Abstract
Durante
la sua carriera, costellata di premi, riconoscimenti ed onorificenze
di ogni tipo, l'architetta irachena Zaha Hadid ci ha fatto dono di
una serie di capolavori che, da un esordio decostruttivista, hanno
contribuito a delineare una nuova idea di architettura difficilmente
riducibile al semplice oggetto e lontana dal mero funzionalismo.
Secondo
la Hadid l'opera architettonica deve contribuire a “fare” il
paesaggio, rendendosi parte integrante dell'ambiente in cui è
inserita: una simile concezione segnò un punto di svolta rispetto
alla ricerca di contestualizzazione dell'architettura ecologista a
lei contemporanea. Le sue opere sono lo spazio all'interno del quale
si svolge la vita dei soggetti, che le attraversano lasciandosi
travolgere dai percorsi in un continuo svelamento delle forme. Nei
suoi edifici traduce i principi dell'era dell'informazione, adottando
i materiali del moderno nella loro massima esasperazione formale.
Ispirata dagli ideali suprematisti e costruttivisti, non è alla
ricerca di un linguaggio architettonico comune ma dell'espressione
pura, libera da citazionismi e rimandi alla tradizione e al contempo
congeniale alla fruizione del nuovo pubblico.
Sulle
più celebri opere di Zaha Hadid è già stato scritto molto ma poco
o nulla si trova a proposito di uno dei suoi ultimi capolavori: il
Grand Theatre di Rabat, costruito per volere di Re Mohamed VI a
partire dal 2010 ma inaugurato solo lo scorso 29 Ottobre, per via di
rallentamenti dovuti al covid-19 e ad incomprensioni nel
coordinamento progettuale. Un'attenta analisi chiarirà come tutti
gli aspetti estetici e strutturali del progetto africano sembrano
collaborare nel connotare l'edificio come liquido e come, per ambo le
questioni cronologica e stilistica (oltre che per l'elevata
complessità tecnica), possiamo di certo considerarlo il testamento
dell'archistar irachena ed il suggello perfetto della sua geniale
carriera.
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Il Grand
Théâtre di Rabat è un grande centro per le arti dello spettacolo
pensato e costruito nella città, capitale ufficiale del Marocco dal
1956, sulla sponda sinistra del fiume Bou Regreg, di fronte a Salé,
antica città gemella di Rabat. L'edificio è stato progettato da
Zaha Hadid e dal suo studio di architettura ZHA
Architects a partire dal 2010 e la
costruzione è iniziata ufficialmente quattro anni dopo; il
completamento del progetto era previsto per la fine del 2019
ma i lavori si protrassero al 2021. Alla fine è stato inaugurato
solo martedì 29 ottobre 2024 dalla principessa del Marocco Lalla
Hasnaa e Brigitte Macron, moglie del presidente francese: l'edificio
dunque è tra gli ultimi progettati dall'archistar irachena prima
della sua scomparsa, nel 2016 a Miami.
La sua
«ambizione è quella di elevare Rabat tra le
metropoli più importanti del Mediterraneo» .
Con la sua
architettura distintiva, il Gran Teatro di Rabat è una struttura
culturale che completa la ricchezza dei monumenti della Capitale del
Regno ed incarna il punto forte del progetto di sviluppo della Valle
di Bouregreg. Situato a 160 metri dal ponte di Hassan II, a 500 metri
dal mausoleo di Mohammed V e dalla torre di Hassan e a 700 metri
dalla torre di Mohammed VI, l'edificio si affaccia sulla Kasbah degli
Oudaya e sulla valle del fiume. Il nuovo quartiere prevede una
superficie di 110 ettari a uso misto che comprende un archivio
nazionale, un nuovo museo archeologico, centri commerciali, aree
residenziali ed un quartiere degli affari con grattacieli sul lato
Salé del fiume. Il Grand Theatre è anche una componente importante
del programma di sviluppo della città "Rabat,
città della luce, capitale culturale del Marocco"
lanciato dal Re Mohamed VI nel 2014 e proseguito sino al 2018 .
Fig. 1 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat 2024, Rabat, computer rendering. (HDmagazine). Cortesia di Elena Barbonetti
«L'architettura deve offrire piacere. Entrando in
uno spazio architettonico, le persone dovrebbero provare
una sensazione di armonia, come se stessero in un paesaggio naturale, al di là
delle dimensioni o del valore economico dello stesso. Proprio qui
risiede il mio personale concetto di lusso: è qualcosa che non ha nulla a che vedere con il prezzo, piuttosto con le emozioni che l'architettura riesce a trasmettere. Il lusso a grande scala e per tutti: questo è lo scopo dell'architettura.»
.
Da
Baghdad a Londra: la genesi di un'archistar
Oggi Zaha Hadid è tra gli architetti più celebri al
mondo ed il suo curriculum è ormai costellato di premi,
riconoscimenti ed onorificenze attribuitele dalle più affermate
istituzioni internazionali: fiore all'occhiello della sua carriera è
stata l'assegnazione del Pritzker Price nel 2004 (è la prima donna
ad averlo ricevuto). Solitamente assegnato come consacrazione
ufficiale a sugello di carriere di lunga data, la Hadid lo ricevette
quando il suo brillante curriculum era ancora in piena maturazione, a
53 anni, ottenendo il plauso unanime dei giurati .
Frank Gehry, famosissimo architetto e vincitore del medesimo premio
nel 1989, membro della giuria, ha così commentato la scelta della
commissione: «la vincitrice del 2004 è una
delle più giovani tra i premiati e ha uno dei più chiari indirizzi
in architettura che si siano visti negli ultimi anni.» .
Un momento
di svolta fondamentale nella vita dell'architetta fu il trasferimento
dalla celebre Università Americana di Beirut a Londra, nel 1972.
Nella Londra degli anni Settanta la libertà individuale era
grandissima e fu per lei l'occasione per immergersi in un clima di
incredibile effervescenza culturale: presso l'Architectural
Association di Londra Zaha Hadid tornò al suo sogno di bambina di
studiare architettura, laureandosi nel 1977 .
«Ero
un'allieva di Rem (Koolhaas) e il nostro gruppo di studio era molto diverso e innovativo. Voleva aprire la porta a un mondo che non era ancora stato inventato. Rem ed
Elia (Zenghelis) guardavano alla città con un'ottica nuova. La AA, quando ci arrivai, era molto esoterica e focalizzata sull'ingegneria sociale. La progettazione in senso stretto non faceva affatto parte degli argomenti affrontati; in realtà il termine era considerato come una brutta parola.» .
Osservando i
suoi progetti è facile percepire come, con la sua formazione, abbia
saputo coniugare l'estrema libertà espressiva appresa dai maestri in
Inghilterra, con il rigore formale di una mente formatasi nella
facoltà di matematica libanese. Si è parlato, a proposito del
lavoro della Hadid, di "caos
controllato": un'apparente mancanza di
ordine che rivela in realtà una pluralità di ordini tra loro
inestricabilmente intrecciati. Del resto, la matematica e la fisica
contemporanee hanno contribuito a definire lo spazio come un sistema
dinamico, allontanandosi per sempre dalla geometria univoca di
matrice euclidea .
All'Architectural
Association Zaha Hadid ha modo di entrare in contatto con le proposte
radicali ed ironiche di Peter Cook e degli Archigram, con le forme
neoavanguardistiche di Bernard Tschumi, la modernità e le
trasparenze di Rem Koolhas ed i design teatrali e provocatori di
Nigel Coates .
Tra le figure più amate e studiate in quel periodo in ambiente
londinese vi furono anche Mies Van der Rohe, con il suo spazio fluido
ed il suo riduttivismo lineare, e le curve eleganti di Oscar Niemeyer
.
Le fonti di
riferimento dell'architettura di Zaha Hadid vanno però anche
ricercate in alcuni grandi maestri dell'arte del Novecento,
soprattutto fra coloro che teorizzarono e sperimentarono
l'inconsistenza di ogni divisione disciplinare nell'ambito della
creatività artistica: Vassili Kandinskij, Piet Mondrian e
soprattutto i grandi nomi del suprematismo e del costruttivismo russo
di primo Novecento. Nato da un'idea di Malevic, il suprematismo
teorizzava un'arte moderna che, liberata da ogni dogma di origine
estetica, fosse espressione della pura sensibilità dell'artista; il
costruttivismo invece proponeva un lavoro artistico inestricabilmente
legato al progresso tecnologico e ad un'etica che affondava le
proprie radici nel materialismo storico .
Attraverso tali stimoli l'architetta arriva ad un'idea di
architettura che collabori necessariamente con pittura e scultura al
fine di realizzare uno spazio per l'attività umana che sia al
contempo opera d'arte e nel quale si manifesti la più rigorosa
geometria .
Zaha Hadid non si è mai specializza in un particolare settore, volle
progettare a 360°, dalle grandi strutture alle residenze private,
dal padiglione museale all'impianto sportivo, fino ad arrivare ad
allestimenti ed oggetti di design .
Terminati
gli studi Zaha Hadid entrò nell'Office for Metropolitan Architecture
di Rem Koolhaas ed Elia Zenghelis, sede di importanti novità
architettoniche. Per la Hadid la collaborazione con Koolhaas, non
sempre facile per il forte temperamento di entrambi, costituì il
trampolino di lancio per avviare una carriera autonoma, che iniziò
con l'apertura di uno studio personale nel 1980 .
Secondo la
Hadid un'opera architettonica deve contribuire a "fare" il
paesaggio, a rendersi parte integrante di esso e non a mimetizzarsi
nell'ambiente: una simile concezione, al contempo aggressiva e
simbiotica col luogo ,
segnò una svolta rispetto alla ricerca di contestualizzazione e
imitazione della natura dell'architettura a lei contemporanea,
improntata a un modello (secondo l'architetta) «falsamente
ecologista» .
L'architettura
di Zaha Hadid non è semplicemente un oggetto ma lo spazio
all'interno del quale si svolge la vita dei soggetti che la
fruiscono, i quali dovrebbero lasciarsi travolgere dai percorsi
narrativi (spesso non determinati con precisione) in un continuo
svelamento delle forme, piuttosto che considerare la struttura in sé
che li contiene. La Hadid cerca di tradurre nello spazio costruito i
principi dell'era dell'informazione e dell'elettronica: interazione,
simulazione, correlazione, flussi di dati e immaterialità ,
adottando i materiali del moderno (cemento, vetro, acciaio) nella
loro massima esasperazione formale e strutturale, sfruttando
superfici continue che catturano il tatto e si trasformano al variare
della luce. Non è alla ricerca di un linguaggio architettonico
comune ma dell'espressione pura, di una nuova sensibilità plastica
che sia libera da citazionismi e rimandi alla tradizione e, al
contempo, congeniale alla fruizione del pubblico.
«bisogna
essere capaci di capire gli altri, altrimenti è meglio non fare
l'architetto. Non si progetta
per
fantocci, bisogna conoscere l'animo delle persone» .
Il risultato
è un nuovo modo di concepire lo spazio architettonico come un
ambiente denso di energia, mutevole e attraente, che sostituisca le
consuete coordinate cartesiane con intrecci di linee e campi di
forza, geometrie agili e dinamiche, prospettive multifocali,
superfici flessibili e sistemazioni progettuali lontane dai sistemi
chiusi e assoluti. Ai vecchi fondamenti dell'architettura
tradizionale si sostituisce in Zaha Hadid il concetto di “porosità”:
la sovrapposizione di traiettorie multidirezionali prodotte dal
passaggio degli utenti si amalgama ad elementi architettonici
accostati ed interconnessi che combinano principi contrapposti
(pieno/vuoto, pesante/leggero, solido/fluido, aperto/chiuso,
opaco/trasparente )
in un continuum
esperienziale sia fisico che percettivo .
L'obiettivo di fondo è dichiarato:
«fornire
spazi pubblici potenzialmente in grado di dare piacere e di
aggiungere qualcosa alle nostre vite. Ciò suggerisce una costante
reinvenzione delle forme dello spazio di vita, mettendo in
discussione la percezione che ne abbiamo e il modo in cui lo
abitiamo. Conduce a un prodotto urbano di gran lunga più permeabile,
che non ha più nulla a che vedere con la roccaforte dello spazio
privato contro quello pubblico» .
Il
Grande Teatro di Rabat: la prima opera africana
Il progetto
architettonico fortemente voluto da Re Mohamed VI non lascia
volutamente nulla al caso, a partire dalla scelta del disegno di
un'artista donna: appare chiarissimo l'intento di dare un nitido
segnale di rinascita e ammodernamento proteso al futuro. Anche la
location non è stata selezionata casualmente: inizialmente era stata
individuata Casablanca, cuore economico del Marocco, ma poi la scelta
è ricaduta su Rabat, la nuova capitale, con l'obiettivo di
trasformare definitivamente lo skyline
del lungomare ed ammodernare il quartiere limitrofo al fiume. Fissare
la location in una zona paludosa e apparentemente non adatta ad una
costruzione massiccia e imponente come il teatro, può essere
compresa solo se considerato il significato dell'opera, stavolta dal
punto di vista tecnico: la struttura si fa quindi simbolo di una
realizzazione architettonica ed ingegneristica il cui alto valore
internazionale non ha precedenti nel continente.
Fig. 2 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
fase costruttiva, 2014-2021, Rabat. (archnet)
Cortesia di Elena Barbonetti
I pali
profondi di fondazione forniscono robustezza strutturale e
stabilizzano il terreno di base in un sito dove le inondazioni sono
una preoccupazione verosimile: la superficie costruttiva è stata per
tale motivo sollevata di 5 m. rispetto al livello del fiume.
Ciononostante, la profondità del seminterrato richiesta dal progetto
rende inevitabili dei livelli al di sotto della pianura alluvionale:
è stata utilizzata una combinazione di calcestruzzo impermeabile e
approcci a cavità drenate adatta alla casistica. Inoltre i terreni
morbidi e sabbiosi della valle rendono particolarmente pericolosa
l'ipotesi di eventuali rischi sismici; l'edificio è infatti per
questo sostenuto da pali di grande diametro, lunghi 12-15 m., che
supportano i carichi laterali della struttura e poggiano sui terreni
più rigidi sottostanti .
Sopra le
fondazioni si inserisce la struttura interna con la lastra di
pavimentazione, a cui segue un involucro rivestito con anima in
acciaio dotato di supporti. Su questo si installa la struttura del
tetto in acciaio ed infine la copertura esterna in fibrocemento.
Fig. 3 - Disegno esemplificativo degli elementi strutturali principali del Grand Théâtre di Rabat. (AKT II) Cortesia di Elena Barbonetti
Il costo
iniziale del progetto venne stimato essere di circa 120 milioni di
euro ma andò aumentando per via dei rallentamenti dovuti al
covid-19, sino a sfiorare i 520 milioni. Il Teatro d'altronde è un
complesso colossale che si estende su una superficie dedicata di
47.000 metri quadrati e una superficie utile lorda di 27.000 metri
quadrati, con 1.800 posti a sedere previsti. Comprende inoltre un
secondo teatro più piccolo con 520 posti, un anfiteatro all'aperto
che può ospitare fino a 7.000 persone, studi creativi e spazi di
prova, un'area ristoro con 350 coperti ed una terrazza che affaccia
sulla Valle del Bouregreg e sull'ampio parcheggio .
«La
forma, morbida e forte allo stesso tempo, si curva verso il suolo e offre un anfiteatro all'aperto che poi si fonde gradualmente con il paesaggio circostante ... Il Gran Teatro
di Rabat trae la sua energia dal fiume Bouregreg e si integra con l'ambiente della valle. La dinamica del fiume è rappresentata in loco nel paesaggio del parco che inghiotte il teatro e l'anfiteatro»
.
Il design
curvo della struttura, firma di molti suoi progetti degli ultimi anni
,
si ispira sia al corso tortuoso del vicino fiume che all'estetica
morbida della calligrafia araba: le geometrie originali e sinuose
della struttura ed il ruolo fondamentale che assumono i giochi di
luce naturale (nel foyer vetrato) ed artificiale (nell'auditorium)
sono gli aspetti caratterizzanti dell'edificio, che contribuiscono ad
allontanarlo dallo stereotipo imperante del teatro buio e squadrato.
In particolare la copertura interna della sala principale si sviluppa
con una trama geometrica a cristallo ispirata dai classici muqarnas
marocchini, i riflettori sottolineano le pareti dorate e sfaccettate
dell'auditorium esaltandone il design di rimando alle acque
increspate del Bouregreg.
Fig. 4 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects)
Cortesia di Elena Barbonetti
La qualità
acustica è fondamentale: al fine di ridurre al minimo la
trasmissione delle vibrazioni attraverso la struttura, la soluzione
adottata basa sul concetto di "scatola nella scatola" in
cui lo spazio interno è strutturalmente isolato dalla superficie
esterna grazie ad un vano d'aria previsto tra due pareti indipendenti
.
La separazione strutturale è adottata ovunque: il tetto in acciaio è
inserito tra due sottili gusci di cemento installati sulle pareti
perimetrali (in cemento anch'esse) ed i pavimenti sono costituiti da
una superficie metallica rivestita in cemento, al fine di riuscire ad
ottenere la massa acustica richiesta. Una simile struttura permette
di ospitare un'ampia varietà di eventi culturali, tra cui concerti,
opere e rappresentazioni teatrali, conferenze, balletti e mostre
d'arte. In sintesi, il Grand Théâtre de Rabat è un capolavoro
architettonico e culturale che incarna lo spirito dinamico e creativo
della capitale marocchina ed offre uno spazio versatile per celebrare
l'arte in tutte le sue forme.
Fig. 5 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects)
Cortesia di Elena Barbonetti
«L'illuminazione
della baia serpeggia intorno alla facciata curvilinea, mentre i
lucernari e gli ingressi in vetro su larga scala permettono
all'edificio di brillare dall'interno. [...] Il teatro è costruito
come una 'scatola nella scatola', in cui gli spazi interni sono
strutturalmente isolati dall'esterno. Il rivestimento in calcestruzzo
è sostenuto da una griglia di nervature e da un'infrastruttura in
acciaio che attraversa la forma insolita dell'edificio. L'involucro
edilizio è scolpito dalla parte superiore dell'anfiteatro; la sua
terrazza offre una magnifica vista sulla valle» .
Zaha Hadid è
a tutti nota per le sue soluzioni innovative ed i suoi edifici
originali e spesso difficili da realizzare: il Grand Théâtre è
stato concepito rispettando tali linee concettuali. I lavori
costruttivi iniziarono effettivamente nel 2014 ma la progettazione
dovette partire ben prima, coinvolgendo un ampio team di consulenti
internazionali (di cui Arup USA Inc, AKT II Limited e NewTechinc LTD)
per stilare un documento di gara che avrebbe fornito i dettagli
tecnici necessari alla costruzione di un complesso assolutamente
performante.
Incide
Engineering è stata incaricata da Jet Contractors, l'azienda
curatrice dei pezzi della struttura, alla supervisione degli studi di
progettazione per il rivestimento esterno dell'edificio e per le
rispettive sottostrutture di alloggiamento. Oltre
all'ingegnerizzazione dei pannelli e degli elementi di ancoraggio del
rivestimento della facciata, con i relativi stress test ,
Incide ha anche curato la progettazione strutturale delle parti di
falegnameria, le verifiche delle finestre e il coordinamento del
cantiere. Il fatto che la scelta sia ricaduta proprio su Incide non è
casuale: da sempre l'azienda si impegna a sviluppare sistemi
innovativi per risolvere i complessi progetti dell'ultima avanguardia
architettonica.
Fig. 6 - Disegno esemplificativo della
sottostruttura metallica e dei pannelli di facciata
del Grand Théâtre di Rabat. (Construsoft)
Cortesia di Elena Barbonetti
Data la
forma insolita dell'edificio e le diverse esigenze progettuali, sia
l'azienda che l'architetto locale Omar Alaoui riconobbero la
necessità di un coordinamento 3D all'interno della particolare
geometria del progetto ZHA. Gli studi gestionali, interamente svolti
in tecnologia BIM, hanno permesso un approccio puntuale e preciso
nella definizione delle numerose problematiche ed un efficace scambio
di informazioni tra l'azienda e ZHA.
E' stata
dunque utilizzata una progettazione che sfruttasse la
parametrizzazione e l'interoperabilità di vari sistemi e software.
«Il team
ha dovuto lavorare rapidamente per ideare un flusso di lavoro BIM
(Building Information Modeling) per produrre tutta la documentazione
di costruzione, tuttavia, la mossa si è rivelata problematica in
quanto l'industria edile locale all'epoca non aveva familiarità con
il BIM e i consulenti meccanico, elettrico e idraulico e le strutture
non avevano dipartimenti con le competenze necessarie» .
«Il
processo ci ha permesso di ottenere il pieno coordinamento e
razionalizzazione del progetto, risolvendo le complesse superfici a
doppia curvatura in sfaccettature e cambiando i materiali per ridurre
i costi. Il software ci ha aiutato a visualizzare contemporaneamente
un bel pezzo di architettura e lo ha reso il sogno di un appaltatore
con cui lavorare» .
Il processo
di installazione dei vari supporti necessari all'alloggiamento dei
pannelli sulla struttura principale dell'edificio, è stato possibile
a partire da criteri autogenerativi derivati da funzioni matematiche
desunte dalle coordinate dei punti teorici del modello 3D ,
poi elaborate sul software Tekla. La struttura ha richiesto la
realizzazione di oltre 3.800 nodi in cui convogliano fino anche a sei
travi metalliche insieme ma grazie a questa metodologia sinergica si
sono potuti ricostruire le geometrie teoriche e l'implementazione di
dettagli di rinforzo e fissaggio in modo completamente automatico .
L'edificio,
costruito prevalentemente in cemento, è dotato di un involucro di
pannelli GRC (fibrocemento) che ricoprono l'intera superficie amorfa
per un totale di 5.400 pezzi, fino ai 4 x 2 m. di dimensione e ognuno
diverso dall'altro ,
sostenuti da 20.000 staffe .
Per quanto riguarda l'installazione della struttura di facciata
nell'intelaiatura metallica già realizzata, è stato effettuato un
rilievo 3D con laser-scanner e le informazioni ai topografi sono
state ricavate direttamente dai modelli Revit, correttamente
georeferenziati. Essendo ogni pannello diverso dall'altro, solo
l'interoperabilità tra i software Revit, Rhino e Grasshopper ha
permesso di fornire i dati in termini di spessori, armature,
predisposizioni tecniche e geometrie delle casseforme piane e curve
necessarie alla produzione e alla costruzione di tutti i pannelli.
Allo stesso modo, le geometrie costruttive dei pannelli sono state
trasportate su Inventor, utilizzato per la produzione dei disegni e
dei file CAM necessari alla costruzione delle casseforme dei pannelli
in GRC, per un totale di oltre 2.500 stampi unici.
Fig. 7 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
foto della facciata in costruzione, 2014-2021, Rabat. (Incide)
Cortesia di Elena Barbonetti
Fig. 8 - Disegno esemplificativo della
superficie del rivestimento esterno del Grand Théâtre di Rabat. (Incide)
Cortesia di Elena Barbonetti
Nelle
facciate in vetro, la progettazione ha dovuto lavorare alla ricerca
del sistema più adatto alla geometria originale in termini delle
varie curvature concave e convesse, per poi fornire le informazioni
ai produttori effettivi.
Fig. 9 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (HDmagazine)
Cortesia di Elena Barbonetti
Una
progettazione complessa quindi ma che, grazie all'impiego delle più
recenti tecnologie e di un team di studio e costruzione molto
affiatato, ha potuto ottenere un risultato unico nel suo genere e
rispondente alle grandi aspettative che tutto il Marocco aveva
riposto in quest'opera.
Tutti gli
aspetti estetici e strutturali del progetto africano sembrano
collaborare nel connotare tale edificio come liquido :
le superfici rievocano la levigatezza del marmo ma con un soft-touch
moderno, lucido e riflettente che non appartiene ai materiali
classici lapidei ,
le forme fluide della struttura ne aumentano la componente edonistica
ed il coinvolgimento emozionale, richiamando al tema della caverna
e del mostro, la cui coda serpentina conduce agli spazi ausiliari del
teatro .
L'”ossatura” interna, pur richiamando agli esoscheletri di Gaudì
a Barcellona ,
per certi versi li supera ideologicamente unendoli alla tradizione
religiosa cristiana del profeta Giona, inghiottito e poi risputato
fuori dall'animale divenuto il simbolo di un percorso iniziatico di
conoscenza di sé stessi e degli altri .
Fig. 10 - ZAHA HADID, Grand Théâtre di Rabat
2024, Rabat, computer rendering. (Zaha Hadid Architects)
Cortesia di Elena Barbonetti
Nella pianta
a zig-zag e nel sistema a “scatola nella scatola” si può intuire
il tema del labirinto e della continua ridefinizione del punto di
vista, così distante dagli schemi classici ;
al contempo nel guscio interno e sfaccettato dell'auditorium si
intravede chiaramente il richiamo alla geometria frattale di
Mandelbrot e ad una nuova architettura di forme sempre più
complesse.
Le vetrate
al piano terra, materiale liquido per eccellenza
tanto amato da Koolhaas, alludono al tema dello specchio e della
permeabilità interno/esterno, alterando il concetto univoco di
facciata e riflettendo la superficie d'acqua limitrofa. Il fiume
riflesso nel vetro si modella a sua volta nella scultorea formalità
dei volumi della struttura, in un gioco di sottili rimandi.
Il teatro
sorge come un'escrescenza geologica della baia completamente fusa al
paesaggio ed in simbiosi con esso :
d'altronde Zaha Hadid fa da sempre dell'architettura l'elemento base
per comunicare con lo spazio circostante e stare al passo con le
nuove frontiere dei rapporti umani .
L'architetta inoltre lascia un'altra firma inconfondibile nel suo
progetto ,
il Grand Théâtre di Rabat è un'ambiente che va percorso e
interagisce con il visitatore anche nella differente intensità
luminosa, nella variabilità della densità di luci, ombre,
riflessioni e rifrazioni, trasparenze e translucenze .
Anche nella sistemazione degli spazi interni il pubblico viene
chiamato ad intervenire attivamente, operando scelte di visita
indipendenti: il profilo scultoreo esterno dell'edificio si traduce
infatti in un'esperienza spaziale senza soluzione di continuità, a
partire dall'atrio principale con la grande scalinata .
Giunti a tal
punto del discorso ci appare ormai chiaro come, per ambo le questioni
cronologica e stilistica, oltre che per l'elevata complessità
tecnica, possiamo di certo considerare l'opera fin qui trattata come
il testamento dell'archistar
irachena ed il suggello della sua geniale carriera.
NOTE
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https://construsoftbimawards.com/grand-theatre-de-rabat/
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Vedi anche nel BTA:
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