinventare il proprio bagaglio espressivo,
con un'attenzione al dettaglio che non si smentisce,
ma rimane prioritaria, sia nelle commesse private che
in quelle istituzionali.
All'interno
del
suo Architettura. Dei suoi principii e del suo
rinnovamento, scritto a Roma nel 1882, rimasto
incompiuto sotto forma di manoscritto, il giovane
Ernesto aveva affrontato temi chiave
dell'architettura, quali: le origini, gli elementi, le
linee. Non sorprende dunque che, in pieno clima
modernista, egli si sia soffermato sulla linea curva,
evidenziandone gli effetti di armonia scaturiti dal
suo impiego.
Le
linee
curve, per la natura loro, che negli andamenti e nel
succedersi variato ritiene sempre del finito,
esprimono invece la grazia, la delicatezza, la
dolcezza; attenuano la forza, ammorbidiscono ciò che
è duro, ingentiliscono ciò che è rigido. E le
superfici curve partecipano di tutte queste loro
qualità 24.
Ancora,
una
flora stilizzata corre al di sopra delle finestre
poste al primo piano della dimora catanese, un
groviglio di steli, foglie, fiori, ripresi certamente
dal repertorio liberty, pur con le dovute varianti, a
conferma della ricerca compiuta dall'architetto in
termini di linguaggio. Una vegetazione sintetica ed
elegante, la stessa che ritroviamo a Montecitorio: dai
rosoni delle grate in ferro battuto, ai boccioli sulla
base degli avancorpi, ai festoni scolpiti sulla
balaustra della scalinata. Un variegato catalogo
fitomorfo – con loti, edere, ninfee, gigli, germogli,
simboli di rinascita e annuncio di un futuro ormai
prossimo – tratto sì dall'osservazione diretta della
natura ma rielaborato dalla matita di Basile, egregio
e acuto disegnatore e acquarellista, come molti della
sua generazione. I numerosi elaborati prodotti per il
Palazzo del Parlamento 25
e per Villa Manganelli 26
testimoniano non solo la predilezione per il disegno,
considerato strumento di studio e analisi
imprescindibile nella progettazione di Basile, ma
anche la cura per il dettaglio, congeniale a un
architetto che crede fermamente nel binomio
struttura-decorazione.
Disegno
dal
vero piante e fiori e la mia piccola villetta è, si
può dire, destinata solo a fornirmi elementi
vegetali e floreali per la mia arte; ma non ne
stilizzo, nel senso proprio della parola alcuno.
Componendo liberamente trovo le forme che mi
abbisognano, che sono verosimili, ma non vere. Non
saprei comporre copiando una data pianta e avendone
dinanzi i disegni, anche fatti da me stesso 27.
Se
la
linea curva è ampiamente utilizzata dall'Art Nouveau 28,
Basile mostra di procedere sulla scorta di una propria
autonomia creativa, in particolare per ciò che
riguarda la tipologia del nastro teso, una costante
stilistica reiterata con successo sia nelle
committenze private che in quelle pubbliche. Una
natura rigogliosa ricorre spesso nelle membrature
orizzontali utilizzate dall'architetto come dei veri
propri nastri, dei tiranti, che suggeriscono
visivamente un effetto di dilatazione prospettica,
intersecandosi con equilibrio tra i partiti verticali
e orizzontali delle facciate. A questo tema Basile
giunge in modo graduale, dopo averlo studiato e
praticato graficamente, in occasione di etichette o
carte intestate, di gran moda al suo tempo. Un
particolare che fa luce su una prassi progettuale
omnicomprensiva, propria di un'architettura che
diventa sartoriale, concepita nei minimi dettagli,
dalla struttura, all'interior design, fino alla
grafica pubblicitaria. Basile, con grande nonchalance
si muove tra i vari registri, è un eccellente
direttore e ha il controllo totale delle sue
maestranze, un'equipe di artisti, decoratori,
ebanisti, che lo affianca nei numerosi cantieri. Ciò
implica conoscenza e selezione attenta dei materiali,
fondamentali nella pratica professionale, a
prescindere dalla loro importanza. Se nel Palazzo del
Parlamento l'architetto recupera materiali tipici
della tradizione costruttiva romana - marmo bianco di
Subiaco e laterizi rossi, con una bicromia di
ascendenza classica - a Catania preferisce far uso di
altri rivestimenti, come la pietra calcarea e la
pietra lavica. L'impiego del basalto etneo, assente
dal consueto repertorio di Basile, costituisce infatti
uno dei tratti distintivi della residenza catanese,
chiaro omaggio al territorio e alle sue risorse
materiche. Il riferimento all'antico Castello Ursino,
con possenti mura in pietra lavica, è presto svelato,
a partire dalle imponenti dimensioni del palazzo,
certamente generose per una residenza privata, che lo
rendono simile a un piccolo maniero, rivisitato in
chiave contemporanea. Ma non solo. La conferma giunge
dall'analisi del corpus archivistico. A
margine di un disegno dedicato al prospetto della
villa, Basile realizza uno schizzo sintetico della
mole federiciana (Fig. 12),
Fig. 12 - Ernesto Basile, Prospetto principale Palazzina Manganelli, disegni, tav. I, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo
una sorta di promemoria
visivo che gli consenta di mostrare graficamente,
forse al committente, l'idea di fondo e il gioco di
rimandi presenti nel progetto. Un indizio
significativo, che avvalora, ancora una volta,
l'attenzione dell'architetto verso il territorio, e il
proposito di dar vita a un'opera maestosa, degna di un
principe. Una dimora lussuosa e confortevole al tempo
stesso, che offra al nobile Manganelli l'opportunità
di apparire sulla scena urbana con tutti gli onori del
caso. Ciò spiega la presenza di raffinati arabeschi,
impreziositi da decori in oro zecchino realizzati
dall'artista Vincenzo Gibilisco. La serie di
mattonelle disposte a mosaico è ancora visibile in
facciata, in particolare sul fronte principale: al di
sotto dell'attico segue un ritmo costante, al piano
nobile appare tra gli intagli floreali degli archi di
coronamento delle portefinestre. Dettagli che
permettono alle opere basiliane di aprirsi a un
contesto internazionale, dove la decorazione ceramica,
con una variegata palette cromatica, trova
largo impiego, dai rivestimenti murari alla produzione
di oggetti di design. Caratteristica principale di
questi decori, oltre all'impiego dell'oro, è la
stilizzazione dei soggetti rappresentati, tratti per
lo più dal mondo vegetale, che giunge in alcuni casi
alla completa astrazione, vicina a esiti di ambito
simbolista, con in testa Gustav Klimt. Si tratta quasi
sempre di ceramiche smaltate policrome, modellate a
stampo con decorazione a rilievo, esempio di una
produzione seriale di altissimo livello qualitativo,
grazie alla diretta partecipazione di artisti, grafici
e architetti. Dal punto di vista cronologico, del
resto, Basile attraversa in pieno la parabola
modernista, come altri colleghi nati tra il 1850 e il
1860: Arthur Mackmurdo (1851), Antoni Gaudí (1852),
Louis H. Sullivan (1856), Hendrik Petrus Berlage
(1856), Victor Horta (1861), Henry van de Velde
(1863), solo per citarne alcuni. Una generazione
fortunata, che ha scritto un pagina importante della
storia dell'architettura, muovendosi sui passi di Moderne
Architektur (1885) di Otto Wagner, a capo di una
delle più importanti scuole dell'epoca, la Wagnerschule,
che avrà un ruolo decisivo nel rivoluzionare la
cultura progettuale in tutta Europa, Italia compresa.
Questo prezioso bagaglio intellettuale
emerge chiaramente nelle architetture di Basile, in
particolare nelle opere che mostrano una
perimetrazione articolata, ben espressa nel Villino
Florio 29,
e riformulata a Villa Manganelli 30.
Diversamente da quanto accade nella serie delle ville
bianche, di cui fa parte il palermitano Villino Ida,
residenza privata dell'architetto, casa-manifesto,
caratterizzata da un'impaginazione euritmica dei
partiti architettonici, a Catania l'articolazione dei
volumi segue un andamento del tutto diverso. La villa
offre allo sguardo molteplici panorami, ogni fronte è
trattato come un organismo assestante che ritrova
armonia nel quadro d'insieme pensato da Basile. Se la
facciata principale è caratterizzata dallo scalone
monumentale, proprio come nel prospetto di
Montecitorio, il resto dei volumi presenta un
caleidoscopio stilistico, diversificato tenendo conto
delle reali esigenze abitative e del comfort
domestico. A questo scopo il prospetto nord, sul lato
interno, è deputato a una fruizione privata, e
presenta dunque un numero maggiore di aperture,
finalizzate a rendere gli ambienti più areati e
luminosi. Ciò spiega anche la presenza di un terrazzo
al piano nobile e di una torre quadrangolare poco
visibile dall'accesso principale, caratterizzata da
numerose finestre e da una copertura in ardesia. La
dimora sembra dunque “svelarsi” gradualmente
all'osservatore più accorto, grazie a un complesso
sistema di articolazioni dei fronti, enfatizzato dalle
imponenti dimensioni dell'edificio. La configurazione
planimetrica, giocata su un'enfilade di
scenografici saloni, è congeniale alle esigenze
celebrative e ricettive della committenza e ruota
intorno a un atrio centrale coperto da un velario.
Velario che non a caso ritroviamo nell'Aula dei
Deputati, impreziosito da una fitta trama decorativa
realizzata dalla ditta Beltrami. Un tripudio di
ghirlande, nastri e stilemi floreali, elogio della
linea curva, interpretata dal maestro con grande
eleganza, sulle orme di illustri esempi, si pensi al
lucernaio disegnato da Victor Horta per l'Hotel Van
Eetvelde a Bruxelles. A confronto l'opera di Basile,
inquadrata da una struttura a raggiera, appare
certamente più imponente. Studiata per offrire calda
luminosità all'ambiente diviene un filtro tra interno
ed esterno dell'edificio. Sempre a Roma, nel quartiere
Sallustiano, il Villino Rudinì (1906), presenta una
planimetria analoga: i vani ruotano intorno a una hall
centrale chiusa da un lucernaio. La residenza,
progettata da Basile per il marchese palermitano
Antonio Starabba di Rudinì, coniuga con grande
maestria caratteri rinascimentali con quelli del più
moderno Liberty. L'asse centrale del prospetto è
caratterizzato da un portico a tre arcate concluso in
alto da un balcone al piano nobile, proprio come
accade sul lato est di Villa Manganelli. Sia
l'architettura residenziale che quella pubblica
seguono dunque il principio della progettazione
integrale e dell'unità stilistica, ben evidenti nelle
opere prese in esame, dove massima è l'importanza
riservata ai dettagli formali, resa possibile dalla
supervisione di Basile e dalla squadra di fidati
collaboratori che lo affiancarono in cantiere.
Nell'Aula dei Deputati l'architetto commissionò alla
ditta Ducrot 31
la realizzazione degli arredi e delle boiserie
mentre a Catania la decorazione interna, ormai
perduta, fu eseguita da Salvatore Gregorietti 32.
Si trattò sempre di collaborazioni collaudate, come
nel caso del fortunato binomio Basile-Ducrot: dai
raffinati interni di Villa Igiea 33,
alla partecipazione a importanti expo internazionali,
tra l'architetto e l'azienda si realizzò un'intesa
perfetta. Sarà l'Esposizione di Torino del 1902 34
a premiare questo sodalizio con il Gran Diploma
d'Onore conferito per la serie denominata “Tipo
Torino” 35:
mobili caratterizzati da semplicità e rigore formale,
portatori di un nuovo linguaggio e di una moderna idea
di produzione a costi contenuti. Anche Gregorietti
fece parte dell'entourage di Basile e come tale
fu chiamato a realizzare numerose decorazioni,
soprattutto in ambito palermitano. Il Villino Ida, o
il salone di casa Lemos, sono pregevoli esempi di
architettura d'interni, con arredi, cą va sans
dire, usciti dal mobilificio Ducrot. Questi
aspetti mostrano un orientamento che, in linea con le
contemporanee tendenze moderniste, considera il
progetto come opera d'arte totale. Lo testimoniano
tutte le residenze firmate da Basile, dove emerge
anche una netta propensione alla progettazione di
spazi verdi. L'architetto riesce a coniugare la
tipologia del giardino inglese con gli scenografici
percorsi dei giardini all'italiana. Questa sensibilità
per il paesaggio, molto in voga tra Ottocento e
Novecento, deriva in parte dall'insegnamento paterno,
ma svela anche un retroterra normanno, quasi scontato
per un architetto nato e cresciuto a Palermo. La
presenza di questi motivi funziona come preciso
segnale di rivendicazione autonomista, ossia si
configura come tentativo di affermare l'autonomia
culturale e creativa nel solco della tradizione
siciliana. Un background che affiora in più
occasioni, si pensi all'Esposizione Nazionale del 1911
a Roma 36,
dove le celebrazioni, concentrate all'interno della
Mostra Etnografica e della Mostra Regionale, mostrano
al pubblico i caratteri architettonici
siculo-normanni, ben espressi dal Padiglione
Siciliano, identificato come La piccola Cuba. Del
resto, il giardino creato per l'otium e la
meditazione, non è mai secondario nell'architettura
palaziale di epoca normanna, come mostrano il Castello
della Zisa o il Palazzo della Cuba a Palermo 37.
Basile si riappropria di questo repertorio e di
atmosfere orientaleggianti 38,
non solo dal punto di vista formale – attraverso la
ripresa di forme ottagone, archi moreschi, cupole
emisferiche – ma sposandone la filosofia, e in
particolare il concetto di comfort. Ecco perché,
elementi quali l'orientamento spaziale, la
funzionalità planimetrica, la presenza di giardini,
sono centrali nella sua progettazione. Sempre in
quest'ottica va letta la predilezione per alcune
essenze esotiche e mediterranee, come la palma,
prevista nelle aiuole che circondano casa Manganelli.
È un disegno di Basile 39
a mostrare l'impianto del parco esterno della villa.
Qui il richiamo al giardino formale di ispirazione
tardo rinascimentale appare evidente, con un concept
già moderno: il tracciato sinuoso, che su carta
ricorda le fattezze di un gioiello liberty, è in
realtà funzionale sia al transito delle autovetture,
sia ad addolcire il dislivello su cui sorge la
fabbrica. Aspetti ampiamente indagati da maestri delle
successive generazioni, quali Le Corbusier, o il
nostro Ponti, che confermano l'originalità della
poetica di Basile, tesa sempre tra presente e passato.
Perché ogni aspetto, nessuno escluso, trova piena
compiutezza nell'architettura di Basile, dispar
et unum, letteralmente diverso e unico,
come il motto sibillino incastonato sul portale
d'ingresso di Villa Ida 40,
che ben descrive le caratteristiche del suo padrone di
casa.
NOTE
1
Si tratta di un documento molto importante per
ricostruire l'evoluzione urbanistica della città,
che l'autore, Sebastiano Ittar, dedica a Sua Maestà
Ferdinando II Re delle Due Sicilie. La
raffigurazione topografica si caratterizza per la
presenza di importanti scorci cittadini, inseriti
all'interno di riquadri: Porta Ferdinanda, Piazza
del Duomo, Piazza degli Studii, Piazza Stesicorea e
Piazza di S. Filippo. Un'opera complessa, come
mostrano i numerosi rimandi, 188 in tutto.
Nell'Indice l'autore include: le Porte della Città
Esistenti, le Porte della Città non più Esistenti,
le Fortificazioni, le Antichità, i Musei ed i
Gabinetti, gli Offici Pubblici, le Opere di Pubblica
Educazione e Spedali, le diverse tipologie di Chiese
e Istituti religiosi (monasteri e conventi). La
celebrazione della città si conclude con la Tavola
Cronologica d'alcuni Fatti Memorandi per Catania,
dove vengono riportati anche gli eventi sismici più
significativi per il capoluogo etneo. Una copia
della Pianta, incisa su rame, si conserva presso
le
Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero di
Catania.
2
«Le linee di ambito, o di circonvallazione, o di
cinta, che dir si vogliano, quelle strade lunghe e
ampie, spesso alberate, che devono servire il limite
alla parte urbana e di separazione tra questa e la
suburbana, nascono col piano di ampliamento e ne
sono la più diretta ed utile conseguenza», in Gentile
Cusa
1888, p. 401.
3
Per la storia della famiglia Florio, protagonista
della Belle
Époque
siciliana, cfr.
Giuffrida, Lentini
1986.
4
Cfr. Lo
Nardo
1995, e
Mauro, Sessa 2014,
pp. 9-28.
5
Il graduale deperimento della fabbrica e il suo
attuale stato di conservazione, è stato analizzato,
anche attraverso studi, disegni e rilievi, da
Vincenzo Sapienza, cfr.
Sapienza
2004, pp.109-137.
6
Il
teatro Piccadilly distrutto da un violento
incendio,
in «La Sicilia», 21 gennaio 1981.
7
«Il prestigioso edificio (1907) perde molto (e
qualche anno fa stava per perdere tutto a causa di
un incendio doloso) per la collocazione poco felice
in cui si è venuto a trovare. Stretto com'è dalle
costruzioni che lo chiudono in parte ai fianchi, non
si offre più come all'epoca della sua inaugurazione,
ad una più ricca, totale comprensione visiva,
nell'articolata unità del proprio organismo
architettonico. […] In ogni caso, il prospetto
principale non esaurisce la lettura dell'intero
edificio, che invece deve essere guardato girandogli
attorno, e farsi scoprire come una complessa
macchina architettonica variamente articolata
nell'animato gioco delle balconate, torri e
torrette, logge e terrazze. Un organismo che va
goduto da tante prospettive.» in Rocca
1984,
p. 24.
8
Comune di Catania, V° Ripartizione Servizi Tecnici,
prot. n. 17592 del 25-01-1958, Archivio Storico
Comunale, Catania.
9
Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Orientale,
Catania, prot. n. 2471 del 30-05-1967, Archivio
Storico Comunale, Catania.
10
Cfr. Portoghesi,
Mazzantini
2009.
11
L'importanza dell'attività didattica di Ernesto
Basile è sottolineata da Ettore Sessa :« […] alcuni
segnali sembrerebbero assegnare alla presenza di
Ernesto Basile un ruolo non indifferente nella
promozione del nuovo indirizzo culturale degli anni
Ottanta di parte della Regia Scuola romana, nel
quale assume particolare rilevanza l'attivazione di
iniziative volte allo studio delle architetture
storiche; ne sono prova, oltre alle conferenze e
alle visite guidate (e alle campagne di rilievi), i
viaggi di istruzione di quegli anni che, organizzati
da Basile, oltre alle visite di rito agli
stabilimenti industriali, ai cantieri di
infrastrutture all'avanguardia e alle opere
concepite secondo i più avanzati progressi nel campo
della produzione edilizia dei tempi, comprendevano,
oramai quasi in prevalenza, sopralluoghi conoscitivi
presso testimonianze monumentali (antiche, medievali
e moderne) e anche presso rilevanti insediamenti di
architettura spontanea o di contesti urbani
medievali. Come il padre, al cui programma didattico
doveva buona parte della sua formazione, Ernesto
Basile assegna un ruolo non indifferente allo studio
della storia dell'architettura, all'interno del
corso biennale di Architettura Tecnica. Il suo
programma comprendeva infatti una parte dedicata
alla storia dell'architettura, sotto la più
convenzionale intitolazione “Stili architettonici”,
oltre alle parti intitolate “Composizione degli
edifici”, “Elementi delle fabbriche” e “Condotta
tecnica e amministrativa dei lavori”.» in Mauro,
Sessa
2014, p. 30.
12
Le vicende concorsuali che vedono impegnato Basile
durante la sua permanenza a Roma sono ricostruite,
anche attraverso un cospicuo corpus
di disegni, in Mauro,
Sessa
2000.
13
L' esordio della società In Arte Libertas, raccolta
intorno alla figura di D'Annunzio, è ricostruito in
Damigella
1982, pp.61-74.
14
Uno dei contributi più recenti che esamina il
rapporto tra i Preraffaeliti e l'Italia è Benedetti,
Frezzotti, Upstone,
2011.
15
Per cogliere l'atmosfera di questa Roma fin
de siècle, con
particolare riferimento al fenomeno del
dannunzianesimo, cfr. D'Anna
1996.
16
Per una panoramica esaustiva sul fregio cfr. Miracco
2007. Per approfondire l'opera di Giulio Aristide
Sartorio cfr. Mantura,
Damigella
1989.
17
« […] è interessante notare la cura con cui
l'architetto seleziona gli artisti esecutori dei
cicli decorativi delle sue opere. Bergler a Palermo,
Sartorio a Roma, sono egregi rappresentanti di una
pittura tecnicamente ineccepibile, intrisa di
influenze simboliste, decadenti, e aperta a cogliere
le nuove istanze liberty. In altre parole, questi
artisti entrano in simbiosi perfetta con la poetica
dell'architetto palermitano e con i suoi
orientamenti stilistici e progettuali. Il binomio
architettura-pittura, centrale nella visione di
Basile, crea dunque sodalizi fortunati, e dà vita a
capolavori che, oltrepassando gli angusti limiti
regionalistici, si aprono a scenari internazionali e
cosmopoliti. È questo uno dei meriti certamente
riconosciuti all'architetto palermitano.», in
Borzì
2016, p. 28.
18
Per un'ampia ricognizione documentaria delle opere
di Ernesto Basile, cfr. Caronia
Roberti
1935, e De
Bonis, Grilli, Lo Nardo
1980 .
19
Vittorio Emanuele Orlando, allora Presidente del
Consiglio dei Ministri, il 20 novembre 1918,
inaugura la Nuova Aula dei Deputati, con una
memorabile seduta. Queste le sue parole: «Le mie
labbra tremano della più viva commozione nel darvi
questo annunzio, che significa l'epilogo di un
secolo di dolori, di persecuzioni, di martirii, di
cospirazioni, di insurrezioni, di guerre, di opere
di sagaci uomini di Stato. […] E me felice di darlo
in quest'Aula, nella quale ben presto saranno con
voi, nei seggi già da tempo predisposti, gli eletti
delle nuove provincie liberate dal gioco straniero,
a dettare leggi e provvidenze degne di destini della
più grande patria, dei suoi doveri, e della causa
della libertà, della civiltà, e della giustizia
umana, a cui essa è consacrata!», Atti Parlamentari,
Camera dei Deputati, Tornata del 20 novembre 1918.
20
Paolo
Portoghesi,
scheda Catania,
palazzo Manganelli,
1907,
in De
Bonis, Grilli, Lo Nardo
1980, p. 200.
21
L'archivio conserva la documentazione che nel 2000,
provenendo dall'Ufficio Tecnico di Montecitorio, è
stata trasferita presso l'Archivio Storico della
Camera dei Deputati, al fine di ordinarla e renderla
fruibile alla ricerca. Il “fondo Basile” si compone
di diversi dossier. Al suo interno confluiscono
infatti materiali cartografici antecedenti al 1902
(anno in cui l'incarico per l'ampliamento di
Montecitorio e la realizzazione dell'aula del
Parlamento viene ufficialmente affidato a Basile),
il corpus
documentario che dal 1902 al 1928 riguarda
l'intervento di Basile (dunque disegni ed elaborati
realizzati dall'architetto e dai suoi collaboratori
nel corso dei 26 anni di cantiere), e infine
documenti posteriori al 1928, relativi
all'aggiornamento impiantistico e tecnologico del
Palazzo.
23
«L'adesione all'art nouveau costituisce per Ernesto
un momento di grande tensione creativa in cui si
liberano nella sua mente energie che nelle
precedenti esperienze erano rimaste inibite; ma è
anche vero che in questa fase del suo lavoro, dopo
l'entusiasmo iniziale, trovano modo di reintrodursi
temi di ricerca già sviluppati e soprattutto trova
il modo di acquistare respiro e continuità la sua
rilettura della tradizione, la sua ricerca delle
radici.», Paolo
Portoghesi,
Il
linguaggio di Ernesto Basile,
in De
Bonis, Grilli, Lo Nardo
1980, p.11.
25
Disegni e studi per il Palazzo di Montecitorio sono
conservati principalmente presso l'Archivio Storico
della Camera dei Deputati, Roma, l'Archivio Centrale
dello Stato, Ministero dei Lavori Pubblici,
Direzione Generale dell'Edilizia, Roma, Collezione
Basile-Ducrot, Università di Palermo, e l'Archivio
della Famiglia Basile, Palermo.
Si
ringrazia l'Archivio Storico della Camera dei
Deputati per la preziosa collaborazione fornita.
26
Disegni e studi per Villa Manganelli sono conservati
presso la Collezione Basile-Ducrot, Università di
Palermo, e l'Archivio della Famiglia Basile,
Palermo.
28
Per una lettura globale del periodo cfr. Vinca
Masini
1976.
30
Come sottolineato da Ettore Sessa, a villa
Manganelli l'architetto Basile «non senza un
difficile iter progettuale, riesce a coniugare
aulicità e domesticità, diversificando inoltre i
fronti (secondo modalità sperimentate con villa
Bordonaro) in virtù della mediazione fra il sistema
di scomposizione planimetrica e, quindi, di
aggregazione in vari comparti compiuti dei diversi
gruppi di ambienti, e lo schema compositivo
centrico, bilanciato sulla disposizione in sequenza
mediana di saloni rappresentativi.», Sessa
2010, p. 74.
31
Vittorio Ducrot, a Palermo, diede vita ad un'azienda
leader
nel settore di arredi di stampo modernista, anche
grazie alla collaborazione con Ernesto Basile, che
ne diviene direttore artistico dal 1902, e con noti
artisti del tempo. Il mobilificio sorgeva nel
palermitano quartiere della Zisa, e fu tra i primi
in Europa a specializzarsi in una produzione
industriale di alto livello. Cfr. Sessa
1989.
32
Per una panoramica sull'opera di Salvatore
Gregorietti cfr. RUTA, VALDINI, MANCUSO, 1998.
33
«A Villa Igiea la configurazione geometrica del
“salone degli specchi” e le figurazioni pittoriche,
che con seducente gusto fenomenico-simbolista e con
impareggiabili artifici prospettico-vedutisti
coniugano metafore alchemiche, ermetismi iniziatici,
risvolti numerologici, riferimenti cabalistici,
rievocazioni di mitici cicli agrari ctonii,
concorrono alla “struttura” di un ciclo allegorico.
Sotto la regìa di Ernesto Basile, i pittori De Maria
Bergler, Cortegiani e Di Giovanni realizzano uno dei
rari esempi di complesso decorativo modernista in
cui l'idea di “opera d'arte totale” va oltre la
ricerca di “unità stilistica”. I risvolti
iconologici di questo diorama della “chimica
filosofale”, dissimulati in un baccanale cadenzato
su morbide sensualità, assegnano a questo ambiente
valenze di stazione catartica, per predisporre i
frequentatori alla conquista del percorso interiore
verso la salute psico-fisica.», in
Sessa
2010, pp. 40-41.
35
L'originalità e l'eleganza del Basile designer si
impose all'attenzione della critica italiana e
straniera, attraverso due linee di ricerca
parallele, «una per l'arredo destinato ad ambienti
particolarmente rappresentativi, eseguito su
commissione e volutamente irripetibile, costituito
da mobili riccamente scolpiti e decorati; l'altra
per l'arredo economico e di serie, improntato a
linee geometriche ed essenziali e concepito non più
in funzione della decorazione, ma dell'eleganza
decorativa delle forme. Di questa linea di tendenza
un primo esempio fu la stanza da lavoro in quercia,
esposta a Torino nel 1902. I mobili di questo
ambiente furono, con la denominazione “Tipo Torino”,
riprodotti dalla ditta Ducrot in versione
ulteriormente semplificata, in centinaia di
esemplari.», in De
Guttry, Maino
1994, p. 92.
37
Tra i contributi più recenti cfr. Hadda
2017.
38
Per uno sguardo più ampio sulla diffusione
dell'orientalismo in Italia cfr. GIUSTI, GODOLI
1999.
39
Ernesto Basile,
Planimetria della Palazzina Manganelli, disegni,
tav. III, Collezione Basile-Ducrot, Università di
Palermo.
40
«Villino Basile, compiuta espressione delle nuove
esigenze abitative della borghesia, nella sua
essenzialità volumetrica, appena arricchita da
elementi decorativi, è forse tra le opere basiliane
la più raffinata: per queste ragioni e parzialmente
per l'aderenza al linguaggio austriaco si ritiene
l'opera veramente valida.», in Sciarra
Borzì
1982, p. 136.
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