Girolamo Campagnola e il 'Polifilo': una nuova proposta di lettura critica per gli affreschi padovani di Santa Giustina
Gli affreschi del Chiostro di Santa Giustina a Padova e un errore interpretativo settecentesco
Astrologia, Storia e Virtus in Giorgione e Giulio Campagnola
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Le xilografie della morte di Semele e dell’infanzia di Bacco dell’Hypnerotomachia Poliphili
Ipotesi per un soggiorno a Roma di Giulio Campagnola e il suo presunto ritratto nella Cappella Carafa
L’articolo
mette in evidenza le relazioni di Giulio Campagnola con certi
ambienti dell’Umanesimo romano a cavallo tra Quattro e Cinquecento
e prende le mosse dall’idea di Enrico Guidoni che, individuando
nella scena della Disputa di san Tommaso d’Aquino affrescata
da Filippino Lippi nella Cappella Carafa in S. Maria sopra Minerva,
il ritratto del giovane artista padovano vicino a quello di Giorgione
e, sulla base del confronto di alcuni particolari di questo brano
pittorico con altri riscontrati in una tavola coeva di incerta
attribuzione conservata a Padova, ipotizza la presenza dei due sodali
a Roma negli anni in cui veniva realizzata l’opera lippesca,
nell’ambito di una condivisa formazione artistica itinerante. Al
fine di dimostrare la sussistenza di un rapporto del Campagnola col
cardinal Oliviero Carafa, dotto committente dell’affresco, vengono
indagati i legami di quest’ultimo con il cardinal Raffaele Riario,
del quale Giulio Campagnola diverrà “familiare” un paio di anni
dopo la conclusione del dipinto romano e la sincera amicizia
ispirata a comuni interessi neoplatonici tra il veneto e l’insigne
agostiniano Egidio da Viterbo, molto vicino anche a suo padre
Girolamo Campagnola ed in stretto contatto col Riario. La probabile
identità di Giulio Campagnola col fanciullo biondo elegantemente
vestito ritratto nell’affresco capitolino, viene letta alla luce
della raffinata educazione umanistica che il giovane artista plasmava
sin dall’infanzia e che ben si sarebbe conciliata con il carattere
sapienziale ed ermetico della scena di S. Maria sopra Minerva, a
testimonianza del fatto che il padovano, per quanto all’epoca
appena adolescente, godeva proprio grazie alla sua eccezionale
sebbene ancora in nuce preparazione culturale, già di una
notevole considerazione all’interno non solo dei più eruditi
contesti veneti ma anche romani, come dimostra anche un affresco
conservato nel castello Savelli di Palombara Sabina, direttamente
ispirato alla sua celebre incisione dell’Astrologo.