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Girolamo Campagnola e il 'Polifilo': una nuova proposta di lettura critica per gli affreschi padovani di Santa Giustina  

Francesco De Santis
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 13 Dicembre 2022, n. 933
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00933.html
Articolo presentato l'11 Ottobre 2022, approvato il 10 Dicembre 2022 e pubblicato il 13 Dicembre 2022
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Nel 1791, il frate Guglielmo Della Valle redigeva un breve opuscolo introduttivo a quattro stampe di Francesco Mengardi raffiguranti alcuni brani copiati dagli affreschi – staccati nell'Ottocento – realizzati presso il chiostro maggiore del monastero benedettino di Santa Giustina a Padova.

In questo documento il Della Valle descrive meticolosamente i soggetti caratterizzanti i dipinti, che possono essere così riassunti: nei riquadri principali, le Storie di San Benedetto; sopra queste scene, una lunetta tripartita con al centro ritratti di pontefici, imperatori e altri personaggi illustri che scelsero di consacrare la propria vita all'ordine benedettino e, ai lati, rispettivamente un episodio del Vecchio Testamento e una vicenda evangelica. Della Valle sottolinea inoltre la ricchezza paesaggistica che contraddistingue le scene principali, dove appaiono monti, laghi, fiumi, architetture, piramidi, obelischi (Figg. 1-2)

Fig. 1 - Bernardo da Parenzo detto il Parentino, affresco staccato dall'ala meridionale del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina, 1489-1499/1500; Padova (Foto cortesia di Stefano Colonna)
Fig. 1 - Bernardo da Parenzo detto il Parentino, affresco staccato
dall'ala meridionale del chiostro maggiore del
monastero di S. Giustina, 1489-1499/1500; Padova
(Foto cortesia di Stefano Colonna)

Fig. 2 - Bernardo da Parenzo detto il Parentino, affresco staccato dall'ala meridionale del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina, 1489-1499/1500; Padova. (Foto cortesia di Stefano Colonna)
Fig. 2 - Bernardo da Parenzo detto il Parentino, affresco staccato dall'ala meridionale del
chiostro maggiore del monastero di S. Giustina, 1489-1499/1500; Padova
(Foto cortesia di Stefano Colonna)

E, ancora, l'autore precisa che sopra alcune lunette sono dipinte scene che, imitando l'effetto del bassorilievo, illustrano episodi mitologici, mentre alla base delle Storie di San Benedetto sono riportati fregi con cartigli in cui sono narrate, in latino a caratteri gotici, le soprastanti gesta del santo. Infine, tra un riquadro e l'altro, gli elementi riprodotti dal Mengardi: finti pilastri a grisaille arricchiti da una profusione di elementi anticheggianti, come mascheroni, trofei, mostri marini, candelabri, geroglifici.

Il Della Valle attribuisce correttamente la paternità di questo ciclo pittorico padovano, realizzato negli ultimi anni del Quattrocento seguendo le prescrizioni iconografiche di Gasparo Giordano da Pavia, a quel tempo abate di Santa Giustina, allo squarcionesco Bernardo da Parenzo detto il Parentino, ma assegna la prosecuzione degli affreschi dipinti nel 1542-1549, dopo la morte di quest'ultimo sopraggiunta nel 1531, a «GIROLAMO PATAVINO» 1, identificandolo con Girolamo Campagnola, umanista e notaio, conoscitore e appassionato di arte, e padre del più noto Giulio, incisore di educazione giorgionesca.

Tuttavia, il Campagnola risultava già defunto nel 1522, dunque per ragioni innanzitutto cronologiche non può evidentemente essere associato alla seconda campagna pittorica di Santa Giustina, oggi attribuita pacificamente a Girolamo Tessari detto del Santo. Inoltre, le notizie su una presunta attività artistica di Girolamo Campagnola appaiono assai vaghe e lacunose. Ricordiamo a proposito di ciò alcune fonti autorevoli: il suo contemporaneo e conterraneo Marcantonio Michiel nega addirittura che il Nostro fosse un artista, affermando esplicitamente di non essere a conoscenza «di alcun lavoro in pittura d'esso Campagnola» 2; la veneziana Cassandra Fedele in un'epistola a lui indirizzata sembra limitarne l'ambito alla sola sfera giuridica 3, mentre certi suoi amici umanisti, come Egidio da Viterbo e Matteo Bosso ne sottolineano gli interessi esclusivamente letterari; il padovano Bernardino Scardeone designa invece Girolamo soltanto come poeta, ricordandone la stesura di alcune lodi in onore della Vergine 4. E, anche laddove viene accennata una sua attività artistica, come nel caso della testimonianza del Vasari, l'aretino non cita alcuna opera specifica del Campagnola, ma si limita a definirlo lapidariamente «discepolo dello Squarcione» 5, annoverandolo tra i pittori attivi in Lombardia e nella Marca Trevigiana.

Inoltre, se escludiamo dal suo eventuale catalogo artistico le opere che in base alla valutazione di Silvio de Kunert venivano considerate le più probabili ascrivibili alla sua mano 6, ma che in seguito agli studi più recenti sono state attribuite a Bartolomeo Sanvito 7, il Girolamo Campagnola artista si riduce a nulla più che un erudito conoscitore di arte, come dimostra, peraltro, una lettera in latino, oggi perduta, e rivolta al filosofo epirota Niccolò Leonico Tomeo, suo amico e docente presso l'Ateneo patavino, contenente una digressione sulla tradizione artistica della città di Padova dal Trecento al primo Cinquecento 8.

Nonostante il panorama appena delineato possa scoraggiare il tentativo di indagare eventuali legami del Campagnola con gli affreschi di Santa Giustina, alcuni dei soggetti raffigurati esprimono la stretta vicinanza del suo artefice allo stesso ambiente culturale frequentato da Girolamo.

Mi riferisco, in particolare, a diversi medaglioni con immagini fedelmente copiate da certe xilografie dell'Hypnerotomachia Poliphili e quindi riprodotti da Francesco Mengardi, nonché descritti letteralmente dal Della Valle nel suo opuscolo. Tre di essi recano al loro interno dei geroglifici: una bilancia con ai lati una serpe e un cane, che sormonta una cassa con un trofeo e, davanti a questi elementi, una spada con la punta rivolta verso l'alto e una corona infilata sopra, mentre sullo sfondo campeggia un disco solare (Figg. 3-4)

Fig. 3 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina a Padova, 1791 circa
Fig. 3 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato dagli affreschi del
chiostro maggiore del monastero di S. Giustina a Padova, 1791 circa

Fig. 4 - Xilografia n. 89 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499
Fig. 4 - Xilografia n. 89 dell'Hypnerotomachia Poliphili,
Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499

9; un giovane soldato seduto che afferra un serpente e sovrastato da una grande àncora sulla quale poggia un'aquila con le ali spiegate (Figg. 5-6)

Fig. 5 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina a Padova, 1791 circa
Fig. 5 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico
copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero
di S. Giustina a Padova, 1791 circa

Fig. 6 - Xilografia n. 93 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499.
Fig. 6 - Xilografia n. 93 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499



10; un trofeo militare affiancato da un occhio e una cometa, ornato da una coppia di cornucopie e con due palme incrociate collocate alla sua base (Figg. 7-8)

Fig. 7 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina a Padova, 1791 circa.
Fig. 7 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico
copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero
di S. Giustina a Padova, 1791 circa

Fig. 8 - Xilografia n. 94 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499.
Fig. 8 - Xilografia n. 94 dell'Hypnerotomachia Poliphili,
Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499

11. Gli altri due riportano raffigurazioni simboliche del motto «Festina lente»: la prima costituita da un delfino avviluppato a un'àncora (Figg. 9-10)

Fig. 9 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina a Padova, 1791 circa
Fig. 9 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato
dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di
S. Giustina a Padova, 1791 circa

Fig. 10 - Xilografia n. 18 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499
Fig. 10 - Xilografia n. 18 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499

12, la seconda rappresentata dall'immagine di una donna seduta con una gamba in posizione di riposo e l'altra protesa in avanti, e con un paio di ali nella mano destra e una tartaruga sul palmo della sinistra (Figg. 11-12)

Fig. 11 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina a Padova, 1791 circa
Fig. 11 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico
copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di
S. Giustina a Padova, 1791 circa

Fig. 12 - Xilografia n. 35 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499
Fig. 12 - Xilografia n. 35 dell'Hypnerotomachia Poliphili,
Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499

13. Non menzionato da Guglielmo Della Valle, ma individuabile tra le raffigurazioni di Francesco Mengardi, un tondo con due coppie di bizzarre figure: per metà elefanti e per metà formiche con in mezzo il caduceo di Mercurio e due vasi, uno vuoto e l'altro con una fiamma ardente 14 (Figg. 13-14)

Fig. 13 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina a Padova, 1791 circa
Fig. 13 - Francesco Mengardi, stampa raffigurante un geroglifico
copiato dagli affreschi del chiostro maggiore del monastero di
S. Giustina a Padova, 1791 circa

Fig. 14 - Xilografia n. 92 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499
Fig. 14 - Xilografia n. 92 dell'Hypnerotomachia Poliphili,
Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499

Inoltre, sulla fascia orizzontale che separa una delle scene benedettine originali dalla lunetta superiore, è raffigurata la copia fedele del Trionfo di Vertumno e Pomona, ricalcata sulla base della corrispondente xilografia illustrata nel “Polifilo” 15 (Figg. 15-16)

Fig. 15 - Girolamo Campagnola (?), Trionfo di Vertumno e Pomona, affresco staccato; 1499/1500. Padova, ala meridionale del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina. (Foto cortesia di Stefano Colonna)
Fig. 15 - Girolamo Campagnola (?), Trionfo di Vertumno e Pomona,
affresco staccato; 1499/1500. Padova,
ala meridionale del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina.
(Foto cortesia di Stefano Colonna)

Fig. 16 - Xilografia n. 66 dell'Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499
Fig. 16 - Xilografia n. 66 dell'Hypnerotomachia Poliphili,
Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499

Questi soggetti, che rivelano una puntuale conoscenza dell'Hypnerotomachia Poliphili, sono i più prossimi al profilo intellettuale di Girolamo Campagnola, il quale doveva essere certamente in contatto con la tipografia veneziana di Aldo Manuzio, in cui, com'è noto, nel 1499 aveva visto la luce il celebre capolavoro di Francesco Colonna: ricordiamo infatti che Giulio, figlio di Girolamo, nel 1515 disegnava caratteri tipografici per l'officina aldina, e una circostanza di questo genere suggerisce l'eventualità che Girolamo conoscesse l'editore, forse anche da tempo anteriore alla stesura del “Polifilo”, e che verosimilmente si facesse promotore del talento straordinariamente precoce di Giulio presso la prestigiosa officina letteraria del Manuzio, così come d'altronde era solito fare anche nei confronti di altri umanisti coevi 16. Questo, d'altra parte, non è l'unico degli scenari che testimoniano la vicinanza del Campagnola alla tipografia aldina, perché un altro importante tramite che poteva collegare Girolamo alla sua tipografia doveva essere costituito anche dal sopra menzionato Niccolò Leonico Tomeo, poiché proprio negli anni intorno alla pubblicazione dell'Hypnerotomachia Poliphili questi introduceva presso il cenacolo letterario aldino alcuni umanisti inglesi, tra cui il prelato Cuthbert Tunstall 17, ed è lecito pensare che potesse fare altrettanto col suo amico Girolamo.

Rileviamo inoltre più di un'occasione di contatto tra Girolamo Campagnola e Francesco Colonna, signore di Palestrina e autore dell'incunabolo èdito nel 1499. In questo senso, fondamentale deve essere stato il ruolo del cardinale Raffaele Riario, del quale Giulio Campagnola è ricordato nel 1495 come «familiare» 18, poiché personaggio prossimo al Colonna sia sul piano culturale, come indica il suo appoggio all'Accademia Romana di Pomponio Leto, cui probabilmente apparteneva anche il prenestino, sia in virtù di un ampio intreccio parentale 19. Non meno importante doveva essere in questa ottica la figura dell'umanista riminese Giovanni Aurelio Augurelli: amico di Giulio Campagnola 20, era un protetto di Bernardo Bembo – padre di Pietro – il quale, a sua volta, si trovava in rapporti di amicizia col cardinale Giovanni Colonna, cugino di Francesco.

È quindi assolutamente probabile che Girolamo Campagnola conoscesse un testo come l'Hypnerotomachia Poliphili – e le relative xilografie – dunque, ammesso che abbia coltivato la professione artistica come sostiene il Vasari, non faticheremmo a immaginarlo lavorare al fianco del Parentino sulle pareti del chiostro di Santa Giustina.

Un dettaglio credo non irrilevante, che deporrebbe a favore della presenza di Girolamo contemporanea a quella di Bernardo Parentino presso il cantiere benedettino, risiede nel fatto che i medaglioni decorati con le xilografie del “Polifilo” sono in numero equivalente, ossia cinque, a quello delle campate dell'ala meridionale – l'unica completata durante la prima campagna pittorica 21 – dipinte con le Storie di San Benedetto, perciò questa corrispondenza suggerisce appunto che le illustrazioni tratte dall'opera del Colonna avrebbero potuto trovare posto proprio sugli altrettanti finti pilastri dipinti che separavano le scene narrative principali l'una dall'altra 22.

In virtù di queste osservazioni, possiamo perciò ipotizzare che Girolamo Campagnola sia stato l'autore dei finti pilastri con le figure polifilesche, nonché dei finti bassorilievi alla base e alla sommità delle Storie di San Benedetto, specialmente in ragione del fatto che secondo le intenzioni della committenza queste rappresentazioni dovevano essere improntate a una certa uniformità stilistica in relazione alle scene dipinte dal Parentino, obiettivo che poteva essere ragionevolmente conseguito allogando contemporaneamente il ciclo pittorico a due pittori della medesima estrazione, squarcionesca precisamente.

Ne consegue che la conclusione della prima campagna pittorica di Santa Giustina, finora fissata dalla critica al 1498, può essere leggermente posticipata a dopo la pubblicazione dell'Hypnerotomachia, quindi intorno al 1499-1500.

Uno dei medaglioni disegnati dal Mengardi solleva tuttavia dei dubbi. Vi è raffigurato un vaso sopra un piedistallo al quale si appoggiano due putti che esibiscono un cartiglio con la data «1544», evidentemente riferita all'anno di realizzazione dell'affresco originale, dunque collocabile chiaramente all'interno della seconda campagna decorativa di Santa Giustina e attribuibile con certezza a Girolamo del Santo oppure a uno dei suoi collaboratori: questa illustrazione richiama la xilografia del “Polifilo” con scena di Satiri e ninfe su un piedistallo di colonna 23. Possiamo inoltre circoscrivere alla più recente delle due imprese pittoriche padovane anche altre illustrazioni di Francesco Mengardi, che non si attestano però come copie fedeli delle xilografie polifilesche del 1499, ma risultano piuttosto, come si evince pure dalle descrizioni di Guglielmo Della Valle, immagini ad esse ispirate 24. La prima di queste raffigura tre donne che suonano un non meglio specificato strumento musicale riferito al dio Bacco, ritratte nei pressi di un «fronzuto Albero» 25 ed evoca la scena ritratta nella xilografia n. 20, con Polifilo in compagnia delle cinque ninfe, tra cui una che regge in mano una viola, vicini a un rigoglioso albero; la seconda, che rappresenta le tre Grazie, ognuna delle quali esibisce un oggetto diverso – rispettivamente una rosa, un dado e un ramoscello di mirto 26 – ricorda invece la Fontana delle Tre Grazie, dove tuttavia le dèe non reggono nulla in mano, nella xilografia n. 23 dell'Hypnerotomachia Poliphili 27.

La maggior libertà con cui l'autore cinquecentesco di questi due brani interpreta le illustrazioni che corredano l'opera di Francesco Colonna, rispetto all'aderenza, diremmo pedissequa, che invece denotano i cinque medaglioni del 1499-1500 copiati dal Mengardi, rivela un approccio differente alle xilografie del “Polifilo”, che può essere a mio parere spiegato teorizzando che essi siano stati realizzati in un periodo temporale sensibilmente distante dalla pubblicazione del romanzo, perciò durante la seconda impresa pittorica, come appunto il medaglione datato «1544». Credo infatti che uno dei motivi che possa in qualche modo chiarire una tale discrepanza formale e iconografica tra i due modelli originali e le rispettive versioni affrescate sulle pareti del chiostro, debba essere ricercato in un raffreddamento della popolarità e della diffusione del “Polifilo” intorno alla metà del Cinquecento 28, tale che in questo periodo la conoscenza del romanzo, e ovviamente del suo apparato figurativo, dovesse verosimilmente avvenire principalmente in maniera indiretta, per cui è ragionevole ritenere che l'autore delle illustrazioni affrescate nel secondo ciclo decorativo abbia assimilato le corrispondenti xilografie in forma mediata e ne abbia restituito sui muri di Santa Giustina l'eco, più che l'aspetto originale 29.

Tuttavia, se nella decorazione pittorica del 1542-1549 l'aderenza alle xilografie polifilesche risulta meno stringente, per quanto riguarda lo stile, Girolamo del Santo adotta un linguaggio artistico decisamente arcaico rispetto a quello più tipico della metà del XVI secolo, imitando volutamente il lessico del Parentino, proprio per garantire una certa omogeneità rispetto al ciclo precedente. Questa particolarità credo che abbia indotto in errore Guglielmo Della Valle, che nel 1791 attribuiva senza molti dubbi la seconda campagna pittorica allo squarcionesco Girolamo Campagnola, dimostrando così inconsapevolmente le spiccate qualità emulative del Tessari.


In conclusione, possiamo dunque classificare gli affreschi padovani come segue.


Ala meridionale e primi riquadri dell'ala occidentale e dell'ala orientale (1499/1500):

Bernardo Parentino: Storie di San Benedetto nei riquadri principali; Ritratti di benedettini illustri, Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento nelle lunette.

Girolamo Campagnola (?): finti pilastri con medaglioni raffiguranti xilografie dell'Hypnerotomachia Poliphili; bassorilievi con scene mitologiche alla base e alla sommità delle Storie di San Benedetto.


Ali orientale, settentrionale e occidentale (1542-1549):

Girolamo Tessari detto dal Santo: Storie di San Benedetto nei riquadri principali; Ritratti di benedettini illustri, Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento nelle lunette.

Collaboratori di Girolamo del Santo: finti pilastri con illustrazioni ispirate alle xilografie dell'Hypnerotomachia Poliphili; bassorilievi con scene mitologiche alla base e alla sommità delle Storie di San Benedetto.

                    
                    
                    

NOTE

1 DELLA VALLE 1791, p. 7.

2 MICHIEL 1800, p. 101.

3 «Mi chiedi se faccio qualcosa? Ti dico che studio il diritto […] Avere il sopravvento sui perfetti oratori, infatti, è una piccola vanteria che fa piacere e, inoltre, non fa uscire dalla bocca alcunché di riprorevole e di inurbano», FEDELE 2010, p. 92.

4 «Is ergo Hieronymus humanioribus literis ac disciplinis admodum delectatus […] Scripsit & ipse libellos quosdam de laude virginatis […]»; SCARDEONE 1560, p. 244.

5 VASARI 1568, II, p. 521. Il Vasari riferisce anche una menzione di Girolamo del parere entusiasta di Mantegna sugli affreschi di Jacopo Avanzi presso il palazzo scaligero a Verona; cfr. Idem, 1568, II, p. 520.

6 Si tratta di una serie di miniature all'interno di un Epistolario e di un Evangeliario offerti il 21 marzo 1509 alla collegiata di Santa Giustina di Monselice. Si veda DE KUNERT 1931, pp. 41-48.

7 Si vedano in particolare i contributi di DAL POZZOLO 1996 e DE LA MARE-NUVOLONI 2009.

8 Questa lettera è citata sia in VASARI 1568, II, p. 488, che in MICHIEL 1800, p. 128. Gli interessi artistici del Tomeo non erano inoltre limitati al solo contesto padovano, ma estesi anche alle testimonianze d'Oltralpe, segnatamente fiamminghe, come dimostra il fatto che possedeva una Caccia alla lontra di Jan van Eyck: su questo punto si veda LUCCO 2008, p. 25.

9 Questa illustrazione, accompagnata dal motto «JUSTITIA RECTA, AMICITIA, ET ODIO EVAGINATA, ET PONDERATA LIBERALITAS REGNUM FIRMITER SERVANT», corrisponde alla xilografia n. 89 dell'Hypnerotomachia Poliphili e si trova nella parte centrale del terzo pilastro raffigurato sulla stampa dedicata da Francesco Mengardi all'abate e ai monaci di S. Giustina. Cfr. DELLA VALLE 1791, p. 15.

10 Corredata del motto «MILITARIS PRUDENTIA, SEU DISCIPLINA, IMPERII EST TENACISSIMUM VINCULUM», tale raffigurazione riproduce la xilografia n. 93 del “Polifilo” e contraddistingue il primo pilastro della stampa in dedica a Mons. Giustiniani, vescovo di Padova. Cfr. DELLA VALLE 1791, pp. 15-16.

11 Ossia, la xilografia n. 94 del “Polifilo”, riproposta sul terzo pilastro della stampa dedicata a Mons. Giustiniani e caratterizzata dal motto «DIVI JULII VICTORIARUM, ET SPOLIARUM COPIOSISSIMUM TROPHÆUM SEU INSIGNIA». Cfr. DELLA VALLE 1791, p. 17.

12 Immagine presente nella xilografia n. 18 dell'Hypnerotomachia Poliphili e riprodotta, abbinata al motto «SEMPER FESTINA TARDE», nel secondo pilastro della stampa dedicata a Mons. Giustiniani. Cfr. DELLA VALLE 1791, p. 17.

13 Questa figura, che ricalca la xilografia n. 35 dell'Hypnerotomachia Poliphili, appare nel secondo pilastro della stampa dedicata a Mons. Speroni, vescovo di Adria, associata al motto «VELOCITATEM SEDENDO, TARDITATEM SURGENDO TEMPERA». Cfr. DELLA VALLE 1791, p. 18.

14 Il tondo, corredato di un cartiglio con il seguente motto «PACE AC CONCORDIA PARVAE RES CRESCUNT DISCORDIA MAXIMAE DECRESCUNT», riproduce fedelmente la xilografia n. 92 del “Polifilo”.

15 Si tratta della xilografia n. 66 dell'Hypnerotomachia Poliphili.

16 Numerose fonti contemporanee testimoniano l'energico impulso di Girolamo alla formazione culturale di Giulio, che adolescente veniva affidato dal padre agli insegnamenti degli umanisti Panfilo Sassi e Matteo Bosso, nonché segnalato alla corte dei Gonzaga a Mantova, per un apprendistato sotto la guida di Andrea Mantegna, sebbene sembri pressoché certo che il giovane artista non abbia mai raggiunto la città lombarda.

Per un approfondimento, LUZIO 1888, pp. 184-185; DE SANTIS 2020, pp. 643-644.

17 Il quale tra il 1499 e il 1505 studiava diritto canonico e romano a Padova. Cfr. RUSSO 2005.

18 Secondo quanto riportato in un documento scoperto da Paolo Sambin (1974). Peraltro, non è difficile ipotizzare che proprio Girolamo indirizzasse, come tenterà di fare due anni più tardi nei confronti della corte mantovana dei Gonzaga, il figlio giovanissimo nell'orbita di un raffinato patrono delle arti quale era Raffaele Riario.

19 Giovanni Colonna, fratello di Francesco, era lo zio acquisito di Giovanni Giordano Orsini, genero di Giuliano della Rovere (Giulio II) il quale, a sua volta, era il cugino di Violante Sansoni, madre di Raffaele Riario. Per un'analisi più dettagliata dell'argomento, si veda DE SANTIS 2020, p. 665.

20 Citato dall'Augurelli nella Chrysopoeia, poemetto di argomento alchemico pubblicato a Venezia nel 1515.

21 Nell'ala meridionale del chiostro ogni campata è larga quanto due arcate antistanti, che dunque sono in totale dieci, mentre nei restanti tre lati del quadriportico ciascuna campata corrisponde a un'arcata. Ne consegue che le campate dipinte dal Parentino sarebbero in totale sette, e non undici come riporta Maurizio Calvesi, alla luce del fatto che secondo le notizie fornite da Guglielmo Della Valle l'artista originario di Parenzo avrebbe affrescato l'intera parete meridionale e il primo riquadro di ogni lato adiacente. Cfr. CALVESI 1996, p. 30; DELLA VALLE 1791, p. 7.

22 In realtà, considerando i due alle estremità che si sommavano ai quattro che separavano ogni campata da quella contigua, i finti pilastri dell'ala meridionale dovevano essere sei, dunque non è da escludere la presenza originaria di un ulteriore medaglione con una xilografia del “Polifilo” dipinto da Girolamo Campagnola in questo lato del chiostro, e in seguito andato perduto.

23 Questa illustrazione evoca la xilografia n. 148 dell'Hypnerotomachia ed è riportata nel terzo pilastro della stampa dedicata dal Mengardi a Mons. Speroni. Cfr. DELLA VALLE 1791, pp. 18-19.

24 Significativo è che Guglielmo Della Valle non indichi tali illustrazioni come copie tratte dall'Hypnerotomachia Poliphili, a differenza delle altre enunciate sopra che invece relaziona esplicitamente alle xilografie del “Polifilo”.

25 DELLA VALLE 1791, p. 20. La scena riprodotta da Francesco Mengardi caratterizza il primo pilastro della stampa dedicata ai deputati e ai cittadini di Padova.

26 Immagine all'interno del secondo pilastro della stampa dedicata ai deputati e cittadini di Padova. Cfr. DELLA VALLE 1791, p. 22.

27 A questo paio di illustrazioni del Mengardi ispirate all'Hypnerotomachia Poliphili potremmo aggiungere anche quella riportata nel terzo pilastro della stampa dedicata a Mons. Speroni, perché la figura della ninfa furente che con una corona di fiori in mano si dirige verso un satiro (cfr. DELLA VALLE 1791, p. 18) echeggia le sacerdotesse irate che cacciano Polifilo e Polia dal tempio, ritratte nella xilografia n. 162 del romanzo scritto da Francesco Colonna.

28 In una supplica rivolta al Consiglio dei Dieci il 16 febbraio 1508, Leonardo Crassi, patrocinatore e prefatore dell'Hypnerotomachia Poliphili, chiede di ottenere un prolungamento del privilegio di stampa del romanzo di Francesco Colonna per altri dieci anni (cfr. CALVESI 1996, p. 25): sulla base di questa notizia, possiamo supporre che dopo il 1518 circa la pubblicazione del “Polifilo” subì un rallentamento. Sottolinea inoltre Giulio Carlo Argan che nel Cinquecento il romanzo fu quasi dimenticato e che l'unica edizione del XVI secolo fu quella del 1545 ad opera dei figli di Aldo Manuzio. Cfr. ARGAN 1984, p. 218 e nt. 1.

29 Ritengo quindi che illustrazioni tratte dall'Hypnerotomachia Poliphili abbiano contraddistinto sia la prima che la seconda campagna pittorica, diversamente da Maurizio Calvesi che invece circoscrive i medaglioni con scene attinte dal “Polifilo” al solo ciclo realizzato alla metà del Cinquecento. Cfr. CALVESI 1996, p. 30.

                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    

BIBLIOGRAFIA

ARGAN 1984

Giulio Carlo ARGAN, Francesco Colonna e la critica d'arte veneta nel Quattrocento, in Classico Anticlassico. Il Rinascimento da Brunelleschi a Bruegel, Milano, Feltrinelli, 1984, pp. 218-227.


CALVESI 1996

Maurizio CALVESI, La «pugna d'amore in sogno» di Francesco Colonna romano, Roma, Lithos, 1996.


CESTARO 1908

Benvenuto CESTARO, Due nuovi documenti su Gerolamo Campagnola e un codicetto miniato e scritto da lui, in “Bollettino del Museo Civico di Padova”, 11, 1908, pp. 1-6.


COLONNA 2012

Stefano COLONNA, Hypnerotomachia Poliphili e Roma. Metodologie euristiche per lo studio del Rinascimento, Roma, Gangemi Editore, 2012.


DAL POZZOLO 1996

Enrico Maria DAL POZZOLO, Padova 1500-1540, in La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, vol. I, a cura di Mauro Lucco, Milano, Electa, 1996, pp. 147-224.


DE KUNERT 1931

Silvio DE KUNERT, Due codici miniati da Girolamo Campagnola?, in “La Bibliofilia”, Vol. 33, nn. 1/2 (gennaio - febbraio 1931), Firenze, Olschki, pp. 41-48.


DE LA MARE, NUVOLONI 2009

Albinia DE LA MARE, Laura NUVOLONI, Bartolomeo Sanvito: the life & work of a Renaissance scribe, Oxford, Oxford University Society of Bibliophiles, 2009.


DELLA VALLE 1791

Guglielmo DELLA VALLE, Delle pitture del chiostro maggiore del monastero di S. Giustina di Padova e di quattro stampe delle medesime pubblicate dal sig. Francesco Mengardi, Torino, 1791.


DE SANTIS 2020

Francesco DE SANTIS, Amicizie intellettuali tra Roma e il Veneto negli anni del “Polifilo”: Giorgione, Giulio Campagnola e Francesco Colonna, in Icoxilòpoli 2. Iconografia delle xilografie del Polifilo, a cura di Alessandra Bertuzzi, Elisabetta Caputo, Stefano Colonna, Flavia De Nicola, Francesco De Santis, Alessia Dessì, Roma, Bulzoni Editore, 2020, pp. 637-665.


FEDELE 2010

Cassandra FEDELE, Orazioni ed epistole, traduzione a cura di Antonino Fedele, Padova, Il Poligrafo, 2010.


LUCCO 2008

Mauro LUCCO, "La primavera del Mondo tuto, in ato de Pitura", in Giovanni Bellini, catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale, 30 settembre 2008 - 11 gennaio 2009), a cura di Mauro Lucco, Giovanni Carlo Federico Villa, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale 2008, pp. 19-37.


LUZIO 1888

Alessandro LUZIO, Giulio Campagnola, fanciullo prodigio, in “Archivio storico dell'arte”, n. 5, 1888, pp. 184-185.


MICHIEL 1800

Marcantonio MICHIEL, Notizia d'opere di disegno nella prima metà del secolo XVI. Esistenti in Padova Cremona Milano Pavia Bergamo Crema e Venezia scritta da un anonimo di quel tempo, pubblicata e illustrata da D. Iacopo Morelli custode della Regia Biblioteca di S. Marco di Venezia, Bassano, 1800.


PIETRUCCI 1858

Napoleone PIETRUCCI, Biografia degli artisti padovani, Padova, Tipografia Bianchi, 1858.


RUSSO 2005

Emilio RUSSO, Leonico Tomeo, Niccolò, in «Dizionario Biografico degli Italiani», LXIV, Roma, Treccani, 2005, ad vocem.


SAFARIK 1974

Eduard A. SAFARIK, Campagnola, Girolamo, in «Dizionario Biografico degli Italiani», XVII, Roma, Treccani, 1974, ad vocem.


SAMBIN 1974

Paolo SAMBIN, Spigolature d'archivio: la tonsura di Giulio Campagnola, ragazzo prodigio, e un nuovo documento per Domenico Campagnola, in “Atti e memorie dell'Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti”, Parte III: Classe di Scienze Morali, Lettere ed Arti LXXXVI (1973-1974), pp. 381-388.


SCARDEONE 1560

Bernardini SCARDEONIJ, canonici Patauini, De antiquitate vrbis Patauij, & claris ciuibus Patauinis, libri tres, in quindecim classes distincti. Eiusdem appendix De sepulchris insignibus exterorum Patauij iacentium, Basileae, apud Nicolaum Episcopium iuniorem, 1560.


VASARI 1568

Giorgio VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze, Giunti, 1568.


                    
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