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Un dialogo tra Roma e Catania nell'architettura di Ernesto Basile  

Bibiana Borzì
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 3 Giugno 2022, n. 931
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00931.html
Articolo presentato il 26 Maggio 2022, approvato il 1 Giugno 2022 e pubblicato il 3 Giugno 2022
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L'architetto deve essere artista più ragionatore degli altri, perché appunto nell'arte sua v'è quel tanto di utile immediato che indirizza l'osservatore al ragionamento e lo fa passare di poi dalle cose più essenziali alle più minute e secondarie; più ragionatore poiché non ha da imitare o da copiare un organismo della natura, un organismo esistente, ma deve comporne uno di mente sua, con materiali dati, che hanno speciali proprietà.

Ernesto Basile, Architettura dei suoi principii e del suo rinnovamento [1882], prefazione di U. Di Cristina, saggio critico a cura di A. Catalano e G. Lo Jacono, Palermo 1981, p. 159.



Fino alla metà dell'Ottocento la tipologia edilizia della villa era ancora poco diffusa nel catanese, come mostra la Pianta topografica della città di Catania redatta dall'architetto comunale Sebastiano Ittar, incisa a Parigi intorno al 1832 1. Questo documento, ricco di informazioni, riporta l'ubicazione dei principali luoghi, palazzi e istituzioni etnee, indicate da un riferimento numerico con relativa legenda, per un totale di 188 voci. Le ville identificabili a quella data sono soltanto tre, segno che la città doveva ancora attendere quell'exploit architettonico che nel corso del Novecento ne avrebbe cambiato repentinamente l'assetto urbanistico. L'unificazione nazionale italiana e il progressivo inurbamento prodotto dalla crisi agricola, resero necessaria la stesura di un nuovo piano regolatore per Catania. Il piano dell'ingegnere Bernardo Gentile Cusa 2 del 1879 prevedeva in particolare il taglio del tessuto urbano, attraverso un ampio viale alberato scandito da una serie di scenografiche piazze. In questa occasione si tracciarono le principali arterie cittadine, come viale Regina Margherita e viale XX Settembre, che ben presto diventarono vetrina eletta della nuova classe dirigente cittadina. Come già accaduto in ambito palermitano, anche nel capoluogo etneo la presenza di una raffinata classe imprenditoriale straniera fu decisiva per la costruzione di ville a scopo residenziale, determinando fin dall'inizio le scelte stilistiche messe in atto. Palermo, con i suoi salotti alto-borghesi, riuniti in particolare intorno alla famiglia Florio 3, ebbe come grande interprete del Novecento Ernesto Basile, autore in primis del teatro Massimo, cofirmato con il padre Giovan Battista Filippo 4. L'architetto, nel vivo della sua carriera, impegnato in una fortunata stagione romana, sarà chiamato a Catania da Giuseppe Paternò Alliata, principe di Sperlinga dei Manganelli, per realizzare un'imponente dimora che rimarrà l'unico intervento di Basile nella città etnea. Sarà proprio la grande notorietà e la fama raggiunta dell'architetto, anche grazie alla progettazione di dimore signorili, a decretarne la scelta da parte del nobile committente. La villa, edificata per il principe e la sua terza consorte, la principessa Maria Torresi, ebbe purtroppo una fortuna avversa: non solo il committente morì prima che la residenza fosse del tutto finita, ma una complicata vicenda ereditaria e un grave incendio nel 1981 ne decretarono un lento e inesorabile deperimento materiale, ancora visibile allo stato attuale 5 (Fig. 1)

Fig. 1 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale (Foto cortesia Luca Mangano)
Fig. 1 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale (Foto cortesia Luca Mangano)

La residenza ha subito negli anni numerose modifiche, ospitando al suo interno anche un asilo e un teatro, con irrimediabili ricadute sul piano della conservazione. Il teatro Piccadilly di Villa Manganelli completamente distrutto da un violento incendio, così titolava la stampa del tempo:

Le fiamme sono state probabilmente appiccate dai piromani che già avevano tentato cinque giorni prima. Bruciati anche i pregevoli dipinti che adornavano pareti e soffitti dell'antica dimora patrizia Liberty costruita nel 1912. L'edificio è stato dichiarato inabitabile perché sono rimasti lesionati i muri posteriori e buona parte delle strutture portanti. Incalcolabili sono i danni al patrimonio artistico 6.

Ad aggravare la situazione la pessima edilizia moderna sorta a ridosso della dimora, che ha deturpato la visione d'insieme e sminuito l'impatto originario del volume 7. Dalla ricerca d'archivio sono emersi alcuni dei passaggi fondamentali che hanno condotto alla graduale trasformazione dell'impianto originario e del suo intorno. In particolare, la Commissione Edilizia (nella seduta del 10-12-1957) espresse parere favorevole sul “Progetto di massima per un centro commerciale e di uffici da erigersi sul terreno circonstante la villa ex Manganelli”, opponendo solo alcune limitazioni, secondo quanto riportato: «parere favorevole per l'edificio di fondo, mentre per le due costruzioni laterali è dell'avviso di consentire solo il piano terra e il primo piano. Per le botteghe, sul Corso Italia, la Commissione ha espresso pure parere favorevole» 8. Si apprende inoltre che la villa nel 1967 non era ancora sottoposta a vincolo 9, ai sensi della Legge 1 Giugno 1939, n.1089, Tutela delle cose d'interesse Artistico o Storico, né la zona risultava compresa nell'area del centro vincolata, ai sensi della Legge 29 Giugno 1939, n. 1497, Protezione delle bellezze naturali, ragion per cui la Soprintendenza di Catania aveva autorizzato la sistemazione di un terreno attiguo alla residenza di Basile da adibire ad arena cinematografica. Eppure, nonostante le avverse vicende, Villa Manganelli rimane un'opera in grado di sfidare la sorte e il tempo: la poetica del Basile, intessuta di Liberty e Modernismo, vi trova piena applicazione, con alcune varianti vernacolari che la rendono una perla nel panorama architettonico nazionale. Basile vi lavora negli stessi anni che lo vedono impegnato sul fronte di un importante cantiere, quello di Montecitorio 10, all'apice di un percorso capitolino denso di incarichi, non ultimo quello di docente presso la Regia Scuola di applicazione per Ingegneri 11. Gli anni del soggiorno romano costituiscono per lui una straordinaria occasione, scanditi dalla partecipazione a grandi concorsi nazionali, come dimostrano le quattro diverse versioni elaborate per il Palazzo di Giustizia di Roma e le due per il Palazzo del Parlamento 12. Ma non solo. Quando Basile giunge nella Capitale trova un ambiente artistico molto vivace: Nino Costa è promotore di una corrente simbolista di matrice anglosassone, nata sulle orme dell'Aesthetic Movement e riunita intorno a un circolo di pittori, proprio come nella Confraternita Preraffaellita, da cui riprende stile e soggetti. Così nel 1886, l'architetto, ormai inserito nella società capitolina, assiste al debutto del gruppo In Arte Libertas 13, accompagnato da un evento molto atteso: una mostra nella quale figurano i più noti esponenti preraffaeliti, tra cui Dante Gabriele Rossetti 14, Edward Burne-Jones e Arnold Böcklin. In questa Roma fin de siècle 15, Basile ha modo di respirare un clima di grande fervore culturale, complice la raffinata attività editoriale promossa da riviste come «Il Convito» e «Cronaca bizantina», che contribuirono alla diffusione di tendenze decadenti ed estetizzanti. Nella città eterna avviene il fortunato incontro con Giulio Aristide Sartorio 16 (Fig. 2)

Fig. 2 - Giulio Aristide Sartorio ed Ernesto Basile nel cantiere dell'aula di Montecitorio (Foto cortesia Archivio Eredi Giulio Aristide Sartorio)
Fig. 2 - Giulio Aristide Sartorio ed Ernesto Basile nel cantiere dell'aula di Montecitorio
(Foto cortesia Archivio Eredi Giulio Aristide Sartorio)

straordinario interprete di ideali patriottici, ben espressi nell'Aula di Montecitorio dal suo fregio - cinquanta pannelli realizzati a encausto – in perfetto pendant con l'architettura di Basile 17. Il periodo romano resta dunque imprescindibile per comprendere appieno il suo iter progettuale, messo alla prova dai vari esiti concorsuali e sollecitato dal contatto con i più noti interpreti del mondo culturale, pronti ad accogliere ciò che accadeva in ambito internazionale. Il legame con Roma segnerà d'ora in poi il linguaggio del maestro, anche nel caso di opere edificate al di fuori dall'Urbe, come la dimora del principe Manganelli: una sorta di anticipazione, in scala minore, di stilemi architettonici adottati nel più noto Palazzo del Parlamento. A conferma di ciò, oltre a una puntuale corrispondenza cronologica, vi sono una serie di analogie linguistiche che rendono chiara la liaison Manganelli-Montecitorio, non ancora evidenziata dalla vasta bibliografia dedicata all'architetto palermitano 18. Affinità che emergono certamente dal confronto degli impaginati prospettici, ma non si limitano al lessico architettonico, abbracciando piuttosto ogni ambito della progettazione, con un comune denominatore: la regia attenta di Basile. Entrambe le opere inaugurano infatti l'ultima grande stagione modernista dell'architetto, nella quale si consolidano cliché e sperimentazioni precedenti, nel tentativo di giungere sì a un linguaggio nazionale ma di ampio respiro europeo. In questo contesto il dialogo tra Roma e Catania si fa serrato: i due cantieri sono espressione di un'architettura sempre più monumentale e celebrativa, declinata senza alcuna défaillance ai vari registri, dalla residenza signorile al palazzo pubblico. In altri termini, la dimora etnea sembra fungere da preziosa palestra progettuale che accompagnerà Basile nel più noto ampliamento di Montecitorio. La tipologia del villino, ampiamente presente nel repertorio di Basile, viene dunque rivista e corretta, nel caso di Catania, alla luce della coeva esperienza capitolina. Le dimensioni della dimora sono imponenti, l'attenzione ai dettagli strutturali, materici, decorativi, è come sempre massima. Ne scaturisce un impatto visivo scenografico, senza precedenti, inquadrato da due torri simmetriche e da un ingresso monumentale, che rende Villa Manganelli un unicum nel comprensorio catanese, frutto di una poetica matura, fortemente influenzata dall'ambiente romano. Il periodo in questione si concentra nell'arco di un decennio: nel 1902 Basile riceve dal ministro dei Lavori Pubblici Nicola Balenzano la chiamata diretta per l'esecuzione della nuova ala del Parlamento, il progetto esecutivo viene redatto entro il 1908, e l'Aula dei Deputati inaugurata solo nel novembre del 1918 19. A Catania la commessa giunge nel 1907, il progetto definitivo è consegnato nel 1913 e nel 1914 la villa si presenta compiuta, almeno all'esterno, in una foto dell'epoca (Fig. 3)

Fig. 3 - Catania, Villa Manganelli in una foto d'epoca (1914 circa)
Fig. 3 - Catania, Villa Manganelli in una foto d'epoca (1914 circa)

Gli anni tra il 1907 e il 1918 sono dunque cruciali: coincidono con la grande notorietà dell'architetto, impegnato nella fase di chiusura della fabbrica di Montecitorio e nei cantieri di Catania e Palermo (dove nel 1914 realizza il Kursaal Biondo), caratterizzati da una netta svolta accademizzante rispetto alla parabola modernista. In questo contesto il progetto della villa catanese appare emblematico, riproponendo una vera e propria summa dei temi prediletti dal Basile, egregiamente evidenziati da Paolo Portoghesi.

Basile riprende molti dei suoi temi prediletti, la torre, il triforio, i nastri tesi dei marcapiani, la raggiera di conci, la cornice retta da mensole, la dentatura dei bugnati angolari, trattandoli con una accuratezza resa possibile da un alto magistero esecutivo. Tipica invenzione specifica del palazzo è la mensola angolare che spezza la cornice e lo stesso parapetto sovrastante. Mensola e voluta nello stesso tempo, essa si sdoppia in alto con un rigore grammaticale che ricorda, in un contesto tanto diverso, il palazzo Stoclet di Josef Hoffmann 20.


Procedendo per ordine, la raggiera bugnata, ripresa probabilmente dal fiorentino Palazzo Pandolfini di Raffaello, è ampiamente utilizzata dall'architetto in molte delle sue opere, non ultima a Montecitorio, come mostra la documentazione conservata presso l'Archivio Storico della Camera dei Deputati 21. Qui Basile dà prova di far sua la lezione dei maestri senza cadere in sterili ripetizioni, ma adattandola piuttosto a un nuovo linguaggio. Come sottolineato dalla critica dell'epoca:

Ernesto Basile ha voluto nello stile separare il vecchio palazzo da quello nuovo. Egli è uno dei pochi architetti nostri convinti che le imitazioni dei vecchi stili e le ricostruzioni pazienti dei vecchi edifici sono esercitazioni di vuota retorica. Altro è il tempo del Bernini, altro il tempo nostro; e l'arte per essere viva, vuole, egli dice essere nuova. La sua norma è «Pensare, in quanto è possibile, cogli antichi, ma non parlare con la loro lingua, parlar con la nostra 22».


A Firenze l'Urbinate circoscrive la raggiera e il bugnato al solo rettangolo del portale di accesso, nell'impianto di Basile, invece, il motivo diviene spunto compositivo reiterato al di sopra delle finestre, alternato da una fascia di bugnato orizzontale che prosegue lungo tutto il piano di ingresso (Fig. 4)

Fig. 4 - Roma, Palazzo di Montecitorio, prospetto su Piazza del Parlamento (Foto cortesia Bibiana Borzì)
Fig. 4 - Roma, Palazzo di Montecitorio, prospetto su Piazza del Parlamento
(Foto cortesia Bibiana Borzì)

La presenza del bugnato oltrepassa dunque la valenza scultorea dell'architettura rinascimentale, assumendo in questo caso un aspetto funzionale: rendere meno visibili i giunti verticali che separano la pietra. Soluzione già adottata nel Palazzo Municipale di Licata (1904) che mostra, in particolare al piano terra, molte affinità stilistiche con il progetto della nuova sede parlamentare, segno che il modus operandi dell'architetto palermitano procede per “sedimentazione” con la ripresa di motivi già in parte consolidati. Prassi che trova ulteriore conferma nella lettura dei disegni: i prospetti di Montecitorio (Fig. 5)

Fig. 5 - Ernesto Basile, Ampliamento del palazzo. Prospetto nord. Prospetto del fronte est del nuovo fabbricato. Profilo della parte residua del palazzo berniniano, disegno, Fondo Basile, copyright Archivio Storico Camera dei Deputati, Roma
Fig. 5 - Ernesto Basile, Ampliamento del palazzo. Prospetto nord. 
Prospetto del fronte est del nuovo fabbricato. Profilo della parte residua
del palazzo berniniano, disegno, Fondo Basile,
copyright Archivio Storico Camera dei Deputati, Roma

e Villa Manganelli (Fig. 6),

Fig. 6 - Ernesto Basile, Prospetto principale di Villa Manganelli, versione definitiva, disegni, tav. VII, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo
Fig. 6 - Ernesto Basile, Prospetto principale di Villa Manganelli, versione definitiva,
disegni, tav. VII, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo

messi a confronto, evidenziano infatti innegabili analogie formali e linguistiche: torri laterali, scalinata di accesso, conci radiali, accomunati sì da un medesimo ritmo compositivo, ma diversamente interpretati e adattati al contesto. Così, se nella residenza catanese ritroviamo gli archi a conci radiali che delimitano scenograficamente le aperture del pian terreno, l'architetto introduce comunque una variatio. Nella Capitale la scelta dell'arco a tutto sesto non può che apparire obbligata, misurandosi con la tradizione costruttiva romana, a Villa Manganelli, invece, il profilo diviene a sesto ribassato con una chiave di volta che oltrepassa ampiamente la ghiera (Fig. 7),

Fig. 7 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale, particolare del piano terra (Foto cortesia Luca Mangano)
Fig. 7 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale, particolare del piano terra
(Foto cortesia Luca Mangano)

vezzo stilistico per imprimere movimento al prospetto. Allo stesso modo, pilastri e torri, protagonisti indiscussi del lessico di Basile, assumono valenze simboliche e caratteristiche architettoniche differenti, in base al luogo nel quale vengono inseriti, a conferma di una poetica molto sensibile al genius loci. Ragion per cui, a Roma le due torri che incorniciano l'edificio su Piazza del Parlamento (Figg. 8-9)

Fig. 8 - Ernesto Basile,  Prospetti del nuovo edificio. Attico dei prospetti e ultima elevazione dei torrioni. Prospetto principale - parte sinistra. Stralcio dei prospetti dei quattro fronti dell'attico dei torrioni quotato con filari e conci in pietra numerati; sezione orizzontale della parete medesima, disegno su carta da lucido, Fondo Basile, copyright Archivio Storico Camera dei Deputati, Roma
Fig. 8 - Ernesto Basile, Prospetti del nuovo edificio. Attico dei prospetti e ultima
elevazione dei torrioni. Prospetto principale - parte sinistra. Stralcio dei prospetti
dei quattro fronti dell'attico dei torrioni quotato con filari e conci in pietra numerati;
sezione orizzontale della parete medesima, disegno su carta da lucido,
 Fondo Basile, copyright Archivio Storico Camera dei Deputati, Roma



Fig. 9 - Roma, Palazzo di Montecitorio, prospetto su Piazza del Parlamento, particolare con torrino angolare (Foto cortesia Bibiana Borzì)
Fig. 9 - Roma, Palazzo di Montecitorio,
prospetto su Piazza del Parlamento, particolare con torrino angolare
(Foto cortesia Bibiana Borzì)

rispondono a una esigenza specifica: rendere chiaro e riconoscibile lo spazio laico, sostituendosi alla cupola largamente diffusa nel panorama capitolino. Mentre a Catania i torrini angolari ruotati di 45° (Fig. 10)

Fig. 10 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale, particolare con torrino angolare (Foto cortesia Luca Mangano)
Fig. 10 - Catania, Villa Manganelli, prospetto principale, particolare con torrino angolare
(Foto cortesia Luca Mangano)

costituiscono un riuscito escamotage per incorniciare la dimora e allargare visivamente l'accesso principale.

Roma e Catania sono dunque al centro di un serrato dialogo architettonico che, oltrepassando gli angusti confini dell'architettura locale, è già proiettato verso una dimensione sovrannazionale. Merito di Basile, regista perfetto, grande conoscitore di William Morris, mutuato dalla lezione paterna, e attento osservatore delle pratiche progettuali d'oltralpe. L'architetto palermitano, infatti, non rimane estraneo alle suggestioni Art Nouveau, ma le interpreta in chiave personale, lontano da stereotipi compositivi 23. Ecco perché il coup de fouet, la linea serpentina protagonista della stagione liberty, acquista con lui nuovo carattere. Da spunto compositivo diviene elemento strutturale, come nel caso della particolare mensola angolare (Fig. 11),

Fig. 11 - Catania, Villa Manganelli, prospetto laterale, particolare con mensola angolare (Foto cortesia Luca Mangano)
Fig. 11 - Catania, Villa Manganelli, prospetto laterale, particolare con mensola angolare
(Foto cortesia Luca Mangano)

pensata ad hoc per la villa catanese, che spezza la cornice e il parapetto sovrastante, divenendo al contempo mensola e voluta, elemento caratterizzante del fronte centrale. Una trovata certamente originale, messa a punto nella dimora etnea, dove l'architetto appare per certi versi più incline a reinventare il proprio bagaglio espressivo, con un'attenzione al dettaglio che non si smentisce, ma rimane prioritaria, sia nelle commesse private che in quelle istituzionali.

All'interno del suo Architettura. Dei suoi principii e del suo rinnovamento, scritto a Roma nel 1882, rimasto incompiuto sotto forma di manoscritto, il giovane Ernesto aveva affrontato temi chiave dell'architettura, quali: le origini, gli elementi, le linee. Non sorprende dunque che, in pieno clima modernista, egli si sia soffermato sulla linea curva, evidenziandone gli effetti di armonia scaturiti dal suo impiego.


Le linee curve, per la natura loro, che negli andamenti e nel succedersi variato ritiene sempre del finito, esprimono invece la grazia, la delicatezza, la dolcezza; attenuano la forza, ammorbidiscono ciò che è duro, ingentiliscono ciò che è rigido. E le superfici curve partecipano di tutte queste loro qualità 24.

Ancora, una flora stilizzata corre al di sopra delle finestre poste al primo piano della dimora catanese, un groviglio di steli, foglie, fiori, ripresi certamente dal repertorio liberty, pur con le dovute varianti, a conferma della ricerca compiuta dall'architetto in termini di linguaggio. Una vegetazione sintetica ed elegante, la stessa che ritroviamo a Montecitorio: dai rosoni delle grate in ferro battuto, ai boccioli sulla base degli avancorpi, ai festoni scolpiti sulla balaustra della scalinata. Un variegato catalogo fitomorfo – con loti, edere, ninfee, gigli, germogli, simboli di rinascita e annuncio di un futuro ormai prossimo – tratto sì dall'osservazione diretta della natura ma rielaborato dalla matita di Basile, egregio e acuto disegnatore e acquarellista, come molti della sua generazione. I numerosi elaborati prodotti per il Palazzo del Parlamento 25 e per Villa Manganelli 26 testimoniano non solo la predilezione per il disegno, considerato strumento di studio e analisi imprescindibile nella progettazione di Basile, ma anche la cura per il dettaglio, congeniale a un architetto che crede fermamente nel binomio struttura-decorazione.

Disegno dal vero piante e fiori e la mia piccola villetta è, si può dire, destinata solo a fornirmi elementi vegetali e floreali per la mia arte; ma non ne stilizzo, nel senso proprio della parola alcuno. Componendo liberamente trovo le forme che mi abbisognano, che sono verosimili, ma non vere. Non saprei comporre copiando una data pianta e avendone dinanzi i disegni, anche fatti da me stesso 27.

Se la linea curva è ampiamente utilizzata dall'Art Nouveau 28, Basile mostra di procedere sulla scorta di una propria autonomia creativa, in particolare per ciò che riguarda la tipologia del nastro teso, una costante stilistica reiterata con successo sia nelle committenze private che in quelle pubbliche. Una natura rigogliosa ricorre spesso nelle membrature orizzontali utilizzate dall'architetto come dei veri propri nastri, dei tiranti, che suggeriscono visivamente un effetto di dilatazione prospettica, intersecandosi con equilibrio tra i partiti verticali e orizzontali delle facciate. A questo tema Basile giunge in modo graduale, dopo averlo studiato e praticato graficamente, in occasione di etichette o carte intestate, di gran moda al suo tempo. Un particolare che fa luce su una prassi progettuale omnicomprensiva, propria di un'architettura che diventa sartoriale, concepita nei minimi dettagli, dalla struttura, all'interior design, fino alla grafica pubblicitaria. Basile, con grande nonchalance si muove tra i vari registri, è un eccellente direttore e ha il controllo totale delle sue maestranze, un'equipe di artisti, decoratori, ebanisti, che lo affianca nei numerosi cantieri. Ciò implica conoscenza e selezione attenta dei materiali, fondamentali nella pratica professionale, a prescindere dalla loro importanza. Se nel Palazzo del Parlamento l'architetto recupera materiali tipici della tradizione costruttiva romana - marmo bianco di Subiaco e laterizi rossi, con una bicromia di ascendenza classica - a Catania preferisce far uso di altri rivestimenti, come la pietra calcarea e la pietra lavica. L'impiego del basalto etneo, assente dal consueto repertorio di Basile, costituisce infatti uno dei tratti distintivi della residenza catanese, chiaro omaggio al territorio e alle sue risorse materiche. Il riferimento all'antico Castello Ursino, con possenti mura in pietra lavica, è presto svelato, a partire dalle imponenti dimensioni del palazzo, certamente generose per una residenza privata, che lo rendono simile a un piccolo maniero, rivisitato in chiave contemporanea. Ma non solo. La conferma giunge dall'analisi del corpus archivistico. A margine di un disegno dedicato al prospetto della villa, Basile realizza uno schizzo sintetico della mole federiciana (Fig. 12),

Fig. 12 - Ernesto Basile, Prospetto principale Palazzina Manganelli, disegni, tav. I, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo
Fig. 12 - Ernesto Basile, Prospetto principale Palazzina Manganelli,
disegni, tav. I, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo

una sorta di promemoria visivo che gli consenta di mostrare graficamente, forse al committente, l'idea di fondo e il gioco di rimandi presenti nel progetto. Un indizio significativo, che avvalora, ancora una volta, l'attenzione dell'architetto verso il territorio, e il proposito di dar vita a un'opera maestosa, degna di un principe. Una dimora lussuosa e confortevole al tempo stesso, che offra al nobile Manganelli l'opportunità di apparire sulla scena urbana con tutti gli onori del caso. Ciò spiega la presenza di raffinati arabeschi, impreziositi da decori in oro zecchino realizzati dall'artista Vincenzo Gibilisco. La serie di mattonelle disposte a mosaico è ancora visibile in facciata, in particolare sul fronte principale: al di sotto dell'attico segue un ritmo costante, al piano nobile appare tra gli intagli floreali degli archi di coronamento delle portefinestre. Dettagli che permettono alle opere basiliane di aprirsi a un contesto internazionale, dove la decorazione ceramica, con una variegata palette cromatica, trova largo impiego, dai rivestimenti murari alla produzione di oggetti di design. Caratteristica principale di questi decori, oltre all'impiego dell'oro, è la stilizzazione dei soggetti rappresentati, tratti per lo più dal mondo vegetale, che giunge in alcuni casi alla completa astrazione, vicina a esiti di ambito simbolista, con in testa Gustav Klimt. Si tratta quasi sempre di ceramiche smaltate policrome, modellate a stampo con decorazione a rilievo, esempio di una produzione seriale di altissimo livello qualitativo, grazie alla diretta partecipazione di artisti, grafici e architetti. Dal punto di vista cronologico, del resto, Basile attraversa in pieno la parabola modernista, come altri colleghi nati tra il 1850 e il 1860: Arthur Mackmurdo (1851), Antoni Gaudí (1852), Louis H. Sullivan (1856), Hendrik Petrus Berlage (1856), Victor Horta (1861), Henry van de Velde (1863), solo per citarne alcuni. Una generazione fortunata, che ha scritto un pagina importante della storia dell'architettura, muovendosi sui passi di Moderne Architektur (1885) di Otto Wagner, a capo di una delle più importanti scuole dell'epoca, la Wagnerschule, che avrà un ruolo decisivo nel rivoluzionare la cultura progettuale in tutta Europa, Italia compresa. Questo prezioso bagaglio intellettuale emerge chiaramente nelle architetture di Basile, in particolare nelle opere che mostrano una perimetrazione articolata, ben espressa nel Villino Florio 29, e riformulata a Villa Manganelli 30. Diversamente da quanto accade nella serie delle ville bianche, di cui fa parte il palermitano Villino Ida, residenza privata dell'architetto, casa-manifesto, caratterizzata da un'impaginazione euritmica dei partiti architettonici, a Catania l'articolazione dei volumi segue un andamento del tutto diverso. La villa offre allo sguardo molteplici panorami, ogni fronte è trattato come un organismo assestante che ritrova armonia nel quadro d'insieme pensato da Basile. Se la facciata principale è caratterizzata dallo scalone monumentale, proprio come nel prospetto di Montecitorio, il resto dei volumi presenta un caleidoscopio stilistico, diversificato tenendo conto delle reali esigenze abitative e del comfort domestico. A questo scopo il prospetto nord, sul lato interno, è deputato a una fruizione privata, e presenta dunque un numero maggiore di aperture, finalizzate a rendere gli ambienti più areati e luminosi. Ciò spiega anche la presenza di un terrazzo al piano nobile e di una torre quadrangolare poco visibile dall'accesso principale, caratterizzata da numerose finestre e da una copertura in ardesia. La dimora sembra dunque “svelarsi” gradualmente all'osservatore più accorto, grazie a un complesso sistema di articolazioni dei fronti, enfatizzato dalle imponenti dimensioni dell'edificio. La configurazione planimetrica, giocata su un'enfilade di scenografici saloni, è congeniale alle esigenze celebrative e ricettive della committenza e ruota intorno a un atrio centrale coperto da un velario. Velario che non a caso ritroviamo nell'Aula dei Deputati, impreziosito da una fitta trama decorativa realizzata dalla ditta Beltrami. Un tripudio di ghirlande, nastri e stilemi floreali, elogio della linea curva, interpretata dal maestro con grande eleganza, sulle orme di illustri esempi, si pensi al lucernaio disegnato da Victor Horta per l'Hotel Van Eetvelde a Bruxelles. A confronto l'opera di Basile, inquadrata da una struttura a raggiera, appare certamente più imponente. Studiata per offrire calda luminosità all'ambiente diviene un filtro tra interno ed esterno dell'edificio. Sempre a Roma, nel quartiere Sallustiano, il Villino Rudinì (1906), presenta una planimetria analoga: i vani ruotano intorno a una hall centrale chiusa da un lucernaio. La residenza, progettata da Basile per il marchese palermitano Antonio Starabba di Rudinì, coniuga con grande maestria caratteri rinascimentali con quelli del più moderno Liberty. L'asse centrale del prospetto è caratterizzato da un portico a tre arcate concluso in alto da un balcone al piano nobile, proprio come accade sul lato est di Villa Manganelli. Sia l'architettura residenziale che quella pubblica seguono dunque il principio della progettazione integrale e dell'unità stilistica, ben evidenti nelle opere prese in esame, dove massima è l'importanza riservata ai dettagli formali, resa possibile dalla supervisione di Basile e dalla squadra di fidati collaboratori che lo affiancarono in cantiere. Nell'Aula dei Deputati l'architetto commissionò alla ditta Ducrot 31 la realizzazione degli arredi e delle boiserie mentre a Catania la decorazione interna, ormai perduta, fu eseguita da Salvatore Gregorietti 32. Si trattò sempre di collaborazioni collaudate, come nel caso del fortunato binomio Basile-Ducrot: dai raffinati interni di Villa Igiea 33, alla partecipazione a importanti expo internazionali, tra l'architetto e l'azienda si realizzò un'intesa perfetta. Sarà l'Esposizione di Torino del 1902 34 a premiare questo sodalizio con il Gran Diploma d'Onore conferito per la serie denominata “Tipo Torino” 35: mobili caratterizzati da semplicità e rigore formale, portatori di un nuovo linguaggio e di una moderna idea di produzione a costi contenuti. Anche Gregorietti fece parte dell'entourage di Basile e come tale fu chiamato a realizzare numerose decorazioni, soprattutto in ambito palermitano. Il Villino Ida, o il salone di casa Lemos, sono pregevoli esempi di architettura d'interni, con arredi, cą va sans dire, usciti dal mobilificio Ducrot. Questi aspetti mostrano un orientamento che, in linea con le contemporanee tendenze moderniste, considera il progetto come opera d'arte totale. Lo testimoniano tutte le residenze firmate da Basile, dove emerge anche una netta propensione alla progettazione di spazi verdi. L'architetto riesce a coniugare la tipologia del giardino inglese con gli scenografici percorsi dei giardini all'italiana. Questa sensibilità per il paesaggio, molto in voga tra Ottocento e Novecento, deriva in parte dall'insegnamento paterno, ma svela anche un retroterra normanno, quasi scontato per un architetto nato e cresciuto a Palermo. La presenza di questi motivi funziona come preciso segnale di rivendicazione autonomista, ossia si configura come tentativo di affermare l'autonomia culturale e creativa nel solco della tradizione siciliana. Un background che affiora in più occasioni, si pensi all'Esposizione Nazionale del 1911 a Roma 36, dove le celebrazioni, concentrate all'interno della Mostra Etnografica e della Mostra Regionale, mostrano al pubblico i caratteri architettonici siculo-normanni, ben espressi dal Padiglione Siciliano, identificato come La piccola Cuba. Del resto, il giardino creato per l'otium e la meditazione, non è mai secondario nell'architettura palaziale di epoca normanna, come mostrano il Castello della Zisa o il Palazzo della Cuba a Palermo 37. Basile si riappropria di questo repertorio e di atmosfere orientaleggianti 38, non solo dal punto di vista formale – attraverso la ripresa di forme ottagone, archi moreschi, cupole emisferiche – ma sposandone la filosofia, e in particolare il concetto di comfort. Ecco perché, elementi quali l'orientamento spaziale, la funzionalità planimetrica, la presenza di giardini, sono centrali nella sua progettazione. Sempre in quest'ottica va letta la predilezione per alcune essenze esotiche e mediterranee, come la palma, prevista nelle aiuole che circondano casa Manganelli. È un disegno di Basile 39 a mostrare l'impianto del parco esterno della villa. Qui il richiamo al giardino formale di ispirazione tardo rinascimentale appare evidente, con un concept già moderno: il tracciato sinuoso, che su carta ricorda le fattezze di un gioiello liberty, è in realtà funzionale sia al transito delle autovetture, sia ad addolcire il dislivello su cui sorge la fabbrica. Aspetti ampiamente indagati da maestri delle successive generazioni, quali Le Corbusier, o il nostro Ponti, che confermano l'originalità della poetica di Basile, tesa sempre tra presente e passato. Perché ogni aspetto, nessuno escluso, trova piena compiutezza nell'architettura di Basile, dispar et unum, letteralmente diverso e unico, come il motto sibillino incastonato sul portale d'ingresso di Villa Ida 40, che ben descrive le caratteristiche del suo padrone di casa.

                   
                   
                   

NOTE

1 Si tratta di un documento molto importante per ricostruire l'evoluzione urbanistica della città, che l'autore, Sebastiano Ittar, dedica a Sua Maestà Ferdinando II Re delle Due Sicilie. La raffigurazione topografica si caratterizza per la presenza di importanti scorci cittadini, inseriti all'interno di riquadri: Porta Ferdinanda, Piazza del Duomo, Piazza degli Studii, Piazza Stesicorea e Piazza di S. Filippo. Un'opera complessa, come mostrano i numerosi rimandi, 188 in tutto. Nell'Indice l'autore include: le Porte della Città Esistenti, le Porte della Città non più Esistenti, le Fortificazioni, le Antichità, i Musei ed i Gabinetti, gli Offici Pubblici, le Opere di Pubblica Educazione e Spedali, le diverse tipologie di Chiese e Istituti religiosi (monasteri e conventi). La celebrazione della città si conclude con la Tavola Cronologica d'alcuni Fatti Memorandi per Catania, dove vengono riportati anche gli eventi sismici più significativi per il capoluogo etneo. Una copia della Pianta, incisa su rame, si conserva presso le Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero di Catania.

2 «Le linee di ambito, o di circonvallazione, o di cinta, che dir si vogliano, quelle strade lunghe e ampie, spesso alberate, che devono servire il limite alla parte urbana e di separazione tra questa e la suburbana, nascono col piano di ampliamento e ne sono la più diretta ed utile conseguenza», in Gentile Cusa 1888, p. 401.

3 Per la storia della famiglia Florio, protagonista della Belle Époque siciliana, cfr. Giuffrida, Lentini 1986.

4 Cfr. Lo Nardo 1995, e Mauro, Sessa 2014, pp. 9-28.

5 Il graduale deperimento della fabbrica e il suo attuale stato di conservazione, è stato analizzato, anche attraverso studi, disegni e rilievi, da Vincenzo Sapienza, cfr. Sapienza 2004, pp.109-137.

6 Il teatro Piccadilly distrutto da un violento incendio, in «La Sicilia», 21 gennaio 1981.

7 «Il prestigioso edificio (1907) perde molto (e qualche anno fa stava per perdere tutto a causa di un incendio doloso) per la collocazione poco felice in cui si è venuto a trovare. Stretto com'è dalle costruzioni che lo chiudono in parte ai fianchi, non si offre più come all'epoca della sua inaugurazione, ad una più ricca, totale comprensione visiva, nell'articolata unità del proprio organismo architettonico. […] In ogni caso, il prospetto principale non esaurisce la lettura dell'intero edificio, che invece deve essere guardato girandogli attorno, e farsi scoprire come una complessa macchina architettonica variamente articolata nell'animato gioco delle balconate, torri e torrette, logge e terrazze. Un organismo che va goduto da tante prospettive.» in Rocca 1984, p. 24.

8 Comune di Catania, V° Ripartizione Servizi Tecnici, prot. n. 17592 del 25-01-1958, Archivio Storico Comunale, Catania.

9 Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Orientale, Catania, prot. n. 2471 del 30-05-1967, Archivio Storico Comunale, Catania.

10 Cfr. Portoghesi, Mazzantini 2009.

11 L'importanza dell'attività didattica di Ernesto Basile è sottolineata da Ettore Sessa :« […] alcuni segnali sembrerebbero assegnare alla presenza di Ernesto Basile un ruolo non indifferente nella promozione del nuovo indirizzo culturale degli anni Ottanta di parte della Regia Scuola romana, nel quale assume particolare rilevanza l'attivazione di iniziative volte allo studio delle architetture storiche; ne sono prova, oltre alle conferenze e alle visite guidate (e alle campagne di rilievi), i viaggi di istruzione di quegli anni che, organizzati da Basile, oltre alle visite di rito agli stabilimenti industriali, ai cantieri di infrastrutture all'avanguardia e alle opere concepite secondo i più avanzati progressi nel campo della produzione edilizia dei tempi, comprendevano, oramai quasi in prevalenza, sopralluoghi conoscitivi presso testimonianze monumentali (antiche, medievali e moderne) e anche presso rilevanti insediamenti di architettura spontanea o di contesti urbani medievali. Come il padre, al cui programma didattico doveva buona parte della sua formazione, Ernesto Basile assegna un ruolo non indifferente allo studio della storia dell'architettura, all'interno del corso biennale di Architettura Tecnica. Il suo programma comprendeva infatti una parte dedicata alla storia dell'architettura, sotto la più convenzionale intitolazione “Stili architettonici”, oltre alle parti intitolate “Composizione degli edifici”, “Elementi delle fabbriche” e “Condotta tecnica e amministrativa dei lavori”.» in Mauro, Sessa 2014, p. 30.

12 Le vicende concorsuali che vedono impegnato Basile durante la sua permanenza a Roma sono ricostruite, anche attraverso un cospicuo corpus di disegni, in Mauro, Sessa 2000.

13 L' esordio della società In Arte Libertas, raccolta intorno alla figura di D'Annunzio, è ricostruito in Damigella 1982, pp.61-74.

14 Uno dei contributi più recenti che esamina il rapporto tra i Preraffaeliti e l'Italia è Benedetti, Frezzotti, Upstone, 2011.

15 Per cogliere l'atmosfera di questa Roma fin de siècle, con particolare riferimento al fenomeno del dannunzianesimo, cfr. D'Anna 1996.

16 Per una panoramica esaustiva sul fregio cfr. Miracco 2007. Per approfondire l'opera di Giulio Aristide Sartorio cfr. Mantura, Damigella 1989.

17 « […] è interessante notare la cura con cui l'architetto seleziona gli artisti esecutori dei cicli decorativi delle sue opere. Bergler a Palermo, Sartorio a Roma, sono egregi rappresentanti di una pittura tecnicamente ineccepibile, intrisa di influenze simboliste, decadenti, e aperta a cogliere le nuove istanze liberty. In altre parole, questi artisti entrano in simbiosi perfetta con la poetica dell'architetto palermitano e con i suoi orientamenti stilistici e progettuali. Il binomio architettura-pittura, centrale nella visione di Basile, crea dunque sodalizi fortunati, e dà vita a capolavori che, oltrepassando gli angusti limiti regionalistici, si aprono a scenari internazionali e cosmopoliti. È questo uno dei meriti certamente riconosciuti all'architetto palermitano.», in Borzì 2016, p. 28.

18 Per un'ampia ricognizione documentaria delle opere di Ernesto Basile, cfr. Caronia Roberti 1935, e De Bonis, Grilli, Lo Nardo 1980 .

19 Vittorio Emanuele Orlando, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, il 20 novembre 1918, inaugura la Nuova Aula dei Deputati, con una memorabile seduta. Queste le sue parole: «Le mie labbra tremano della più viva commozione nel darvi questo annunzio, che significa l'epilogo di un secolo di dolori, di persecuzioni, di martirii, di cospirazioni, di insurrezioni, di guerre, di opere di sagaci uomini di Stato. […] E me felice di darlo in quest'Aula, nella quale ben presto saranno con voi, nei seggi già da tempo predisposti, gli eletti delle nuove provincie liberate dal gioco straniero, a dettare leggi e provvidenze degne di destini della più grande patria, dei suoi doveri, e della causa della libertà, della civiltà, e della giustizia umana, a cui essa è consacrata!», Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Tornata del 20 novembre 1918.

20 Paolo Portoghesi, scheda Catania, palazzo Manganelli, 1907, in De Bonis, Grilli, Lo Nardo 1980, p. 200.

21 L'archivio conserva la documentazione che nel 2000, provenendo dall'Ufficio Tecnico di Montecitorio, è stata trasferita presso l'Archivio Storico della Camera dei Deputati, al fine di ordinarla e renderla fruibile alla ricerca. Il “fondo Basile” si compone di diversi dossier. Al suo interno confluiscono infatti materiali cartografici antecedenti al 1902 (anno in cui l'incarico per l'ampliamento di Montecitorio e la realizzazione dell'aula del Parlamento viene ufficialmente affidato a Basile), il corpus documentario che dal 1902 al 1928 riguarda l'intervento di Basile (dunque disegni ed elaborati realizzati dall'architetto e dai suoi collaboratori nel corso dei 26 anni di cantiere), e infine documenti posteriori al 1928, relativi all'aggiornamento impiantistico e tecnologico del Palazzo.

22 Ojetti 1913, p. 977.

23 «L'adesione all'art nouveau costituisce per Ernesto un momento di grande tensione creativa in cui si liberano nella sua mente energie che nelle precedenti esperienze erano rimaste inibite; ma è anche vero che in questa fase del suo lavoro, dopo l'entusiasmo iniziale, trovano modo di reintrodursi temi di ricerca già sviluppati e soprattutto trova il modo di acquistare respiro e continuità la sua rilettura della tradizione, la sua ricerca delle radici.», Paolo Portoghesi, Il linguaggio di Ernesto Basile, in De Bonis, Grilli, Lo Nardo 1980, p.11.

24 Basile 1882, p. 69.

25 Disegni e studi per il Palazzo di Montecitorio sono conservati principalmente presso l'Archivio Storico della Camera dei Deputati, Roma, l'Archivio Centrale dello Stato, Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione Generale dell'Edilizia, Roma, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo, e l'Archivio della Famiglia Basile, Palermo.

Si ringrazia l'Archivio Storico della Camera dei Deputati per la preziosa collaborazione fornita.

26 Disegni e studi per Villa Manganelli sono conservati presso la Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo, e l'Archivio della Famiglia Basile, Palermo.

27 Basile 1913.

28 Per una lettura globale del periodo cfr. Vinca Masini 1976.

29 Cfr. Mauro 2000.

30 Come sottolineato da Ettore Sessa, a villa Manganelli l'architetto Basile «non senza un difficile iter progettuale, riesce a coniugare aulicità e domesticità, diversificando inoltre i fronti (secondo modalità sperimentate con villa Bordonaro) in virtù della mediazione fra il sistema di scomposizione planimetrica e, quindi, di aggregazione in vari comparti compiuti dei diversi gruppi di ambienti, e lo schema compositivo centrico, bilanciato sulla disposizione in sequenza mediana di saloni rappresentativi.», Sessa 2010, p. 74.

31 Vittorio Ducrot, a Palermo, diede vita ad un'azienda leader nel settore di arredi di stampo modernista, anche grazie alla collaborazione con Ernesto Basile, che ne diviene direttore artistico dal 1902, e con noti artisti del tempo. Il mobilificio sorgeva nel palermitano quartiere della Zisa, e fu tra i primi in Europa a specializzarsi in una produzione industriale di alto livello. Cfr. Sessa 1989.

32 Per una panoramica sull'opera di Salvatore Gregorietti cfr. RUTA, VALDINI, MANCUSO, 1998.

33 «A Villa Igiea la configurazione geometrica del “salone degli specchi” e le figurazioni pittoriche, che con seducente gusto fenomenico-simbolista e con impareggiabili artifici prospettico-vedutisti coniugano metafore alchemiche, ermetismi iniziatici, risvolti numerologici, riferimenti cabalistici, rievocazioni di mitici cicli agrari ctonii, concorrono alla “struttura” di un ciclo allegorico. Sotto la regìa di Ernesto Basile, i pittori De Maria Bergler, Cortegiani e Di Giovanni realizzano uno dei rari esempi di complesso decorativo modernista in cui l'idea di “opera d'arte totale” va oltre la ricerca di “unità stilistica”. I risvolti iconologici di questo diorama della “chimica filosofale”, dissimulati in un baccanale cadenzato su morbide sensualità, assegnano a questo ambiente valenze di stazione catartica, per predisporre i frequentatori alla conquista del percorso interiore verso la salute psico-fisica.», in Sessa 2010, pp. 40-41.

34 Cfr. Bossaglia 1994.

35 L'originalità e l'eleganza del Basile designer si impose all'attenzione della critica italiana e straniera, attraverso due linee di ricerca parallele, «una per l'arredo destinato ad ambienti particolarmente rappresentativi, eseguito su commissione e volutamente irripetibile, costituito da mobili riccamente scolpiti e decorati; l'altra per l'arredo economico e di serie, improntato a linee geometriche ed essenziali e concepito non più in funzione della decorazione, ma dell'eleganza decorativa delle forme. Di questa linea di tendenza un primo esempio fu la stanza da lavoro in quercia, esposta a Torino nel 1902. I mobili di questo ambiente furono, con la denominazione “Tipo Torino”, riprodotti dalla ditta Ducrot in versione ulteriormente semplificata, in centinaia di esemplari.», in De Guttry, Maino 1994, p. 92.

36 Cfr. PIANTONI 1980.

37 Tra i contributi più recenti cfr. Hadda 2017.

38 Per uno sguardo più ampio sulla diffusione dell'orientalismo in Italia cfr. GIUSTI, GODOLI 1999.

39 Ernesto Basile, Planimetria della Palazzina Manganelli, disegni, tav. III, Collezione Basile-Ducrot, Università di Palermo.

40 «Villino Basile, compiuta espressione delle nuove esigenze abitative della borghesia, nella sua essenzialità volumetrica, appena arricchita da elementi decorativi, è forse tra le opere basiliane la più raffinata: per queste ragioni e parzialmente per l'aderenza al linguaggio austriaco si ritiene l'opera veramente valida.», in Sciarra Borzì 1982, p. 136.

                      
                      
                      
                      

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