Le
tematiche
green,
in particolare dopo la crisi causata
dall'emergenza sanitaria legata alla diffusione
del coronavirus, sono al centro dell'attuale
dibattito architettonico. Lo ha dimostrato la
17a Mostra Internazionale di Architettura di
Venezia, curata da Hashim Sarkis ,
dal titolo How
will
we live together? uno
sguardo
sul mondo dopo la pandemia, o meglio un
osservatorio sui nuovi scenari ecocompatibili,
come dimostrato dai numerosi progetti
presentati. In questa direzione l'architettura
sostenibile non costituisce solo una possibilità
ma si appresta a divenire la strada maestra per
architetti, ingegneri, designer, paesaggisti,
finalizzata a garantire maggiore benessere, nel
rispetto della salvaguardia ambientale, tema
centrale per la salute del pianeta e delle
future generazioni.
Sostenibilità,
del
resto, è stata la parola chiave
nell'ultima
edizione
del Salone del Mobile di Milano (giugno del
2022), intesa come linea d'indirizzo comune
a designer e aziende, per affrontare al
meglio le sfide imposte dalle recenti
trasformazioni ambientali e climatiche. Un
decisivo cambio di rotta che, partendo
dall'economia circolare, finisce per
abbracciare temi quali il risparmio
energetico, i materiali riciclati, le
energie rinnovabili, la responsabilità etica
e sociale dell'architettura e del design
contemporanei. Ecco perché Design
with
Nature ,
la sinuosa installazione realizzata per
l'evento milanese, con la collaborazione
dell'architetto Mario Cucinella, si è
rivelata in assoluto uno dei luoghi simbolo
del Salone 2022, ospitando talk e incontri
sul tema, professionisti e imprese del
settore. Tre i principali nuclei semantici
presenti nell'opera: la
transizione
ecologica, la casa come primo tassello
urbano e la
città
come miniera,
disposti
simbolicamente
all'interno di una grande superficie, una
sorta di micro-paesaggio, spazio ideale per
avviare un'attenta rilettura del presente,
ma soprattutto per immaginare il prossimo
futuro. E non a caso, il titolo scelto per
la mostra, cita alla lettera una pietra
miliare del movimento ambientalista, il
libro edito nel 1969 dall'architetto
paesaggista Ian McHarg ,
fondatore del Dipartimento di Architettura e
Paesaggio presso l'Università della
Pennsylvania. Il contributo di McHarg, a più
di cinquant'anni dalla sua uscita, è stato
tra i primi a proporre una relazione più
sana tra l'ambiente costruito e la natura,
mettendo in luce la responsabilità
dell'uomo, e dunque della pratica
architettonica tout
court,
nei confronti del pianeta.
Quasi
una
profezia, se si pensa che oggi al
comparto
edilizio è imputabile circa il 36% del consumo
di energia e il 39% delle emissioni di anidride
carbonica rilasciate a livello globale.
L'incidenza di questi dati mostra che puntare su
una architettura green
costituisce un punto di partenza fondamentale
per alleviare gli effetti nocivi del cambiamento
climatico in atto. Ecco perché, l'impiego di
nuovi materiali e tecnologie performanti è alla
base dell'attuale ricerca architettonica. Una
ricerca che negli anni converge sempre più nel
filone dell'architettura sostenibile, declinata
in esempi diversi, con un fine comune: mettere
in atto soluzioni innovative ed ecocompatibili
per la costruzione o il recupero di edifici. In
Italia, la tipologia del Bosco Verticale
dell'architetto Stefano Boeri
rappresenta certamente uno degli approcci più
interessanti compiuti in questa direzione, ma
non è l'unico. Se la storia dell'architettura
contemporanea e il disegno industriale mostrano
maggiore attenzione alle problematiche
ambientali, la sensibilità verso i temi del
paesaggio, della conservazione dell'ecosistema e
della biodiversità, non è nuova alla storia
all'architettura moderna. Dal genius
loci,
alla ricerca materica, al comfort abitativo,
questi temi sono stati parzialmente anticipati
dai maestri delle precedenti generazioni: dagli
architetti paesaggisti, ai principali esponenti
del Movimento Moderno, fino a esempi più antichi
che trovano radici anche nel periodo
rinascimentale. Ciò, a partire dal progetto e
dalla disposizione planimetrica, ripensati per
sfruttare al meglio la luce e l'ombra naturali,
così da limitare il consumo di energia elettrica
impiegata per riscaldamento e aria condizionata.
Da un corretto isolamento termico alla presenza
di impianti fotovoltaici, che rendano gli
edifici performanti dal punto di vista del
risparmio energetico. Dall'utilizzo di materiali
naturali (come il legno), riciclati o derivati
da processi produttivi sostenibili. Fino
all'inserimento di spazi e facciate verdi, tetti
giardino, che non solo trovano prodomi
interessanti nella storia dell'architettura, ma
costituiscono uno dei tratti distintivi della
svolta progettuale green,
con ampi margini di applicazione al contesto
contemporaneo. La presenza del verde, infatti, è
funzionale sia a migliorare la percezione
estetica dell'edificio, sia a migliorare la
qualità dell'aria respirabile, favorendo anche
la riproduzione di insetti (si pensi alle api, o
alle coccinelle) indispensabili per la tutela
della biodiversità.
Ripensare
l'architettura
e il design alla luce delle recenti
problematiche ambientali è al centro
dell'iniziativa promossa dall'Accademia di
Francia a Roma, con il Festival des Cabanes di
Villa Medici, la cui prima edizione si svolge da
maggio a ottobre 2022, nei giardini storici
della residenza medicea, con la presentazione di
quattro padiglioni architettonici sostenibili.
L'evento invita architetti, artisti, designer,
ricercatori, a riflettere sul significato del
costruire e abitare in epoca contemporanea,
all'interno di un contesto paesaggistico unico:
un giardino di matrice rinascimentale, voluto da
Ferdinando dei Medici alla fine del Cinquecento.
Questa apparente dicotomia tra contenuto e
contenitore, ovvero tra opere esposte e luogo
che le accoglie, in realtà evidenzia una liaison
molto
forte
tra presente e passato, e si traduce in un
rapporto serrato tra opere contemporanee e
contesto storico, più volte sperimentato a Villa
Medici. La dimora infatti, quasi con una
naturale vocazione all'arte, è dal 1803 sede
dell'Accademia di Francia ,
luogo par
excellence
deputato all'accoglienza di intellettuali,
artisti, studiosi, afferenti a diverse
discipline. Un tempo i fortunati borsisti
accolti in residenza dovevano rispettare regole
precise, scopo del loro soggiorno era infatti la
realizzazione di copie tratte dal repertorio
dell'arte antica e rinascimentale, da inviare
poi in Francia. Possiamo solo immaginare
l'entusiasmo di pittori, scultori, e dal 1720
architetti, giunti a Roma con il desiderio di
apprendere la lezione dei grandi maestri,
affinando così le proprie conoscenze e abilità.
Tra loro: Boucher, Fragonard, David, esempi
illustri che, insieme ai borsisti delle ultime
generazioni, testimoniano l'amore per l'arte e
per l'architettura nelle sue infinte
sfaccettature.
L'evoluzione
storica
di Villa Medici
e del suo parco, rappresenta d'altra parte un
esempio concreto, e ben riuscito, di perfetta
convivenza tra espressioni artistiche
appartenenti a linguaggi ed epoche diverse.
L'interno della residenza ospita ciclicamente
mostre ed esposizioni di arte contemporanea,
arricchendosi nel corso degli anni anche di
interventi permanenti. Si pensi a quello
realizzato nel 2015 da Claudio Parmiggiani
con un suggestivo volo di farfalle, eseguito nel
soffitto della Stanza degli amori, opera di
grande fascino e spessore poetico, perfettamente
inserita nel contesto degli ambienti
cardinalizi. Un interessante gioco di
contaminazione che da quest'anno prosegue anche
all'esterno della residenza medicea, nei suoi
storici giardini, tra splendidi pini marittimi e
raffinatissimi pavoni. Così, la prima edizione
del Festival des Cabanes, all'indomani
dell'emergenza pandemica e alla luce della
recente crisi ambientale ed energetica, si
configura come una speciale lente di
ingrandimento sul tema dell'abitare. Che si
tratti di una casa, di uno spazio, di un luogo,
o per esteso del nostro pianeta, la parola
chiave rimane forse consapevolezza. In questa
direzione la responsabilità di architetti e
designer è certamente massima, ma anche il
pubblico, in qualità di fruitore, è parte attiva
di questa rinnovata sensibilità ambientale. Ecco
perché, i padiglioni pensati e realizzati per
questo primo Festival delle Capanne hanno un
comune denominatore: il principio
dell'attraversamento, fisico certamente, ma non
solo. Sono infatti micro architetture che
invitano il visitatore a compiere un percorso
corporeo – ogni installazione è materialmente
percorribile e fruibile, in maniera libera e
personale – ma allo stesso tempo mentale,
dettato proprio dall'esperienza
dell'attraversare che, inevitabilmente,
determina un cambiamento emotivo. Solo alla fine
del percorso ci rendiamo conto di essere stati
protagonisti, insieme ai progettisti, di opere
che hanno sì una dimensione artistica e spaziale
ma hanno al contempo un valore di riflessione
profonda sulle delicate problematiche
ambientali, rimanendo pur sempre architetture.
Uno status
che di fatto esige l'atto dell'attraversare,
estraneo ad altre forme espressive ma
indispensabile per la comprensione del
linguaggio architettonico. Perché attraversare
significa anche toccare, ascoltare, odorare,
dunque avviare una relazione sinestetica con
l'ambiente che ci circonda, un atto complesso e
mutevole, che ciascuno porterà a termine a
proprio modo.
Al
visitatore
non rimane che perdersi tra la fitta vegetazione
dei giardini di Villa Medici per godere a pieno
delle opere e scoprire che i quattro padiglioni
sono nascosti alla vista da siepi rigogliose,
per aprirsi poi allo sguardo con un vero coup
de
théâtre.
Tre gli studi francesi di architettura che hanno
firmato i progetti: DREAM, KOZ e WALD, insieme a
un gruppo di studenti del Master in Arti
Politiche (SPEAP) di Sciences Po e del
laboratorio “Place du vivant” dell'École des
Arts Décoratifs di Parigi. Le capanne, esposte
all'aperto per cinque mesi, sono accolte
all'interno di una cornice visiva realizzata dal
collettivo Orizzontale, un gruppo di architetti
con base a Roma il cui principale oggetto di
interesse è costituito dai processi di
rigenerazione degli scarti urbani. I materiali
utilizzati per la costruzione dei padiglioni
dimostrano infatti come sia possibile pensare e
progettare in chiave sostenibile, a partire da
uno schema tipologico di base come la capanna,
intesa anche come crocevia di culture e
linguaggi. Ancora una volta il giardino diventa
metafora di dialogo e incontro, spazio della
convivenza e della creatività, dove artisti,
architetti, designer, paesaggisti, pensatori,
sono chiamati a lasciare traccia del loro
contributo.
Fig. 1 - Agenzia KOZ, Paris, Sous le pin, 2022
capanna in legno lavorato e pannelli in pino delle Lande, 11 x 3 x 4,35 metri giardini di Villa Medici, Roma (Foto Cortesia di Bibiana Borzì©)
Sous le pin (Fig. 1) è la capanna in legno con pannelli in pino delle
Lande, realizzata dal gruppo KOZ .
I visitatori sono invitati a salire una scala,
compiendo in questo modo un breve percorso
sensoriale tra grappoli di vite appesi, per
arrivare in cima, luogo privilegiato da dove
godere di un panorama unico sulla Città Eterna
(Fig. 2),
Fig. 2 - Panorama su Roma in cima a Sous le pin, giardini di Villa Medici, Roma (Foto cortesia di Bibiana Borzì©)
entrando in comunione con gli alberi, il cielo,
i suoni della natura. Un micro cosmo sospeso,
con un tocco zen e minimale, per guardare il
mondo da un'altra angolazione e riflettere sul
cammino dell'architettura, sempre più orientata
alla ricerca dell'essenziale. Una meta
riflessione sul tema della capanna, intesa sia
come oggetto primordiale che ciascuno può
costruire a suo modo, sia come ibrido tra tre
punti di riferimento: l'architettura classica
italiana, i templi e le case da tè giapponesi, e
infine la possibilità di dormire in una capanna,
come quelle semplici della foresta tropicale,
per trovare riparo dalla pioggia. La capanna,
del resto, assolve alle funzioni primarie
dell'abitare: vi si può dormire, cucinare,
contemplare il paesaggio, con un valore
aggiunto, dato dal rapporto diretto e immediato
con l'habitat nel quale sorge, che diventa a
tutti gli effetti parte integrante dello spazio
vivibile. Ecco perchè i progettisti hanno inteso
questo spazio come luogo aperto, nel quale
riscoprire i valori basilari del vivere in
armonia con la natura, lontano anni luce dal
concetto, sempre più tecnologico, di comfort
domestico.
Quello
che
ci piace della capanna è che non richiama la
classica nozione d'interno: l'esterno contro
l'interno che viene riscaldato quando fa freddo e
raffreddato quando fa caldo. Ci piace l'idea che
la capanna metta in discussione la nozione di
comfort dettato dalla tecnologia dato che non
esiste veramente un interno e un esterno. Per noi
la capanna è un involucro minimo che non possiede
in sé particolari qualità tecniche, si tratta
dello stesso materiale fuori e dentro. In sintesi,
secondo la noi la capanna non può essere chiusa .
Anche
ProtoCAMPO
(Fig. 3)
Fig. 3 - Agenzia WALD, Protocampo, 2022, agorà
con struttura in legno di pino marittimo e cupola gonfiabile, 17 x 17 x 9 metri
giardini di Villa Medici, Roma (Foto cortesia di Bibiana Borzì©)
è concepito come luogo aperto, interessante
esempio di piazza in legno, coperta da una
tensostruttura a cupola, firmata da WALD
e realizzata in collaborazione con allievi di un
Istituto professionale francese .
Un progetto corale dunque, caratterizzato da due
archetipi, facilmente rintracciabili, ripresi
dal repertorio classico romano: l'agorà
e la cupola, quasi una citazione dovuta, ai
monumenti della Capitale e al Pantheon. L'idea
di piazza,
centrale nella poetica dell'installazione, è
stata da subito sperimentata e messa in pratica,
il padiglione infatti ha accolto un gruppo di
studenti stranieri giunti a Roma per un
programma educativo, evidenziando così il valore
funzionale (e non solo artistico)
dell'architettura, presente in tutte le opere
realizzate per il Festival. Ma non solo. Ancora
una volta, leitmotiv
dell'esposizione, è il legno, materiale che
negli ultimi anni è stato assoluto protagonista
dell'architettura e del design sostenibile. I
due architetti progettisti, con un approccio già
in precedenza consolidato ,
prediligono il legno, in quanto naturale e
arcaico, ma soprattutto in grado di poter
realizzare costruzioni con una percentuale
minima di carbonio. Le strutture lignee,
inoltre, hanno il vantaggio di poter essere
assemblate e smontate più volte, adattandosi
quindi a usi flessibili nel tempo, con un
ridotto impatto ambientale. Principio che trova
piena attuazione in ProtoCAMPO,
rialzato di circa 25 centimetri rispetto al
terreno così da non intaccare l'erba
sottostante, libera di crescere anche attraverso
il pavimento. Un'architettura, quindi, che
nonostante le dimensioni si appoggia con grazia
nei giardini di Villa Medici, senza mai
sovrastare la grandezza di questi luoghi, anche
dal punto di vista della sua visibilità e
accessibilità, nascosta armoniosamente tra gli
alberi e le siepi. E se ciascuno degli autori ha
regalato al pubblico la propria visione di
capanna, è così che gli architetti di WALD
l'hanno immaginata.
È
l'immagine di un ritorno ai valori più essenziali,
a spazi meno standardizzati, a una costruzione che
unisce il gesto e la mano. L'antropologo Philippe
Descola descrive il modo in cui in Sudamerica
l'etnia Achuar vivono insieme, nella condivisione
di queste grandi case nelle quali dormono insieme
e si raccontano i propri sogni. Questo è ciò che
evoca la capanna: la luce, lo spazio, l'odore del
legno, la materia, il tatto. Sensazioni che tutti
abbiamo provato nelle nostre capanne quando
eravamo bambini .
E
per un attimo, o meglio per qualche minuto, il
tempo della visita, ritorniamo bambini nel
Fig. 4 - Agenzia DREAM, Paris, Pavillon ça Joue, 2022, capanna in legno pavimento in laminato incollato e canne di legno, 13.5 x 13.5 x 6,5 metri, giardini di Villa Medici Roma (Foto cortesia Bibiana Borzì©)
Pavillon ça joue (Fig. 4) un omaggio al gioco in tutte le sue forme.
Realizzato in legno, con canne e mobili di
riciclo, è firmato da DREAM .
L'installazione, ca
va
sans dire,
si presta a essere percorsa con un ritmo
sinuoso, rivelandosi da subito come tragitto
sensoriale, in un parola sinestesia. È un'opera
che vibra di luce fino al tramonto, per
accendersi di notte con un fascio di led che ne
enfatizzano la presenza scultorea. Tatto, vista,
udito, olfatto, tutti i sensi sono coinvolti in
questo micro paesaggio, una foresta circolare
fatta di canne odorose, per godere al meglio,
con sentimento panico, dell'essenza materica del
legno, delle sue venature, del suo spessore,
delle sue note ambrate. Un'esperienza unica che
come un vortice conduce dritti verso un centro,
cuore pulsante dell'installazione: ad attenderci
canestri e palloni, si gioca, si salta, si
ritorna bambini. L'atto dell'attraversare,
matrice comune ai diversi padiglioni, rivela
ancora una volta una duplice natura, perché si
viaggia con il corpo ma anche con la mente. E se
nel viaggio è insito il cambiamento, si esce
davvero diversi da questo spazio, metafora
tangibile di architettura sostenibile, invito a
ripensare alla bellezza del mondo grazie a un
contatto diretto con la natura, con il gioco,
anche attraverso il bambino che è in noi. Un
contatto che parte dal legno, scelto dai
progettisti in virtù dei suoi benefici: capacità
di immagazzinare carbonio, essere una risorsa
rinnovabile, purificare gli spazi interni, e non
ultimo il suo appeal
estetico. Ragion per cui la capanna di DREAM non
può che essere ulteriore declinazione di questo
materiale.
Nella
capanna
ci si pone spesso il problema del tetto e delle
pareti, la nostra invece interroga questa nozione
di interiorità attraverso una moltiplicazione di
pareti porose che evoca allo stesso tempo il
concetto di limite. Con la sua forma circolare,
mette in scena il legno, che come spiegavo, è un
elemento centrale nella visione di DREAM. Qui lo
troviamo dove non ce lo aspettiamo: nella finezza,
nella flessibilità. […] La nostra capanna, che non
ha nessuna parete opaca, solleva la questione
dell'interno e dell'esterno. Offre una vista a
360° che permette di creare una relazione intensa
con un contesto eccezionale: i giardini
rinascimentali, lo splendido patrimonio
vegetativo, la flora e la fauna. È anche un luogo
per rilassarsi, in cui l'acustica e i giochi di
luce e ombra sono molto particolari .
La
capanna,
pensata come spazio della memoria e del gioco,
verrà riproposta al Villaggio Olimpico in
occasione dei Giochi di Parigi 2024, sfruttando
al massimo la sua naturale inclinazione ludica e
conviviale, dettata dalla presenza di canestri e
di sedute. Vocazione che ritroviamo nel Banquetes
des
Vestiges
(Figg.
5-6)
Fig. 5 - Studenti del Master in Arti politiche (SPEAP) di Sciences Po e del laboratorio "Place du vivant" dell'École des Arts Décoratifs di Parigi Banquets des vestiges, 2022
tavolo e oggetti in legno e materiali riciclati, giardini di Villa Medici, Roma
(Foto cortesia Bibiana Borzì©)
Fig. 6 - Studenti del Master in Arti politiche (SPEAP) di Sciences Po e del laboratorio “Place du vivant” dell’École des Arts Décoratifs di Parigi Banquets des vestiges, 2022 tavolo e oggetti in legno e materiale riciclato giardini di Villa Medici, Roma
(Foto cortesia Bibiana Borzì©)
ultima opera, in ordine di tempo, realizzata ed
esposta al Festival
des
cabanes,
firmata dagli studenti del Master SPEAP
(Sciences PO)
& Ecole des Arts Decoratifs di Parigi .
La collaborazione tra allievi di queste due
importanti istituzioni culturali, ha dato vita
all'idea di ricreare una sorta di capanna
nomade, spazio perfetto per mettere in scena ciò
che i latini avrebbero definito convivium,
nel senso letterale di banchetto, derivato di
convivere insieme. Il padiglione, infatti, si
sviluppa intorno a un grande tavolo che funge da
luogo collettivo, spazio performativo, punto di
incontro per il pubblico. Realizzato con
materiali riciclati e moduli prefabbricati, il
tavolo è l'elemento centrale attorno al quale
ruotano piccoli oggetti: bottiglie, drappi,
panchine, abbandonati come vestigia di un tableau
vivant,
del quale possiamo solo immaginare la scena.
Questi
oggetti
cristallizzano delle azioni precise durante i
momenti di collettività che ospita la capanna: un
palco per parlare, un leggio per leggere un testo,
una panchina per sedersi e ascoltare, una bandiera
per riunirsi, delle luci per illuminare i e le
performer e una rastrelliera per i vestiti di
scena e i tessuti. La capanna stessa è una
performance più che un'architettura di rifugio, è
un rifugio per il pensiero e l'espressione .
L'idea
di
tavolo/triclinio, riporta certamente all'atto
del banchettare, ma per esteso il significato si
apre al condividere spazi e momenti di una
dimensione quotidiana, evocata da oggetti che
nella loro semplicità e disposizione sono
testimoni della vita reale, tracce, impronte di
un evento che si è appena consumato. Come il
nubifragio estivo che ha colpito Roma nel mese
di luglio, mettendo a dura prova l'installazione
e mutandone in parte il suo aspetto originale:
un evento imprevisto che ha regalato a
quest'opera il fascino eterno della rovina. Serendipity
la chiamerebbero gli inglesi, ovvero quella
capacità o fortuna di fare per caso inattese e
felici scoperte, mentre in realtà si sta
cercando altro. E fatalità ha voluto che la
natura fosse vera regista di questa performance,
quasi a ricordarci l'importanza dei segnali che
il pianeta di continuo ci manda. Ciascuna delle
opere esposte, infatti, ha il merito di porre
degli interrogativi circa il delicato rapporto
uomo-natura, dimostrando al contempo che
architettura e design non sono discipline
appannaggio di pochi ma, più di altre forme
espressive, hanno una finalità pratica, oltre
che estetica, con la quale siamo chiamati a
misurarci quotidianamente.
In
quest'ottica,
alla prima edizione del Festival
delle
Cabanes,
va il merito di aver delineato sinteticamente lo
stato dell'arte rispetto a un tema complesso
come quello dell'architettura e del design
sostenibile, rendendolo accessibile al grande
pubblico. Una strada ancora in salita, che nei
prossimi anni, ma già nell'immediato presente,
si presta a essere occasione unica di ricerca e
sperimentazione, indispensabile per immaginare e
costruire un futuro migliore. Agli architetti e
ai designer l'arduo compito di progettare
strutture e scenari del domani, ecosostenibili,
a basso impatto ambientale, con materiali di
riciclo, ma in
primis
felici, perché la felicità resta sempre il fine
ultimo dell'architettura, parola di Gio Ponti.
NOTE
RINGRAZIAMENTI
Un sentito ringraziamento alla Direzione e all’Équipe di Villa Medici per la preziosa collaborazione e per l’accoglienza nei meravigliosi giardini.
|