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Grand Théâtre di Rabat: l'ultimo capolavoro di Zaha Hadid
Elena Barbonetti
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 20 Febbraio 2025, n. 975
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00975.html
Articolo presentato il 16 Febbraio 2025, accettato il 19 Febbraio 2025 e pubblicato il 20 Febbraio 2025
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Area Architettura

Abstract

Durante la sua carriera, costellata di premi, riconoscimenti ed onorificenze di ogni tipo, l'architetta irachena Zaha Hadid ci ha fatto dono di una serie di capolavori che, da un esordio decostruttivista, hanno contribuito a delineare una nuova idea di architettura difficilmente riducibile al semplice oggetto e lontana dal mero funzionalismo.

Secondo la Hadid l'opera architettonica deve contribuire a “fare” il paesaggio, rendendosi parte integrante dell'ambiente in cui è inserita: una simile concezione segnò un punto di svolta rispetto alla ricerca di contestualizzazione dell'architettura ecologista a lei contemporanea. Le sue opere sono lo spazio all'interno del quale si svolge la vita dei soggetti, che le attraversano lasciandosi travolgere dai percorsi in un continuo svelamento delle forme. Nei suoi edifici traduce i principi dell'era dell'informazione, adottando i materiali del moderno nella loro massima esasperazione formale. Ispirata dagli ideali suprematisti e costruttivisti, non è alla ricerca di un linguaggio architettonico comune ma dell'espressione pura, libera da citazionismi e rimandi alla tradizione e al contempo congeniale alla fruizione del nuovo pubblico.

Sulle più celebri opere di Zaha Hadid è già stato scritto molto ma poco o nulla si trova a proposito di uno dei suoi ultimi capolavori: il Grand Theatre di Rabat, costruito per volere di Re Mohamed VI a partire dal 2010 ma inaugurato solo lo scorso 29 Ottobre, per via di rallentamenti dovuti al covid-19 e ad incomprensioni nel coordinamento progettuale. Un'attenta analisi chiarirà come tutti gli aspetti estetici e strutturali del progetto africano sembrano collaborare nel connotare l'edificio come liquido e come, per ambo le questioni cronologica e stilistica (oltre che per l'elevata complessità tecnica), possiamo di certo considerarlo il testamento dell'archistar irachena ed il suggello perfetto della sua geniale carriera.

Il Grand Théâtre di Rabat è un grande centro per le arti dello spettacolo pensato e costruito nella città, capitale ufficiale del Marocco dal 1956, sulla sponda sinistra del fiume Bou Regreg, di fronte a Salé, antica città gemella di Rabat. L'edificio è stato progettato da Zaha Hadid e dal suo studio di architettura ZHA Architects a partire dal 2010 e la costruzione è iniziata ufficialmente quattro anni dopo; il completamento del progetto era previsto per la fine del 2019 1 ma i lavori si protrassero al 2021. Alla fine è stato inaugurato solo martedì 29 ottobre 2024 dalla principessa del Marocco Lalla Hasnaa e Brigitte Macron, moglie del presidente francese: l'edificio dunque è tra gli ultimi progettati dall'archistar irachena prima della sua scomparsa, nel 2016 a Miami.

La sua «ambizione è quella di elevare Rabat tra le metropoli più importanti del Mediterraneo» 2.

Con la sua architettura distintiva, il Gran Teatro di Rabat è una struttura culturale che completa la ricchezza dei monumenti della Capitale del Regno ed incarna il punto forte del progetto di sviluppo della Valle di Bouregreg. Situato a 160 metri dal ponte di Hassan II, a 500 metri dal mausoleo di Mohammed V e dalla torre di Hassan e a 700 metri dalla torre di Mohammed VI, l'edificio si affaccia sulla Kasbah degli Oudaya e sulla valle del fiume. Il nuovo quartiere prevede una superficie di 110 ettari a uso misto che comprende un archivio nazionale, un nuovo museo archeologico, centri commerciali, aree residenziali ed un quartiere degli affari con grattacieli sul lato Salé del fiume. Il Grand Theatre è anche una componente importante del programma di sviluppo della città "Rabat, città della luce, capitale culturale del Marocco" lanciato dal Re Mohamed VI nel 2014 e proseguito sino al 2018 3.



Fig. 1 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat, 2024, Rabat, computer rendering. (HDmagazine). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 1 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (HDmagazine).
Cortesia di Elena Barbonetti

«L'architettura deve offrire piacere. Entrando in uno spazio architettonico, le persone dovrebbero provare una sensazione di armonia, come se stessero in un paesaggio naturale, al di là delle dimensioni o del valore economico dello stesso. Proprio qui risiede il mio personale concetto di lusso: è qualcosa che non ha nulla a che vedere con il prezzo, piuttosto con le emozioni che l'architettura riesce a trasmettere. Il lusso a grande scala e per tutti: questo è lo scopo dell'architettura.» 4.


Da Baghdad a Londra: la genesi di un'archistar

Oggi Zaha Hadid è tra gli architetti più celebri al mondo ed il suo curriculum è ormai costellato di premi, riconoscimenti ed onorificenze attribuitele dalle più affermate istituzioni internazionali: fiore all'occhiello della sua carriera è stata l'assegnazione del Pritzker Price nel 2004 (è la prima donna ad averlo ricevuto). Solitamente assegnato come consacrazione ufficiale a sugello di carriere di lunga data, la Hadid lo ricevette quando il suo brillante curriculum era ancora in piena maturazione, a 53 anni, ottenendo il plauso unanime dei giurati 5. Frank Gehry, famosissimo architetto e vincitore del medesimo premio nel 1989, membro della giuria, ha così commentato la scelta della commissione: «la vincitrice del 2004 è una delle più giovani tra i premiati e ha uno dei più chiari indirizzi in architettura che si siano visti negli ultimi anni.» 6.

Un momento di svolta fondamentale nella vita dell'architetta fu il trasferimento dalla celebre Università Americana di Beirut a Londra, nel 1972. Nella Londra degli anni Settanta la libertà individuale era grandissima e fu per lei l'occasione per immergersi in un clima di incredibile effervescenza culturale: presso l'Architectural Association di Londra Zaha Hadid tornò al suo sogno di bambina di studiare architettura, laureandosi nel 1977 7.

«Ero un'allieva di Rem (Koolhaas) e il nostro gruppo di studio era molto diverso e innovativo. Voleva aprire la porta a un mondo che non era ancora stato inventato. Rem ed Elia (Zenghelis) guardavano alla città con un'ottica nuova. La AA, quando ci arrivai, era molto esoterica e focalizzata sull'ingegneria sociale. La progettazione in senso stretto non faceva affatto parte degli argomenti affrontati; in realtà il termine era considerato come una brutta parola.» 8.

Osservando i suoi progetti è facile percepire come, con la sua formazione, abbia saputo coniugare l'estrema libertà espressiva appresa dai maestri in Inghilterra, con il rigore formale di una mente formatasi nella facoltà di matematica libanese. Si è parlato, a proposito del lavoro della Hadid, di "caos controllato": un'apparente mancanza di ordine che rivela in realtà una pluralità di ordini tra loro inestricabilmente intrecciati. Del resto, la matematica e la fisica contemporanee hanno contribuito a definire lo spazio come un sistema dinamico, allontanandosi per sempre dalla geometria univoca di matrice euclidea 9.

All'Architectural Association Zaha Hadid ha modo di entrare in contatto con le proposte radicali ed ironiche di Peter Cook e degli Archigram, con le forme neoavanguardistiche di Bernard Tschumi, la modernità e le trasparenze di Rem Koolhas ed i design teatrali e provocatori di Nigel Coates 10. Tra le figure più amate e studiate in quel periodo in ambiente londinese vi furono anche Mies Van der Rohe, con il suo spazio fluido ed il suo riduttivismo lineare, e le curve eleganti di Oscar Niemeyer 11.

Le fonti di riferimento dell'architettura di Zaha Hadid vanno però anche ricercate in alcuni grandi maestri dell'arte del Novecento, soprattutto fra coloro che teorizzarono e sperimentarono l'inconsistenza di ogni divisione disciplinare nell'ambito della creatività artistica: Vassili Kandinskij, Piet Mondrian e soprattutto i grandi nomi del suprematismo e del costruttivismo russo di primo Novecento. Nato da un'idea di Malevic, il suprematismo teorizzava un'arte moderna che, liberata da ogni dogma di origine estetica, fosse espressione della pura sensibilità dell'artista; il costruttivismo invece proponeva un lavoro artistico inestricabilmente legato al progresso tecnologico e ad un'etica che affondava le proprie radici nel materialismo storico 12. Attraverso tali stimoli l'architetta arriva ad un'idea di architettura che collabori necessariamente con pittura e scultura al fine di realizzare uno spazio per l'attività umana che sia al contempo opera d'arte e nel quale si manifesti la più rigorosa geometria 13. Zaha Hadid non si è mai specializza in un particolare settore, volle progettare a 360°, dalle grandi strutture alle residenze private, dal padiglione museale all'impianto sportivo, fino ad arrivare ad allestimenti ed oggetti di design 14.

Terminati gli studi Zaha Hadid entrò nell'Office for Metropolitan Architecture di Rem Koolhaas ed Elia Zenghelis, sede di importanti novità architettoniche. Per la Hadid la collaborazione con Koolhaas, non sempre facile per il forte temperamento di entrambi, costituì il trampolino di lancio per avviare una carriera autonoma, che iniziò con l'apertura di uno studio personale nel 1980 15.

Secondo la Hadid un'opera architettonica deve contribuire a "fare" il paesaggio, a rendersi parte integrante di esso e non a mimetizzarsi nell'ambiente: una simile concezione, al contempo aggressiva e simbiotica col luogo 16, segnò una svolta rispetto alla ricerca di contestualizzazione e imitazione della natura dell'architettura a lei contemporanea, improntata a un modello (secondo l'architetta) «falsamente ecologista» 17.

L'architettura di Zaha Hadid non è semplicemente un oggetto ma lo spazio all'interno del quale si svolge la vita dei soggetti che la fruiscono, i quali dovrebbero lasciarsi travolgere dai percorsi narrativi (spesso non determinati con precisione) in un continuo svelamento delle forme, piuttosto che considerare la struttura in sé che li contiene. La Hadid cerca di tradurre nello spazio costruito i principi dell'era dell'informazione e dell'elettronica: interazione, simulazione, correlazione, flussi di dati e immaterialità 18, adottando i materiali del moderno (cemento, vetro, acciaio) nella loro massima esasperazione formale e strutturale, sfruttando superfici continue che catturano il tatto e si trasformano al variare della luce. Non è alla ricerca di un linguaggio architettonico comune ma dell'espressione pura, di una nuova sensibilità plastica che sia libera da citazionismi e rimandi alla tradizione e, al contempo, congeniale alla fruizione del pubblico.

«bisogna essere capaci di capire gli altri, altrimenti è meglio non fare l'architetto. Non si progetta

per fantocci, bisogna conoscere l'animo delle persone» 19.

Il risultato è un nuovo modo di concepire lo spazio architettonico come un ambiente denso di energia, mutevole e attraente, che sostituisca le consuete coordinate cartesiane con intrecci di linee e campi di forza, geometrie agili e dinamiche, prospettive multifocali, superfici flessibili e sistemazioni progettuali lontane dai sistemi chiusi e assoluti. Ai vecchi fondamenti dell'architettura tradizionale si sostituisce in Zaha Hadid il concetto di “porosità”: la sovrapposizione di traiettorie multidirezionali prodotte dal passaggio degli utenti si amalgama ad elementi architettonici accostati ed interconnessi che combinano principi contrapposti (pieno/vuoto, pesante/leggero, solido/fluido, aperto/chiuso, opaco/trasparente 20) in un continuum esperienziale sia fisico che percettivo 21.

L'obiettivo di fondo è dichiarato:

«fornire spazi pubblici potenzialmente in grado di dare piacere e di aggiungere qualcosa alle nostre vite. Ciò suggerisce una costante reinvenzione delle forme dello spazio di vita, mettendo in discussione la percezione che ne abbiamo e il modo in cui lo abitiamo. Conduce a un prodotto urbano di gran lunga più permeabile, che non ha più nulla a che vedere con la roccaforte dello spazio privato contro quello pubblico» 22.


Il Grande Teatro di Rabat: la prima opera africana

Il progetto architettonico fortemente voluto da Re Mohamed VI non lascia volutamente nulla al caso, a partire dalla scelta del disegno di un'artista donna: appare chiarissimo l'intento di dare un nitido segnale di rinascita e ammodernamento proteso al futuro. Anche la location non è stata selezionata casualmente: inizialmente era stata individuata Casablanca, cuore economico del Marocco, ma poi la scelta è ricaduta su Rabat, la nuova capitale, con l'obiettivo di trasformare definitivamente lo skyline del lungomare ed ammodernare il quartiere limitrofo al fiume. Fissare la location in una zona paludosa e apparentemente non adatta ad una costruzione massiccia e imponente come il teatro, può essere compresa solo se considerato il significato dell'opera, stavolta dal punto di vista tecnico: la struttura si fa quindi simbolo di una realizzazione architettonica ed ingegneristica il cui alto valore internazionale non ha precedenti nel continente.



Fig. 2 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat, fase costruttiva, 2014-2021, Rabat. (archnet). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 2 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
fase costruttiva, 2014-2021, Rabat. (archnet)
Cortesia di Elena Barbonetti

I pali profondi di fondazione forniscono robustezza strutturale e stabilizzano il terreno di base in un sito dove le inondazioni sono una preoccupazione verosimile: la superficie costruttiva è stata per tale motivo sollevata di 5 m. rispetto al livello del fiume. Ciononostante, la profondità del seminterrato richiesta dal progetto rende inevitabili dei livelli al di sotto della pianura alluvionale: è stata utilizzata una combinazione di calcestruzzo impermeabile e approcci a cavità drenate adatta alla casistica. Inoltre i terreni morbidi e sabbiosi della valle rendono particolarmente pericolosa l'ipotesi di eventuali rischi sismici; l'edificio è infatti per questo sostenuto da pali di grande diametro, lunghi 12-15 m., che supportano i carichi laterali della struttura e poggiano sui terreni più rigidi sottostanti 23.

Sopra le fondazioni si inserisce la struttura interna con la lastra di pavimentazione, a cui segue un involucro rivestito con anima in acciaio dotato di supporti. Su questo si installa la struttura del tetto in acciaio ed infine la copertura esterna in fibrocemento.



Fig. 3 - Disegno esemplificativo degli elementi strutturali principali del Grand Théâtre di Rabat. (AKT II). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 3 - Disegno esemplificativo degli elementi strutturali
principali del Grand Théâtre di Rabat. (AKT II)
Cortesia di Elena Barbonetti

Il costo iniziale del progetto venne stimato essere di circa 120 milioni di euro ma andò aumentando per via dei rallentamenti dovuti al covid-19, sino a sfiorare i 520 milioni. Il Teatro d'altronde è un complesso colossale che si estende su una superficie dedicata di 47.000 metri quadrati e una superficie utile lorda di 27.000 metri quadrati, con 1.800 posti a sedere previsti. Comprende inoltre un secondo teatro più piccolo con 520 posti, un anfiteatro all'aperto che può ospitare fino a 7.000 persone, studi creativi e spazi di prova, un'area ristoro con 350 coperti ed una terrazza che affaccia sulla Valle del Bouregreg e sull'ampio parcheggio 24.

«La forma, morbida e forte allo stesso tempo, si curva verso il suolo e offre un anfiteatro all'aperto che poi si fonde gradualmente con il paesaggio circostante ... Il Gran Teatro di Rabat trae la sua energia dal fiume Bouregreg e si integra con l'ambiente della valle. La dinamica del fiume è rappresentata in loco nel paesaggio del parco che inghiotte il teatro e l'anfiteatro» 25.

Il design curvo della struttura, firma di molti suoi progetti degli ultimi anni 26, si ispira sia al corso tortuoso del vicino fiume che all'estetica morbida della calligrafia araba: le geometrie originali e sinuose della struttura ed il ruolo fondamentale che assumono i giochi di luce naturale (nel foyer vetrato) ed artificiale (nell'auditorium) sono gli aspetti caratterizzanti dell'edificio, che contribuiscono ad allontanarlo dallo stereotipo imperante del teatro buio e squadrato. In particolare la copertura interna della sala principale si sviluppa con una trama geometrica a cristallo ispirata dai classici muqarnas marocchini, i riflettori sottolineano le pareti dorate e sfaccettate dell'auditorium esaltandone il design di rimando alle acque increspate del Bouregreg.



Fig. 4 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat, 2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 4 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects)
Cortesia di Elena Barbonetti

La qualità acustica è fondamentale: al fine di ridurre al minimo la trasmissione delle vibrazioni attraverso la struttura, la soluzione adottata basa sul concetto di "scatola nella scatola" in cui lo spazio interno è strutturalmente isolato dalla superficie esterna grazie ad un vano d'aria previsto tra due pareti indipendenti 27. La separazione strutturale è adottata ovunque: il tetto in acciaio è inserito tra due sottili gusci di cemento installati sulle pareti perimetrali (in cemento anch'esse) ed i pavimenti sono costituiti da una superficie metallica rivestita in cemento, al fine di riuscire ad ottenere la massa acustica richiesta. Una simile struttura permette di ospitare un'ampia varietà di eventi culturali, tra cui concerti, opere e rappresentazioni teatrali, conferenze, balletti e mostre d'arte. In sintesi, il Grand Théâtre de Rabat è un capolavoro architettonico e culturale che incarna lo spirito dinamico e creativo della capitale marocchina ed offre uno spazio versatile per celebrare l'arte in tutte le sue forme.



Fig. 5 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat, 2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 5 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects)
Cortesia di Elena Barbonetti

«L'illuminazione della baia serpeggia intorno alla facciata curvilinea, mentre i lucernari e gli ingressi in vetro su larga scala permettono all'edificio di brillare dall'interno. [...] Il teatro è costruito come una 'scatola nella scatola', in cui gli spazi interni sono strutturalmente isolati dall'esterno. Il rivestimento in calcestruzzo è sostenuto da una griglia di nervature e da un'infrastruttura in acciaio che attraversa la forma insolita dell'edificio. L'involucro edilizio è scolpito dalla parte superiore dell'anfiteatro; la sua terrazza offre una magnifica vista sulla valle» 28.

Zaha Hadid è a tutti nota per le sue soluzioni innovative ed i suoi edifici originali e spesso difficili da realizzare: il Grand Théâtre è stato concepito rispettando tali linee concettuali. I lavori costruttivi iniziarono effettivamente nel 2014 ma la progettazione dovette partire ben prima, coinvolgendo un ampio team di consulenti internazionali (di cui Arup USA Inc, AKT II Limited e NewTechinc LTD) per stilare un documento di gara che avrebbe fornito i dettagli tecnici necessari alla costruzione di un complesso assolutamente performante.

Incide Engineering è stata incaricata da Jet Contractors, l'azienda curatrice dei pezzi della struttura, alla supervisione degli studi di progettazione per il rivestimento esterno dell'edificio e per le rispettive sottostrutture di alloggiamento. Oltre all'ingegnerizzazione dei pannelli e degli elementi di ancoraggio del rivestimento della facciata, con i relativi stress test 29, Incide ha anche curato la progettazione strutturale delle parti di falegnameria, le verifiche delle finestre e il coordinamento del cantiere. Il fatto che la scelta sia ricaduta proprio su Incide non è casuale: da sempre l'azienda si impegna a sviluppare sistemi innovativi per risolvere i complessi progetti dell'ultima avanguardia architettonica.



Fig. 6 - Disegno esemplificativo della sottostruttura metallica e dei pannelli di facciata del Grand Théâtre di Rabat. (Construsoft). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 6 - Disegno esemplificativo della
sottostruttura metallica e dei pannelli di facciata
del Grand Théâtre di Rabat. (Construsoft)
Cortesia di Elena Barbonetti

Data la forma insolita dell'edificio e le diverse esigenze progettuali, sia l'azienda che l'architetto locale Omar Alaoui riconobbero la necessità di un coordinamento 3D all'interno della particolare geometria del progetto ZHA. Gli studi gestionali, interamente svolti in tecnologia BIM, hanno permesso un approccio puntuale e preciso nella definizione delle numerose problematiche ed un efficace scambio di informazioni tra l'azienda e ZHA.

E' stata dunque utilizzata una progettazione che sfruttasse la parametrizzazione e l'interoperabilità di vari sistemi e software.

«Il team ha dovuto lavorare rapidamente per ideare un flusso di lavoro BIM (Building Information Modeling) per produrre tutta la documentazione di costruzione, tuttavia, la mossa si è rivelata problematica in quanto l'industria edile locale all'epoca non aveva familiarità con il BIM e i consulenti meccanico, elettrico e idraulico e le strutture non avevano dipartimenti con le competenze necessarie» 30.

«Il processo ci ha permesso di ottenere il pieno coordinamento e razionalizzazione del progetto, risolvendo le complesse superfici a doppia curvatura in sfaccettature e cambiando i materiali per ridurre i costi. Il software ci ha aiutato a visualizzare contemporaneamente un bel pezzo di architettura e lo ha reso il sogno di un appaltatore con cui lavorare» 31.

Il processo di installazione dei vari supporti necessari all'alloggiamento dei pannelli sulla struttura principale dell'edificio, è stato possibile a partire da criteri autogenerativi derivati da funzioni matematiche desunte dalle coordinate dei punti teorici del modello 3D 32, poi elaborate sul software Tekla. La struttura ha richiesto la realizzazione di oltre 3.800 nodi in cui convogliano fino anche a sei travi metalliche insieme ma grazie a questa metodologia sinergica si sono potuti ricostruire le geometrie teoriche e l'implementazione di dettagli di rinforzo e fissaggio in modo completamente automatico 33.

L'edificio, costruito prevalentemente in cemento, è dotato di un involucro di pannelli GRC (fibrocemento) che ricoprono l'intera superficie amorfa per un totale di 5.400 pezzi, fino ai 4 x 2 m. di dimensione e ognuno diverso dall'altro 34, sostenuti da 20.000 staffe 35. Per quanto riguarda l'installazione della struttura di facciata nell'intelaiatura metallica già realizzata, è stato effettuato un rilievo 3D con laser-scanner e le informazioni ai topografi sono state ricavate direttamente dai modelli Revit, correttamente georeferenziati. Essendo ogni pannello diverso dall'altro, solo l'interoperabilità tra i software Revit, Rhino e Grasshopper ha permesso di fornire i dati in termini di spessori, armature, predisposizioni tecniche e geometrie delle casseforme piane e curve necessarie alla produzione e alla costruzione di tutti i pannelli. Allo stesso modo, le geometrie costruttive dei pannelli sono state trasportate su Inventor, utilizzato per la produzione dei disegni e dei file CAM necessari alla costruzione delle casseforme dei pannelli in GRC, per un totale di oltre 2.500 stampi unici.



Fig. 7 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat, foto della facciata in costruzione, 2014-2021, Rabat. (Incide). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 7 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
foto della facciata in costruzione, 2014-2021, Rabat. (Incide)
Cortesia di Elena Barbonetti



Fig. 8 - Disegno esemplificativo della superficie del rivestimento esterno del Grand Théâtre di Rabat. (Incide). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 8 - Disegno esemplificativo della
superficie del rivestimento esterno del Grand Théâtre di Rabat. (Incide)
Cortesia di Elena Barbonetti

Nelle facciate in vetro, la progettazione ha dovuto lavorare alla ricerca del sistema più adatto alla geometria originale in termini delle varie curvature concave e convesse, per poi fornire le informazioni ai produttori effettivi.



Fig. 9 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat, 2024, Rabat, computer rendering. (HDmagazine). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 9 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (HDmagazine)
Cortesia di Elena Barbonetti

Una progettazione complessa quindi ma che, grazie all'impiego delle più recenti tecnologie e di un team di studio e costruzione molto affiatato, ha potuto ottenere un risultato unico nel suo genere e rispondente alle grandi aspettative che tutto il Marocco aveva riposto in quest'opera.

Tutti gli aspetti estetici e strutturali del progetto africano sembrano collaborare nel connotare tale edificio come liquido 36: le superfici rievocano la levigatezza del marmo ma con un soft-touch moderno, lucido e riflettente che non appartiene ai materiali classici lapidei 37, le forme fluide della struttura ne aumentano la componente edonistica ed il coinvolgimento emozionale, richiamando al tema della caverna 38 e del mostro, la cui coda serpentina conduce agli spazi ausiliari del teatro 39. L'”ossatura” interna, pur richiamando agli esoscheletri di Gaudì a Barcellona 40, per certi versi li supera ideologicamente unendoli alla tradizione religiosa cristiana del profeta Giona, inghiottito e poi risputato fuori dall'animale divenuto il simbolo di un percorso iniziatico di conoscenza di sé stessi e degli altri 41.



Fig. 10 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat, 2024, Rabat, computer. (Zaha Hadid Architects). Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 10 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects)
Cortesia di Elena Barbonetti

Nella pianta a zig-zag e nel sistema a “scatola nella scatola” si può intuire il tema del labirinto e della continua ridefinizione del punto di vista, così distante dagli schemi classici 42; al contempo nel guscio interno e sfaccettato dell'auditorium si intravede chiaramente il richiamo alla geometria frattale di Mandelbrot e ad una nuova architettura di forme sempre più complesse.

Le vetrate al piano terra, materiale liquido per eccellenza 43 tanto amato da Koolhaas, alludono al tema dello specchio e della permeabilità interno/esterno, alterando il concetto univoco di facciata e riflettendo la superficie d'acqua limitrofa. Il fiume riflesso nel vetro si modella a sua volta nella scultorea formalità dei volumi della struttura, in un gioco di sottili rimandi.

Il teatro sorge come un'escrescenza geologica della baia completamente fusa al paesaggio ed in simbiosi con esso 44: d'altronde Zaha Hadid fa da sempre dell'architettura l'elemento base per comunicare con lo spazio circostante e stare al passo con le nuove frontiere dei rapporti umani 45. L'architetta inoltre lascia un'altra firma inconfondibile nel suo progetto 46, il Grand Théâtre di Rabat è un'ambiente che va percorso e interagisce con il visitatore anche nella differente intensità luminosa, nella variabilità della densità di luci, ombre, riflessioni e rifrazioni, trasparenze e translucenze 47. Anche nella sistemazione degli spazi interni il pubblico viene chiamato ad intervenire attivamente, operando scelte di visita indipendenti: il profilo scultoreo esterno dell'edificio si traduce infatti in un'esperienza spaziale senza soluzione di continuità, a partire dall'atrio principale con la grande scalinata 48.

Giunti a tal punto del discorso ci appare ormai chiaro come, per ambo le questioni cronologica e stilistica, oltre che per l'elevata complessità tecnica, possiamo di certo considerare l'opera fin qui trattata come il testamento dell'archistar irachena ed il suggello della sua geniale carriera.




NOTE

1 Da un'intervista del Luglio 2017 al direttore generale dell'Agenzia per lo sviluppo della valle del Bouregreg (AAVB) Said Zarrou.

2 Da un'intervista del 2014 al direttore generale dell'Agenzia per lo sviluppo della valle del Bouregreg (AAVB) Lamghari Sakel.

3 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 2.

4 HADID 2016, p. 24; GUCCIONE 2007, p. 88; GUCCIONE 2009, p. 5.

5 GUCCIONE 2007, p. 19.

6 GUCCIONE 2009, p. 5.

7 Ivi, p. 6.

8 GUCCIONE 2007, p. 88.

9 Per una lettura più approfondita a proposito rimando a RUGINO 2008.

10 CAPUTO 2022, p. 327.

11 PRESTINENZA PUGLISI 2002, p. 10; GUCCIONE 2007, p. 24. Per un confronto accurato tra la produzione architettonica di Oscar Niemeyer e Zaha Hadid far riferimento a LORI 2022, pp. 289-296.

12 GUCCIONE 2009, p. 7.

13 PRESTINENZA PUGLISI, 2002, p. 12.

14 GUCCIONE 2009. p. 11; GUCCIONE 2007, p. 19. Per approfondire da produzione da designer messa a confronto con quella architettonica di Zaha Hadid far riferimento a BORZI 2022, pp. 139-143.

15 GUCCIONE 2009, p. 9.

16 HADID 2016, p. 25.

17 Ibidem.

18 GUCCIONE 2007, p. 24.

19 Zaha Hadid, dall'articolo di Silvio Sabine su “Quadrato: studio di architettura” del 14 Luglio 2017.

20 HADID 2016, p. 25.

21 Ivi, p. 17.

22 GUCCIONE 2007, p. 22.

23 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 2.

24 Ivi, p. 1.

25 Reda Kessanti, senior designer di ZHA.

26 CAPUTO 2022, p. 328.

27 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 2.

28 Reda Kessanti, senior designer di ZHA.

29 WATTS, KUNCHEV, pp. 129-30.

30 Reda Kessanti, senior designer di ZHA.

31 Harry Ibbs, responsabile BIM di ZHA.

32 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 5.

33 Per maggiori dettagli a proposito dello studio digitale dell'involucro strutturale dell'edificio fare riferimento a STERLING, JANSSEN, HIND 2017.

34 WATTS, KUNCHEV, p. 127.

35 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 5.

36 Per delineare le caratteristiche fondamentali dell'architettura liquida si prendono come riferimento i seguenti testi:

COLONNA 2014; COLONNA 2016; COLONNA 2022 pp. 35-48; RUGINO 2022, pp. 145-152.

37 BORZÌ 2022, p. 142. Per approfondire il dialogo tra le componenti classica e anti-classica all'interno della produzione architettonica liquida far riferimento a COLONNA 2022 pp. 49-54. Per esaminare lo stesso argomento attraverso la produzione architettonica di Zaha Hadid in particolare, attenersi a BUCELLI 2022, pp. 411-20.

38 STROCCHI 2022, pp. 99-104.

39 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 3.

40 COLONNA 2022, p. 46.

41 Per approfondire il tema della caverna nella produzione architettonica liquida far riferimento a STROCCHI 2022, pp. 99-104.

42 COLONNA 2022, p. 41.

43 NUOVO 2022, p. 434.

44 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 2.

45 LORI 2022, pp. 289-296.

46 BUCELLI 2022, p. 418.

47 Per approfondire come, con l'avanzare del tempo e delle speculazioni neuroscientifiche, l'emozione personale sia passata ad occupare il ruolo centrale dell'esperienza dello spettatore in un corpo architettonico, far riferimento a MONTANARI 2022, pp. 187-88.

48 STERLING, JANSSEN, HIND 2017, p. 2.



BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA

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